A Yates la tappa, a Carapaz la maglia. E domani si sale

21.05.2022
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C’è voluta parecchia testa per restare in corsa dopo la botta al ginocchio sull’Etna e quella al morale sul Blockhaus. Simon Yates se ne è andato in giro per qualche tappa come uno zombie nella coda del gruppo, cercando di ricollegare i punti.

«Ammetto che negli ultimi giorni ho pensato molto al ritiro – mormora – avevo ancora problemi al ginocchio, ero venuto a combattere per la vittoria e di colpo avevo perso tutto. Adesso penso solo di lottare per qualche altra tappa».

Dopo il colpo al ginocchio, ora Yates può di nuovo alzarsi sui pedali. Si è visto bene…
Dopo il colpo al ginocchio, ora Yates può di nuovo alzarsi sui pedali. Si è visto bene…

Dodici borracce

L’inglese sfortunato della Bike Exchange-Jayco oggi è stato il più furbo di tutti. Li ha lasciati sfogare davanti. E quando poi ha capito che la pendenza fosse giusta per rientrare, lo ha fatto e ha poi piazzato l’attacco vincente. Uno e uno solo. Avrebbero potuto rispondergli, certamente Hindley e Carapaz ne avevano le gambe. Ma quando hanno realizzato che il distacco in classifica di Simon fosse a dir poco tranquillizzante, hanno preferito fingere di non averlo visto. L’unico a fare professione di rammarico è stato a quel punto Nibali, come abbiamo già raccontato.

«Quando sono partito – dice Yates – la situazione era veramente una lotta. I ragazzi della classifica si marcavano, mentre io stavo solo cercando la tappa, quindi ho dovuto approfittare di quel vantaggio. Lì davanti c’erano corridori più forti di me, quindi ho dovuto decidere dove attaccare e farlo bene. Ho sofferto il caldo e l’umidità, non ho potuto realmente raffreddare il mio corpo. Credo di avere bevuto 10-12 borracce per permettere al mio corpo di raffreddarsi».

Dopo la crono di Budapest, ecco la tappa di Torino. Nel mezzo il crollo del Blockhaus
Dopo la crono di Budapest, ecco la tappa di Torino. Nel mezzo il crollo del Blockhaus

Ginocchio (quasi) a posto

Dopo il blackout al Giro del 2018, Yates non è più stato lo stesso. E anche se l’anno scorso il suo terzo posto è quasi passato in sordina, non è un mistero che quest’anno fosse indicato tra i possibili vincitori.

«Però ho avuto un sacco di problemi al ginocchio – ammette – e non sono ancora al 100 per cento, ma adesso posso alzarmi sui pedali. Prima provavo molto fastidio e per me che non sono mai seduto sulla sella, era un bel problema. Mi sento finalmente dove dovrei essere, ho un po’ di frustrazione perché non posso più combattere per la classifica, ma ormai è andata così. I vari leader al momento mi sembrano equivalenti. Carapaz ha speso tante energie ad attaccare per primo, gli altri non si sono concessi spazio e questo mi ha permesso di andarmene, di prendere la mia occasione. Forse queste tappe non sono neppure fatte per certi corridori, la prossima settimana sarà loro più congeniale».

Carapaz di nuovo in rosa dopo la vittoria del 2019: oggi però la Ineos ha mostrato un po’ il fianco
Carapaz di nuovo in rosa dopo la vittoria del 2019: oggi però la Ineos ha mostrato un po’ il fianco

Carapaz e la rosa

E così, spodestato il giovane “Juanpe” Lopez, Richard Carapaz si è infilato nuovamente nella maglia rosa che aveva conquistato a Courmayeur nel 2019, nella stessa Val d’Aosta che domani abbraccerà nuovamente il Giro.

«Oggi è stato un giorno molto duro – dice – la Bora ha voluto correre in modo abbastanza aggressivo. Pensavamo che sarebbe stato tutto diverso, invece il gruppo si è spaccato. I mei compagni sono rimasti dietro, ma è andata bene. Quando mi sono reso conto che tanti erano al limite, ho provato ad approfittarne e ho attaccato. Siamo rimasti in quattro, per me è stato un movimento buono, perché tanti della generale hanno perso tempo significativo».

Giro complicato

A chi gli chiede se abbia sofferto per il caldo, Carapaz strabuzza gli occhi e passa avanti. In Ecuador umidità e calore non fanno difetto.

«Anche a casa mia c’è questo tipo di clima – sorride – non è un problema, sapevamo che avrebbe fatto molto caldo. La settimana che viene è abbastanza complicata. Si deciderà il Giro, c’è tanta montagna e già dopo il riposo ci sarà una tappa importante, come anche domani. Sarà duro. Domani sarà una corsa diversa. Ci sono più montagne e dovremo difenderci. So come si fa. La prima volta che indossai la maglia rosa ero più giovane. Ora ho esperienza e una squadra per provare a vincerla. Ci sono corridori forti che hanno perso tempo nella prima settimana, come Yates e pure Nibali. Credo che se tornano in ballo anche loro, il Giro sarà anche più complicato».

Puccio è pronto, Carapaz anche. Come si muoveranno?

06.05.2022
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Poche ore al via del Giro d’Italia numero 105. Nell’assolata Budapest si sistemano le ultime cose, ma la città è ben pronta ad accogliere la corsa rosa. Così come è pronto Salvatore Puccio. Il decano della Ineos-Grenadiers la scorsa sera era fuggito con la squadra dopo la presentazione dei team.

Avevano fatto tardi e li attendevano i fotografi per le foto di rito, che in teoria avrebbero dovuto fare prima di salire sul palco. Inconvenienti della diretta! Ieri però, alla vigilia, il siciliano trapiantato in Umbria ci ha dedicato il suo tempo, gli ultimi attimi relax prima della bagarre.

La Ineos-Grenadiers appena scesa dal palco di Budapest. Puccio al centro tra Sivakov (a destra) e Porte (a sinistra)
La Ineos-Grenadiers appena scesa dal palco di Budapest. Puccio al centro tra Sivakov (a destra) e Porte (a sinistra)
Salvatore, come arrivi a questo Giro?

Adesso bene. L’inizio di stagione è stato piuttosto travagliato, tra Covid, cadute… però bene dai. Qualche giorno fa ho temuto un po’, perché si erano fatti risentire dei piccoli problemi intestinali, ma tutto è rientrato.

E’ il tuo Giro d’Italia numero…

Li contavamo giusto poco fa con Swift, è il nono. Ma c’è sempre un pizzico di emozione prima di un grande Giro. E’ un altro effetto rispetto ad una corsa di un giorno o di una settimana. E’ un viaggio. Sei fuori quasi un mese alla fine, riguardi il percorso e vedi che è duro. Non c’è mai relax.

Che Giro vi e ti aspetta? Due anni fa sei andato anche all’attacco, quest’anno potrai avere i tuoi spazi?

Quel Giro fu un po’ particolare. Fu diverso perché dopo tre giorni di gara perdemmo il nostro leader, Thomas, e questo cambiò il nostro modo di correre, sempre all’attacco. In più venivamo dal Tour, era il 2020 quando si fece prima del Giro, in cui andammo piano e così, correndo in quel modo, ci portammo a casa ben sette tappe.

Sette tappe e la maglia rosa…

Esatto, sette tappe e la maglia rosa. Alla classifica generale iniziammo a crederci negli ultimi giorni. «Pero, si può fare», ci dicemmo. E a quel punto facemmo quadrato intorno a Tao (Geoghegan Hart).

E quest’anno?

Beh, speriamo di non perdere il leader subito! E’ giusto che Carapaz possa giocarsi le sue carte. Noi siamo tutti qui per lui – Puccio fa una breve pausa – Anche Porte che è un grande campione.

Com’è lavorare per Carapaz?

Sinceramente ci ho corso poco. Con Richard ho fatto qualche tappa l’anno scorso alla Vuelta, prima del suo ritiro, però da quel che ho visto è un ragazzo in gamba. Se la cava anche da solo. Se la corsa s’infiamma e resta  con pochi uomini al suo fianco, lui è davanti con i migliori. Sa leggere le gare. Per il resto vedo un ragazzo tranquillo, che dice sempre grazie e quando è così è un piacere lavorare per un capitano.

Carapaz saluta la folla ungherese. Anche lui come Bernal eredita il numero uno dal compagno in maglia rosa l’anno prima
Carapaz saluta la folla ungherese. Anche lui come Bernal eredita il numero uno dal compagno in maglia rosa l’anno prima
Eri in squadra anche nel Giro di Bernal dello scorso anno: che differenze ci sono tra i due?

Le differenze sono soprattutto di carattere. Forse “Richie” è un po’ meno tranquillo, mentre Egan parlando meglio l’inglese riesce a fare più gruppo, ad integrarsi meglio. Ma entrambi sono dei veri talenti. Corridori affermati. Carapaz ha già nel sacco un Giro e un’Olimpiade, non è l’ultimo arrivato!

In tanti anni ne hai portati “a spasso” di capitani e ognuno magari ha esigenze diverse, come ci si adatta?

Con Froome era tutto programmato. Chris prendeva in mano la situazione dal chilometro zero all’arrivo. Impartiva gli ordini, richiamava gli uomini, decideva chi tirava e chi invece doveva staccarsi per risparmiare energie per il giorno dopo… Per questo ha una testa fuori dal comune, diversa da tutti gli altri leader. E la sua forza sta proprio nella testa, riusciva nello stesso tempo a pensare alle tattiche degli avversari, alla nostra e ad andare forte nel finale. Gestiva la squadra in modo esemplare. E’ così che ha ottenuto i suoi grandi risultati. E poi chiaramente perché andava forte, come quando al Giro attaccò ad 80 chilometri dall’arrivo. Carapaz invece è diverso, parla meno, fa più in autonomia. Io guardo anche le gare in tv e lo vedo sempre che è al posto giusto. Lui difficilmente perde un ventaglio, per fare un esempio.

E la tua preparazione, Salvatore, cambia un po’ in base al capitano per cui devi lavorare?

No, la preparazione è la stessa, semmai cambia il ruolo in base ai compagni, in base alla squadra schierata. In questo Giro per esempio sarò chiamato a lavorare soprattutto in pianura, saremo io e Swift. Alla Vuelta 2017 invece, quando c’erano ancora nove corridori e non otto, ero il terzo o quarto uomo. Prima di me c’erano altri due o tre passisti e quindi io entravo in scena per la salita, o poco prima. E poi anche in base alle caratteristiche del percorso si gestiscono i vari ruoli. Più che altro devi essere bravo a farti trovare pronto. Se devo tirare i primi sei chilometri di quella salita, mi devo organizzare per arrivare in quel punto con le energie necessarie.

Vuelta 2021: Puccio in testa e a ruota Bernal e Carapaz
Vuelta 2021: Puccio in testa e a ruota Bernal e Carapaz
E serve esperienza…

Serve esperienza. Io adesso vado in automatico, prima invece dovevo sempre calcolare tutto, ma è anche importante arrivare bene agli appuntamenti. Se hai fatto l’altura, stai bene con il peso e tutto il resto sei anche più sicuro di te stesso.

Tu stai bene e sei sicuro di te e Caparaz? Lui come sta? Tosatto ci ha detto che è stato lui a voler venire al Giro…

Io lo vedo concentratissimo. Anche lui ha avuto i suoi bei problemi col Covid, si è ritirato dalla Tirreno per problemi intestinali, qualche noia ad un ginocchio. E’ magro. E’ convinto di fare bene. Vuole vincere. Dai dati che ha e dai test effettuati sappiamo che sta bene. E questo conta tanto. Significa che non parti con la paura. Sai che sei pronto ad eventuali attacchi, puoi risparmiare qualche energia. E poi lui è un attaccante vero.

Carapaz, ma anche tutti voi, conosce le salite? Sei andato a vederne qualcuna tu stesso?

Un po’ le conosciamo e un po’ con il Garmin oggi vediamo tutto. Non solo, ma segnando i punti sulla mappa e caricandoli sul computerino, sappiamo quando ci sono determinate curve, una strettoia… ci appare un messaggio che ce lo dice. Sappiamo le pendenze dei chilometri successivi. In tal senso la tecnologia aiuta e fa la differenza.

Ineos per Carapaz. Tosatto presenta la “corazzata rosa”

24.04.2022
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Una delle formazioni più attese al Tour of the Alps era la Ineos Grenadiers. La squadra, guidata nell’occasione da Matteo Tosatto, forse ha raccolto un po’ meno del previsto, però è sempre stata nel vivo della corsa.  E ci è stata con Pavel Sivakov, soprattutto, ma anche con Richie Porte. 

La corazzata britannica si prepara ad affrontare il Giro d’Italia e ancora una volta partirà con i favori del pronostico, grazie alla presenza di Richard Carapaz. E con Tosatto partiamo proprio dal corridore sudamericano.

Matteo Tosatto (classe 1974) è uno dei diesse della Ineos Grenadiers
Matteo Tosatto (classe 1974) è uno dei diesse della Ineos Grenadiers
Matteo, questo inverno eri stato di parola e avevi detto: dopo la caduta di Bernal i programmi non cambiano. Carapaz resta il nostro leader per il Giro d’Italia…

E’ così. Richard aveva visto il percorso del Giro d’Italia e gli piaceva. Ama il Giro, è il suo grande successo, visto che lo ha vinto nel 2019, e per questo si sta preparando bene. Noi siamo fiduciosi verso di lui, così come verso tutti gli altri ragazzi che ci saranno.

Carapaz però non ha corso recentemente. E’ ancora in Ecuador. Qualche giorno fa ha utilizzato la bici da crono in un autodromo. Come mai avete scelto di non farlo gareggiare sin qui?

Perché questo era il programma che avevamo deciso. Un programma che prevedeva un bel blocco di lavoro fino al Catalunya. Peccato per l’intoppo alla Tirreno dove si è ritirato perché era malato, però poi ha recuperato bene. Il programma prevedeva di tornare in Ecuador e di allenarsi in altura più a lungo possibile. E si sta allenando bene. Anche con la bici da crono. Come tutti i nostri ragazzi, anche lui la prende una o due volte alla settimana, soprattutto prima di appuntamenti importanti che prevedono prove contro il tempo. Al Giro ce ne sono due. Non sono lunghe, ma potrebbero essere decisive.

Quindi prima del Giro nessuna corsa?

No, nessuna corsa. Carapaz ha dimostrato che quando ritorna da un periodo di altura riesce ad andare subito forte. Ormai ha un protocollo collaudato. Arriva in Europa otto-dieci giorni prima dell’inizio del Giro, si ambienta per il fuso orario e la temperatura ed è pronto.

Carapaz in allenamento sulle sue strade. L’ecuadoriano arriverà in Europa tra pochi giorni (foto Instagram @jaqui.jpg)
Carapaz in allenamento sulle sue strade. L’ecuadoriano arriverà in Europa tra pochi giorni (foto Instagram @jaqui.jpg)
Al Tour of the Alps abbiamo visto una Ineos Grenadiers orfana di Geoghegan Hart: cosa è successo?

Per Tao è stato scelto un programma differente perché anche lui purtroppo si è ammalato alla Tirreno-Adriatico. Di conseguenza ha dovuto saltare il Catalunya ma ha fatto i Paesi Baschi. E così dopo questa dura corsa ha preferito allenarsi in altura. 

Dal Tour of the Alps avete avuto indicazioni importanti?

Ho visto un Pavel Sivakov che è tornato ai suoi livelli. Anche Porte sta davvero bene. E lo stesso vale per Salvatore Puccio. Siamo messi bene e possiamo fare le nostre scelte con serenità. In questi giorni post Tour of the Alps faremo il punto della situazione con i ragazzi per definire la squadra del Giro.

Quindi né Sivakov, né Porte sono sicuri di essere al Giro?

No, no… voglio dire che si sono preparati per il Giro e sono pronti. Però, come come tutti gli anni, facciamo la squadra dopo aver esaminato i dati e dopo aver parlato con tutti i ragazzi. Ma penso che avendo dimostrato una buona condizione non ci saranno problemi.

Pavel Sivakov è stato decimo al Tour of the Alps. Ha pagato un po’ l’ultima frazione breve, nervosa e sotto la pioggia
Pavel Sivakov è stato decimo al Tour of the Alps. Ha pagato un po’ l’ultima frazione breve, nervosa e sotto la pioggia
Effettivamente Sivakov non era così brillante da un po’…

Non si vedeva, perché magari non era il leader della corsa e doveva aiutare i capitani. Ma io Pavel l’ho visto fortissimo già l’anno scorso alla Vuelta, dove appunto ha corso di supporto. Quest’anno è partito più tranquillo, si è allenato bene anche lui. È rientrato dopo due settimane in altura a Sierra Nevada. E un Sivakov che sta bene per noi è molto importante.

Siete una delle corazzate della carovana. Tanti uomini, una grande possibilità di scelta. E questo vale per i tecnici ma anche per i corridori. Alla luce di tutto ciò Carapaz ha chiesto un uomo specifico? Uno di fiducia?

Da quando lo conosco posso dire che è un ragazzo molto serio. Un ragazzo che si fida delle persone che lavorano attorno a lui. E se un coach o un altro direttore sportivo gli dice che ci sono questi determinati uomini a lui va bene. Si fida, sa che sono i migliori che possiamo mettergli a disposizione. Quindi no: non ha specificato che lui vuole il corridore “X” o “Y”. Richard vuole una squadra di supporto, quello sì. Dal canto nostro, noi gli stiamo mettendo in piedi un team che al Giro lavorerà solo per lui.

Puccio sempre più uomo squadra. Stando alle parole di Tosatto avrà lui “le chiavi” della Ineos Grenadiers al Giro
Puccio sempre più uomo squadra. Stando alle parole di Tosatto avrà lui “le chiavi” della Ineos Grenadiers al Giro
In una squadra così e con un uomo che punta senza mezze misure alla maglia rosa, un Salvatore Puccio ci sta bene. A parte il fatto che lui sta bene ovunque! 

Vero – ride Tosatto – il discorso di Puccio vale sempre. Non perché è italiano, ma “Salva” negli ultimi anni ha dimostrato che quando è chiamato in causa è sempre pronto. È un leader, un leader nel suo lavoro. Anche lui ha avuto molta sfortuna ad inizio stagione: malattie, infortuni, un problema al ginocchio… Adesso è rientrato ed è in buona condizione. Deve migliorare ancora un po’ ma è un percorso normale. E sicuramente sarà pronto per il Giro.

Ultima domanda: Porte gregario di lusso o avrà anche ambizione di classifica?

Gregario di lusso.

Risposta secca, ormai non capita spesso…

Ma è così: a domanda ho risposto! E poi Carapaz è uomo che dà garanzie.

Nel ciclismo di Higuita, non ci sono porte chiuse

03.04.2022
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La prima grande vittoria di Sergio Higuita sarà ricordata, più che per il risultato, per il modo in cui l’ha ottenuta. L’epica fuga con Richard Carapaz (130 chilometri all’attacco) risuona ancora nell’atmosfera. E Sergio – nobile, generoso e lucido – la descrive passo dopo passo, con un ampio sorriso, come se la vittoria alla Volta Catalunya fosse stata quella e non la consacrazione nell’ultimo giorno sul circuito del Montjuich.

«E’ stato un attacco pazzesco – dice Sergio – non me lo aspettavo, ma è successo così. In quel momento non pensavo alla classifica generale o al risultato, volevo solo godermi la giornata e dare spettacolo. E’ una tappa che resterà da raccontare ai miei figli, ai miei nipoti, perché molto raramente si fa una fuga come quella. E ancor di più con un campione olimpico, uno forte e aggressivo come Carapaz».

Il Catalunya è la prima vittoria WorldTour di Higuita. Nell’ultima tappa si è difeso da Carapaz
Il Catalunya è la prima vittoria WorldTour di Higuita. Nell’ultima tappa si è difeso da Carapaz

Ordine teutonico

A 24 anni e dopo aver analizzato attentamente diverse offerte, il giovane colombiano ha voluto entrare a far parte della Bora-Hansgrohe, una squadra metodica che non lascia nulla al caso e che gli ha offerto tutto quello che gli serviva per diventare un ciclista completo. Tutti ricorderanno l’episodio del licenziamento poi revocato dalla Ef per l’uso della nuova bici nel Giro de Rigo.

«Sono tedeschi – racconta – hanno tutto pianificato. Sono così. Sono impressionato dall’ordine che hanno. Tanto che a una settimana dalla gara hai già il piano di lavoro pronto e sai già cosa fare. Con loro non fai quello che vuoi, ma quello che dicono. Devi svolgere il tuo ruolo, loro apprezzano molto il lavoro», aggiunge Higuita, una piccola macchina da guerra, pieno di ambizioni senza tuttavia porsi obiettivi specifici.

Fuga di 130 chilometri con Carapaz nella 5ª tappa del Catalunya e volata vincente del venezuelano
Fuga di 130 chilometri con Carapaz nella 5ª tappa del Catalunya e volata vincente del venezuelano

Obiettivo Liegi

Però ha le idee chiare, questo sì. Dopo l’estate sarà leader alla Vuelta a España, ma prima vuole comunque essere una delle rivelazioni della stagione sulle Ardenne.

«Sono entrato in squadra da capitano – spiega – e la vittoria in Catalogna mi ha dato molta fiducia. Sono un corridore a cui piace sempre stare nella mischia, indipendentemente dalla gara. Un obiettivo a breve termine è andare ai Paesi Baschi e provare a fare una buona classifica. Poi nelle Ardenne e al Romandia. In particolare voglio essere protagonista alla Liegi-Bastogne-Liegi, che mi piace molto e ho avuto modo di fare già l’anno scorso»

Alla Strade Bianche ha conquistato il 10° posto. Higuita è alto 1,66 e pesa 57 chili
Decimo alla Strade Bianche. Higuita è alto 1,66 e pesa 57 chili

Su ogni traguardo

Il 2022 del corridore della regione di Antioquia si è aperto con la vittoria ai campionati nazionali di inizio stagione, la top 10 alla Strade Bianche, la vittoria di tappa alla Volta ao Algarve e l’impresa (tappa e maglia) del Catalogna.

«Voglio essere un ciclista che pensa più ai tifosi che ai risultati», ha detto il colombiano, che pensa con la voracità dei talenti precoci del nuovo millennio. «Guarda Pogacar, Van Aaert e Roglic che vincono tutto. Nessuno lascia niente. Oggi i grandi ciclisti lottano su ogni traguardo e questo mi piace».

A febbraio, Higuita ha vinto a Malhao la 5ª tappa dell’Algarve, precedendo Dani Martinez
A febbraio, Higuita ha vinto a Malhao la 5ª tappa dell’Algarve, precedendo Dani Martinez

Vuelta sì, Giro no

Il suo programma prevede il Gran Premio Miguel Indurain, la Vuelta al País Vasco, le Ardenne (Freccia Vallone e Liegi) e il Romandia, prima di concludere il primo semestre e tornare a casa. Poi svolgerà un mese di preparazione in altura in Colombia, per affrontare il rush finale verso la Vuelta, con il Giro di Svizzera, il Giro d’Austria e il Giro di Polonia o la Vuelta Burgos. Ha anche in programma il campionato del mondo in Australia e le classiche autunnali in Italia.

«Mi sento pronto – asserisce – per affrontare la sfida nelle gare di tre settimane. Il mio fisico ha già la maturità per sopportare al massimo questi sforzi, ma voglio fare solo la Vuelta seguendo il calendario che ho programmato con la squadra, che per me è molto buono. Al Giro non ci penso».

Tosatto, il dopo Bernal è da disegnare. Ma Carapaz vede ancora rosa

05.02.2022
4 min
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Matteo Tosatto è indaffaratissimo nel seguire i suoi corridori. Anche se la stagione è appena iniziata, il tecnico veneto è già nel pieno della “mischia”. L’incidente di Bernal ha scosso il mondo del ciclismo, ma ancora di più ha scosso la sua squadra, la Ineos-Grenadiers. Il colombiano era l’uomo per il Tour e di fatto uno degli uomini simbolo, tanto più che Sir Brailsford gli aveva fatto firmare un contratto molto importante sia per durata che per ingaggio.

Ma senza allargarci troppo restiamo su questa stagione. Come inciderà questo incidente nei programmi della corazzata inglese? In tanti già danno Richard Carapaz dirottato dal Giro al Tour. La verità è che il discorso è ben più complesso.

Tosatto 2021
Matteo Tosatto è uno dei diesse del team inglese dal 2017
Tosatto 2021
Matteo Tosatto è uno dei diesse del team inglese dal 2017

Vicini a Bernal

«Come cambia la nostra situazione… Cambia che per ora non possiamo far altro che stringerci attorno ad Egan e dargli tutto il supporto necessario perché torni al meglio e recuperi in fretta – spiega Tosatto – Una riunione in questo senso ancora dobbiamo farla. Per ora l’incidente è ancora troppo “fresco” per affrontare il discorso dei programmi corali».

«Piuttosto pensiamo alle corse e a quel che c’è da fare adesso. L’unica cosa che sin qui è cambiata nei programmi è che Egan è stato tolto dalla lista per la Parigi-Nizza, il suo primo obiettivo stagionale, e dalle altre gare di questa prima parte dell’anno».

La Ineos-Grenadiers si stringe attorno a Bernal. Ecco Carapaz (in basso a sinistra) con i suoi compagni a Besseges (foto Instagram)
La Ineos-Grenadiers si stringe attorno a Bernal. Ecco Carapaz (in basso a sinistra) con i suoi compagni a Besseges (foto Instagram)

Carapaz al Giro

Tosatto chiaramente non ha la possibilità, e forse neanche può, scoprire tutte le carte in tavola. Il discorso di Bernal è pesantissimo. Se pensiamo che possono esserci dei dubbi circa il suo futuro, figuriamoci se adesso il problema è individuare questa o quella corsa.

Però di fatto, è un “quid” che esiste. E alla fine la voce più succulenta, la domanda che tutti si fanno è come sarà gestito Carapaz.

«Con Carapaz – riprende Tosatto – ancora non abbiamo parlato. Per ora Richard resta focalizzato sulla sua prima parte di stagione e sul suo programma di gare che avevamo stabilito. E su questo continuiamo, pensando alla sua condizione. Qui siamo tutti dispiaciuti. Poi sarà che tutti eravamo sparsi tra ritiri, Sud America, gare… che quasi non c’è stato il tempo per rendersi conto davvero di quanto sia successo».

Un Giro con solo 26 chilometri di cronometro però è un’occasione ghiottissima per l’ex maglia rosa e attuale campione olimpico…

«Sì, sì, ma infatti Richard lo sa bene e ha già detto ad inizio stagione che quello sarebbe stato il suo obiettivo ed è concentrato su quello. Dire adesso che lo togliamo dal Giro per metterlo al Tour mi sembra inutile e prematuro. Di certo è un bel Giro per lui e per il momento tutto resta confermato».

E’ vero poi che su certe decisioni contano, sponsor, questioni di marketing e non ci sono solo scelte tecniche, ma se conosciamo un po’ Carapaz, abbiamo visto che l’ecuadoriano è molto ambizioso. Lui ha voglia di vincere. Al Tour sa bene che con Pogacar e Roglic il compito sarebbe più arduo. Non impossibile, sia chiaro…

Carlos Rodriguez sugli sterrati della Valenciana. Lo spagnolo, classe 2001, è un vero talento
Carlos Rodriguez sugli sterrati della Valenciana. Lo spagnolo, classe 2001, è un vero talento

Quanti campioni nel mazzo

In casa Ineos-Grenadiers i campioni non mancano. Oltre a Carapaz e Bernal c’è un certo Geraint Thomas e con lui Geoghegan Hart, Porte, Adam Yates… Senza contare che nel momento in cui decidessero di cambiare strategia e di venire in Italia per le tappe avrebbero cacciatori del calibro di Viviani, Ganna, Kwiatkowski

E a proposito di Porte e Yates: loro due erano già inseriti nella lista del Giro. Magari potrebbero assegnargli un altro ruolo, senza scombussolare troppo i piani del team. In fin dei conti non sarebbe la prima volta che in Ineos si ritrovano a cambiare le carte sul momento. Il Giro di Tao ne è la riprova. E in ammiraglia guarda caso c’era proprio Tosatto.

«Di corridori ne abbiamo molti, vedremo… Ganna è partito bene, idem Viviani e anche Carlos Rodriguez.

Su Rodriguez incalziamo Tosatto: «Matteo, questo è un corridore vero. Lo abbiamo visto all’Avenir l’anno scorso»…

«Crediamo molto in questo giovane. Lo vogliamo far crescere senza stress. 

«Vederlo al Giro? Forse è un po’ presto. E’ vero però che vogliamo fargli fare un grande Giro quest’anno. Non credo che possa andare al Tour come primo “assaggio”, ma visto che è spagnolo pensavamo di più alla Vuelta, tanto più che arriva a fine stagione e sarà maturato un altro po’ per quel periodo. Una Vuelta da correre in appoggio a qualche capitano. Io comunque sono dell’idea che far fare i grandi Giri a dei giovani, senza bruciare le tappe, sia sempre una buona idea».

Giro senza i “tre tenori”. Occasione super per tanti corridori

31.10.2021
6 min
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Egan Bernal, Tadej Pogacar e Primoz Roglic quasi certamente non saranno al Giro d’Italia. Per loro c’è il Tour de France. Questi “tre tenori” sono certamente i più forti interpreti attuali dei grandi Giri. La loro presenza in Francia potrebbe subito far pensare ad un Giro in tono minore. In realtà c’è un’amplissima pletora di corridori davvero forti per i quali il Giro può diventare una super occasione. E regalarci una grande corsa.

Parliamo di Almeida, Carapaz, Mas. Ma anche Vlasov, Geoghegan Hart, Landa, Bilbao, Yates, Foss, Schachmann, Vingegaard, Quintana, Haig..

Occasione rosa

Anche per Stefano Garzelli il Giro è una grande occasione per tutti loro. Primo perché puntare tutto su una corsa è molto rischioso (ammesso che tutto vada bene due di quei tre non vinceranno il Tour) e poi perché il Giro resta sempre una grande corsa.

«Questi tre grandi non puntano però solo sul Tour – spiega Garzelli – Ad inizio stagione vanno forte anche in corse come Parigi-Nizza, Tirreno-Adriatico e le classiche delle Ardenne, soprattutto per i due sloveni. Poi staccano un po’ e pensano al Tour.

«Avete detto bene: c’è un’ampia fascia di atleti che sono molto forti, ma che magari vanno meno bene a crono o sono meno performanti in certe situazioni, per i quali è un’occasione unica venire al Giro senza quei tre. La forza di Bernal, Pogacar e Roglic sta nella loro costanza di rendimento nell’arco delle tre settimane. Io lo dico sempre: un grande Giro non lo vinci nella tappa in cui vai forte, ma in quella in cui hai la crisi. E loro la superano meglio di chiunque altro. Si salvano. Ed è lì che fanno la differenza».

Un Giro senza i tre tenori, potrebbe e dovrebbe far gola a molti. Si ha l’occasione di vincere una grandissima corsa e di mettersi in mostra.

«Io non so se sono i corridori o le squadre a non comprendere bene l’importanza della corsa rosa. Tante volte si sente dire: vado al Tour e poi se va male punto alla Vuelta. Non è così. Se non eri competitivo al Tour poi non andavi neanche alla Vuelta. Se io fossi un corridore ci punterei. 

«Anche le squadre sanno bene che è molto difficile andarsi a scontrare con quei corridori e con i loro team. Senza contare che alla fine vincono quasi sempre gli stessi».

Carapaz ha già vinto il Giro. E’ stato sul podio del Tour e della Vuelta. Col percorso del Tour potrebbe far fatica quest’anno
Carapaz ha già vinto il Giro. E’ stato sul podio del Tour e della Vuelta. Col percorso del Tour potrebbe far fatica quest’anno

Carapaz per il bis?

E allora passiamo in rassegna questi forti corridori a cominciare da Richard Carapaz. Il campione olimpico forse si pone in una posizione intermedia fra i tre tenori e questi altri ottimi atleti.

«Carapaz è già salito sul podio dei tre grandi Giri – dice Garzelli – E’ molto grintoso e attaccando ottiene anche più di quel che può a volte. Per me la Ineos dovrebbe farlo capitano unico, senza contare che sa come comportarsi con la pressione. Dico capitano unico perché deve sentire la fiducia.

«Sarà che io vengo dalla scuola di Pantani e Martinelli in cui si correva per un uomo solo. Quando io restavo dietro, restavano dietro tutti i miei compagni, no tre dietro, tre davanti, uno in mezzo. Un leader non può pensare che un suo compagno, possibile capitano, possa tirargli all’80%. Si creano delle tensioni. Magari da fuori non si vede, ma vi assicuro che è così. Se il leader sa che c’è un compagno pronto a sfruttare una sua defaillance non è tranquillo».

 

«E poi che senso avrebbe portare un Carapaz al Tour con tutta quella pianura, il pavé e il vento nelle fasi iniziali? Bernal si ritroverebbe con un uomo in meno o peggio ancora con un co-capitano. E si sa quanto siano importanti certi uomini specifici per quelle tappe. Al Tour più che mai quest’anno serve un capitano unico, tanto più che si corre in otto e non in nove come in passato».

Lopez è tornato all’Astana. Il Giro potrebbe essere l’occasione della sua carriera
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“Martino” porta Superman

Dalla scuola Martinelli si parla così di Miguel Angel Lopez, tornato in Astana

«Non mi è piaciuto come si è ritirato dalla Vuelta l’anno scorso. Doveva finirla, se non altro per rispetto dei compagni che avevano tirato, preso caldo, pioggia e rischi per lui. Il giorno prima aveva vinto davanti all’amministratore delegato di Movistar e poi si è fermato. Mah… Lopez ha un bel caratterino».

«L’Astana – riprende Stefano – ha messo su una bella squadra e conoscendo “Martino”, Lopez lo porterà al Giro. Non si lascerà sfuggire questa occasione. In più c’è Nibali che potrebbe essere l’ago della bilancia per Miguel».

Joao Almeida, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Al Giro del 2020 Joao Almeida si rivelò al grande pubblico. Fu in rosa per ben 15 giorni
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Al Giro del 2020 Joao Almeida si rivelò al grande pubblico. Fu in rosa per ben 15 giorni

Almeida e Mas

Forse con Carapaz, Joao Almeida (in apertura con Simon Yates) e Enric Mas sono i più forti. Sono giovani ed entrambi molto forti e ambiziosi.

«Almeida mi piace moltissimo – dice Garzelli – E’ veloce, va forte a crono, tiene in salita. Piuttosto bisognerà vedere che piani ha la UAE per lui. Sarà solo una spalla per Pogacar?

«Sembra sia stato preso per il Giro? Farebbe bene a puntarci. Su di lui però c’è l’incognita Deceuninck. Tanti corridori che hanno lasciato quella squadra poi non sempre sono andati tanto forte».

«Mas invece in salita è fortissimo. Gli manca qualcosa però in generale e non solo a crono. Ma sulla sua presenza credo meno: chi poterebbe poi la Movistar al Tour?».

Pello Bilbao e Mikel Landa: i due baschi sono anche amici, bravissimi ma “poco” finalizzatori
Pello Bilbao e Mikel Landa: i due baschi sono anche amici, bravissimi ma “poco” finalizzatori

Landa, Bilbao e…

«Loro sono bravissimi, ma gli manca sempre qualcosa. Pello Bilbao ha superato i 30 anni e se non ha vinto un motivo deve esserci, non ce lo vedo che inizia a vincere adesso. E Mikel Landa ha fatto prestazioni super in salita, ma poi spesso cade e anche quando non cade e sembra possa andargli bene gli capita una giornata no. Però in Bahrain con due corridori così potrebbero avere due capitani. Sono due corridori che non danno garanzie, come Carapaz. Potrebbero giocare di sponda. Senza contare che vorrei conoscere le intenzioni di Caruso».

«E poi c’è Vingegaard: ecco lui potrebbe anche vincerlo il Giro». 

«Se fossi un diesse e avessi un corridore che sta bene io lo porterei al Giro come capitano e gli farei la squadra intorno, almeno se devo ragionare in termini di risultato sportivo e tecnico. Ma nel ciclismo moderno invece ci sta anche che ai team interessi il piazzamento. Non so cosa chiedono gli sponsor».

Carapaz è pronto per tre anni tutti d’oro

21.08.2021
4 min
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La storia del campesino fa parte della sua vita, ma Carapaz se l’è lasciata abbondantemente alle spalle. I chilometri e le esperienze hanno aiutato l’ecuadoriano a costruirsi una nuova solidità, a partire da quando vinse il Giro d’Italia e proseguendo con il podio all’ultimo Tour de France. L’oro di Tokyo ha messo il punto e mandato a capo la sua storia. Eppure, quando in meno di due settimane alla sua porta di sono presentati i corrieri degli sponsor tecnici della Ineos Grenadiers, consegnandogli il loro carico d’oro, Richard ha sorriso e un po’ è arrossito.

L’ecuadoriano ha sfoggiato il nuovo look alla Vuelta: oro dalla testa ai piedi
L’ecuadoriano ha sfoggiato il nuovo look alla Vuelta: oro dalla testa ai piedi

Richard e le multe

La storia di come vestire il campione olimpico è piena di aneddoti e regole stringenti del Cio. Il primo professionista a vincere i Giochi fu Pascal Richard ad Atlanta 1996. E lo svizzero, che quell’anno correva con la Mg-Technogym e subito dopo passò alla francese Casino, si inventò una maglia bianca con i cinque cerchi: vietatissima. Ma lui non se ne fece un cruccio, si rassegnò a pagare ogni volta una multa e visse e probabilmente monetizzò così la sua gloria olimpica.

Ullrich non fece nulla di particolare, mentre fu Bettini a capire la possibilità di mettere mano al colore degli accessori. E così da allora si è sempre fatto, intervenendo su casco, occhiali, scarpe e bicicletta.

Dogma d’oro

«Vincere l’oro olimpico – disse nella sera di Tokyo – è di gran lunga la cosa migliore che potesse capitarmi, ben più grande del podio al Tour. Immagino che nel mio Paese siano impazziti e li capisco, visto che non vincevamo una medaglia da 24 anni e la mia è la prima nel ciclismo, sport che è seguitissimo».

E per celebrarlo i suoi sponsor si sono scatenati. Come già fatto da Cervélo sulla bici da crono del campione olimpico di specialità Roglic, Pinarello ha messo una mano sulla Dogma F con cui Carapaz ha vinto a Tokyo e come Re Mida l’ha trasformata in oro.

Da Bettini a Carapaz

A seguire si sono mossi gli amici di Sidi, con un intervento sulle Shot 2 che già Carapaz utilizzava dall’inizio dell’anno. Le scarpe bianche sono state impreziosite grazie a una serie di ricami utilizzando un filo dorato e ad alcuni dettagli ugualmente d’oro, che le fa risaltare in modo elegante. Nel 2005 di Bettini, le scarpe ugualmente Sidi vennero invece realizzate con la tomaia tutta d’oro.

Anche Sidi ha messo mano agli scarpini, fregiandoli con un filo e dettagli dorati
Anche Sidi ha messo mano agli scarpini, fregiandoli con un filo e dettagli dorati

Tre anni con l’oro

Come ben si può vedere dalla foto di apertura, mentre Carapaz lotta tutti i giorni alla Vuelta, anche Kask e Oakley si sono allineati con un casco e occhiali d’oro. Casco modello Protone Wg11 che dal blu Ineos nella parte posteriore sfuma fino all’oro della parte anteriore. Mentre è dorato anche il riflesso delle lenti Oakley.

Questa potrebbe essere la livrea di Carapaz fino a Parigi 2024, che semmai sarà aggiornata con il variare dei modelli. Due anni in meno di quanto Van Avermaet abbia portato in giro il suo casco d’oro. A causa del rinvio delle Olimpiadi, il belga s’è fregiato dell’oro per cinque anni. Carapaz brillerà per tre stagioni, ma anche lui rimarrà nella storia dello sport.

Sidi Shot 2, Carapaz pedala con l’oro

16.08.2021
4 min
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E’ partita La Vuelta e il campione olimpico Richard Carapaz ha ricevuto “sul filo di lana” da Sidi un paio delle sue Shot 2 personalizzate.
L’ecuadoriano finora ha disputato una stagione super: vittoria al Giro di Svizzera, terzo gradino del podio al
Tour de France e poi la vittoria olimpica a Tokyo per entrare nella storia.
E per celebrarlo al meglio, ha ricevuto in dono le Shot 2 con una livrea ispirata all’oro olimpico.

Le Shot 2 sono il top di gamma dell’intera collezione Sidi
Le Shot 2 sono il top di gamma dell’intera collezione Sidi

Una fonte d’ispirazione

Il modello Shot 2 di Sidi si colloca al vertice della gamma road proposta dall’azienda veneta. Una calzatura estremamente performante, caratterizzata da un’elevata resa in fase di spinta e capace di fondere in un tutt’uno leggerezza, comfort e design. Le Sidi Shot 2 realizzate esclusivamente per Carapaz sono completamente bianche, ma ad impreziosirle pensano alcuni dettagli color oro – in modo particolare la caratteristica fiamma delle Shot – in grado di conferire loro un look elegante ed assolutamente unico.

«Quando centri risultati come una vittoria olimpica – ha dichiarato Rosella Signori, responsabile commerciale Sidi e figlia del fondatore Dino Signori – vieni proiettato direttamente nella storia. Si tratta di un traguardo straordinario, che rivoluziona completamente la vita di un atleta. Come azienda, siamo estremamente orgogliosi di poter vivere questi momenti e di supportare corridori professionisti come Richard. Lo sport non è solo il nostro lavoro: è difatti anche la nostra passione quotidiana. Successi come questo rappresentano una grandissima fonte d’ispirazione per tutti noi».

Il campione del team Ineos Grenadiers in azione con gli scarpini Sidi Shot 2
Il campione del team Ineos Grenadiers in azione con gli scarpini Sidi Shot 2

Tecnologia esclusiva

L’ufficio prodotto Sidi, tramite il suo “pool” di tecnici, ha lavorato con passione e tenacia sulla tomaia in microfibra TechPro delle Shot 2 destinate a Carapaz al fine di creare un delicato effetto sfumato alla base della fiamma dorata, dedicando la consueta cura e attenzione nell’assemblaggio delle varie componenti che rendono il modello Shot 2 una delle scarpe più amate in gruppo. Tra questi componenti, al tempo stesso dei tratti distintivi ed originali di questo modello, ricordiamo la suola “C-Boost SRS”, realizzata mediante l’impiego di fibra di carbonio di ultima generazione, che vanta una speciale conformazione della zona metatarsale per permettere maggiore trasmissione della potenza sui pedali.

Chiusura anteriore e posteriore

Il rotore brevettato “Doppio Tecno-3 Push Flex” è in grado di eliminare completamente la pressione dal collo del piede migliorando notevolmente la sensazione di chiusura. Il tallone regolabile “Reflex” rinforza lo spoiler e migliora la calzata permettendo di chiudere meglio la parte posteriore della scarpa, stringendo il
tallone in modo che non scalzi durante gli sforzi della pedalata. Il tallone integrato è in grado di stabilizzare e
sostenere perfettamente il piede durante la pedalata
. Il prezzo indicativo al pubblico delle Sidi Shot 2 è di euro 389 mentre le taglie disponibili vanno dalla 38 fino alla 48.

sidi.com

Carapaz, dopo l’oro arriva la ruggine

30.07.2021
6 min
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Il sorriso gentile di Carapaz di colpo lascia il posto a uno sguardo mesto e ad un tono sorprendentemente duro, che non ti aspetti da un ragazzo che ha appena conquistato l’oro. Il campione olimpico parla, l’oro si macchia di ruggine e in Ecuador esplode la polemica.

«Per me è un giorno speciale – dice – per questo me lo godrò da solo. Sono un atleta partito senza l’appoggio del suo Paese. In Ecuador non hanno mai creduto in me, perciò questo oro è mio e di tutti quelli che mi hanno aiutato. So che ora tutti vorranno festeggiare questa medaglia, che però appartiene solo a quelli che mi hanno realmente appoggiato».

Lasciati da soli

Di colpo tornano alla memoria le immagini del suo ritorno a Quito dopo la vittoria del Giro d’Italia e quella commozione si ferma contro questa durezza. Carapaz non indietreggia, anzi rilancia.

«Alla fine – dice – non hanno mai creduto in me, ad eccezione di poche persone. Perciò adesso sono qui che mi godo quest’oro, ma bisogna seguire gli atleti che davvero meritano. Abbiamo dovuto trovare un massaggiatore. Siamo venuti da soli. Abbiamo approfittato del personale di Ineos (la squadra in cui corrono Carapaz e Narvaez, ndr) che era qui con l’Inghilterra e l’Irlanda. Abbiamo chiesto aiuto alla gente per questo e sono loro che ci hanno davvero dato una mano quando ne avevamo bisogno».

Ministro duro

L’Ecuador non è messo bene, fra crisi economica e crisi sanitaria. C’è un nuovo presidente, Guillermo Lasso, eletto lo scorso 24 maggio, ma il cammino è lunghissimo. Così se qualcuno pensava che l’oro del ciclista più amato avrebbe aiutato a non pensarci, avrà presto dovuto rivedere le sue stime. E la ruggine affiora.

Sebastian Palacios, Ministro dello Sport che ha seguito la delegazione a Tokyo, ammette la mancanza di tecnici e personale e risponde con un video.

«Siamo qui per accompagnare gli atleti – dice – e monitorare come si svolgono il coordinamento e la logistica del Comitato Olimpico Nazionale. E purtroppo abbiamo visto cose che hanno catturato la nostra attenzione, che ci preoccupano e ci fanno indignare proprio come si è indignato Carapaz. Nel momento in cui abbiamo vissuto uno dei momenti più incredibili nella storia dello sport ecuadoriano e siamo orgogliosi per la conquista e il trionfo di Richard Carapaz, dopo le sue dichiarazioni di atleta e ciclista, che capisco e condivido, ci sono alcune cose che so e che si dovrebbero chiarire sulla partecipazione dell’Ecuador ai Giochi Olimpici».

Quattro anni fa

La ruggine fra questi atleti e il Comitato olimpico ecuadoriano in realtà è vecchia di 4 anni. Te ne rendi conto seguendo lo scambio di tweet fra Carapaz e Narvaez dopo la vittoria.

Risale tutto ai Giochi Bolivariani del 2017, che si svolgevano a Santa Marta, in Colombia. E’ scritto in un comunicato ufficiale diffuso pubblicamente il 13 novembre di quell’anno.

Vi si legge che i due, più Caicedo (il vincitore dell’Etna 2020) vennero trovati ubriachi in una pizzeria dopo aver lasciato il ritiro della squadra. Il Comitato Olimpico emise appunto quel comunicato, che Narvaez deve aver conservato da allora nel suo telefono. C’è scritto anche che i ciclisti mancarono di rispetto ai delegati che erano andati a cercarli. Che furono riportati a forza in hotel, da cui gli fu impedito di uscire. E che in seguito all’episodio, la Commissione etica del Comitato chiese l’apertura di un procedimento disciplinare a loro carico.

Nel suo tweet, Narvaez ironizza sul fatto che ora avranno una medaglia da aggiungere al procedimento. Mentre Carapaz gli risponde di pensare a qualcosa di meglio e aggiunge tre emoticon con un sorriso, la medaglia d’oro e un boccale di birra.

Il Comitato risponde

Il Comitato olimpico ovviamente risponde. Scrivono di aver provveduto all’emissione dei biglietti aerei e di aver fornito ai due atleti le indicazioni per l’ingresso sicuro in Giappone. Poi spiegano, pubblicando anche le foto, che una delegazione, tra cui un medico e un fisioterapista, ha incontrato i ciclisti. Il dottor Pablo Sarmiento ha emesso un rapporto al riguardo.

«Abbiamo proceduto a valutarli – scrive – sapendo che i loro colleghi europei li aiutavano con i massaggi, ma che richiedevano stivali di decompressione. Richard Carapaz ha ricevuto la terapia per 45 minuti. Abbiamo discusso delle loro condizioni mediche prima della competizione, hanno detto che si sentivano bene, ma che avevano bisogno di una squadra che li aiutasse con l’idratazione…».

Sempre nel referto del medico si legge che dopo la vittoria di Carapaz gli atleti hanno indicato di non avere bisogno di assistenza medica, ma che la struttura medica sarebbe stata comunque a loro disposizione.

Dopo la vittoria, per qualche minuto il sorriso è mutato in un ghigno amaro che ha portato la ruggine in superficie
Dopo la vittoria, il sorriso è mutato in un ghigno che ha portato la ruggine in superficie

L’oro e la Vuelta

Ci sono rancori difficili da smaltire, ma per fortuna la soddisfazione della vittoria ha portato non solo ruggine, ma anche felicità vera.

«E’ incredibile – ha detto Carapaz aspettando la consegna della medaglia – qualcosa ancora difficile da digerire. Sono molto emozionato. Ero convinto di averlo nelle gambe. L’ho provato al Tour, volevo vincere anche là, ma non è stato possibile. Qui era una lotteria e ho cercato di fare del mio meglio. Eravamo in due, abbiamo cercato di sfruttare il lavoro degli altri. Narvaez mi è stato sempre molto vicino, aiutandomi e portandomi l’acqua. Sapevo che McNulty pedalava davvero forte e che potevo trarne vantaggio. E’ stato un attacco intelligente. Abbiamo iniziato a collaborare ed è stato fondamentale. Io in discesa, lui in pianura. Alla fine sapevo che ero il più forte e non era necessario attaccare. Ho solo continuato, ho continuato, ho continuato e al traguardo ero da solo».

Non ci sono immagini del ritorno di Carapaz in Ecuador, ma visto che il campione olimpico è atteso alla Vuelta, probabilmente ha deciso di fermarsi in Europa. Era decisamente inatteso che il momento della vittoria più bella potesse avere un simile strascico di ruggine. Resta da capire dove sia esattamente la verità e se troveranno il modo prima o poi di ricomporla.