C’era lo spauracchio di Sierra Nevada, con quei 2.500 metri a turbare teoricamente il sonno di Remco Evenepoel (in apertura nel giorno della gara, con Roglic ancora in corsa). In realtà c’erano anche le parole parzialmente tranquillizzanti del suo allenatore Koen Pelgrim, ma per tenere alta l’attenzione era parso interessante giocare sul dubbio. Come se la montagna e la sua altura potessero portare con sé quel tocco di mistero che rende certe tappe più pericolose di altre.
In realtà la strada ha detto altro. E se da una parte Lopez e Mas si sono avvantaggiati, Evenepoel e Roglic sono saliti più o meno allo stesso passo. Soltanto nel finale il leader della Jumbo Visma ha preso il largo, ma con un guadagno di pochi secondi e ammettendo a sua volta di non aver avuto gambe. Insomma, Evenepoel era giustamente cauto, ma in fondo sapeva che non ci avrebbe lasciato le penne.
Conta l’adattamento
Affrontiamo il tema con Claudio Cucinotta, uno degli allenatori della Astana Qazaqstan Team, per capire quanto ci sia di imprevisto in situazioni del genere e quanto in realtà si possano gestire, anche al cospetto di atleti di maggior esperienza e più attitudine a un certo tipo di sforzo.
«In casi del genere – spiega Cucinotta – conta di più quello che hai fatto nelle settimane e nei mesi precedenti rispetto a quello che hai fatto negli anni precedenti. Quindi anche se uno è abituato a correre in altura però nella stagione in corso non ha fatto periodi in quota, non è automaticamente avvantaggiato. Come i colombiani che dopo un po’ perdono l’adattamento. Quindi quello che diceva l’allenatore di Remco è assolutamente vero. Se lui ha lavorato tanto sullo Stelvio e comunque su salite con quote elevate, dal punto di vista fisiologico era adattato per affrontare un arrivo a quote così elevate».
Quindi attraverso l’analisi dei parametri fisiologici si riesce a capire l’eventuale perdita dovuta all’altura e lavorare per colmarla?
Sì, si riesce a capire percentualmente il calo di rendimento a quote elevate. C’è chi cala di più e chi meno, questo è soggettivo. E facendo un lavoro massiccio, si tratta di variazioni che si riescono ad assorbire e gestire, nel senso che si lavora per ridurre il calo dovuto all’altura. Quindi se ipoteticamente l’atleta mai stato in quota fa una salita di 2.500 metri ed ha un calo, dico a caso, del 10 per cento, allenandosi può arrivare averlo magari del 6 per centro.
Loro hanno sottolineato di aver lavorato sullo Stelvio a ritmo gara.
Sicuramente aiuta a migliorare, ma bisogna dire che l’altura va fatta e valutata in maniera abbastanza attenta. Se io vado in altura ad allenarmi per una gara che si svolgerà a livello del mare, allora dal mio punto di vista lavorare ad alta intensità in quota non ha sempre troppo senso. Viceversa se si lavora per la Vuelta, dove di solito ci sono sempre arrivi in quota, allora ha senso ed è anzi consigliabile lavorare anche ad alta intensità in alta quota. Perché poi è quello che andrò a fare in gara.
Due schemi diversi, insomma.
La prassi è che per preparare una corsa a livello del mare o comunque a quote non elevate, si dorme in alto e ci si allena in basso. Questo rende possibili gli effetti benefici dell’altura sullo stimolo della produzione di globuli rossi. Allenarsi a bassa quota invece non ha le limitazioni della quota, che mi mi impone di ridurre l’intensità. Se però, come dicevamo, devo preparare un evento in alta quota devo anche abituarmi a lavorare in altura ad intensità di gara. Immagino sia quello che hanno fatto.
Quanto deve essere vicino alla gara questo tipo di lavoro?
E’ un adattamento che si perde col tempo. Se ho la Vuelta a fine agosto, devo fare dei richiami. Faccio questi lavori a luglio, non basta averli fatti a febbraio. A volte basta un blocco massiccio d’altura anche a un mesetto dalla gara.
Dormire in quota fino alla vigilia della gara aiuta a non perdere l’adattamento?
Aiuta a prolungare l’effetto della quota. Normalmente si tende a scendere una settimana prima dell’evento. Ma se per esempio la gara avesse l’arrivo in quota già in partenza allora varrebbe la pena scendere dall’altura a ridosso della partenza.