Santini Maillot Jaune, inverno con stile e tecnicità

14.10.2022
4 min
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La collezione Maillot Jaune, lanciata questa primavera da Santini e il Tour de France, si trasforma  per affrontare l’inverno. Il maglificio italiano propone cinque capi e due accessori per le uscite nella stagione fredda. Una capsule collection per portare con sé l’unicità del Tour de France anche durante le uscite a basse temperature. 

Il Tour addosso

La collezione Maillot Jaune celebra l’unicità del Tour de France con capi unici sviluppati da Santini. La collezione racchiude in sé il valore simbolico della Grand Boucle ed è identificata dalla particolarità del logo che può essere interpretato come riproduzione stilizzata di un ciclista visto dall’alto, o come un atleta dalle braccia alzate in segno di vittoria.

Grazie a Santini autunno e inverno si potranno affrontare con un’estetica unica e dedicata al Tour de France. Capi pensati per affrontare il freddo, con stile ed eleganza, e caratterizzati dalla qualità che contraddistingue le proposte del marchio lombardo. Un’altro valore aggiunto è il design con i colori della linea Maillot Jaune rappresentati da blu oltreoceano, il nero e il giallo, per un look minimal ed elegante.

Tecnico per l’inverno

La collezione comprende tutto quello che serve al ciclista per non avere paura delle temperature che si abbassano. In primis la calzamaglia Allez, in calda e morbida termofelpa, è dotata di fondello C3, caratterizzato da una conchiglia protettiva con superficie ergonomica 3D a densità differenziata, per lunghe ore in sella. Dispone di logo e inserti gialli che, uniti al logo Santini rifrangente, aumentano la visibilità su strada. E ancora, la maglia a maniche lunghe Allez, realizzata in termofelpa Hotwind che mantiene la temperatura corporea costante ed è caratterizzata da striature gialle su sfondo blu oltreoceano e dettagli gialli.

In caso di freddo estremo, la linea Maillot Jaune propone la giacca Allez Vega Xtreme, confezionata con tessuto Polartec Windbloc per riparare dall’aria, dalla pioggia e dall’umidità. Il tutto con elasticità, massima traspirabilità e bilanciamento termico, e con il tessuto Polartec Alpha, utilizzato per l’interno del collo, che mantiene al caldo quest’area delicata. Grazie a queste caratteristiche c’è un’ottimale evaporazione del sudore che mantiene asciutto il corpo. Le maniche sono tagliate al vivo e foderate in tessuto fleece con uno strato esterno sul polso in PU completamente impermeabile.

Stile che scalda

La collezione si arricchisce con altri due capi versatili per tutti i giorni. La felpa e il maglione tecnico di lana Maillot Jaune,  entrambi realizzati con tessuti Polartec. La felpa in tessuto Polartec Windbloc, per riparare dall’aria, dalla pioggia e dall’umidità, garantisce elasticità, massima traspirabilità e bilanciamento termico. Il maglione in Polartec Power Wool con tessuto compression stretch bidirezionale che combina la lana, la regina tra le fibre naturali, con fibre sintetiche. 

A completare il look in sella, e proteggere le aree periferiche del ciclista, la collezione invernale include guanti e copri-scarpe Allez. 

La collezione invernale Maillot Jaune è disponibile sul sito Santini e anche su www.letour.fr e nei selezionati negozi di ciclismo nel mondo.

Santini

Probikeshop dalla Francia alla scoperta di Santini

12.10.2022
3 min
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L’e-commerce francese Probikeshop ha recentemente fatto visita a Santini, punto di riferimento nel mondo dell’abbigliamento dedicato al ciclismo. L’iniziativa fa parte del “Probike Tour Series”, un format creato dalla stessa Probikeshop per presentare le aziende con le quali collabora e i cui prodotti sono in vendita sul proprio e-commerce. La formula è semplice e nello stesso tempo efficace. Sono le stesse aziende a raccontarsi attraverso un video

A guidarci nella visita alla sede di Santini troviamo ancora una volta Marie Pizzera, Field Marketing Coordinator Europe di Probikeshop. Ad accompagnarla Andrea Pellegrinelli dell’ufficio marketing di Santini.

Nello showroom fanno bella mostra di sé le maglie più importanti firmate da Santini
Nello showroom fanno bella mostra di sé le maglie più importanti firmate da Santini

Si parte dalla storia

Il video che ci racconta Santini non poteva che partire dalla sua storia. Tutto è iniziato nel 1965 in un garage di Dalmine per mano di Pietro Santini, ancora oggi alla guida dell’azienda con il supporto fondamentale delle figlie Monica e Paola, rispettivamente Amministratore Delegato e Marketing Manager.

Una lunga storia iniziata con le prime maglie in lana fino ad arrivare alle maglie di oggi realizzate con tessuti innovativi ed ecologici. In mezzo tantissimi successi sportivi e soprattutto aziendali. Due su tutti meritano sicuramente di essere ricordati: il rapporto storico con l’UCI e il Tour de France. A partire da quest’anno Santini “veste” il vincitore della più importante corsa a tappe del mondo.

La maglia gialla, il fiore all’occhiello di Santini
La maglia gialla, il fiore all’occhiello di Santini

Dal disegno al prodotto finito

Marie Pizzera e Andrea Pellegrinelli ci hanno guidato alla scoperta di tutti i passaggi che portano alla nascita di ogni singolo capo Santini. Si parte dal disegno, passando poi per la fase di stampa e al passaggio del disegno stesso sul tessuto. Successivamente si passa alla cucitura dei tessuti stampati e tagliati per dare vista al prodotto finale.

In Santini tengono tantissimo a che ogni prodotto sia perfetto. Assume così un aspetto fondamentale il controllo minuzioso di ogni singolo capo realizzato. Questa fase ancora oggi viene fatta manualmente. Chiude il processo produttivo la fase di imballaggio al termine della quale ogni singolo prodotto è pronto per essere venduto.

Le nuove collezioni

Nella visita realizzata da Probikeshop a casa Santini non poteva mancare lo showroom dell’azienda bergamasca. Si tratta di un ambiente elegante dove sono esposte le nuove collezioni e le divise speciali dei team con i quali Santini collabora. Fra questi spiccano la Trek-Segafredo e la nazionale di ciclismo australiana con la quale Santini collabora da anni, forte di un rapporto davvero speciale. All’interno dello showroom fanno inoltre bella mostra di sé alcune delle maglie che hanno fatto la storia del ciclismo: dai campionati del mondo, al Giro d’Italia, alla Vuelta di Spagna.

Probikeshop

Mozzato: grinta, determinazione ed il primo europeo in azzurro

21.09.2022
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Nella caduta che ha tagliato fuori dal campionato europeo Giacomo Nizzolo era stato coinvolto anche Luca Mozzato. Il corridore della B&B Hotels-KTM però non si è arreso e alla partenza di Monaco di Baviera lui c’era (nella foto di apertura si vedono ancora i segni della caduta in terra francese). Un po’ acciaccato, ma con tanta motivazione e nessuna voglia di rinunciare ad una convocazione più che meritata. Per Mozzato, l’esperienza di Monaco ha rappresentato il momento più importante vissuto in maglia azzurra

«Ho trovato la forza di partire e di mettermi in gioco – racconta – nonostante la caduta, l’ho fatto perché si trattava dell’europeo. Se fosse stata una corsa normale, ci avrei pensato due volte prima di salire in sella. Quella in Germania è stata la corsa di maggior peso rispetto alle altre fatte prima con la nazionale, questo ha decisamente influito nella decisione di correre». 

Mozzato, il secondo da sinistra, alla partenza del Circuite Franco-Belge l’ultima corsa prima dell’europeo (foto Circuite Franco-Belge)
Mozzato, il secondo da sinistra, alla partenza del Circuite Franco-Belge l’ultima corsa prima dell’europeo (foto Circuite Franco-Belge)

Un avvicinamento difficile

La caduta avvenuta al Circuito Franco-Belga quattro giorni prima della gara di Monaco non è stato uno dei migliori avvicinamenti per Mozzato. Il veneto, forte della fiducia riposta in lui da Bennati e del morale alto post Tour de France, ha comunque voluto dare il suo apporto alla spedizione azzurra

«Il percorso al Circuite Franco–Belge – riprende – era caratterizzato da 3-4 strappi in sequenza. A pochi chilometri dal primo, lo stradone scendeva un po’ e le velocità erano elevate per prendere le posizioni migliori. Io rientravo da una foratura e mi trovavo nella seconda metà del gruppo e c’era molta confusione. Il corridore davanti a me si è spostato all’ultimo schivando una buca, non ho fatto in tempo ad evitarla e ci sono entrato in pieno, senza riuscire a controllare la bici. Era una situazione di corsa, tutti volevano stare davanti, si trattava di un momento molto agitato, è andata male, ma non si può mettere in croce l’altro corridore».

Il veneto ha un buono spunto veloce che gli permette di dire la sua anche nelle volate di gruppo
Il veneto ha un buono spunto veloce che gli permette di dire la sua anche nelle volate di gruppo

Il confronto con Bennati

Prima di rinunciare ad un appuntamento così importante un corridore ci pensa più di due volte. Soprattutto se è il debutto in una corsa prestigiosa come il campionato europeo. 

«Subito dopo la corsa – dice – ho sentito Bennati per prendere una decisione, dopo la caduta non ero messo bene, ma mancavano ancora quattro giorni all’europeo. Lui stesso mi ha detto di partire comunque per Monaco e poi avremmo visto come sarei stato giorno dopo giorno.  Sicuramente avevo delle grandi abrasioni, ma per fortuna non ho preso grandi botte. Nel momento in cui mi è esploso il copertone, mi sono reso conto e mi sono preparato all’impatto con l’asfalto. Le ferite mi davano fastidio per fare cose normali, ma non per andare in bici e questo mi ha aiutato a prendere la decisione di correre. Nei tre giorni successivi abbiamo tenuto monitorata la situazione. All’europeo dovevo andare per dare una mano e non per finalizzare, quindi nonostante non fossi al cento per cento ho voluto correre lo stesso. A grandi linee, il mio ruolo in corsa non è cambiato alla luce della caduta, la corsa è stata bloccata fino al finale. I nostri uomini chiave sono usciti verso il finale». 

Una delle sue principali caratteristiche è la capacità di guidare bene la bici sul pavé del Nord
Una delle sue principali caratteristiche è la capacità di guidare bene la bici sul pavé del Nord

Tanta determinazione

Nelle parole di Mozzato, cogliamo tanta determinazione, ma allo stesso tempo anche molto realismo. Luca è un corridore che ha imparato a gestire e raccogliere le occasioni che passano. Quando si corre in una squadra più piccola delle altre bisogna saper fare di necessità virtù. 

«Sicuramente la mia determinazione conta tanto – ci spiega – correre con la B&B Hotels mi dà la possibilità di mettermi in mostra e di giocare le mie carte. Allo stesso modo, però, è normale che né io né i miei compagni possiamo contare su un appoggio come quello delle squadre WorldTour. Dal mio punto di vista questa cosa conta relativamente, alla fine che tu sia in una grande squadra o una piccola la cosa importante è arrivare alle corse determinato e preparato. La determinazione è scontato che sia un elemento fondamentale nello sport, al Tour, per esempio, non puoi perdere nemmeno un momento, tutti gli istanti contano. E’ facile essere determinati e pronti quando si sta bene o quando il percorso è favorevole, la vera sfida è esserlo quando affronti le tappe dure e il tuo unico scopo è portare la bici al traguardo entro il tempo massimo. Sono quelli i momenti che contano davvero, dove la testa conta ancora di più».

Mozzato Belgio 2022
Quest’anno Mozzato ha ottenuto ben 19 Top 10 in 71 giorni di corsa
Mozzato Belgio 2022
Quest’anno Mozzato ha ottenuto ben 19 Top 10 in 71 giorni di corsa

Numerosi piazzamenti

Se guardiamo alla stagione di Mozzato, notiamo la grande moltitudine di piazzamenti. Una bella statistica, anche se non è ancora apparso il numero 1. La strada è lunga ma la volontà non manca, non può mancare. 

«Il mio compito – chiude Mozzato – è destreggiarmi e raccogliere le occasioni che mi si presentano. Non sono un velocista puro, e mi manca anche un qualcosa di resistenza nelle tappe più mosse. Per me anche un piazzamento ha un certo valore. Ovvio che se parlassimo di un corridore abituato a vincere tutti quei piazzamenti non avrebbero lo stesso significato. Uno degli obiettivi che ho è specializzarmi, puntando o sull’esplosività oppure sulla resistenza. Sarà uno degli obiettivi del prossimo anno».

La paura è finita? Ragioniamo con Piepoli sul Mas ritrovato

18.09.2022
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Ultimi appunti della Vuelta. Enric Mas, secondo a Madrid. Avevamo parlato di lui con Leonardo Piepoli, che lo allena da un anno e mezzo. Lo avevamo visto crescere alla Tirreno e ai Paesi Baschi, poi ogni volta cadere. Stessa storia al Delfinato. Lo aspettavamo al Tour, ma dalla figuraccia l’ha salvato il Covid che ha fatto passare in secondo piano le sue mille incertezze. I colleghi spagnoli dicono sia stato il nuovo contratto, più corposo e di riflesso pesante. La serie Netflix che lo ha messo sotto una pessima luce nel rapporto con Lopez. E forse anche il fatto di non avere più accanto un Valverde dominante e la necessità inattesa di prendersi la Movistar sulle spalle. Il ritiro dopo la tappa di Hautacam è parso un provvidenziale salvagente. Poi finalmente lo si è visto ai livelli sperati alla Vuelta. Che cosa è successo all’eterna promessa del ciclismo spagnolo?

Nel giorno di Sierra Nevada la ruggine con Lopez lo ha frenato, ma veniva da un malanno
Nel giorno di Sierra Nevada la ruggine con Lopez lo ha frenato, ma veniva da un malanno

Una lenta risalita

Siamo tornati da Piepoli per capire in che modo Mas sia uscito dal pozzo, per ritrovare smalto e fiducia nella corsa di casa.

«Gli sono stati tutti accanto – racconta Leonardo – per ricostruire la fiducia. Al Tour c’è stato un errore di gestione delle emotività e probabilmente avere la responsabilità della squadra ha creato qualche limite mentale. Ne parlavo con “Purito” Rodriguez, che spesso dice cavolate, ma a volte tira fuori perle di saggezza. Mi diceva che quando la gente è stressata, perde capelli, mangia le unghie, ingrassa o perde peso. Mas invece veniva dalle cadute ripetute della Tirreno, dei Paesi Baschi e del Delfinato e lo stress è andato a colpire il suo punto debole: le cadute. Alla fine era diventato quasi incapace di andare in bici. Ma tutti gli sono stati accanto. Ciascuno ha fatto la sua parte, anche i compagni per allenarsi a fare le curve a tutta. Ciascuno ha messo il suo sassolino e alla fine ne siamo usciti».

Al Tour del 2021, Mas era arrivato al sesto posto e per il 2022 puntava molto più in alto
Al Tour del 2021, Mas era arrivato al sesto posto e per il 2022 puntava molto più in alto
Il Mas della Vuelta era al suo massimo?

Secondo me al Tour sarebbe andato più forte, ma era comunque a un ottimo livello. La volta che è andato via con Roglic a Sierra de la Pandera e si è staccato in cima, aveva problemi intestinali, altrimenti sarebbe arrivato con Primoz. Secondo me in salita andava più forte di Roglic, pari a Remco. In salita non si sarebbe staccato, ma nella crono avrebbe beccato ugualmente.

Quindi Evenepoel rimaneva imbattibile?

Non lo avrebbe fatto fuori. Il giorno che è stato male e ha perso tempo, non era una tappa da cedere terreno. A Sierra Nevada il giorno dopo poteva andare più forte, ma forse aveva ancora in testa la paura per quello che era successo il giorno prima. Sapeva di essersi staccato e quella è diventata una debolezza. Veniva dal Tour che gli ha creato un miliardo di insicurezze. Ha attaccato fin troppo per le sue caratteristiche.

Mas è andato avanti a sprazzi. A Sierra Nevada ha guadagnato, il giorno prima aveva perso
Mas è andato avanti a sprazzi. A Sierra Nevada ha guadagnato, il giorno prima aveva perso
E’ parso più battagliero degli anni scorsi.

E’ cambiato, il processo che si è iniziato a vedere alla Vuelta dell’anno scorso è stato un crescendo. Alla Tirreno andava, ai Paesi Baschi è andato fortissimo, ma di arrivi ne ha visti pochi, perché cadeva sempre. A Madrid prima dell’ultima tappa gli ho detto di stare attento, che sbadato com’era, rischiava di non finire la Vuelta (ride, ndr).

Volendo immaginare il suo 2023 cosa faresti?

Intanto farei un programma diverso e lo manderei al Giro. Vingegaard e Pogacar oggi come oggi sono sopra a tutti. Possono anche avere giornate storte, nessuno pensava che Vingegaard potesse dare una paga simile a Pogacar. Come nessuno poteva pensare che l’anno dopo il Tour di Bernal, arrivasse un altro ragazzino a far fuori il più giovane vincitore del Tour. Tutto può succedere, come nessuno pensava che Ayuso potesse fare terzo alla Vuelta più giovane di come l’ha fatto Pogacar. Io però, anche per cambiare programma, lo porterei al Giro. Farei Giro e Vuelta, così avrebbe il tempo per prepararli entrambi al 100 per cento. Però questa è un’idea mia, personale.

Dopo il Tour Mas non si è allenato nelle prove a cronometro, ma ugualmente ha sfoderato buone prove alla Vuelta
Dopo il Tour Mas non si è allenato nelle prove a cronometro, ma ugualmente ha sfoderato buone prove alla Vuelta
Sul fronte della preparazione cambieresti qualcosa?

Continuerei a battere sul tasto della brillantezza, perché ha ancora margine. Poi la crono va lavorata e migliorata, è talmente evidente che non bisogna dirlo. In quella della Vuelta è andato forte, decimo in una prova molto veloce. Con i suoi watt non era facile. Un po’ si possono migliorare i materiali, un po’ la sua attitudine. Il fatto è che per i problemi del Tour non ha mai usato la bici da crono. Avevamo da migliorare altrove.

Sarebbe cambiato qualcosa?

Il solo lavoro che ha fatto sulla bici da crono, a fine allenamento, è stato andare avanti e indietro in un tratto di un chilometro. I suoi problemi erano diversi, non aveva senso lavorare su altro. Non dico che se si fosse allenato avrebbe fatto tanto meglio, però non ci siamo allenati.

Mas ha lasciato la Vuelta con un secondo posto importante a livello psicologico
Mas ha lasciato la Vuelta con un secondo posto importante a livello psicologico
Il prossimo anno avrà davvero la squadra sulle spalle.

Secondo me ha imparato quest’anno. E’ crollato per questo al Tour, ma non succederà più. Penso che alla Vuelta abbia dimostrato di avere lo spessore. Gli ho detto che non deve avere paura di un grosso contratto con Eusebio. Con Lefevere forse potrebbe averne, perché loro ti mettono pressione. Con Eusebio (Unzue, team manager della Movistar, ndr) o le francesi, puoi stare tranquillo e al limite prendi anche pochi calci nel sedere.

Come la mettiamo con Netflix?

Credo che sia finito il ciclo Movistar, quindi sarà un problema in meno. Lo sport sta diventando così, che ci vuoi fare? Il problema è stato che anziché ammettere di averne sofferto, continuava a dire che se ne fregava. Avrebbe dovuto ammettere che gli aveva fatto male e a quel punto avremmo potuto aiutarlo. Ma se dici che non è niente e invece soffri, arriva lo stress e sei già morto. Spero che per il futuro queste cose qui non le farà più. 

Evans all’IBF: tra gravel, grandi Giri e il mondiale australiano

10.09.2022
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Nella confusione del paddock di Misano Marittima dove si sta svolgendo l’Italian Bike Festival, spunta un volto conosciuto: è quello di Cadel Evans. L’ex corridore australiano è nello stand BMC, a testare bici gravel con il sorriso di sempre. Evans ha smesso di correre nel 2015 proprio con il BMC Racing Team ed è rimasto nel panorama del brand svizzero. L’occasione di avere davanti una personaggio del suo calibro è ghiotta e ne approfittiamo.

Cadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente test
Cadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente test
Cadel, che cosa stai facendo ora?

Continuo il mio lavoro di brand ambassador, questa all’Italian Bike Festival è una delle prime esperienze che faccio dopo la chiusura dovuta al Covid. Sono contento di ritrovare tante persone che conosco da molti anni, è bello essere qui senza mascherina (dice ridendo, ndr) fare delle prime prove di bici è divertente. Pedalo con vecchie conoscenze (dietro di lui passa proprio Alessandro Ballan, altro ambassador BMC, ndr).

Ti sei votato al gravel ora?

Mi piace moltissimo, da quando ho smesso di correre faccio solo quello. Ho unito la mia passione per il fuori strada e la fisionomia delle bici da corsa.

Ci sarà anche il mondiale ad ottobre…

Sì. Un gran bell’evento, peccato non essermi preparato prima per correre e provare a vincerlo (ci dice con un sorriso malizioso, ndr).

Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)
Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)
Come ti trovi qui a Misano?

In 5 minuti sono entrato ed ho trovato 5 o 6 ex corridori professionisti. Anche mentre parcheggiavo la macchina, ho incrociato Bettini che mi ha consigliato un buon parcheggio (ride ancora, ndr). E’ incredibile perché ritrovo gente che conosco da quando correvo in mountain bike da junior, è divertente andare in queste fiere internazionali è trovare ancora le stesse persone. Ho tenuto un bel rapporto per fortuna!

Hai seguito ultimamente le gare?

Sì, seguo ancora molto. Certo, ora sono dalla parte dei tifosi, esco qualche volta con alcuni professionisti che abitano vicino a me. La mia corsa, la “Cadel Evans Great Ocean Road Race” ricomincia a gennaio del 2023 e stiamo lavorando sodo.  

Hai visto il Tour de France?

Certo, è stato molto bello, direi entusiasmante. Si è visto un po’ di tutto: sfortuna, cadute, attacchi, il crollo di Pogacar, che sembrava essere Superman ed invece si è scoperto umano. E’ stato molto bello anche per il movimento del ciclismo. Vingegaard ha corso in maniera molto intelligente, calcolando tutti gli sforzi.

La bellezza dell’ultimo Tour de France non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano, vincitore della Grande Boucle nel 2011
La bellezza dell’ultimo Tour non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano
La Jumbo Visma ha fatto un bel passo in avanti…

Negli anni scorsi ha investito molto ed ora tutto questo ha iniziato a pagare. E’ stato bello anche il momento della stretta di mano dopo la caduta di Pogacar tra lui e Jonas, una scena di ciclismo antico. 

Ed Evenepoel alla Vuelta?

Sta andando fortissimo, è impressionante. Tutti pensavano che che potesse crollare l’ultima settimana, ma per il momento resiste ancora in maniera solida (ieri, tappa 19 la corsa era ancora in mano al belga, ndr). Anche nella tappa dove è arrivato dietro Meintjes, la numero nove, è stato impressionante. Roglic era in crescita, ma non è andato come ci si aspettava, poi ha avuto l’ennesima sfortuna. Non so se va al mondiale, ma con la gamba che ha direi proprio che ci sarà (esclama con un mezzo sorriso, ndr), io lo porterei.

La resistenza di Evenepoel ha sorpreso tutti, anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale australiano
La resistenza di Evenepoel ha sorpreso anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale
I mondiali saranno in Australia, a casa tua, bello, no?

Soprattutto per il ciclismo in Australia, visto che per due anni non abbiamo avuto corse internazionali a causa del Covid. Spero che per il ciclismo australiano possa essere un bel modo per ricominciare con continuità e che i corridori possano tornare nel mio Paese. 

Andrai a vederlo?

Sì, sì. Partirò giovedì prossimo e sarò lì la settimana prima della corsa, come testimonial del mondiale. Penso che avrò un ruolo di riferimento per la stampa, vado con gran piacere a vederlo. 

Hindley, australiano anche lui, ha vinto il Giro quest’anno…

Sembrava potesse vincerlo nel 2020, ma poi ha perso il primo posto a favore di Geoghegan Hart. Nel 2021 ha avuto un anno di sfortuna e difficoltà, ma ha sempre lavorato per migliorare e quest’anno ha preso la sua rivincita

Anche la Bora è cresciuta tanto.

Hanno lavorato tanto ed investito altrettanto, adesso hanno cambiato modo di correre, passando da una squadra veloce ad una da salita. Si pensava che potesse ripartire, con convinzione, il movimento australiano, ma poi al Tour Haig e O’Connor hanno avuto qualche difficoltà.

Hai visto il percorso del mondiale?

Sulla carta, ma vorrei fare una ricognizione, è un anno che non vado a pedalare nella zona di Wollongong. Vederlo su una mappa è diverso, le strade in Australia sono larghe, quindi potrebbe uscire una corsa meno nervosa del previsto. Da quel che si legge molte nazionali stanno facendo una squadra vicina agli scalatori. 

Il profilo del mondiale di Wollongong risulta impegnativo, ma la larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere la corsa meno nervosa
La larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere meno nervoso il mondiale di Wollongong
Poi ci sarà Van Aert

Lui è una bel punto di domanda, nel senso della forma. Se sta bene, vince in salita, sugli Champs Elysees, insomma, sembra invincibile. 

Come saranno il pubblico e il clima di questo mondiale?

La voglia degli australiani di vedere questo mondiale è alta. Non abbiamo la tradizione ciclistica europea, ma siamo in grande attesa. Ora da noi si esce dall’inverno, penso che ci sarà un clima abbastanza mite, vedremo, manca sempre meno!

Per Jonny Mole arriva un premio di prestigio

10.09.2022
3 min
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Nei giorni scorsi Jonny Mole, studio di design e comunicazione molto conosciuto e apprezzato nel mondo del ciclismo, ha annunciato con giustificato orgoglio di aver vinto il “Red Dot Award” nella categoria “Brand & Communication”. Stiamo parlando di uno dei premi di maggiore prestigio al mondo per quel che riguarda il design legato alla comunicazione (in apertura Jonny Moletta, fondatore dell’agenzia Jonny Mole, ndr). 

Ecco lo staff di Jonny Mole
Ecco lo staff di Jonny Mole

Sulla strada del Tour

Il premio vinto ha in qualche modo a che fare con il Tour de France. L’agenzia guidata da Jonny Moletta ha infatti ottenuto il prestigioso riconoscimento grazie alla progettazione e sviluppo della campagna “Valegro Tour de France Limited Edition Helmet”. Si tratta di un video 3D che in soli 40 secondi è stato in grado di veicolare la storia e le caratteristiche del casco Valegro di Kask realizzato per l’ultima edizione del Tour. Si tratta di un modello che ha fatto il suo debutto sulle strade di Francia nel 2017, accompagnando al successo gli atleti del Team Sky, oggi Ineos-Grenadiers

In occasione dell’ultimo Tour, Kask ha deciso di realizzare una versione limited edition del Valegro caratterizzata da una grafica davvero unica. Su tutto il casco di colore bianco erano presenti sette righe parallele gialle che si rincorrevano e disegnavano una strada a richiamare le sette storiche vittorie ottenute al Tour da atleti che hanno indossato Kask. In soli 40 secondi il video realizzato dallo studio di design Jonny Mole ha saputo raccontare in maniera perfetta le caratteristiche davvero speciali del Valegro e il suo legame con il Tour. Assolutamente iconico, il video ha reso semplice la complessità grazie a incredibili soluzioni creative realizzate con programmi 3D.

Già apprezzato in occasione del Tour de France, il video è stato in grado di convincere anche la giuria internazionale del Red Dot Award.   

Il casco Valegro Tour de France Limited Edition, con tanto di watermark di riconoscimento del premio Red Dot Award
Il casco Valegro Tour de France Limited Edition, con tanto di watermark di riconoscimento del premio Red Dot Award

La nuova era dei video

Il successo ottenuto conferma come oggi i video rappresentino l’ultima frontiera della comunicazione sia online che offline. L’intuizione di Jonny Moletta, founder e CEO dello studio Jonny Mole, è stata quella di integrare perfettamente design e comunicazione, fornendo così degli strumenti innovativi ai brand per le loro campagne pubblicitarie. 

«Questo video – racconta lo stesso Jonny Moletta  – rappresenta l’incredibile capacità di Jonny Mole di coniugare comunicazione e design: l’ottimo lavoro di regia si integra perfettamente con l’abilità nel creare sofisticate animazioni 3D. La vittoria del Red Dot Award è un’ulteriore conferma del lavoro che ogni giorno svolgiamo nel nostro studio per portare innovazione e qualità senza tempo, dimostrando così la nostra voglia di eccellere sempre». 

Appuntamento a Berlino

La cerimonia di consegna del “Red Dot Award: Brand & Communication” si terrà il prossimo 28 ottobre a Berlino. Sul sito ufficiale del Red Dot Award sarà possibile ammirare il video “Valegro Tour de France Limited Edition Helmet“ che entra oggi a pieno titolo nella storia del design e della comunicazione. 

Una curiosità: per l’edizione di quest’anno del Red Hot Award sono stati presentati oltre 20.000 lavori. Si tratta di un numero importante che conferma il valore creativo e tecnologico del progetto realizzato da Jonny Mole per Kask

Ricordiamo che sono davvero tanti i brand, solo per restare nel mondo ciclo, che hanno deciso di affidare la loro comunicazione a Jonny Mole. Oltre a Kask possiamo sicuramente ricordare i seguenti: Wilier, FSA, Vision, Selle Italia, Selle San Marco, Elastic Inteface, Shimano, rh+, Lapierre, Ekoi, Udog.

Jonny Mole

Grandi Giri: è ancora possibile puntare alla doppietta?

08.09.2022
5 min
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La Vuelta, in questi giorni giocherà le battute finali, nel segno della maglia rossa di Remco Evenepoel. Avevamo già analizzato come il ciclismo moderno si stesse “specializzando” arrivando a fare sempre meno giorni di corsa, ma con l’obiettivo di essere sempre performanti. Questo dato risulta ancor di più dalla corsa a tappe spagnola, alla quale hanno preso il via i primi tre della classifica finale dell’ultimo Giro d’Italia: Hindley, Carapaz e Landa. I quali non sono riusciti ad essere mai performanti per entrare nella classifica generale della Vuelta. Il più attivo è risultato Carapaz, con due successi di tappa, al netto dei 18 minuti di ritardo che paga al momento dal leader Evenepoel. 

Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro due tappe alla Vuelta, ma una classifica compromessa già alla fine della prima settimana
Carapaz Pandera
Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro, due tappe alla Vuelta, ma classifica subito compromessa

Cambio di rotta

Paolo Slongo, preparatore e diesse di grande esperienza ha vissuto tante epoche. E’ stato lui che ha guidato Nibali quando, nel 2013, il siciliano ha colto la sua prima vittoria al Giro e, pochi mesi dopo, il secondo posto alla Vuelta (foto di apertura con Nibali in maglia rossa, che passò a Horner a tre giorni dalla fine, ndr). 

«Penso che programmando bene – inizia a parlare Slongo – avendo in testa di correre Giro e Vuelta sia più fattibile fare classifica. Ci sono tempi più larghi, si riesce ad avere un maggiore stacco e di conseguenza un periodo di preparazione più ampio. Sono dell’idea che accoppiare Giro e Tour o Tour e Vuelta sia troppo difficile per il ciclismo moderno, dove devi essere sempre al 100 per cento.

«E’ troppo difficile anche mentalmente cercare di prolungare un periodo di forma per così tanto tempo, anche perché nelle poche settimane che passano tra queste corse si avrebbe solamente il tempo di mantenere la condizione. Diverso è se, per un motivo o per un altro, non riesci a performare in un Grande Giro e di conseguenza punti a quello successivo. Com’è stato il caso di Mas quest’anno al Tour, ora lo vedete forte alla Vuelta».

Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta prolungando la preparazione e ricalibrando gli obiettivi stagionali
Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta ricalibrando gli obiettivi stagionali

Una grande diversificazione

I metodi di lavoro e di preparazione sono cambiati molto, concentrando gran parte del lavoro negli allenamenti specifici, non più nelle gare. La corsa diventa il palcoscenico dove mostrare la propria forza, non un laboratorio nel quale provare e fare esperimenti. 

«Questo dipende da tante cose – continua Slongo – soprattutto da quel che vuole la squadra e dai suoi obiettivi. Una cosa però è certa: fino a pochi anni fa i leader correvano facendo degli avvicinamenti simili, disputavano le stesse corse, ora nemmeno questo. Si va troppo ad esasperare lo specifico appuntamento e li trovi corridori sempre pronti negli appuntamenti che contano. Evenepoel, per esempio, ha concentrato gran parte della sua stagione, se non tutta, sulla Vuelta. E’ ovvio che arrivi con maggiore motivazione e preparazione rispetto a chi ha già corso il Giro d’Italia o il Tour de France. Ha più fame di successo, gli altri invece sono appagati da quanto mostrato negli appuntamenti precedenti».

Tempi e mentalità diversi

Dal periodo post pandemia, quindi stagione 2020 compresa, è diventato ancora più difficile proporsi ad alti livelli in due Grandi Giri. In precedenza, nel 2017 Froome vinse il Tour e poi la Vuelta, infilando a seguire anche il Giro del 2018. L’ultimo ad andarci vicino è stato Roglic nel 2019 e nel 2020 quando fece terzo al Giro e poi vinse la Vuelta, quindi secondo al Tour e primo alla Vuelta.

«Vi faccio un esempio – racconta Slongo nuovamente – di quel che è cambiato negli anni. Vincenzo alla Tirreno-Adriatico non arrivava mai al massimo della condizione, ma era sempre competitivo. Negli ultimi anni fai fatica ad entrare nei primi dieci se non sei al massimo. In Australia, al Tour Down Under, vedi certi valori in salita che ritrovi poi al Tour de France. Se punti ad una corsa, ormai arrivi super preparato, anche se è ad inizio stagione. Prima, invece, individuavi un periodo e riuscivi a correre mantenendo una buona condizione per più tempo. Il cambiamento principale è arrivato negli ultimi 7-8 anni, quando la Sky con Froome sdoganò questo metodo di lavoro sempre più specifico. Nibali, quando ha vinto il Tour, ha dovuto trascurare tutte le gare di inizio stagione. 

I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour
I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour

La visione del preparatore

Come ultimo passo bisogna capire se questi nuovi metodi di approccio alle gare abbiano cambiato il lavoro del preparatore

«A mio modo di vedere – dice Slongo – non è cambiato il modo di lavorare. Alla fine devo seguire il metodo migliore per gli obiettivi del team a seconda delle richieste e dei progetti. Ho i miei sistemi e devo solo capire quando e come applicarli. Quel che cambia sono lo spettacolo ed il rapporto del pubblico con il ciclismo. C’è chi è felice perché ogni volta che guardi una corsa di un corridore top lo vedi sempre al massimo della condizione e delle prestazioni. Al contrario, alcuni preferirebbero vedere i corridori impegnati in più corse ed affrontarsi in uno scenario più ampio».

Due anni di cadute, la triste storia di Roglic

07.09.2022
5 min
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Roglic cade un po’ troppo, ma questo non vuol dire che non sia ogni volta una pena. Nei giorni del Tour, subito dopo la sua caduta provocata veramente da sfortuna, più di un corridore faceva notare che lo sloveno tenti spesso di infilarsi dove non si passa. Forse per aver iniziato a correre tardi, forse per la grande disinvoltura che a volte lo tradisce.

Dopo l’arrivo nella tappa di ieri, lo sloveno seduto a terra e sotto shock. Difficile pensare che potesse ripartire
Dopo l’arrivo nella tappa di ieri, lo sloveno seduto a terra e sotto shock. Difficile pensare che potesse ripartire

Caduta inspiegabile

La caduta di ieri che l’ha costretto a lasciare la Vuelta ha ancora del clamoroso: qualcosa di insensato per la dinamica e dopo il capolavoro di tattica e potenza di quell’allungo ai 3 chilometri dall’arrivo. Aveva fatto tutto alla grande, perché cercare Wright e non farsi portare all’arrivo?

«Subito dopo il traguardo – ha raccontato al belga Het Nieuwsblad il diesse Engels – riuscivamo a malapena a parlargli, era così deluso. Questo è un altro duro colpo per lui. Speravamo di lottare per la maglia di leader per un’altra settimana e sentivamo che era ancora lì. Ieri abbiamo fatto molto bene, era semplicemente inimmaginabile riuscire a guadagnare del tempo, poi quella caduta con enormi conseguenze…

«Non ho visto più di voi. Non c’è stato movimento brusco o qualcosa del genere. Sembra solo che sia un incidente molto sfortunato di cui nessuno è responsabile. Ma ovviamente ha enormi conseguenze. Si apre un’ultima settimana che è stata sottovalutata ed eravamo convinti di lottare fino a Madrid».

Parigi-Nizza 2021, ultima tappa. Roglic arriva ferito e con una spalla slogata
Parigi-Nizza 2021, ultima tappa. Roglic arriva ferito e con una spalla slogata

Parigi-Nizza 2021

Ma quel è lo storico delle cadute di Roglic? I momenti chiave sono sostanzialmente tre, senza i quali lo sloveno avrebbe potuto lottare per due Tour e avrebbe certamente in tasca un’altra Parigi-Nizza. E proprio dalla Costa Azzurra si comincia. Neanche tanto lontano, lo scorso anno.

Primoz ha vinto tre tappe, due addirittura consecutive. E’ la Parigi-Nizza dello sgarbo a Gino Mader, dopo il quale Roglic inizia la tappa conclusiva da leader, con 52 secondi di vantaggio su Maximilian Schachmann. La vittoria non può sfuggirgli.

A 70 chilometri dal traguardo invece cade per la prima volta. Si rialza e rientra rapidamente in gruppo, anche se con i pantaloni strappati. A 25 chilometri dalla fine è di nuovo a terra, proprio mentre gli uomini della Bora-Hansgrohe accelerano per Schachmann. E questa volta Roglic è isolato e perde sempre più terreno. Dicono che abbiano voluto fargli pagare la tappa del giorno prima, ma lascia sulla strada più di tre minuti ed esce addirittura dai primi dieci.

Tour 2021, caduta nella tappa di Pontivy: si ritirerà pochi giorni dopo
Tour 2021, caduta nella tappa di Pontivy: si ritirerà pochi giorni dopo

Tour 2021, un brutto colpo

La terza tappa del Tour 2021 arriva a Pontivy ed è disegnata per i velocisti. I primi chilometri sono nervosi, il percorso è frastagliato e i vari ostacoli provocano cadute.

Roglic è uno dei primi a rimanere invischiato nelle cadute. Finisce nella ghiaia della banchina e cade. Perde subito 1’21”. Tuttavia, riparte, rientra e rimane combattivo. E’ pieno di abrasioni e cerotti, ma va avanti lo stesso.

Tuttavia, dopo aver perso più di 35 minuti nella tappa de Le Grand Bornand, preferisce non ripartire l’indomani. Si sono corse appena 8 tappe. Tornerà per la Vuelta, vincendola. E vincendo in precedenza l’oro olimpico della crono.

La caduta del Tour 2022 è stata dovuta certamente alla sfortuna, ma perché sempre a lui?
La caduta del Tour 2022 è stata dovuta certamente alla sfortuna, ma perché sempre a lui?

Tour 2022: resa sofferta

La quinta tappa, quella sul pavé verso Wallers-Arenberg, è una brutta giornata per la Jumbo-Visma al Tour 2022. E’ il giorno del goffo intervento per assistere Vingegaard che ha forato. Il danese prende prima la bici di Nathan Van Hooydonck, che però è troppo grande. E quando poi l’ammiraglia gli consegna la sua, grazie a Van Aert il gap da Pogacar viene ridotto.

A Roglic però va peggio. Cade con Caleb Ewan a 30 chilometri dal traguardo. Una balla di fieno viene agganciata da una moto che la fa volare in mezzo alla strada: nessuno interviene e lo sloveno la prende in pieno. Taglia il traguardo pieno di graffi e con una spalla lussata. Perde più di due minuti su Pogacar, ma rimane al Tour. E’ decisivo nel giorno del Granon al fianco di Vingegaard, ma si ferma dopo la 14ª tappa per non compromettere la salute e la Vuelta.

La caduta di ieri nella tappa di Tomares: l’ultima ma in qualche modo la più dura
La caduta di ieri nella tappa di Tomares: l’ultima ma in qualche modo la più dura

Vuelta 2022: l’ultima beffa

E proprio alla Vuelta, giusto ieri, cade poco prima del traguardo dopo aver staccato Evenepoel. E’ volato in Spagna recuperando a tempo di record, la condizione è in arrivo e le speranze di vittoria ci sono ancora tutte.

Aveva già guadagnato terreno nelle due tappe di montagna prima del giorno di riposo e la fiducia in una quarta vittoria assoluta consecutiva non era svanita. Invece di colpo si ferma tutto. Il colpo è violento, sia per il corpo che per la mente. Si dice che Roglic sia inscalfibile. Si è rialzato dalla batosta del Tour 2020, ma quanto a lungo si può tirare la stessa corda senza che si spezzi?

Ricordate Joseba Beloki? Parliamo con lui di suo figlio Markel

06.09.2022
5 min
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Dopo Freire, è la volta di Joseba Beloki. Anche il basco che divenne grande al Tour e che sempre al Tour, a causa della caduta nella discesa su Gap nel 2003, chiuse di fatto la carriera (tornò in gruppo però mai ai migliori livelli), ha un figlio che corre. Ma se il figlio di Freire in qualcosa ricorda suo padre, Markel Beloki di Joseba non ha neppure l’aspetto. La storia invece sì, quella ce l’ha cucita addosso, essendo cresciuto vedendo passare per la sua casa tutti i campioni con cui suo padre ha avuto a che fare.

Il Tour del 2003 si conclude così, con la caduta nella discesa di Gap e Armstrong salvo per miracolo (immagine tv)
Il Tour del 2003 si conclude così, con la caduta nella discesa di Gap e Armstrong salvo per miracolo (immagine tv)

Tre podi al Tour

Joseba ha 49 anni e nel palmares alcune fra le corse a tappe più belle di Spagna, dalla Volta Catalunya alla Vuelta Asturias, ma è più noto per il secondo posto al Tour de France del 2002 e i due terzi del 2000 e 2001. Suo figlio Markel è del 2005, primo anno da junior, e corre nella squadra di Samuel Sanchez, in cui milita anche il figlio di Carlos Sastre. Quest’anno ha avuto buoni risultati, tanto che si parla di lui come uno dei talenti spagnoli in arrivo. Ma cosa dice suo padre? E che rapporti ha con il ciclismo di oggi?

«Seguo il professionismo da quando ho smesso di correre -dice – non ho mai smesso di farlo. Ho visto le immagini della crono della Vuelta già quattro volte. Mi piace studiare i dettagli, ragionare sull’aerodinamica, sui rapporti fra corridori e direttori sportivi. Mi piace come si sta sviluppando il ciclismo. In più ho visto passare tanti ragazzini che ora sono nel pieno e mi piace osservarli».

Come mai non fai il direttore sportivo?

Non mi piacerebbe. Preferirei semmai lavorare nella formazione. Ci sono cose che non cambiano. Come si sta in gruppo. Cosa si fa quando ci sono i ventagli. Come si aiuta un leader. Ci sono corridori che passano professionisti e non sanno ancora come si prende una borraccia. Non mi piacerebbe fare il direttore sportivo, perché solo pochi possono farlo bene. Il progresso lo impedisce. In tutto questo diventare tecnici, si è persa la parte romantica del ciclismo. Solo al Tour l’abbiamo finalmente rivista.

In cosa?

Negli attacchi senza paura, nei corridori coraggiosi e quelli in crisi. Il Tour mi è piaciuto molto.

Atleticamente Markel è molto più alto di quanto fosse suo padre: condividono però la passione per la crono
Atleticamente Markel è molto più alto di quanto fosse suo padre: condividono però la passione per la crono
Che cosa dici di tuo figlio Markel?

Mi trovo a pensare a lui come padre e come tecnico. Come padre, ha molti sogni, gli piace andare in bici e allenarsi come me. Sogna di passare professionista.

Come tecnico?

E’ un atleta che si sta facendo. E’ alto 1,84 e pesa 69 chili. E’ sottile. E’ cresciuto molto rapidamente e altrettanto rapidamente sta migliorando. Il prossimo anno e il primo da U23 saranno importantissimi.

Così alto… non vi somigliate molto come atleti.

Neanche un po’ (Joseba è alto 1,78 e pesava 68 chili). Forse il solo punto in comune è la passione per le crono.

Padre e figlio sono molto uniti: è quello che traspare dalle parole di Beloki
Atleticamente Markel è molto più alto di quanto fosse suo padre: condividono però la passione per la crono
Markel ti chiede mai del tuo ciclismo?

Mi chiede e io gli dico che ha sempre avuto il destino segnato. Nella nostra casa c’erano spesso Indurain, Freire, Contador. Conosce Basso. Markel non ha bisogno di guardare riviste e video, perché di quel ciclismo ha conoscenza diretta. Parliamo spesso di come stia cambiando. Mi alleno molto con lui, quando posso e quando ce la faccio, perché in salita è più forte di me. Ci piace molto lavorare insieme sulla posizione da crono.

Gli dai mai consigli?

Corre con Samuel Sanchez, do pochi consigli perché è in ottime mani.

Due figli d’arte nella stessa squadra e nella stessa corsa. Davanti Yeray Sastre, a ruota Markel Beloki
Due figli d’arte nella stessa squadra e nella stessa corsa. Davanti Yeray Sastre, a ruota Markel Beloki
Incontri mai Sastre alle corse?

Ogni volta che andiamo. Siamo amici. Prima siamo stati compagni alla Once, poi lui andò con Riis. Fra noi c’è un rapporto speciale, siamo davvero molto amici (sottolinea con enfasi, ndr).

Sei più tornato a Gap?

E’ un po’ che non vado, ma ci penso sempre. Rifletto sul fatto che potrebbe succedere ad altri, anche a mio figlio. Evenepoel ha avuto un incidente simile e ora vince. Froome non è più stato lo stesso, però è tornato. E’ importante che ce l’abbia fatta. Le cadute fanno parte del ciclismo, anche se sono una parte dolorosa.

«Esco spesso in bici con Markel – dice Beloki – ma ormai in salita fatico a stargli dietro…»
«Esco spesso in bici con Markel – dice Beloki – ma ormai in salita fatico a stargli dietro…»
Vai ancora molto in bici?

Cerco di uscire 3-4 volte a settimana. Ho anche corso a piedi. Ho fatto le maratone di New York e anche Berlino, ma correre mi faceva male e alla fine sono tornato alla bici. Va bene anche per la mia attività (Joseba gestisce la K6 Joseba Beloki Academy, molto rinomata e frequentata, ndr). Non vado forte come Contador e Flecha, però giro l’Europa. Partecipo alle gran fondo in Italia e in Belgio. Me la passo bene, insomma. E guardo mio figlio crescere.