Mori 2022

Mori, qual è il segreto della “nuova” Uae?

02.04.2022
5 min
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Tadej Pogacar ma non solo. Le imprese dello sloveno non sono solamente frutto del suo immenso talento, ma vanno inquadrate nel contesto di una squadra, il Uae Team Emirates, che non è più un semplice corollario. L’andamento della prima fase stagionale dice anzi che la formazione degli Emirati ha un singolare primato: quello di avere il più alto numero di vincitori nel circuito. Si vince con Pogacar, certo, ma anche con tanti altri e ogni volta che ci si presenta al via, chiunque siano i selezionati si corre per vincere.

Sembrano così lontani i tempi del Tour 2020, il primo vinto dallo sloveno. Si disse allora che la grande impresa era stata tale perché Pogacar aveva vinto praticamente da solo, mandando in crisi la Jumbo Visma per superare alla fine Roglic. C’era del vero, ma forse si era esagerato e la disamina della prima parte di stagione, di quel primato importante non può che partire da allora. A farla è un uomo che da 5 anni vive la realtà del team, Manuele Mori prima corridore e ora nel gruppo dei diesse.

MOri 2019
Mori, empolese di 41 anni, ha chiuso la carriera nel 2019, dopo 16 anni fra i pro’
MOri 2019
Mori, empolese di 41 anni, ha chiuso la carriera nel 2019, dopo 16 anni fra i pro’
Allora, Manuele, la squadra attuale è figlia anche di quella controversa interpretazione del Tour?

Diciamo che su quel che è successo allora si è ragionato a lungo in seno alla squadra. Non va dimenticato, ad esempio, che a inizio Tour perdemmo Formolo che era una pedina fondamentale proprio per sostenere Tadej, inoltre pochi ricordano che la prima maglia gialla fu nostra, grazie a Kristoff. Si guardava all’esito delle tappe, ma nell’approccio alle salite Pogacar aveva sempre almeno un uomo con sé, l’imperativo era non strafare, riguadagnare quanto bastava per giocarsi tutto a cronometro. E’ chiaro però che da lì non ci si è fermati, ma si è ripartiti per fare una squadra molto più forte.

E’ pur vero però che dopo un anno e mezzo la situazione è profondamente cambiata…

Quando hai il numero 1 in assoluto può sembrare tutto facile e scontato, ma non è così. Matxin ha lavorato con grande attenzione, ha dato vita a una struttura che ha in Tadej l’elemento più importante, ma uno dei tanti. Mi spiego meglio: il principio alla base del team è che l’importante è che vinca il team. Ci sono quindi occasioni – e lo avete visto anche voi – nelle quali Pogacar si mette al servizio degli altri. Al Uae Tour, nell’ultimo giorno, Tadej stava correndo in supporto di Majka e Almeida, perché vincessero loro, poi l’attacco di Yates lo costrinse a rispondere in prima persona.

Di acquisti ne sono stati fatti molti.

Sono stati scelti corridori di spessore ma anche giovani di prospettive, perché non guardiamo al singolo anno, il nostro è un lavoro in proiezione futura. Ci permette di portare a ogni gara una squadra competitiva, sempre nell’ottica di correre per vincere, chiunque sia a farlo. Questo ha portato ogni corridore a far propria una condotta di gara aggressiva, non subiamo mai le iniziative altrui, che siano gare d’un giorno o corse a tappe.

Pogacar ha spesso affermato che “vincere aiuta a vincere”…

E’ una grande verità, si è visto dalla prima gara che le cose andavano bene e questo influisce sul morale, dà entusiasmo, consente ai giovani di crescere con calma, ad esempio Covi sul quale puntiamo moltissimo. Tutti devono avere i loro spazi: alla Sanremo Ulissi ha corso per Tadej all’approccio del Poggio, ma poi a Larciano ha finalizzato lui la corsa. Matxin ha lavorato per inserire i tasselli adatti a ogni situazione di corsa.

C’è una gara che può identificare al meglio questa filosofia di base?

La Vuelta a Murcia, dove ero proprio io in ammiraglia Uae: erano in 5, ma sembravano 8 per come coprivano ogni fase della gara, portando alla fine Covi al successo. Trentin aveva ottime possibilità personali, eppure si è messo a tirare per Alessandro e le cose sono andate al meglio. Matteo era contentissimo e quel morale gli è servito successivamente in Belgio.

Soler Tirreno 2022
Per Marc Soler nuovo team e nuovo ruolo, ma verrà anche il suo momento
Soler Tirreno 2022
Per Marc Soler nuovo team e nuovo ruolo, ma verrà anche il suo momento
Anche dal punto di vista strategico però si lavora per essere competitivi in tutti i grandi giri considerando che Tadej più di due non può farne…

E’ il discorso che facevo prima nell’inserimento dei giusti tasselli. Joao Almeida è un leader nato per le grandi corse a tappe, ci consente di avere un’alternativa valida sia che Pogacar sia presente, sia che debba svolgere il ruolo di capitano unico come al prossimo Giro. Ricordando sempre che quel che conta è il Uae Team. Tadej lo sa bene, è sempre il primo a mettersi a disposizione e se la classifica, Dio non voglia, si dovesse mettere in un certo modo, darà volentieri una mano.

Finora hanno vinto in tanti. Da chi ti attendi uno squillo fra quelli che ancora non hanno potuto alzare le braccia?

Mi piacerebbe vedere Soler vittorioso, si è approcciato al suo nuovo team e nuovo ruolo con molta umiltà e disponibilità, ma ha già dimostrato di essere maturo per un successo e io penso che sia solo questione di tempo. Poi Ayuso naturalmente, ha un talento enorme, ma il tempo gioca decisamente a suo favore vista l’età ancora tanto giovane. In generale tutti i nuovi si sono integrati bene e stanno rendendo al meglio, però un ultimo pensiero vorrei dedicarlo a Majka, è stato davvero un piacere vederlo vincere all’ultima Vuelta, io c’ero e so che cosa significava per lui, lo ripagò del grande lavoro svolto al Tour. Vorrei che questi tre mi regalassero una gioia a breve, sarebbe davvero come se vincessi io.