EDITORIALE / Il bello e il brutto di essere italiani

14.08.2023
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GLASGOW – La carovana del mondiale si sta disperdendo. Anche chi scrive prenderà il volo nel pomeriggio e a quel punto di questi giorni si parlerà al passato. In realtà sembra passato un secolo. La vittoria di Mathieu Van der Poel è già lontana, nonostante sia avvenuta appena otto giorni fa. Forse perché nel frattempo di mondiali se ne sono svolti altri cinque: ciascuno con i suoi ragionamenti e le sue storie. Al pari degli atleti, almeno gli italiani con cui abbiamo avuto i maggiori contatti, ammettiamo di sentirci prosciugati anche noi.

Sfinito dopo l’arrivo del mondiale, Bettiol ha poi raccontato la sua emozione nel vestire la maglia azzurra
Sfinito dopo l’arrivo del mondiale, Bettiol ha poi raccontato la sua emozione nel vestire la maglia azzurra

La casa degli italiani

Piuttosto che affrontare il tema di questa nuova formula, su cui certamente torneremo, oggi al centro c’è l’Italia, intesa come casa degli azzurri.

«Sono emozionato dal lavoro dei miei compagni – ha detto Bettiol dopo l’arrivo del mondiale – della squadra, dei tecnici, dei massaggiatori, i meccanici. Sono fortunati a essere italiano, ci hanno messo nelle condizioni migliori. Ho veramente dato tutto. Oggi per me era il culmine di un anno. Io credevo in questo mondiale, non mi interessava se non era adatto a me. Non mi interessava. Io volevo far bene, volevo ripagare il lavoro non solo dei miei compagni, ma di tutti, di tutte le persone che sono dietro, che sono fantastiche e ci rendono orgogliosi. Perché secondo me abbiamo il miglior staff di tutte le nazionali e sono contento che vi siate divertiti».

Matteo Cornacchione, qui con Cioni, era meccanico della Liquigas e ora è in Ineos, prestato alla nazionale
Matteo Cornacchione, qui con Cioni, era meccanico della Liquigas e ora è in Ineos, prestato alla nazionale

Bettiol e le differenze

Si trattava sicuramente di un momento ad elevata emotività di un atleta che vive di slanci, ma anche un atleta che dopo il primo anno da professionista nell’ultima parte della Liquigas (anche se la squadra si chiamava già Cannondale) si è ritrovato in un team americano. Vista la lunga permanenza, evidentemente si troverà bene, ma vivere per pochi giorni in una squadra di italiani lo ha riportato a quel 2014. Tanto più che in nazionale, Amadio ha ricreato il clima di quella stessa squadra. E in questi pochi giorni, Bettiol deve aver colto la differenza. Quante volte nella sua squadra ha avuto tanta considerazione?

Ecco il punto. Si continua a parlare della necessità di una squadra italiana non per dare fiato ai polmoni, ma perché è il solo modo per tutelare il capitale di atleti italiani che ogni anno viene speso e a volte sperperato sul mercato internazionale.

Milesi è passato nel Devo Team della DSM e ora è nella WorldTour: si è adattato molto bene
Milesi è passato nel Devo Team della DSM e ora è nella WorldTour: si è adattato molto bene

La domanda di Amadori

Il giorno dopo la vittoria di Milesi nella cronometro under 23, Marino Amadori ci ha affidato un’interessante riflessione, chiusa con una domanda.

«Si dice tanto che in Italia non ci siano corridori – ha detto il tecnico romagnolo degli U23 – quando in realtà in questa categoria ne abbiamo molti e anche forti. Quello che mi chiedo però è dove finiscano una volta che passano professionisti. Sono loro che non hanno il carisma di emergere oppure nelle squadre dove passano, vengono messi in fondo alla coda, senza la possibilità di venire avanti?».

Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores e passerà in un Devo Team all’estero
Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores e passerà in un Devo Team all’estero

Lo Stato italiano

In attesa di scoprire quali esiti avrà il nuovo flusso migratorio verso i Devo Team stranieri, ci allacciamo ad altre due corde per fare il passo successivo.

Le parole ascoltate proprio ieri da Francesca Polti fanno capire come il ciclismo, se affrontato con le giuste competenze manageriali, sia ancora un fortissimo veicolo promozionale. E viene quindi da chiedersi se la fuga degli sponsor italiani di anni fa sia stata dovuta davvero ai casi di doping o piuttosto all’impossibilità di giocare con le fatturazioni che rendeva l’investimento vantaggioso anche su altri piani. Se così fosse, si confermerebbe una volta di più che il sistema fiscale italiano sia il freno per certi investimenti. E che certi industriali non la raccontano giusta.

In secondo luogo, cadono le braccia nel vedere come nel Paese di Coppi e Bartali e altri giganti che riempiono da soli libri di storia dello sport, il Governo non muova un dito per offrire un sostegno. La Francia ha coinvolto la Francaise des Jeux e invogliato giganti come banche e compagnie petrolifere, al pari di quanto fatto dal Belgio con il Lotto. Ci sono regioni di Spagna e Belgio che sostengono da sole l’attività di squadre professionistiche, non volendo tirare in ballo gli Stati che hanno posto il loro nome sulla maglia di squadre.

Venturelli si è detta serena perché il programma della nazionale la seguirà anche fra le elite
Venturelli si è detta serena perché il programma della nazionale la seguirà anche fra le elite

Il dio pallone

Nella nostra Italia così provinciale e bigotta, siamo arrivati al punto di mettere il dio pallone al centro di ogni cosa, lasciando al resto solo le briciole. E se poi viene fuori che Mancini lascia la nazionale e potrebbe averlo fatto per soldi (siamo sempre in attesa che il cittì dimissionario fornisca le sue ragioni) allora quelle parole di Bettiol e le lacrime di Elena Cecchini per la brutta figura fatta ieri dalle ragazze in corsa (dal 2004 non eravamo mai usciti dai primi 10: anche questo è un tema che riprenderemo) assumono una profondità e una ricchezza che forse lo sport italiano non merita. Che i suoi politici non sarebbero neanche in grado di cogliere.

Mondiale appena finito, il punto con Amadio

14.08.2023
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GLASGOW – Il mondiale scozzese è finito, si vedono valigie e facce stanche. Intorno al quartier generale della FCI si sono formati capannelli. C’è Tommaso Lupi, cittì del BMX fresco del bronzo juniores di Tommaso Frizzarin. C’è Davide Plebani che ha corso il tandem con Bernard e ora ha raggiunto Elisa Balsamo. E c’è anche Roberto Amadio, team manager di tutte queste nazionali che hanno in comune la maglia azzurra e poco altro. Ciascuna ha le sue specifiche, il suo personale, le sue esigenze e metterle tutte insieme nello stesso evento deve essere stato un bel… giochino, di cui gli chiediamo conto.

Amadio è team manger delle nazionali. Qui è con Mario Scirea, suo diesse alla Liquigas
Amadio è team manger delle nazionali. Qui è con Mario Scirea, suo diesse alla Liquigas
Che cosa diresti volendo fare un bilancio a caldo?

La formula va sicuramente migliorata, ma potrebbe anche funzionare. Per quanto riguarda l’Italia, analizzando un po’ tutti i settori, sono abbastanza soddisfatto.

Cominciamo dalla pista?

Considerando il poco tempo che hanno potuto lavorare assieme con Villa, è andata anche bene. Con le ragazze non abbiamo raccolto medaglie, però siamo lì. C’è da aggiustare il tiro per quanto riguarda la preparazione e che le stesse ragazze siano consapevoli dei loro mezzi e determinate per fare questo tipo di lavoro. Fra gli uomini, abbiamo la garanzia di Ganna e Milan per l’inseguimento individuale e siamo sempre fra i primi con il quartetto. Anche Viviani con il bronzo ha fatto quello che doveva, ma lui non si accontenta mai. La cosa positiva è che ho visto un Elia ad altissimi livelli e questo in prospettiva è molto importante.

Ha detto che il prossimo anno vorrà correre di più in pista.

E questo vale per lui, ma un po’ per tutti i ragazzi e le ragazze. L’americana non puoi inventartela mezz’ora prima di salire in pista, sia come tattica sia come sincronismo nei cambi. Dobbiamo rimboccarci le maniche e lavorare sodo in prospettiva olimpica, perché abbiamo gli atleti per risultati importanti.

Viviani ha centrato il bronzo nell’eliminazione, mentre ci sono stati problemi di intesa nella madison
Viviani ha centrato il bronzo nell’eliminazione, mentre ci sono stati problemi di intesa nella madison
L’impressione è che l’avvicinamento delle ragazze a questo mondiale sia stato troppo pesante.

Il problema che ho evidenziato fin dall’inizio a Villa e Sangalli è che il calendario WorldTour è sovradimensionato rispetto alla qualità delle ragazze che ci sono. Di conseguenza sono quasi obbligate a farle tutte e arrivano in sovraccarico o con una preparazione inadeguata ad alcuni appuntamenti. In previsione delle Olimpiadi bisognerà vedersi con i manager delle squadre World Tour e capire con loro qual è l’avvicinamento migliore. Non vogliamo mettere in difficoltà le squadre, ma le squadre non mettano in difficoltà le ragazze, perché l’obiettivo Olimpiadi è importante e porta un valore anche a loro. Con Guercilena ho già parlato qualche mese fa e non ci saranno problemi.

Nonostante tutto e nonostante ragazze chiamate al doppio impegno strada e pista, ci sono i margini per recuperare?

Le ragazze sono quelle, sia per la strada che per la pista e dobbiamo averne la consapevolezza per gestirle nel modo migliore. Anche per loro però è importante capire quali sono gli obiettivi principali per la prossima stagione. Credo che siamo nella condizione di raddrizzare benissimo la situazione. Abbiamo 4-5 quarti posti sul filo dei centesimi di secondo, che potevano benissimo essere delle medaglie, quindi da questo punto di vista mi sento sereno. Credo che dopo questo mondiale siamo ancora più consapevoli di quello che bisogna fare.

Per quanto riguarda la strada uomini?

Abbiamo raccolto meno di quello che si poteva. Parlo degli juniores con Sierra che è arrivato quarto, ma senza un po’ di sfortuna poteva benissimo essere in lotta per la seconda o la terza posizione. Milesi è stato bravissimo nella crono, ma se negli ultimi 4 chilometri della gara su strada fosse stato più lucido, avrebbe portato via un’altra medaglia. Fra le donne elite non c’è stata storia, ma se avessimo avuto Longo Borghini, vedendo come sono andate le cose per tutta la stagione, lei sarebbe stata davanti a giocarsi la medaglia.

Montrose Street è stata l’emblema del circuito di Glasgow, ma il mondiale si è svolto su più sedi
Montrose Street è stata l’emblema del circuito di Glasgow, ma il mondiale si è svolto su più sedi
Medaglia che invece è venuta dalla mountain bike.

L’argento di Paccagnella fra gli juniores è un buon segnale, il settimo posto di Braidot conferma che siamo parecchio avanti. Chiaro che si guarda sempre alle medaglie, però guardando la qualità degli avversari, si può essere soddisfatti. Idem nella BMX, dove siamo andati in finale con tre ragazzi e non è poco. Negli elite siamo a livello di semifinali e anche lì c’è da lavorare nel senso della specializzazione. Col gruppo performance quest’anno abbiamo fatto dei passi in avanti che si vedono.

La velocità?

Era un settore scomparso da anni, al pari del paralimpico su pista: estinti proprio dalla Federazione. Col paralimpico in pochi mesi abbiamo dimostrato che ci siamo e abbiamo raccolto anche qualche medaglia. Stesso discorso con lo sprint: siamo lì, noni o decimi, a poco dalla qualificazione. E’ stato fatto un lavoro eccezionale, perché in un anno e mezzo non ci si inventa niente. Però la cosa positiva è che su ogni competizione abbiamo margine e le professionalità per lavorare bene.

Ti occupi anche del freestyle?

Quello è un mondo a sé, un po’ più difficile. Purtroppo credo che la qualificazione per le Olimpiadi sia molto lontana e quindi dovremo valutare di orientarci verso i giovanissimi per costruire qualcosa in prospettiva.

Il settore prestazione, guidato da Diego Bragato sta ottenendo ottimi riscontri
Il settore prestazione, guidato da Diego Bragato sta ottenendo ottimi riscontri
Sei soddisfatto della struttura che hai messo insieme?

Devo ringraziare innanzitutto le segreterie. Quella della strada, con Giorgio Elli, Elisabetta Tufi e Italo Mambro, e quella della pista con Francesca Butrico. Insomma, è stato un mondiale impegnativo perché abbiamo spostato quasi 300 persone, con la complicazione di non essere nella Comunità Europea. Però devo dire che è andato tutto molto bene.

Sul fronte tecnico?

Magari ci prendiamo quei 15-20 giorni per riflettere un po’ su quello che è successo. Qualcosa da rivedere c’è, non mi nascondo, anzi sicuramente qualcosa dobbiamo rivedere, però come ho detto prima: non siamo messi male. A Parigi, che sarà l’appuntamento principale dell’anno prossimo, arriveremo sicuramente bene.

Hai fatto spesso riferimento al gruppo performance.

Il gruppo di Bragato sta facendo un ottimo lavoro, sono molto contento di quello che stanno realizzando. Abbiamo fatto anche molta ricerca a livello di materiali e innovazioni. C’è da lavorare tantissimo ancora su questo, perché abbiamo degli atleti esigenti come Filippo che giustamente non lascia nulla al caso. Si è visto che si vince e si perde per delle sfumature che alla fine fanno la differenza. Ecco, per tutto questo, direi che alla fine è stato un buon mondiale.

Pochi italiani in gara: 27 in tre corse. Cosa succede?

10.07.2023
4 min
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In questa estate di grande ciclismo c’è stato un dato che, purtroppo, ci ha colpito. Fra Tour de France, Sibiu Tour e Giro d’Austria, le tre maggiori gare di questa prima parte di luglio, sommando squadre WorldTour e professional avevamo 27 italiani in gara. Il solo Belgio ne aveva 28 al via della Grande Boucle. Un dato che da solo fa riflettere.

Roberto Amadio è il team manager delle nazionali della Federciclismo e a lui ci siamo rivolti per fare una “foto” di questa situazione. Ma lo abbiamo voluto ascoltare anche in virtù del suo passato da general manager di un grande team, l’ultimo grande team italiano, la Liquigas.

Roberto Amadio in visita agli juniores alla Roubaix di quest’anno
Roberto Amadio in visita agli juniores alla Roubaix di quest’anno
Roberto, partiamo da quel dato iniziale: 27 italiani in gara in tre corse. Un po’ pochino?

Eh – sospira – non è un tema di facile considerazione e di certo non fa piacere. Diciamo che le programmazioni, soprattutto dei team WorldTour, vengono fatte in base al Giro d’Italia e, ancora di più, in base al Tour, quindi giugno per chi ha fatto il Giro è un mese di riposo e luglio uno in cui si riprende. E molti di questi corridori sono italiani. 

Che stanno preparando la seconda parte di stagione…

Stanno preparando la seconda parte di stagione, ma è anche vero che contestualmente non abbiamo la qualità di performance come tra gli anni ’90 e il 2010 o poco più. Si è ridotto il numero di corridori di un certo livello. Li abbiamo, sia chiaro, penso a Rota o a Trentin e a come si sono comportati al mondiale in Australia l’anno scorso. Rota se fosse stato più abituato a stare davanti in certi finale magari sarebbe andata diversamente. Idem Bettiol. Ma sono pochi.

Senza fare nomi, ci sono stati atleti importanti visti al Giro e che adesso sono a riposo, ma ce ne sono altri che al Giro non c’erano e non sono neanche al Tour. Perché?

Perché sono di qualità, ma non tanta che sia adatta alle prestazioni del Tour: questo è il punto. Sono le settime, ottave, none… scelte di queste squadre e nella selezione subentrano poi altri fattori.

I team maggiori ormai contano tante nazionalità al via. Al Tour, la UAE per esempio ha 8 corridori di 8 Paesi differenti e molte altre ne hanno 7 su 8
I team maggiori ormai contano tante nazionalità al via. Al Tour, la UAE per esempio ha 8 corridori di 8 Paesi differenti e molte altre ne hanno 7 su 8
Purito qualche giorno fa ci parlava degli spagnoli degli anni 2000, di “infornate”… Quindi volendo riassumere questa carenza di italiani è un po’ un mix fra assenza di squadra e ondata di corridori? 

E’ anche così, ma come detto la squadra conta. Se io italiano fossi stato il team manager di un team, il Fabbro della situazione (nome preso a caso, sia chiaro, ndr) lo avrei fatto correre. Ma se si ritrovano in una squadra belga o australiana, sono fra i tanti.

E allora cosa si può fare?

Continuare a lavorare, sfruttare ogni occasione e tenere duro. Sì, è bello assistere a queste volate del Tour, ma senza un velocista italiano tanta adrenalina viene meno. Prima invece era diverso con i tanti uomini veloci che avevamo.

Si dice sempre che questa situazione sia figlia della mancanza di una squadra italiana, ed è vero. Ma non è che sta diventando anche una scusa sulla quale adagiarsi?

I nostri sono condizionati anche dalle scelte delle squadre e quando una Lidl-Trek, tanto per dirne una, fa una formazione, dentro deve esserci un olandese, un americano, un tedesco… sono multinazionali.

Giro 2021: Ganna in rosa tira per Bernal. Fu un caso emblematico. Vero che il ciclismo è cambiato, ma forse un team italiano lo avrebbe tutelato di più
Giro 2021: Ganna in rosa tira per Bernal. Fu un caso emblematico. Vero che il ciclismo è cambiato, ma forse un team italiano lo avrebbe tutelato di più
I fattori di cui ci dicevi prima…

Esatto, ma di base devi andare forte… quello è sempre il primo motivo chiaramente per correre ad alti livelli. Ecco, restando in tema Lidl-Trek e agli sprinter del Tour, magari il prossimo anno potremmo vedere Jonathan Milan.

Ma c’è Pedersen! E ritorniamo al discorso delle competizione interna, del rischio che bravi atleti si ritrovino a tirare. Ne abbiamo molti di casi.

E’ così. Io speravo molto in Cassani. Speravo che Davide riuscisse a fare la squadra grazie alle sue capacità e alle sue conoscenze, ma non è facile. Stiamo soffrendo, soprattutto in Italia… Oggi se non c’è un interesse diretto della politica, del governo, sarà sempre più difficile fare delle squadre forti, visti i budget che servono. Ci sono 7-8 team che hanno il supporto governativo, le differenze si notano. Servono 30-35 milioni di euro all’anno, cifre enormi difficili da reperire privatamente.

Questo riguarda anche altri sport, persino il calcio. In questi giorni si parla di calciomercato e l’Arabia Saudita che vuole i mondiali 2030 e vuole aumentare il livello del suo campionato compra i giocatori e la stessa Federazione, col supporto del governo, li smista ai vari club. 

Ci stanno lavorando da anni, stanno facendo degli studi e il ciclismo fa parte degli sport a cui sono interessati. E quando loro entrano in gioco, ci entrano pesantemente…

Il record dietro le quinte di coach Cioni

10.10.2022
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Prima, durante e dopo. Con Dario Cioni, persona di una correttezza esemplare, abbiamo parlato prima che il tentativo di Ganna iniziasse. Lo abbiamo osservato impietrito e concentrato durante. Poi ci abbiamo parlato alla fine di tutto, prima che anche lui raggiungesse Pippo e gli altri ragazzi al McDonald’s di Grenchen.

Cioni è il preparatore di Ganna sin dai primi tempi alla Ineos
Cioni è il preparatore di Ganna sin dai primi tempi alla Ineos

Indiscrezioni australiane

Con il preparatore toscano della Ineos Grenadiers c’erano domande rimaste aperte dall’incontro ai mondiali australiani, quando non aveva potuto dire tutto. Quando forse non era neppure necessario. Eppure nel parco di quella intervista, sul tappeto era rimasto il grosso punto di domanda della crono andata male.

«La condizione c’è – aveva detto – e secondo me la crono di domenica scorsa è stata una giornata storta. Lo abbiamo visto con il Team Relay. E se fosse qualcosa di diverso da una giornata storta, bisognerà capire cosa non ha funzionato. Però personalmente sarebbe una grossa sorpresa».

Secondo Cioni, il passo falso nella crono iridata era dovuto a un giorno storto
Secondo Cioni, il passo falso nella crono iridata era dovuto a un giorno storto

Le giuste condizioni

Sono passate due settimane, ma sembra un secolo e forse è meglio così. Ganna ha trascorso qualche giorno in famiglia e poi si è immerso totalmente nei ritmi e nella magia della pista. Prima a Montichiari e poi qui a Grenchen, tempio della pista svizzera.

«Prima di tutto – diceva Cioni l’altra sera – doveva recuperare energie mentali, ritrovare un po’ di freschezza e digerire la sconfitta del mondiale. Però insieme doveva iniziare anche a guardare al record. E’ avvenuto tutto quello che speravamo. Anzi, secondo me è arrivato molto più convinto di come sarebbe stato se avesse vinto il mondiale. Forse più carico e insieme rilassato».

Una tribuna piena di tifosi di Ganna: a Grenchen Pippo non era solo
Una tribuna piena di tifosi di Ganna: a Grenchen Pippo non era solo

Sensazioni e rapporti

Il coach propone e osserva. Cioni sapeva che prima di partire per l’Australia, Pippo aveva fatto un primo test per il record. Poi ha osservato la sua delusione ai mondiali e l’ha confrontata con i dati di allenamento e le scorie di un viaggio così lungo. Per questo a Wollongong e malgrado le tante critiche, Dario non era parso troppo allarmato. Così lo ha ripreso per mano, ha costruito attorno l’ambiente migliore e ha rilanciato l’andatura.

«Nel famoso test di lunedì scorso – diceva prima del via – Pippo avrebbe voluto continuare, mentre a noi bastavano 35 minuti. La durata minima era di 30 minuti, la massima 40. Non perché a 40 minuti va in crisi il processo di smaltimento dell’acido lattico: quel limite lui ce l’ha più avanti. Solo abbiamo preferito non esagerare perché era lunedì, quindi se avesse fatto troppo, magari non avrebbe potuto recuperare per bene.

«Tante prove sono servite anche per scegliere il rapporto. Venerdì ha voluto provare il 65 e il 66. Ha girato un po’ col 65 ed era contento. Il problema è che se le cose vanno bene, il 66 magari è vantaggioso. Però nel momento in cui dovesse calare, quel dente in più potrebbe essere svantaggioso. Si tratta di pedalare oltre le 96 pedalate, nella fase finale saranno 97-98».

E’ arrivato Viviani, Ganna e Cioni lo salutano
E’ arrivato Viviani, Ganna e Cioni lo salutano

Un piccolo rimpianto

Durante il record, Cioni è rimasto all’interno della pista, leggendo i tempi e passando a Villa i cartelli concordati per segnalare a Ganna l’obiettivo raggiungibile e il ritmo necessario. Così se da un lato il tecnico della pista mostrava i tempi su giro con il tablet, Dario preparava dei grossi cartelli con informazioni supplementari.

Quando la corsa è finita e Pippo ha centrato il nuovo record in 56,792 chilometri, Cioni ha stretto i pugni e poi lentamente si è sciolto. Ha accolto il suo corridore. Ha stretto mani ai ragazzi dello staff. Ed è rimasto costantemente un passo indietro. Era così anche da corridore, figurarsi adesso.

«Sapevamo – ha detto – che 56 sarebbe stato il minimo. Per scommessa s’era messo arrivare a 57. Eravamo partiti abbastanza convinti che Boardman si potesse battere e comunque non era poco. E’ stato un salto di quasi un chilometro e mezzo anche dal record di Bigham, fatto appena tre mesi fa».

Circa un’ora prima della partenza, Ganna ha girato per riscaldarsi
Circa un’ora prima della partenza, Ganna ha girato per riscaldarsi

«E’ stato chiaro da subito – ha detto ancora – che non andava per il 56, dopo 20 minuti si vedeva che fosse sempre un pochino in anticipo. Probabilmente però, se tornasse indietro, sono convinto che dal ventesimo al centesimo giro starebbe un attimo più coperto. Però in bici c’era lui, sapeva quello che doveva fare, ha deciso di rischiare. Alla fine, comunque, è sempre venuto un grandissimo risultato.

«Ha cercato di raggiungere il massimo o andare anche oltre, consapevole che c’era spazio per atterrare. Ti crei lo spazio di sicurezza, così puoi recuperare qualche giro casomai arrivasse la crisi. Boardman lo ha superato presto, andava per i 57, però è stato comunque un grandissimo risultato». 

Alla partenza, accanto a Ganna c’era Marco Villa, suo cittì in nazionale
Alla partenza, accanto a Ganna c’era Marco Villa, suo cittì in nazionale

La scelta di Villa

Infine Villa, che lo ha ringraziato per avergli ceduto il posto in pista pur avendo il titolo di guidare Ganna. Si è trattato di un evento Ineos, la squadra avrebbe avuto tutto il diritto di pretendere il suo tecnico a bordo pista.

«Io ho sempre detto: il coach dietro l’atleta. C’è l’atleta che fa i risultati – ha spiegato Cioni – il ruolo del coach è mettere l’atleta nelle migliori condizioni. Questa è una pista e Villa è il tecnico della pista, quindi chi meglio di lui aveva l’esperienza per stare lì? C’era per le Olimpiadi e i mondiali. Pippo ha vinto i primi mondiali con Marco, quando io ancora non lavoravo con lui.

«E poi in pista c’era Marco, ma c’ero anch’io. Nel senso che siamo una squadra. Lavoriamo tutto l’anno insieme, non solo per questo evento. E Marco è quello di cui Pippo si fida ciecamente in pista, quindi sarebbe stato egoistico volere prendere il suo posto. Però, ripeto, la scelta deve essere dell’atleta, non di chi c’è dietro. E qua c’era anche tanta altra gente dietro che ha fatto un grande lavoro». 

Australia, ultimi appunti di viaggio. Parla Dagnoni

29.09.2022
7 min
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Prima di ripartire dall’Australia e dopo il clamore delle settimane precedenti, con il presidente federale Dagnoni abbiamo affrontato una serie di riflessioni sulla spedizione azzurra. E se da un lato era impossibile fare finta di niente, la sensazione è che lo tsunami delle provvigioni irlandesi si sia ritirato, avendo prodotto danni di immagine concreti a fronte di una vicenda i cui contorni appaiono invece sempre meno netti. La Federazione ha tardato decisamente troppo per dare delle spiegazioni, ma alla fine lo ha fatto. Mentre il punto di partenza e alcune dinamiche ricordano la vicenda che coinvolse la moralità di un tecnico azzurro senza che poi, depositato il fango sul fondo, si sia arrivati a nulla.

«Sono partito dall’Italia – dice Dagnoni – con una situazione definita e chiusa, che mi ha concesso di arrivare qua sereno perché è stato chiarito tutto. Soprattutto con le dichiarazioni a fine Giunta Coni del presidente Malagò, che ha definito la nostra Federazione virtuosa. Per rispondere, qualche errore è stato fatto, ma in assoluta buona fede. E soprattutto non ha creato, lo voglio sottolineare, nessun danno per la Federazione. Questo è un po’ il sunto di tutto un discorso che ci ha insegnato a essere più attenti a certe situazioni, per evitare che poi vengano ingigantite».

Spazio Azzurri, ecco l’hotel di Bowral in cui ha alloggiato l’Italia, assieme alla Gran Bretagna
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Che cosa le è sembrato di questo mondiale?

Si è trattato soprattutto di una trasferta impegnativa, perché comunque siamo dall’altra parte del mondo. Però è bello il clima che si è creato all’interno della nostra nazionale. Una grande sinergia tra i vari gruppi, anche a livello di staff, meccanici e massaggiatori. Ci si aiutava uno con l’altro rispetto al passato, dove ho sempre visto molte camere stagne. Adesso c’è un clima completamente diverso, ma non lo dico solo io, lo dicono anche gli addetti ai lavori che lo percepiscono. Ho visto fare riunioni di tutti i massaggiatori e di tutti i meccanici insieme. E quando c’è una partenza, sono tutti lì per aiutare. Il clima è sereno ed è quello che ho sempre auspicato. 

Quanto pesa sui conti una trasferta così?

Facevamo il calcolo che ci è costato il doppio di un normale mondiale in Europa. Ma per fortuna da un lato abbiamo le risorse per sostenerla e poi si è creata un’ottima intesa tra i dipendenti della Federazione, che si sono sempre occupati di queste trasferte, e Roberto Amadio che ha portato la sua esperienza WorldTour. Abbiamo avuto una gestione molto attenta a livello di ottimizzazione dei costi.

Ad esempio?

I corridori avevano 65 chili di bagaglio a testa, in modo da non dover pagare per le bici. Elite ci ha fatto avere i rulli dall’importatore in Australia. Il camper l’abbiamo trovato gratuitamente, grazie a Gerry Ryan, il proprietario della Bike Exchange che li produce. Ho avuto anche l’onore di conoscerlo e l’ho ringraziato. Un altro esempio sono i lettini dei massaggi. Portarli costava troppo come spedizione, così li abbiamo affittati in Australia a un quarto del prezzo del trasporto. Sono tutti dettagli che, messi insieme, vanno a ottimizzare i costi. I meccanici ad esempio non sono arrivati ognuno con la propria valigia, ma abbiamo fatto i bauli con pezzi meccanici e attrezzi.

Salvoldi con gli juniores ha ammesso che siamo un po’ indietro…

Il primo scopo nell’aver messo Salvoldi agli juniores era dare un metodo di lavoro. Ho avuto molti apprezzamenti dalle società per avere inserito un tecnico professionale come Dino in questa categoria. Gli ho detto subito che non era nostra intenzione vincere le medaglie, soprattutto in tempi rapidi, ma creare una cultura e degli atleti che possano sbocciare fra qualche anno, avendo un’impostazione. Mi ha detto che sulla pista riesce a lavorare in tempi più rapidi, perché ha un gruppo di lavoro a disposizione. Sulla strada invece i ragazzi sono affidati alle società per cui è un lavoro a lungo termine. Di conseguenza dovremo avere un po’ più di pazienza.

Salvoldi ha da poco iniziato la sua opera con gli juniores: per Dagnoni sarà sicuramente puntuale, ma servirà tempo
Salvoldi ha da poco iniziato con gli juniores: per Dagnoni sarà puntuale, ma servirà tempo
Pensa che ci riuscirà?

Mi fido molto della capacità di Dino, sono sicuro che porterà dei buoni risultati. Strada e pista avranno tempi diversi e sulla strada c’è da lavorare di più anche territorialmente. Bisognerà andare in giro per insegnare metodologie che ormai sono sempre più esasperate. Ormai gli juniores hanno carichi di lavoro nettamente diversi da quelli che c’erano in passato.

Intanto fra gli under 23 ha vinto un corridore WorldTour reduce dalla Vuelta.

Aveva per forza una preparazione diversa, mentre i nostri sono dilettanti veri. Poi tra l’altro siamo anche stati sfortunati perché Buratti era in gran forma, ma ha avuto la sfortuna di bucare, cambiare bicicletta e inseguire per un giro, altrimenti sarebbe stato protagonista. Però dovremo essere più attenti e valutare, magari con le squadre se ci verrà concesso. Non ci sono imposizioni o direttive su chi convocare e chi no. Dovremo ragionare con la nostra struttura tecnica e il Consiglio federale per adeguarci alle esigenze. La legge di Darwin dice che non vince il più forte, ma chi si adatta più velocemente al cambiamento. Ecco, dovremo decidere come farlo in tempi rapidi.

La nazionale femminile ha una bella struttura attorno.

Sono state inserite figure professionali di alto livello. In questa trasferta c’erano Elisabetta Borgia, Tamara Rucco la massaggiatrice e Rossella Callovi. Sono professioniste serie e molto apprezzate dalle ragazze, perché svolgono al meglio il proprio lavoro. Poi è vero che una Rossella Callovi, che è stata vicecampionessa del mondo al primo anno juniores e iridata il secondo, se si trova a parlare con le ragazze, magari ha una credibilità diversa. Può trasferire delle emozioni, qualcosa che lei ha vissuto in prima persona per cui è anche più convincente. Elisabetta Borgia segue alcune ragazze anche al di fuori della nazionale, per cui ho visto per esempio che con Vittoria Guazzini la sua figura è stata importante. Come ha detto in un’intervista, lei è quella che tiene pulita l’acqua in cui nuotano i pesci. Di fatto è quella che sa dare la carica. Sono figure che abbiamo inserito e siamo molto contenti di averlo fatto.

Dagnoni spiega che Amadio (qui con Bettiol) ha gestito la trasferta iridata con una serie di soluzioni d’esperienza
Dagnoni spiega che Amadio (qui con Bettiol) ha gestito la trasferta iridata con una serie di soluzioni d’esperienza
C’è qualcosa che non le è piaciuto di questo mondiale?

Per natura sono abituato a guardare sempre i lati positivi. Per cui è vero che la trasferta di ogni giorno per andare al campo gara dall’hotel era pesante, però anche in questo caso mi piace sottolineare l’organizzazione per trovare la struttura adeguata alle nostre esigenze. Eravamo 78 persone, di conseguenza non era facile trovare un hotel che ci accogliesse tutti insieme e ci mettesse la cucina a disposizione (avevamo il nostro cuoco, anche questa è un’altra figura fondamentale per gli atleti e con un costo accettabile). Però l’abbiamo trovata, anche se era a più di un’ora di distanza. E alla fine, proprio per il clima che ho rimarcato prima, era importante essere tutti insieme e ci siamo riusciti.

Donne professioniste e corpi militari: si dovrà cambiare?

Si continua a parlarne, ma al momento non è ancora definito niente. Ho parlato con Francesco Montini, responsabile delle Fiamme Oro e ha detto: «Noi abbiamo atleti che di fatto non sono professionisti, ma hanno contratti importanti come Marcell Jacobs che continuano a stare nelle Fiamme Oro». Pertanto, se dall’UCI non arriverà una regola diversa, per me si può continuare come sempre.

A Wollongong c’era anche Mirko Sut, lo chef (a sinistra) accanto a Lorenzo Rota
A Wollongong c’era anche Mirko Sut, lo chef (a sinistra) accanto a Lorenzo Rota
Avete deciso come fare per il Giro U23 e il Giro Donne?

Dovremmo uscire a breve con un bando e cercheremo di assegnare sicuramente il Giro Under 23 che è ancora in attesa di avere una gestione. E poi probabilmente parleremo anche del Giro Donne dal 2024 in poi. Il prossimo anno infatti è ancora in mano a PMG Sport/Starlight. Stiamo lavorando e secondo me anche bene. Forse è questo che magari a qualcuno dà fastidio.

EDITORIALE / Quando era Cassani la causa di tutti i mali

30.08.2022
6 min
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Circa un anno fa, l’8 agosto del 2021, si chiuse in modo goffo e inelegante la pagina di Cassani nella Federazione (in apertura Davide con il presidente Dagnoni). L’aggettivo goffo non è per caso, tantomeno quello inelegante. Per far sapere al mondo del ciclismo che Davide avesse ormai le ore contate, si scelse la Gazzetta dello Sport, facendo capire fra le righe che né agli europei di Trento e tantomeno ai mondiali di Leuven sull’ammiraglia azzurra sarebbe salito il romagnolo. Peraltro rispedito a casa prima del tempo dalle Olimpiadi di Tokyo con motivazioni tutt’altro che convincenti.

Per fortuna si mise di mezzo il Coni. Cassani guidò Colbrelli alla vittoria degli europei e rimase alla guida degli azzurri anche per i mondiali. Anche allora stigmatizzammo lo stile, tacciati di parlare sempre delle stesse cose, ma trovammo per contro che fosse comprensibile il desiderio di cambiare i nomi per dare un segno di discontinuità. Chi vince fa le sue scelte e poi semmai se ne prenderà la responsabilità.

Nonostante il clima teso, a Trento 2021 l’Italia fece incetta di vittorie: qui Colbrelli fra i pro’
Nonostante il clima teso, a Trento 2021 l’Italia fece incetta di vittorie: qui Colbrelli fra i pro’

Neanche un euro

Al cittì romagnolo venivano mosse diverse contestazioni. L’eccessiva esposizione. E soprattutto il fatto di avere le mani in pasta fra sponsor e organizzazioni. Non si muoveva nulla, dicevano, senza il suo avallo: sembrava quasi che ne avessero soggezione. Ma consapevoli dei suoi mezzi, gli proposero un incarico ancora indecifrato, che permettesse tuttavia di mantenerne gli agganci.

«Non ho mai fatto l’organizzatore – ci disse Davide alla vigilia della sfida di Leuven – con il Giro d’Italia Under 23 ho trovato due amici molto bravi (Marco Selleri e Marco Pavarini, ndr) che hanno fatto crescere il movimento dei giovani in Italia. Con Extra Giro è ripartito il ciclismo dopo il Covid. I mondiali di Imola sono stati un incontro tra forze diverse e sono costati un settimo di questi in Belgio. E quanto agli sponsor, non ho mai preso un euro. Tutto quello che è entrato, l’ho riversato sull’attività. Sono nate corse e ne vado molto orgoglioso».

Quello che è successo negli ultimi 12 mesi merita forse una rilettura. Non necessariamente per infierire su una dirigenza in evidente difficoltà dopo il caso delle sponsorizzazioni irlandesi, le dimissioni di Norma Gimondi e tutto quello che verosimilmente ne conseguirà, ma per sottolineare un paio di punti.

Marco Pavarini e Marco Selleri riuscirono a organizzare i mondiali di Imola 2020, supportati dalla FCi e da Cassani
Marco Pavarini e Marco Selleri riuscirono a organizzare i mondiali di Imola 2020, supportati dalla FCi e da Cassani

Assoluta trasparenza

Il primo. Quando si lavora per la Federazione Ciclistica Italiana si dovrebbe avere a cuore l’assoluta trasparenza. Ricordate questo termine? Lo leggerete spesso. Non devono esserci dubbi, non deve esserci ombra alcuna sull’etica di chi la amministra.

Nei giorni scorsi abbiamo avuto occasione di parlare con i manager di alcune squadre continental, sfiniti dall’aumento del costo dei punteggi degli atleti e del contributo da versare ai comitati regionali. Con quale faccia si va a imporre loro di stare alle regole, se per primi si cercano scorciatoie senza provare la benché minima necessità di chiarire cosa è successo? I giorni passati dalla prima denuncia sono stati lunghi come la più lenta delle agonie, ma nulla è emerso e nulla è stato chiarito. Si dovrà farlo davvero davanti a un giudice? Aspettiamo fiduciosi.

Con Cassani, per anni Suzuki è stato partner della Federazione e della maglia azzurra
Con Cassani, per anni Suzuki è stato partner della Federazione e della maglia azzurra

Gli sponsor di Cassani

Il secondo. Quando Cassani venne nominato alla guida della nazionale, si prodigò per non costare nulla o comunque il meno possibile alla Federazione. Portò gli sponsor di cui si è parlato, a cominciare da Enervit. Trovò gli alberghi dove far svolgere i ritiri. Propiziò il cambio del parco ammiraglie e poi bisognerebbe chiedere a lui cos’altro fece senza per questo arricchirsi. Non è un mistero che in quel periodo la FCI non avesse un ufficio marketing all’altezza, tuttavia le conoscenze di Cassani colmarono il gap. L’attività venne finanziata e alla fine in cassa rimase anche qualcosa.

L’arrivo del pullman è stato uno dei primi passi nella nuva gestione delle nazionali
L’arrivo del pullman è stato uno dei primi passi nella nuva gestione delle nazionali

Nazionali e WorldTour

Quando venne eletto, il presidente Dagnoni annunciò di voler cambiare passo, puntando su marketing e comunicazione e allineando la gestione della nazionale a quella di un team WorldTour. Per questo è stato ingaggiato Roberto Amadio, per questo i tecnici federali sono diventati come direttori sportivi, che proprio in questo momento stanno lavorando, come fanno da mesi, probabilmente chiedendosi cosa ci sia di vero in tutte queste storie. Il dubbio legittimo a questo punto, nell’attesa che tutto il castello venga spiegato, è che della gestione di un team si siano prese anche le cattive abitudini di un tempo. Quelle usanze tutt’altro che trasparenti con cui i manager facevano cassa e che negli anni sono state più o meno abbandonate.

Qual è il senso di quei 106 mila euro? Qual è il senso delle spiegazioni rincorse nei giorni successivi? Dov’è la trasparenza nella gestione?

Così oggi sulla Gazzetta dello Sport il ciclismo cede il passo allo scandalo
Così oggi sulla Gazzetta dello Sport il ciclismo cede il passo allo scandalo

Una pagina tutta rosa

Non si può pretendere di piacere a tutti. Solo che a suo tempo colpì la denuncia ai danni di Marco Selleri, organizzatore del Giro d’Italia U23, accusato di aver parlato male della Federazione in un’intervista in cui sostanzialmente non diceva niente. Colpirono anche alcuni passaggi improntati alla ripicca con cui furono accolti articoli come questo, scritti per capire e semmai far luce. Colpirono i modi da squadra di calcio per cui le voci sgradite sarebbero state messe ai margini. Lo stesso poi accaduto, stando al suo racconto, a Norma Gimondi.

Vivendo da sempre in Italia, siamo curiosi di vedere come finirà la storia. Davvero il Coni metterà mano alla vicenda? Lo faranno le procure? Oppure saranno le azioni legali intentate dalla FCi ad avere ragione? Non lo sappiamo. La sola certezza, in questo momento di ciclismo che conduce ai mondiali e in piena Vuelta, è che sulla Gazzetta dello Sport di oggi il ciclismo si è guadagnato una pagina intera. Lo stesso su altri giornali altrettanto importanti. Ma non si parla di corse, si parla di scandali. Presto si andrà ai mondiali e ci saranno prima le convocazioni: per allora sarà tutto spiegato? Oppure le domande verteranno su questa vicenda? Come già detto ieri, il nostro sport e la gente che quotidianamente lo onora con il suo lavoro non lo meritano affatto

EDITORIALE / Quanto costa fare ciclismo in Italia? Forse troppo

22.08.2022
4 min
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Facciamo tutti il tifo per Cassani, per non finire come il resto d’Italia in mano agli stranieri. Immaginiamo a fatica quanta pressione possa sentire su di sé Davide, in questa sorta di rincorsa a una squadra WorldTour italiana, nella quale le sue maniche sono diventate ormai lunghissime, tanti sono coloro che le tirano.

Cassani ha un progetto ambizioso per un grande team in Italia, ma non c’è nulla di facile nel dargli forma
Cassani non fa mistero di avere un progetto ambizioso, ma non c’è nulla di facile nel dargli forma

La fuga dei talenti

Nei giorni scorsi abbiamo commentato con Roberto Amadio la fuga dei talenti dall’Italia verso i development team stranieri (in apertura il team olandese, approdo per Belletta e Mattio, foto Jumbo Visma), chiedendoci se sia poi così sbagliato che un diciottenne vada in una grande squadra, dove gli prospettano una crescita già ben definita, seguendo un programma che ha al centro il suo sviluppo e non i risultati che durante lo stesso dovessero venire.

La risposta è immediata ed è no. Non è affatto sbagliato e probabilmente consiglieremmo l’esperienza anche ai nostri figli, sia in termini sportivi, sia in termini di crescita. Allo stesso modo in cui consiglieremmo loro di andare all’Università via da casa, allontanandosi dagli agi e dalle lavatrici della mamma.

La domanda successiva era tuttavia se la scelta di andare via dall’Italia sia causa di un certo impoverimento del ciclismo italiano o piuttosto si vada via per i pochi sbocchi e gli stimoli che i nostri team possono offrire in termini di carriera.

Il Team DSM mette a disposizione dei corridori che si spostano in Olanda alloggi privati da gestire in autonomia
Il Team DSM mette a disposizione dei corridori che si spostano in Olanda alloggi privati da gestire in autonomia

Tasse e attività

Lo stesso Amadio ha suggerito che le squadre italiane – juniores e under 23 – dovrebbero lavorare come quelle straniere, investendo il budget sull’attività e non su costosi ritiri e abitudini altrettanto onerose che viziano i ragazzi e li privano della giusta prospettiva. E’ vero che le società italiane spendono troppo per aspetti su cui si potrebbe tirare la cinghia, ma è altrettanto vero che sono sottoposte a tasse e gabelle che all’estero non esistono.

Quel che accade nel mondo del lavoro, per cui sarà sempre più difficile avere una squadra italiana dati i costi del dipendente, avviene anche nello sport. Non è un caso che tanti professionisti abbiano scelto da tempo di prendere la residenza in Stati dalla ridotta pressione fiscale: un vantaggio per se stessi e per le società sportive, che verseranno meno contributi o non li verseranno affatto. Prendere un italiano costa molto più caro. Ed ecco spiegato ad esempio perché alcune società di casa nostra continuino ad avere la società di gestione fuori dai nostri confini. Per le continental questo non accade ancora. Ma se si sottraggono ai budget risicati di alcune i costi vivi per ingaggiare un corridore, si capisce che fare attività all’estero diventi un lusso più che una priorità.

La scelta di residenze in paradisi fiscali rende più lieve la vita anche ai team
La scelta di residenze in paradisi fiscali rende più lieve la vita anche ai team

Un foglio bianco

Bisognerebbe forse sedersi tutti allo stesso tavolo e ridisegnare il nostro ciclismo partendo da un foglio bianco e non da abitudini e convenienze che si sono stratificate in anni e anni di storia. Bisognerebbe alleggerire la pressione su chi fa attività, permettendogli di investire sui ragazzi e non sulle tasse che sono costretti a pagare per averli. E poi bisognerebbe che tutti tirassero nella stessa direzione. Non vediamo particolari scandali nel fatto che la Federazione, ammesso che sia tutto come è stato raccontato, si sia servita di un’agenzia irlandese per andare a caccia di sponsor, casomai questo rendesse possibile anche l’accesso a una tassazione favorevole. Se si è mossa nel rispetto di tutte le normative, ne ha pieno titolo. Troveremmo semmai insolito che si pretenda dalle società l’ottemperanza a una serie di norme piuttosto stringenti, cercando a propria volta una soluzione più comoda. La FCI ha detto che le cose non stanno così, annunciando azione legale verso chi l’avesse sostenuto.

La pressione fiscale è troppo pesante per tutti. Si cerchi allora una soluzione condivisa che agevoli il movimento e lo renda nuovamente competitivo su scala internazionale. Nell’attesa che Cassani riesca a centrare il suo obiettivo e permetta ai talenti italiani di valutare anche un’opzione domestica.

Talenti in fuga, scelte legittime. E qui va tutto bene?

20.08.2022
6 min
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A Belletta s’è unito Mattio, che dalla Vigor Cycling Team approderà il prossimo anno alla Jumbo Visma Development. Al pari dei ragazzi che scelgono di frequentare l’Università all’estero, i due azzurri hanno scelto la continental di una delle squadre più forti al mondo (Belletta in apertura, in una foto da Instagram). La fuga dei cervelli e dei talenti. Scelte più che legittime e condivisibili, sul piano sportivo e dell’esperienza per la vita. Eppure la sensazione che il nostro ciclismo ne uscirà depauperato resta, anche se probabilmente certe scelte più che causa ne sono la conseguenza.

Per questo abbiamo chiesto il supporto di Roberto Amadio, attuale team manager delle squadre nazionali, ma fino al 2012 team manager della Liquigas-Cannondale, in cui sono passati professionisti fra gli altri Sagan e Viviani, Moser e Cimolai, Oss e Guarnieri. Parliamo di 10 anni fa e siamo consapevoli come dal 2020 del Covid il ciclismo sia cambiato radicalmente. Eppure i meccanismi che portano oggi al professionismo e ancor prima all’ingaggio degli juniores sono un tema da approfondire.

Amadio è attualmente team manager delle squadre nazionali. Fino al 2012 ha guidato la Liquigas, fucina di talenti
Amadio è attualmente team manager delle squadre nazionali. Fino al 2012 ha guidato la Liquigas
Anche la Liquigas aveva una squadra satellite nella Marchiol, giusto?

Esatto. E se avevamo uno junior interessante, gli chiedevamo di fare lì un paio d’anni. In questo modo potevamo seguirlo con un occhio di riguardo. Secondo me è un passaggio obbligatorio, perché da junior non hai ancora espresso il tuo potenziale. Per cui occhio a non fare confusione tra i fenomeni e il resto del mondo. Però se ci sono squadre WorldTour che vanno a prendere i talenti migliori e li inseriscono nelle loro continental, li capisco. E capisco anche i corridori che vanno, lusingati dalle loro attenzioni.

Infatti la loro scelta è condivisibile.

Capisco meno le squadre che inseriscono lo junior pensando che possa fare subito risultato, cosa che succede in Italia. Mi sta bene invece quello che ha fatto Reverberi con il gruppo giovani, con tutte le tutele del caso. Hanno creato un vivaio di talenti che si ritroveranno nella squadra professional. Non tutti, ma parecchi. Sono differenze che dobbiamo far capire. Ormai si è creato un tale meccanismo, che in Italia è impossibile ad esempio cominciare a correre a 16 anni. Chi ti prende? All’estero non sono rari i casi, vedi Roglic, di corridori che hanno iniziato tardi. A volte penso che la nostra storia, che resta comunque un vantaggio, in certi momenti si trasformi in un boomerang.

La Bardiani Csf Faizanè ha iniziato un progetto giovani, ma il loro scouting mira più ai talenti italiani
La Bardiani Csf Faizanè ha iniziato un progetto giovani, ma il loro scouting mira più ai talenti italiani
Però continuiamo a sfornare ottimi atleti…

E gli europei di Anadia lo hanno confermato. Per questo una WorldTour italiana che avesse una visione di crescita ci aiuterebbe tantissimo. Ma non c’è, per cui capisco i ragazzi che prendono al volo l’occasione di partire. I talenti veri hanno bisogno di spazio per crescere. Come Sagan, che volevo tenere per due anni alla Marchiol, ma dopo il primo ci rendemmo conto di quanto fosse forte, lo facemmo passare e vinse subito una tappa alla Parigi-Nizza.

Partire aiuta a crescere, lo dimostra l’esperienza di Germani, no?

Sicuramente è una grande esperienza di vita, anche al di là dell’aspetto sportivo. E’ una crescita importante, una scelta che se tornassi corridore, forse farei anche io. Questo non vuol dire che qui non lavorino bene, ma ci sono prospettive diverse.

Lorenzo Germani, a sinistra, è al secondo anno con la “Conti” Groupama-Fdj e nel 2023 passerà nella WorldTour
Lorenzo Germani, a sinistra, è al secondo anno con la “Conti” Groupama-Fdj e nel 2023 passerà nella WorldTour
Quali prospettive?

La Colpack ha tirato fuori fior di talenti, ma ha anche la necessità di fare risultato, per cui hanno un’attività molto intensa. Nelle continental legate alle WorldTour i risultati vengono pure, ma sono le conseguenze del lavoro e della qualità degli atleti. E se non vincono, va bene lo stesso. E poi sarebbe tempo che i nostri andassero a correre di più all’estero. E’ un discorso che dovrebbe iniziare dagli juniores, tanto che la nazionale ha fatto parecchie trasferte importanti. E se non cominceranno le squadre U23, toccherà pensarci ancora a noi.

La sensazione è che non sia un momento facile.

Tutt’altro, è delicato. Abbiamo i talenti, ma dobbiamo capire come gestirli. Chiaramente ci sono limiti di budget, da manager me ne rendo conto.

Mattio corre al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix. Ha vinto il Giro della Castellania (foto Instagram)
Mattio corre al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix. Ha vinto il Giro della Castellania (foto Instagram)
Cambierebbe qualcosa se i nostri spendessero meno in ingaggi, alloggi e donne delle pulizie, investendo più sull’attività?

Questo è il discorso della nostra tradizione che potrebbe diventare un limite. All’estero i rimborsi per i corridori sono minimi o non ci sono, per contro si cura al massimo l’aspetto tecnico. Qui li paghiamo, li viziamo, hanno il ritiro pagato e chi se ne prende cura… Però quando Amadori convoca Germani, Frigo, Milesi e gli altri ragazzi che corrono all’estero, si accorge di una diversa maturità e di un altro approccio. Probabilmente bisognerebbe rivedere il sistema Italia. Al Cycling Team Friuli non strapagano i corridori, hanno un ritiro minimal e investono tutto sull’attività e la preparazione. Però è chiaro che avere alle spalle una WorldTour aiuta tanto.

In proporzione, anche le nostre ragazze finiscono all’estero, basta guardare Barale e Ciabocco al Team Dsm…

Il trend purtroppo è identico e la situazione del femminile è lo specchio di quella maschile. Le squadre si stanno strutturando e hanno in Italia gli stessi problemi a reperire sponsor, come quelle degli uomini. E’ curioso che la UAE Emirates abbia assorbito l’ultima WorldTour maschile e l’unica femminile che avevamo (la Lampre-Merida e la Alé Cycling, ndr). E’ la conseguenza dello stato economico e sociale dello sport in Italia. Fin quando a livello politico non si deciderà di cambiare, difficilmente si smuoverà qualcosa…

Nel 2023 Eleonora Ciabocco debutterà nel primo anno fra le under 23 con l’olandese Team DSM (foto Fci)
Nel 2023 Eleonora Ciabocco debutterà nel primo anno fra le under 23 con l’olandese Team DSM (foto Fci)
Cosa potrebbe fare la politica?

Non è un mistero che all’estero ci siano diverse squadre con il supporto delle amministrazioni. So che Cassani sta lavorando sodo con le sue conoscenze, ma non è facile.

Ultimo aspetto, i ragazzi fanno le loro scelte spesso ispirati dai procuratori.

I quali stanno scendendo in categorie in cui non si è ancora capito cosa si vuole fare da grandi. Diventa pericoloso, perché è facile illudere questi ragazzi, pur sapendo che solo pochi andranno avanti. Stanno passando al setaccio tutti quanti, ormai bisognerà guardare anche a cosa succede fra gli allievi.

Bragato, ora il ruolo è chiaro. Si può cominciare…

27.11.2021
4 min
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Dopo le voci, le ipotesi e le suggestioni, quel che resta tra le mani di Diego Bragato – fino a ieri al Centro Studi Federale (in apertura ai mondiali di Roubaix con il quartetto iridato) – è il ruolo che parlando con il presidente Dagnoni aveva immaginato per sé. Responsabile dell’Area Performance, con un pool di preparatori sotto di sé con cui offrire supporto ai commissari tecnici.

Voci, suggestioni e ipotesi

Si diceva di voci, ipotesi e suggestioni perché a un certo punto si era fatta largo la voce secondo cui il trevigiano sarebbe potuto essere il tecnico delle donne della pista, una volta che il settore fosse stato sfilato di mano a Dino Salvoldi. Poi le cose hanno seguito un altro corso. La pista è stata unificata e affidata a Marco Villa, di cui Bragato sarà collaboratore assieme a Fabio Masotti. Richiesto sul tema, il cittì d’oro di Tokyo col quartetto, ha espresso una valutazione legittima che a qualcuno ha fatto storcere il naso per i toni.

«Amadio – ha detto Villa, marcando il territorio – mi consiglia di far seguire le ragazze da Bragato, ma visto che sono io il commissario tecnico, le voglio gestire in una certa maniera. Bragato sarà quello che avrà i riferimenti, ma il responsabile sarò sempre io come coi maschi. Mi toglierà quel lavoro di contatti e di programmazione settimanale. Se devo capire chi viene la settimana prossima in ritiro, non posso mettermi a fare 28 telefonate. Vorrà dire che Masotti chiamerà i 14 uomini e Bragato le 14 donne. Però il modo di allenare resta il mio, perché non voglio dividere i settori».

Compri, Bragato, Lupi: l’uomo dei pesi, il referente tecnico federale e il cittì della Mbx
Compri, Bragato, Lupi: l’uomo dei pesi, il referente tecnico federale e il cittì della Mbx

Un ruolo trasversale

Il veneto, che non ha mai puntato a un ruolo da tecnico ma a forza di sentirselo dire aveva probabilmente iniziato a pensarci, è pertanto ben contento del ruolo ricevuto.

«Un ruolo più trasversale rispetto all’ultimo periodo – spiega – e a breve verrà indetto un concorso per quattro preparatori con cui seguiremo tutti i gruppi. Sono curioso. Tra i requisiti è richiesta l’esperienza, poi ci sarà un colloquio. Voglio vedere chi si farà avanti. Sul lato dell’operatività, riceverò le richieste dei tecnici e avrò come interfaccia la Commissione Scientifica appena insediata, che in quanto Scuola Tecnici sta sistemando la parte didattica dei corsi, da cui avrò supporto scientifico».

Bragato è amico di Viviani da sempre: il progetto di coinvolgerlo in Fci nacque dopo Londra 2012
Bragato è amico di Viviani da sempre: il progetto di coinvolgerlo in Fci nacque dopo Londra 2012
Ci saranno nomi già visti?

Qualcuno c’è già, anche se con incarichi diversi. Avrei visto Tacchino con i paralimpici perché c’è già stato, mentre ad ora potrebbe andarci Cucinotta cui l’aspetto interessa personalmente, anche se per esperienza lo vedrei bene anche nel fuoristrada. Poi ci sarà da vedere se potranno crearsi conflitti di interesse fra preparatori dei club che prestano la loro opera in Federazione. Cucinotta è all’Astana, come peraltro Slongo che fa parte della Scuola Tecnici è alla Trek-Segafredo. Credo che siano tutti grandi ed esperti abbastanza da non incorrere in problemi.

Come si svolgerà il vostro intervento?

Facciamo tutti capo ad Amadio, che ci segnalerà le esigenze. Portiamo avanti il lavoro fatto, dalla palestra in avanti. Adesso stiamo per iniziare una bella fase con il cross country, perché finora non hanno mai fatto test sistemici. Celestino mi ha chiesto di essergli di supporto nel colloquio con i preparatori degli atleti, dato che finora si era mosso da selezionatore. L’idea è di estendere a tutti i settori un metodo di lavoro omogeneo.

Ispirato a quali criteri?

A quello che ho imparato con Villa nella progettazione e nella costruzione del settore pista. Credo si possa estendere agli altri. Io sarò il filtro, vaglierò le richieste e assegnerò i preparatori, spendendomi ovviamente anche in prima persona. In questi giorni ad esempio sono a Verona con la Bmx.

Bragato affiancherà Masotti (qui con Scartezzini) tra i collaboratori di Villa
Bragato affiancherà Masotti (qui con Scartezzini) tra i collaboratori di Villa
Collaborerai ancora con Villa in pista?

Certo, è una delle mie mansioni. I ragazzi chiedono, perché con alcuni di loro lavoro individualmente. Per l’alto livello in realtà non vedo grossi problemi, perché hanno i loro preparatori, invece per U23 e juniores è importante relazionarsi con le società. Con Salvoldi, che ha da poco preso gli juniores, stiamo programmando una serie di test a tappeto per avere uno screening del materiale umano di cui disponiamo. L’idea è anche di ripetere quelli in pista, ma dipenderà da quando Montichiari tornerà disponibile. E la stessa esperienza la estenderemo a tutti i settori.

Sei soddisfatto dell’incarico?

E’ quello che avevo proposto all’inizio, fu il presidente a dirmi che forse ci sarebbe stato dell’altro. Certo l’ipotesi di un ruolo tecnico mi allettava, ma sto nel mio e faccio quello che mi riesce meglio. Cresco. E chissà che non sia propedeutico ad altro per il futuro.