Il Tour a Firenze, emozioni e riflessioni toscane con Magrini

24.06.2024
6 min
Salva

Ormai ci siamo, ancora tre giorni e mezzo e poi finalmente si aprirà lo scenario sul Tour de France “italiano”. Firenze e il suo Piazzale Michelangelo ieri sono stati teatro della partenza dei campionati italiani vinti da Bettiol, ma giovedì a partire dalle 18,30 si tingeranno ufficialmente di giallo con una preannunciata spettacolare team presentation.

Le gambe dei corridori si accenderanno sabato 29 giugno alle 12 col via della prima tappa da Piazza della Signoria, mentre i cuori degli appassionati hanno iniziato a scaldarsi già da un po’ di tempo. Fra loro c’è Riccardo Magrini che, per forza di cose, è un trait d’union ottimale tra Toscana e Tour de France. Nonostante non sia fiorentino, “il Magro” vive questa Grand Départ con profondo sentimento come abbiamo capito dalla nostra chiacchierata. Qualcosa che non è facile da descrivere e che dovrà riversare sul microfono durante la cronaca su Eurosport assieme a Luca Gregorio.

Riccardo Magrini e Luca Gregorio commenteranno il Tour de France tutti i giorni su Eurosport
Riccardo Magrini e Luca Gregorio commenteranno il Tour de France tutti i giorni su Eurosport

Evento storico

Il feeling di Magrini col Tour è legato, fra i tanti ricordi, al 1983 quando vinse la settima tappa da Nantes ad Ile d’Oleron con un colpo da finisseur in prossimità del triangolo rosso dell’ultimo chilometro. Quarantuno anni dopo le emozioni si spostano per un evento storico.

«Questa edizione del Tour de France – racconta – la sento particolarmente, prima di tutto perché per la prima volta parte dall’Italia e poi perché, seppur indotta dalla collaborazione con l’Emilia Romagna, si parte dalla Toscana. Il fatto che si inizi da Firenze, la terra di Gino Bartali, Gastone Nencini e Alfredo Martini, credo che sia il giusto modo di rendere omaggio a tre giganti del ciclismo internazionale, non solo italiano. Sicuramente ci saranno interessi economici, però per me c’è qualcosa che va oltre alla scelta di partire da qua. In questo caso si parla di storia e valori dello sport. E poi ragazzi, avete presente il contesto artistico di Firenze, che ci invidiano in tutto il mondo, che si sposa col Tour?».

Nel 2013 il patrimonio artistico di Firenze aveva fatto da cornice al mondiale
Nel 2013 il patrimonio artistico di Firenze aveva fatto da cornice al mondiale

Firenze, prima iridata, ora gialla

Che la Toscana sia la culla del ciclismo non si discute. Per dare un’idea, chi cresce da quelle parti e si addentra in quel mondo come corridore o addetto ai lavori non può prescindere dalla conoscenza dei tre nomi fatti prima da Magrini. Oppure della stessa Firenze, che nel 2013 assieme ad altre località ospitò la rassegna iridata tra prove a cronometro e in linea. Ma che differenza c’è col Tour de France?

«Il mondiale di quell’anno – continua – coinvolse una buona parte di Toscana con tutte le gare in programma e fu una bella vetrina anche dal punto di vista turistico, nonostante la nostra regione sia conosciuta ovunque. Però il Tour ha completamente un altro richiamo. Lo sappiamo tutti, dopo Olimpiadi e mondiali di calcio che si tengono ogni quattro anni, è il terzo evento sportivo e si svolge tutti gli anni. E’ qualcosa di clamoroso per Firenze, si va in tutto il mondo

Una nota gelateria di Firenze ha ideato il gusto “Bartali Bartali”. E’ una crema fatta con zafferano di Fiesole (foto X)
Una nota gelateria di Firenze ha ideato il gusto “Bartali Bartali”. E’ una crema fatta con zafferano di Fiesole (foto X)

«Non dimentichiamoci poi – analizza Magrini – che tornaconto economico che ci può essere per la città e i suoi dintorni. Anzi, direi tutte le strade che saranno attraversate dalla prima tappa che porterà a Rimini. Anche il solo transito davanti a casa propria è davvero un evento da vivere in modo unico, qualcuno me lo ha già detto che sarà così. Tuttavia mi viene da pensare che forse la gente non si era resa conto veramente di quello che adesso sta per succedere realmente

Percezione mediatica

L’ultima frase di Magrini è un assist, o meglio una volata tirata da sfruttare. Toscani, romagnoli, emiliani e piemontesi hanno realizzato che tipo di evento gli sta per passare sui piedi? La percezione non è uguale ovunque. L’impressione è che Firenze, Rimini, Cesenatico e Bologna siano più preparati delle altre città coinvolte, però diventa difficile da dire finché non lo si vede dal vivo.

«Posso dire – prosegue il commentatore di Eurosport – che a Firenze è tutto pieno. Si parla che oltre il 90 per cento della ricettività alberghiera sia occupata già diverso tempo. E so che anche in Romagna è la stessa cosa. Certamente gli eventi collaterali legati al Tour sono stati importanti per far capire alla popolazione cosa ci sarà. Può darsi che a Firenze e in Romagna abbiano avuto un avvicinamento più coinvolgente perché le due tappe sono molto mosse e promettono spettacolo. Ad esempio l’arrivo di Bologna col San Luca nel finale è bellissimo».

RIccardo Magrini al Tour 1983 ottenne una vittoria di tappa. Qua in un momento scanzonato con Duclos-Lassalle (foto instagram)
RIccardo Magrini al Tour 1983 ottenne una vittoria di tappa. Qua in un momento scanzonato con Duclos-Lassalle (foto instagram)

«Alla base di tutto però – va avanti Magrini – credo che sia una questione di comunicazione in generale. Ovvio che se organizzi serate in vista del Tour e non le pubblicizzi, non puoi sperare che tutti sappiano cosa ci sarà. Questo è un po’ il grande limite del ciclismo, anche sugli eventi importanti. L’ho visto in questa settimana appena finita con i campionati italiani. E’ vero che erano a Grosseto e a Firenze, ma a Montecatini dove hanno soggiornato molte formazioni, nessuno sapeva nulla del perché fossero lì. Mentre altri sport, il calcio in testa, riescono a comunicare meglio, noi del ciclismo dovremmo fare una riflessione su questo aspetto

Spunti per una prossima volta?

La storica partenza dall’Italia chiama in causa tutto il ciclismo di casa nostra in modo trasversale. ASO, società organizzatrice del Tour de France, per le prime quattro tappe si appoggerà a diversi reparti di RCS Sport, organizzatore del Giro d’Italia. Una bella collaborazione che potrebbe dare spunti o frutti per il futuro.

«Credo che sia sempre utile il confronto – conclude Magrini – con altre realtà. In questo caso ci si potrà rendere conto della potenza del Tour, che comunque vedremo solo in parte qua in Italia. Ad esempio, non tutti i mezzi della loro carovana circoleranno da noi per questioni di omologazione. Per me il Giro resta la corsa più bella e più dura che c’è per percorsi e panorami, ma il Tour è sempre riuscito ad essere più incisivo a livello pubblicitario

Ancora deve iniziare questo Tour “italiano” che già si pensa ad una prossima volta. Il “Magro” lancia sul piatto una proposta. «Non possiamo avere il Tour ogni anno da noi, ma nel 2025 la Vuelta, che è gestita dagli stessi organizzatori, potrebbe partire dal Piemonte. Sarebbe bello che il Tour potesse rifare una Grande Partenza da noi fra qualche anno. D’altronde dall’Olanda ci è partito per sei volte…»

Chiusa la parentesi classiche, Magrini tira le somme

27.04.2023
6 min
Salva

Mettiamo un punto alla stagione delle classiche, chiusa nel segno dei fenomeni, ma con tanti spunti di discussione. Riccardo Magrini attraverso Eurosport ha seguito e commentato tutte le corse del Nord e si è fatto un quadro abbastanza chiaro della situazione, non solo in base ai risultati ma anche a tutte le chiacchiere che hanno fatto da contrappunto alle corse.

Il toscano è entusiasta di quanto visto, ma con la sua consueta verve non manca di sottolineare alcuni aspetti: «Siamo di fronte a un ciclismo bellissimo fatto di fuoriclasse, le corse sono state tutte molto combattute e non è un caso se si siano quasi tutte concluse con arrivi in solitaria, a cominciare dalla Sanremo. L’unica uscita un po’ dai binari è stata la Freccia Vallone, ma quella ormai è una gara atipica, praticamente si corre solo per il chilometro finale. Dico la verità, non mi piaceva quando la correvo e non mi piace ora, ma i belgi si affollano sul Muro e la corsa vive di quello. Ha vinto Pogacar ma poteva anche vincere un altro, è una corsa abbastanza casuale, contano solo quei metri finali…».

Pogacar con VDP e dietro Van Aert. I grandi hanno dato davvero spettacolo
Pogacar con VDP e dietro Van Aert. I grandi hanno dato davvero spettacolo
A conti fatti però a vincere sono sempre gli stessi, un manipolo di fuoriclasse che si staccano dal gruppo…

E meno male che è così… Se tornate indietro con la mente vi accorgerete che prima di questa generazione si mancava di continuità, c’era un livellamento dei valori che portava sì a vittorie sempre diverse, ma alla fine non restava nulla. Oggi la gente si appassiona, si formano i partiti a favore di Pogacar come di Van Der Poel, c’è chi tifa per l’uno o per l’altro o per l’altro ancora e questo è bellissimo. Certo, nel gruppo affiora un po’ di nervosismo, ma è normale quando emergono vincitori assoluti. E non dipende solo dai risultati, ma dallo spirito. Tanti ad esempio paragonano Pogacar a Merckx per i risultati che ottiene, a me ricorda il belga per l’atteggiamento, la voglia spasmodica di vincere che aveva Eddy, è quello il vero punto in comune.

Parlavi di nervosismo nel gruppo e alcuni non lo trattengono più, vedi le parole di Madiot a cui ha risposto Gianetti…

Per certi versi Madiot proprio non lo capisco, ma anche da corridore era uno con idee tutte sue. E’ vero, ci sono squadre che hanno 40 milioni di budget da gestire, ma è sempre stato così. Chi ha il fenomeno se lo tiene e lo gestisce al meglio: la Uae Emirates ha messo una clausola rescissoria per lo sloveno di 100 milioni, la Soudal ha blindato Evenepoel. I campioni ci sono sempre stati, il bello è cercare di contrastarli come meglio si può. Ai tempi di Merckx, quando vinceva tutto lui gli altri che avrebbero dovuto fare?

Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. Lavora per Eurosport dal 2005
Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. Lavora per Eurosport dal 2005
Sarebbe plausibile introdurre un sistema di salary cap per le squadre? Gianetti ha subito detto di no…

E ha ragione, qui siamo su un altro piano economico. Pogacar, che è il corridore più pagato, ha uno stipendio che non è neanche lontanamente paragonabile a quello dei giocatori di basket o football americano. Il problema è che quando si parla di ciclismo si pensa alle squadre composte da 30 corridori: non è così, un’azienda che investe su un team deve provvedere a 200 persone. Guardate ad esempio l’universo Jumbo-Visma, che coinvolge 3 team ciclistici e uno di pattinaggio, che cosa c’è intorno, quanta gente vive di quel lavoro. Una struttura talmente evoluta che non subirà ripercussioni con il prossimo cambio di sponsor. In questo discorso c’è qualcosa che stona…

Che cosa?

Parla Madiot che nel complesso è uno che sta lavorando molto bene, che ha costruito una splendida filiera e sta portando su autentici talenti. Il suo sistema è collaudato dal tempo, ma funziona sempre. Ci sono altre squadre che soffrono molto di più. L’Astana allora che dovrebbe dire?

Ganna non ha deluso, ma da solo non poteva salvare il bilancio azzurro al Nord
Ganna non ha deluso, ma da solo non poteva salvare il bilancio azzurro al Nord
Proprio dell’Astana è pero Velasco, che almeno alla Liegi ha provato a far qualcosa. Come giudichi il bilancio italiano nelle classiche?

Ci si aspettava di più, soprattutto dopo l’ottimo inizio di stagione. Velasco e Sobrero sono quelli che più si sono fatti vedere, di Ganna sappiamo tutto, è l’unico che davvero ha le qualità per emergere in queste corse come si è visto a Sanremo e Roubaix, per il resto c’è poco. Viviamo una fase involutiva che non cambierà se non cambia la cultura. Non dico solo ciclistica, di un mondo dove i procuratori vanno a cercare gli esordienti e allievi spacciandoli per campioni del futuro, facendoli bruciare sul nascere. Il problema per me è più profondo, riguarda la cultura sportiva generale. Posso fare un esempio?

Prego…

Tutti si stupiscono del fenomeno della Slovenia con campioni come Pogacar e Roglic e tanti buoni corridori. Io ci sono stato, ma lì c’è un’attività sportiva nelle scuole che noi ce la sogniamo. Non si parla solo di sport, ma di mobilità sin dalla scuola materna. Questa è la strada giusta, lì ci si diverte. Il problema è che qui copriamo tutto con i successi del campione di turno e questo vale per qualsiasi sport. Anche nel ciclismo, dove se chiedi in Federazione ti dicono che in fin dei conti hanno vinto un titolo olimpico e quindi la crisi dov’è?

Mentre gli altri se le davano al Nord, Vingegaard continuava a vincere gare a tappe. Magrini ci punta molto
Mentre gli altri se le davano al Nord, Vingegaard continuava a vincere gare a tappe. Magrini ci punta molto
Torniamo ad allargare il discorso. Parliamo sempre del manipolo di fenomeni che vincono tutto, ma dietro che cosa c’è?

C’è un movimento professionistico dove il livello si è alzato tantissimo, dove ci sono corridori come Gaudu e Kung, per fare due nomi, che vincerebbero molto di più esattamente come si diceva di Gimondi ai tempi di Merckx. Poi abbiamo dei campionissimi e siamo fortunati ad averceli. Io però vorrei che i campioni assoluti avessero un calendario comune: non dico che dovrebbero fare tutte le corse, sarebbe follia, ma almeno nelle Monumento bisognerebbe inventarsi qualcosa per farli correre tutti.

A proposito delle Monumento, Pogacar e VDP ora sono a 3 a 5. Chi ha più possibilità di completare il Grande Slam?

Secondo me Pogacar, perché per Van Der Poel il Lombardia mi pare proprio indigesto, anche se lo preparasse specificamente. La Liegi potrebbe anche portarla a casa, ma la classica di fine stagione è lontana dalle sue caratteristiche. Per lo sloveno è diverso, la Roubaix se ben preparata, un anno potrà anche vincerla come fece Hinault. Io però resto della mia idea: il più poliedrico di tutti è Van Aert, per certi versi il più forte perché può emergere dappertutto. Certo, se poi si mette a far regali come a Gand

Il ciclismo dei cannibali: Bruyneel critica, Magrini ribatte

04.03.2023
6 min
Salva

Di Pogacar e della sua magica settimana d’esordio in Spagna si è detto e scritto tanto. Vingegaard gli ha risposto da par suo: tre tappe a O Gran Camino e tre vittorie di seguito, dando di sé un’immagine per molti versi inedita, quella di un assoluto dominatore. Il nuovo ciclismo passa attraverso campioni quasi cannibali, che non si nascondono mai, ma che anzi dominano la scena con un fare che dà anche adito a discussioni.

A innescare la miccia è stato Johan Bruyneel, ex professionista di lungo corso e direttore sportivo che visse tutta la contraddittoria epopea di Lance Armstrong, uscendone con una squalifica pesantissima. Sebbene i suoi trascorsi siano così controversi e discutibili, le sue opinioni fanno spesso discutere. Infatti questa volta, attraverso il podcast The Move, Bruyneel ha criticato la condotta di Pogacar.

«Distruggere tutti alla prima uscita – ha detto – non è la scelta migliore. Sarebbe meglio mantenere certi equilibri con corridori e squadre diverse, lo dico anche nel suo interesse. Se si guarda bene come sono andate le cose, la squadra viene spremuta allo stremo per fargli vincere sempre corse nelle quali si potrebbe anche lasciar spazio, poi per recuperare non è così semplice e immediato».

Bruyneel ha chiuso la sua esperienza da diesse nel 2012. Da corridore aveva vinto 13 volte
Bruyneel ha chiuso la sua esperienza da diesse nel 2012. Da corridore aveva vinto 13 volte

Da Bruyneel a Magrini

Bruyneel dà colpe soprattutto a chi gestisce lo sloveno: «E’ bello vedere un proprio corridore che vince sempre, ma è l’ammiraglia che deve tenere il polso della situazione, saper miscelare la passione con la freddezza, il vantaggio immediato con quello a lungo termine. Così facendo, Pogacar si sente sempre più autorizzato a cannibalizzare le corse».

Parole certamente pesanti, quelle di Bruyneel, che abbiamo voluto approfondire parlando con un navigante di lungo corso nel mondo del ciclismo come Riccardo Magrini, popolare voce di Eurosport.

«Bruyneel – dice il toscano – parla di un ciclismo che non esiste più. Oggi non si fanno calcoli, chi vuole vincere lo fa, pensa all’immediato. Non sono nuove le sue polemiche, ricordiamoci che cosa si disse a proposito di Roglic alla Parigi-Nizza del 2021. Il corridore che può, cerca di vincere, sempre e comunque e secondo me fa bene, è questo che rende il ciclismo odierno sensazionale».

Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005
Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005
Il belga punta il dito contro i dirigenti, ma in queste scelte quanto c’è del corridore e quanto di chi lo dirige?

E’ l’indole del corridore a prevalere. Molti sono rimasti stupiti da Vingegaard, ma la sua voglia di rispondere sul campo al rivale per poi affrontarlo alla pari alla Parigi-Nizza ha prevalso su tutto e l’attesa per la corsa francese ora è allo spasimo. Non si fanno sconti e come loro non li fanno i Van Aert, i Van Der Poel e compagnia. Quando c’è da vincere non ci si tira indietro. Ripeto, Bruyneel parla di un ciclismo che non c’è più, lui lo scorso anno avrebbe magari pensato di perdere il Giro dell’Emilia con Pogacar a favore di Mas per avere poi un ricambio al Lombardia, ma lo sloveno ha vinto ugualmente. Questi calcoli non hanno più ragion d’essere.

Che cosa ha portato questo cambiamento?

Sono i ragazzi stessi ad averlo portato, ci sono 7-8 campioni che non lasciano nulla d’intentato per vincere e non stanno tanto a guardare al livello della corsa, alla sua tradizione, partono e se le danno di santa ragione. Quei calcoli non ci sono più, non stanno tanto a pensare “oggi vinci tu che domani mi ricambi il favore”. Può capitare magari fra compagni della stessa squadra, lo scorso anno lo stesso Pogacar fece così con Majka e anche in Spagna, nell’ultima tappa lo sloveno ha lavorato per Covi che poi è stato beffato da Fraile. Per me è anche una forma di rispetto nei confronti del loro lavoro. Oggi non puoi più permetterti di correre per “fare la gamba”, devi essere già competitivo anche solo per lavorare per i compagni.

5 vittorie in 6 giorni di gara. Pogacar ha iniziato alla grande il suo 2023, ora punta alla Parigi-Nizza
5 vittorie in 6 giorni di gara. Pogacar ha iniziato alla grande il suo 2023, ora punta alla Parigi-Nizza
Rivedendo le statistiche di Pogacar in questi tre anni, da quando ha iniziato a cogliere risultati di prestigio (quindi ben prima della sua prima vittoria al Tour) si scopre che le sue percentuali di vittorie e piazzamenti sono quelle più vicine da cinquant’anni a quelle di Merckx. Tu parlavi di 7-8 campioni: Merckx ne aveva altrettanti di quel livello?

Scherziamo? Eddy aveva Gimondi, De Vlaeminck, Ocana, l’elenco è lunghissimo. Fare paragoni fra tempi così lontani è però sbagliato. Pogacar va visto da un altro punto di vista: è uno che può vincere davvero dappertutto, il che significa che parte in ogni corsa fra i pretendenti al successo, si è visto al Fiandre interpretato per la prima volta, si vede alla Sanremo dove può vincere, non c’è una vera corsa, in linea o a tappe, nella quale non possa fare la differenza, per questo lo ritengo attualmente il più forte. Ma le epoche sono diverse.

Se da Pogacar un atteggiamento del genere ce lo si poteva aspettare, da Vingegaard un po’ meno. E’ cambiato qualcosa nel danese dopo la sua vittoria al Tour?

Sì, la qualità della corsa sicuramente non era la stessa trovata da Pogacar, ma l’atteggiamento mi è piaciuto perché ha risposto per le rime, accresce l’interesse per il ciclismo al punto che ci si entusiasma anche se sono corridori stranieri, con tutto che i nostri si sono fatti ben vedere fino ad ora. In chiave Tour queste schermaglie dicono poco, ma vincere in serie ha pur sempre un significato, Pogacar poi da quell’Emilia ha praticamente sempre vinto… Io cose del genere non le avevo mai viste.

Vingegaard ha sorpreso all’O Gran Camino: tre tappe e tre vittorie, trionfando anche a cronometro
Vingegaard ha sorpreso all’O Gran Camino: tre tappe e tre vittorie, trionfando anche a cronometro
Evenepoel però, che di carattere e per come l’avevamo visto era portato a fare le stesse cose, sembra un po’ più contenuto, diventato più ragionatore: all’Uae Tour ha vinto senza conquistare neanche una tappa…

Credo che sia molto maturato, dei campioni di cui sopra è forse quello più tattico, forse non conosce ancora tutti i suoi limiti ma mi pare che si gestisca anche meglio degli altri. Credo che abbia più difficoltà a vincere degli altri, non è velocissimo, anche sullo scatto in salita gli manca qualcosa ma quando esprime tutto il suo potenziale fa paura.

Per gli altri, quelli “normali” significa quindi che vincere è più difficile?

Bella domanda, secondo me sì, molto. Io vedo meno tatticismo e molta forza. Ciccone ad esempio ha commesso piccoli errori che alla fine gli hanno negato la vittoria alla Valenciana, lo stesso dicasi per la Ineos che tatticamente ha perso la corsa favorendo Rui Costa. E’ quello di oggi un ciclismo molto meno giocato sulla strategia e più prestazionale, per questo non puoi presentarti al via se non sei pressoché al massimo, non puoi giocare sulla furbizia. In questo senso mi è piaciuto Wellens quando ha vinto la terza tappa alla Vuelta a Andalucia perché ha interpretato perfettamente la corsa dal punto di vista tattico, ma sono casi rari.

Musica e ciclismo sul canale video di Magnetic Days 

19.12.2022
3 min
Salva

E’ andata in onda lunedì scorso 5 dicembre, direttamente sulla piattaforma di intrattenimento video di Magnetic Days MDVIDEO.TV, la prima puntata del format Scatto & Stacco. Ad ideare e moderare questo nuovo ciclo di appuntamenti, come anticipato disponibile solo ed esclusivamente sul canale ufficiale video di Magnetic Days, è Roberto Sardelli: esperto giornalista sportivo toscano, con il ciclismo nel cuore, e grande appassionato di musica proprio come Riccardo Magrini che lo accompagna sin dalla prima puntata.

E proprio l’ex professionista di Montecatini Terme, da anni voce e volto tecnico del ciclismo per quanto riguarda Eurosport, è un grande appassionato di musica, al punto tale di intonare qualche… ritornello durante le dirette in corsa in compagnia di Luca Gregorio, trasformando così la tappa in un momento a dir poco unico ed originale.

Il primo ospite del nuovo format è stato Riccardo Magrini, voce di Eurosport
Il primo ospite del nuovo format è stato Riccardo Magrini, voce di Eurosport

Da Merckx alla luna

La prima puntata è stata dedicata all’anno 1969: una stagione di profondi cambiamenti all’indomani delle contestazioni studentesche e dei movimenti operai. Un anno ricordato per il primo allunaggio, ma anche per moltissima buona musica ascoltata in primis al Festival di Sanremo.

Per quanto riguarda invece il ciclismo, il 1969 passò agli annali come la stagione della definitiva consacrazione del più grande corridore di tutti i tempi: il belga Eddy Merckx.

Un format da scoprire

«Non potevamo non ospitare sulla nostra piattaforma video MDVIDEO.TV anche l’amico Riccardo Magrini – ha dichiarato Marco Sbragi, il CEO di Magnetic Days – che voglio ricordare tra i primissimi personaggi del mondo dello sport ad utilizzare il nostro trainer Jarvis. Ma a parte questo dettaglio, per noi comunque importante, l’esperienza di Magrini, unitamente al suo modo estremamente spontaneo di stare davanti alle telecamera, rende sempre piacevoli e interessanti i suoi contenuti. Scatto & Stacco è un format nuovo e stimolante, un piccolo viaggio che coniuga mondi apparentemente lontani come il grande ciclismo e la musica leggera, il tutto amplificato dalla simpatia e dall’affiatamento di lunga data che esiste tra Roberto Sardelli e Riccardo Magrini».

MDVideo

MagneticDays

Magrini, come si vive con un defibrillatore in corpo?

20.07.2022
4 min
Salva

La vicenda sportiva, ma soprattutto umana che ha coinvolto Sonny Colbrelli ha avuto un grande impatto su tutta la stagione italiana del ciclismo. Il futuro del campione europeo (ancora in carica, visto che la gara di Monaco è di là da venire) è tutto da scrivere dopo che gli è stato impiantato un defibrillatore sottocutaneo. Nessuno può comprendere quel che Sonny sta passando meglio di Riccardo Magrini, che da quasi 5 anni vive con il strumento attaccato al suo corpo, dopo quella terribile giornata di agosto.

Defibrillatore sottocutaneo
Il defibrillatore viene applicato sotto l’ascella stimolando il cuore in caso di necessità
Defibrillatore sottocutaneo
Il defibrillatore viene applicato sotto l’ascella stimolando il cuore in caso di necessità

Negli studi di Sky

Riccardo era ospite di un programma di Sky quando improvvisamente ha avuto un mancamento. Provvidenziale è stato l’intervento del collega Lucio Rizzica, che gli ha praticato il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca fino all’arrivo dei sanitari. Il verdetto era stato drammatico: un infarto. Magrini è stato qualche giorno in coma farmacologico, poi la lenta ripresa.

Oggi Riccardo è tornato a una vita normale, commenta ogni giorno le grandi corse ciclistiche per Eurosport e ha accettato di buon grado di spiegare come può vivere con un defibrillatore un uomo di sport.

«Dipende molto dall’approccio psicologico – spiega – dall’accettazione dello strumento. Io non ci penso neanche, altrimenti riconosco che sarebbe difficile. In una cosa io e Sonny siamo stati fortunati: non ricordiamo nulla, quindi non ricordiamo la sofferenza, il dolore. Abbiamo perso conoscenza e ci siamo risvegliati con questo salvavita addosso, perché tale è».

Al Giro d’Italia si è rivisto in gruppo Sonny Colbrelli. Nessun accenno al suo futuro, ma tanto sostegno e calore umano
Al Giro si è rivisto Colbrelli. Nessun accenno al futuro, ma tanto sostegno
La tua vita è cambiata? Nelle telecronache spesso parlavi dei cicloraduni ai quali ti invitavano ogni fine settimana, è ancora così, puoi parteciparvi?

Certamente, la mia vita non ha subìto particolari cambiamenti, ma chiaramente non è comparabile con quella di un corridore professionista. Esco spesso in bici, ma uso la bicicletta a pedalata assistita per tenere sotto controllo gli sforzi. Prima del Tour sono uscito 4 volte in bici nell’arco di una settimana, nel complesso arrivo a fare almeno 4.000 chilometri l’anno e sono pochi a causa del lavoro. Però ripeto, il mio caso è riverso rispetto a quello di uno sportivo praticante.

Molti parlando di Colbrelli hanno tirato fuori l’esempio di Eriksen, che ha ripreso appieno la sua attività e dalla prossima stagione giocherà nel Manchester United.

Sono situazioni molto diverse. Quello del danese è stato un episodio, ma nel caso malaugurato dovesse ripetersi, ha sempre gente vicino a lui. Per un ciclista è diverso, il rischio è maggiore innanzitutto perché è uno sport più solitario da questo punto di vista, almeno in allenamento, poi si tratta di sforzi molto diversi. Molto conta il carattere, la testa. Certo, per i dottori si dovrebbe stare sempre a casa…

Eriksen 2022
Christian Eriksen, dopo il grave malore degli Europei 2021, è tornato a giocare, ora nel Manchester United
Eriksen 2022
Christian Eriksen, dopo il grave malore degli Europei 2021, è tornato a giocare, ora nel Manchester United
Un’attività intensa è quindi da sconsigliare?

Sinceramente non so dare una risposta definitiva, dipende dalla persona. I rischi ci sono, bisogna pensarci. Per me è diverso, io ad esempio ho sempre avuto la passione per lo sci e d’inverno sono tornato in montagna, qualche partita a pallone ancora me la concedo, faccio attività fisica anche se secondo il medico, il dottor Bulletta che mi ha operato dovrei perdere ancora qualche chilo… Per fortuna in questi 5 anni non ci sono stati segnali negativi, ma un conto è fare una vita sana inquadrando lo sport in essa, un altro compiere sforzi veri.

Obiettivamente come la vedi?

Gli auguro con tutto il cuore di poter tornare a competere, ma – e lo dico con una grande tristezza – ho dei dubbi.

Le telecronache da studio di Eurosport, ecco come nascono

05.07.2022
6 min
Salva

Che la Rai non sia più l’assoluto riferimento televisivo nel ciclismo è cosa risaputa già dal secolo scorso. L’Ente di Stato continua però ad avere, rispetto ai concorrenti, il vantaggio di raccontare la maggior parte degli eventi con inviati sul campo. Apparentemente non è poco, ma è davvero un vantaggio? O meglio, questa possibilità viene sfruttata al meglio? Se dobbiamo guardare ai commenti, la risposta è dubbia, perché mese dopo mese, gara dopo gara prende sempre più piede la programmazione di Eurosport.

Il canale internazionale copre tutta l’attività di vertice (non solo il WorldTour) e soprattutto ha un’attenzione che si riversa su tutte le specialità ciclistiche, dalla strada a quelle offroad, fino alla pista con un palinsesto in continua evoluzione. Dopo aver parlato nei giorni scorsi con Wladimir Belli, abbiamo quindi sottoposto gli opinionisti di Eurosport a una serie di quesiti per capire come lavorano e da che cosa deriva l’indubbio successo, a fronte di un forzatamente diverso approccio alle gare.

Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005
Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005

Magrini: l’importanza del contatto

Riccardo Magrini (nella foto di apertura con il suo compagno di telecronache Luca Gregorio) era già un riferimento, per il suo carattere estroverso, quando correva. Figurarsi ora che è chiamato a commentare le corse: sui social i suoi giudizi spesso netti e senza peli sulla lingua generano sempre discussioni. I nuovi mezzi tecnologici sono per il toscanaccio una risorsa inesauribile.

«Si lavora di continuo – dice – si cerca di rimanere il più possibile in mezzo all’ambiente tramite whatsapp, messaggi, telefonate. Nell’ambiente ci siamo ricavati una certa credibilità, perché abbiniamo alla simpatia anche la correttezza: tante cose che ci vengono confidate non le divulghiamo. Cerchiamo invece per ogni gara di sapere il più possibile, anche perché quando andiamo in onda con telecronache integrali, cerchiamo di condire le ore di diretta con aneddoti e notizie dal gruppo proprio come se fossimo lì».

Che cosa comporta non esserci?

Non riesci a sapere tutto quel che avviene: cadute, forature, cedimenti li apprendiamo esattamente come il telespettatore e questo non ci favorisce di certo. Questo modo di lavorare però ci consente di mantenere un contatto diretto con tutti: corridori, manager, procuratori, addetti ai lavori. Molti ci dicono che il pubblico di Eurosport è fatto molto da chi opera nel settore e probabilmente è vero, ma questo significa che dobbiamo essere il più possibile credibili.

Rispetto a quando correvi, quanto è cambiato il rapporto fra chi corre e chi segue per lavoro? La sensazione è che i corridori abbiano sempre meno voglia e interesse ad aprirsi con i giornalisti…

E’ vero. Con i social si pensa che di sapere già tutto, ma non è così. Quello virtuale è un mondo asettico, che dice tutto e in realtà non racconta nulla. Io cerco di mantenere buoni rapporti con tutti e coltivare i contatti per saperne di più. Gli addetti stampa fanno quello che possono, ma spesso gli input per imporre un simile distacco arrivano dai vertici dei team. Certamente lavorare in questo modo è sempre più difficile.

Cannone 2020
Marco Cannone ha corso 4 anni da pro’, anche su pista. E’ anche responsabile allievi per la Fci lombarda
Cannone 2020
Marco Cannone ha corso 4 anni da pro’, anche su pista. E’ anche responsabile allievi per la Fci lombarda

Cannone, l’uomo della pista

Marco Cannone è l’uomo deputato a raccontare gli eventi del ciclismo su pista e, in questo caso, la penalizzazione del non essere nel velodromo pesa.

«Le gare su pista – spiega – vanno vissute sul posto, questo è innegabile. Basti guardare la madison: io l’ho praticata e so che, più che i corridori in gara, capisci la corsa guardando quelli che attendono il cambio e il loro modo di muoversi. Anch’io cerco di sfruttare le conoscenze, per fortuna ho buoni rapporti con i tecnici e gli atleti e cerco sempre di sondare il terreno al mattino, per capire fino a poco prima dell’inizio di ogni sessione gli umori e le novità».

Rispetto alla strada è più difficile?

Sì, perché nel ciclismo su pista tutto si fonda sulla tecnica, il racconto deve giocoforza cedere il passo ad aspetti tecnici che fanno la differenza e che non sempre sono fruibili dallo schermo. Un compito importante è però anche quello di trasmettere emozioni e far capire a chi segue quel che sta succedendo. La pista ha un impatto meno immediato rispetto alla strada e credo che la risposta positiva del pubblico dipenda proprio da questo.

Ilenia Lazzaro è stata ciclocrossista a livello internazionale. Alla Parigi-Roubaix ha fatto il suo esordio per Eurosport International
Ilenia Lazzaro è stata ciclocrossista a livello internazionale. Alla Parigi-Roubaix ha fatto il suo esordio per Eurosport International

Lazzaro, la prima chiamata a viaggiare

Da parte sua Ilenia Lazzaro non è più solo la voce dell’offroad: ormai la veneta è impiegata su tutto, ha anche avuto esperienze nel brand international di Eurosport e ha così potuto anche commentare sul posto. Nel suo caso l’aggiornamento è costante, attraverso contatti con quell’ambiente frequentato fino a pochissimi anni fa ma anche continuando a studiare.

«E’ vero – dice – studiare è la parola giusta: bisogna tenersi informati attraverso giornali e siti ogni giorno, mantenere rapporti con l’ambiente. Io sto anche studiando il fiammingo per riuscire a seguire in tempo reale l’informazione che arriva dai siti belgi e olandesi».

Nel mondo femminile i contatti sono più semplici?

Anche qui cominciano a essere diradati, alcune squadre pongono sempre più paletti. Inoltre ci sono team che non riescono a capire quanto sia importante mantenere rapporti con chi informa, perché la visibilità arriva proprio da chi scrive o commenta. Lavorando all’estero ho visto bene quanto il contatto diretto sia importante, poi venendo dal ciclocross ammetto che la conoscenza diretta di personaggi come Van Aert o Van Der Poel, costruita negli anni anche prima che arrivassero alla strada, dà i suoi vantaggi.

Moreno Moser 2020
Moreno Moser ha lasciato l’attività solo 2 anni fa, ma da allora ha già riscontrato molti cambiamenti
Moreno Moser 2020
Moreno Moser ha lasciato l’attività solo 2 anni fa, ma da allora ha già riscontrato molti cambiamenti

Moser e il ciclismo che cambia

Ultimo entrato nel gruppo, Moreno Moser adotta un approccio un po’ diverso, pur essendo quello che da meno tempo ha lasciato l’attività.

«I contatti con il gruppo aiutano – dice – ma cerco di non essere troppo addosso ai corridori, li chiamo quando serve. La cosa che ho notato è che il mondo del ciclismo cambia davvero in fretta, tante cose sono già diverse rispetto a quando correvo io e si tratta di un paio d’anni, non di più. Per questo sono sempre restio a dare risposte nette ai quesiti degli amatori che ci seguono quando chiedono di preparazione, alimentazione o altro, perché non ci sono risposte univoche, ogni squadra, ogni corridore ha le proprie».

Quanto è importante questo contatto diretto con gli spettatori, che vi parlano attraverso i social mentre siete in diretta?

Credo che sia fondamentale, ma è anche un’anticipazione di quella che sarà la televisione del futuro, sempre più interattiva in tal senso. Bisogna però che si mantenga sempre un equilibrio, seguire quel che gli amatori dicono ma anche anticiparli e fornire loro sempre nuovi stimoli. Non è facile, ma è fondamentale uscire sempre dai soliti discorsi e raccontare quel che vediamo da angolature sempre differenti. E’ così che catturiamo l’attenzione.

Veloplus, la nuova casa del ciclista

28.06.2022
4 min
Salva

Nei giorni scorsi abbiamo avuto il privilegio di essere fra i primi a visitare il nuovo showroom di Veloplus, azienda specializzata nella produzione di abbigliamento personalizzato per il ciclismo. A farci da guida è stato Matteo Spreafico, che con il papà Maurizio e le sorelle Alice ed Erika porta avanti con passione e competenza l’azienda di famiglia.

Matteo ricopre diversi ruoli in Veloplus tanto da definirsi un vero e proprio “tuttofare”. Si occupa infatti di ricerca e sviluppo, testa personalmente ogni nuovo prodotto e si dedica alla definizione delle strategie di marketing finalizzate a far crescere il marchio. E’ lui a raccontarci la genesi di questo nuovo progetto che per Veloplus vuole essere una “vetrina elegante” dove poter esporre il meglio della propria produzione.

La serata di presentazione è continuata poi all’interno del nuovo showroom
La serata di presentazione è continuata poi all’interno del nuovo showroom
Cosa vi ha portato a decidere di aprire uno showroom?

Ad essere sinceri, all’inizio non avevamo in previsione di fare uno showroom. E’ stata una decisione presa nel momento stesso in cui ci siamo trasferiti nella sede dove ci troviamo oggi. Siamo qui dall’inizio di quest’anno. Avevamo bisogno di più spazio dal momento che il lavoro continuava a crescere. La sede che abbiamo scelto aveva già un edifico accanto alla struttura principale, oggi occupata da produzione e uffici, che si prestava perfettamente ad essere uno showroom. E’ nata così l’idea di creare un ambiente elegante ed accogliente dove mostrare i nostri prodotti ed incontrare i nostri clienti.

Se non ci sbagliamo, nuova sede e showroom arrivano in un momento molto particolare nella storia di Veloplus?

E’ corretto. Quest’anno Veloplus festeggia i suoi primi 15 anni. Il marchio nasce infatti nel 2007. Nell’ultimo anno ci sono state poi tantissime novità a testimonianza della forte crescita che abbiamo avuto. Per prima cosa abbiamo rinnovato il nostro sito internet, sia da un punto di vista grafico che dei contenuti. Successivamente abbiamo lanciato il nostro e-commerce a supporto della nuova collezione firmata Veloplus che è andata ad affiancarsi al personalizzato e per la quale abbiamo creato un logo ad hoc. Le novità sono state davvero tante e tutte concentrate in un breve periodo.

L’idea del nuovo showroom è di avere un posto elegante ed accogliente dove mostrare le nuove collezioni
L’idea del nuovo showroom è di avere un posto elegante ed accogliente dove mostrare le nuove collezioni
Se dovessimo definire il nuovo showrom che parole potremmo usare?

Mi piace pensarlo come “la casa del ciclista”. La mia idea, la stessa di mio papà e delle mie sorelle, è che diventi un luogo dove ciascuno possa trovare il prodotto perfetto per il proprio modo di interpretare il ciclismo. Chi entra nel nostro showroom può trovare il meglio della nostra produzione, ma anche capi che potremmo definire entry level, adatti a chi si avvicina al mondo del ciclismo ma vuole comunque indossare un prodotto di qualità spendendo il giusto.
Tutto è ordinato. Da una parte si trova l’abbigliamento da uomo, dall’altra quello riservato alle donne. Uno spazio particolare è stato inoltre dedicato ai ciclisti più piccoli. La nostra è davvero un’offerta completa. Da poco abbiamo anche inserito una collezione particolare realizzata con l’artista Bob Marongiu con capi ricchi di colori e di allegria.

Che ruolo avrà lo showroom nel vostro rapporto con i team ciclistici?

Veloplus nasce come azienda in grado di soddisfare al meglio le richieste delle società ciclistiche. Ora possono venire qui da noi e toccare con mano i tessuti con i quali realizzare poi la loro divisa. Anche per questo motivo all’interno dello showroom abbiamo previsto una sala riunioni dove accogliere i team e scegliere insieme a loro tessuti e tagli della divisa che andranno poi ad indossare. Lavorando con i team professionistici (quest’anno Veloplus veste il Team Corratec, ndr) possiamo inoltre dare a tutte le società, soprattutto a quelle più esigenti, la possibilità di indossare la stessa divisa di un professionista.

Presentazione del nuovo showroom di Veloplus: al centro Matteo Spreafico alla sua destra: Davide Ballerini e Riccardo Magrini, chiude la fila Luca Gregorio
Presentazione del nuovo showroom di Veloplus: al centro Matteo Spreafico alla sua destra: Davide Ballerini e Riccardo Magrini, chiude la fila Luca Gregorio

L’inaugurazione ufficiale dello showroom è avvenuta lo scorso 18 giugno alla presenza di oltre 300 persone tra le quali alcuni amici di Veloplus come gli ex professionisti Riccardo Magrini, Wladimir Belli, Stefano Allocchio e i giornalisti Sandro Sabatini e Massimo Nebuloni. Con loro c’era Davide Ballerini attualmente in forza alla Quick Step – Alpha Vinyl, ex compagno di squadra di Matteo Spreafico. La serata è stata brillantemente condotta da Luca Gregorio, una delle voci del ciclismo per Eurosport. Nel salutarci Matteo Spreafico ci ha accennato ad alcuni progetti futuri ancora top secret ma che ci hanno confermato come Veloplus voglia continuare a crescere.

Veloplus

Luca Gregorio e Riccardo Magrini, a voi la linea…

08.10.2021
6 min
Salva

Telecronache. Si pensa che basti infilarsi un paio di cuffie, avere in mano un microfono, e sia fatta. Beh, non è proprio così. Almeno per Luca Gregorio, un po’ di più per Riccardo Magrini… come vedremo!

Ad Eurosport il ciclismo è di casa. E lo è diventato anche grazie a questo duetto che si completa alla grande. Gregorio conduttore-giornalista, Magrini commentatore tecnico. I due si sono anche sciroppati le dirette da casa nel periodo del Covid e partiamo proprio da qui.

Magrini (a sinistra) e Gregorio (a destra): nelle loro telecronache non manca il divertimento
Magrini (a sinistra) e Gregorio (a destra): nelle loro telecronache non manca il divertimento

Le cronache da casa

Magrini: «Da casa ormai è un po’ che non le facciamo più. Prima dovevamo rispettare le policy di Discovery per cui non potevamo essere in studio. In quei casi ci fornivano una scheda audio, un computer per essere collegati alla regia e la telecronaca da remoto era pronta. Era quasi come essere in studio». 

Gregorio: «L’anno scorso abbiamo fatto una grandissima parte del Giro da casa. Non c’è una grossa differenza tecnica, ma manca un po’ quella comunicazione non verbale fatta di sguardi, di gomito a gomito, d’intesa… che poi è il nostro divertimento. Da casa, quando andiamo in bagno ce lo scriviamo su WhatsApp!».

Prima del via delle gare e delle dirette i due s’informano moltissimo
Prima del via delle gare e delle dirette i due s’informano moltissimo

Cuffie, microfono e…

Magrini: «Non abbiamo una scaletta. Soprattutto io… La corsa non ha mai un andamento predefinito quindi cosa prepari? Seguo quello che succede ed è tutto improvvisato. Mi procuro sempre un elenco partenti, quello sì. Semmai dò un occhio al computer se non ricordo qualche palmares o qualche dato di un corridore. Sento dire: devi studiare, devi studiare… Ma cosa devo studiare? Sono 50 anni che sono nel ciclismo: da appassionato, da corridore, da direttore sportivo, certo devo essere aggiornato e infatti faccio le mie telefonate ai diesse, ai corridori».

Gregorio: «Non abbiamo una scaletta vera e propria. Ci piace andare “a braccio”, a volte sembra di fare intrattenimento radiofonico. Prima del “Papi”, così chiamo Riccardo che per me è stato come un padre che mi ha preso sotto la sua ala, preparavo molto di più le dirette. Adesso mi tengo informato fino all’ultimo, leggo giornali, siti come il vostro e qualcosa mi appunto, anche se il più delle volte poi me lo ricordo a memoria».

Il mondiale di Alaphilippe nonostante le 7 ore di diretta è “volato” vista l’intensità della corsa
Il mondiale di Alaphilippe nonostante le 7 ore di diretta è “volato” vista l’intensità della corsa

Le maxi dirette

Magrini: «Molto dipende dall’andamento della corsa, ma se ti capita un mondiale come l’ultimo in cui hai sette ore di diretta è facile. Non c’è mai stato un momento di pausa. E’ un bel ciclismo da commentare quello attuale, semmai è più difficile quando non accade nulla. Lì ti devi inventare qualcosa. In quel caso Luca lancia un argomento e si chiacchiera. Un argomento di attualità che magari neanche è inerente alla cronaca della corsa. E va avanti fin quando la gara non entra nel vivo. Da quel momento ti concentri sulle immagini».

Gregorio: «La cosa simpatica è che ogni volta che ci sono queste dirette parto spaventato. Mi chiedo: ma cosa dico per 5-6 ore? Poi invece va bene ed è un piccolo miracolo che si realizza ogni volta. Va detto però che tanto dipende dalla corsa. Per esempio europei, mondiale e Roubaix sono stati così intensi che abbiamo divagato pochissimo. Semmai è più difficile in quelle tappe piatte del Giro o del Tour in cui succede poco o la fuga ha 5′ e resta lì. In quel caso l’argomento di giornata è importante e lo svisceriamo insieme.

«Un altra cosa è l’extra ciclismo – riprende Gregorio – Per esempio, l’Italia è tutta bella e quando magari inquadrano una chiesa mi limito a dire di cosa si tratta e non approfondisco. A Riccardo non interessa e anche il pubblico tutto sommato preferisce la corsa».

L’intervento dei social in trasmissione non sempre è facile
L’intervento dei social in trasmissione non sempre è facile

Il pubblico

Magrini: «Avevamo l’interazione con il pubblico ma l’abbiamo tolta. Stava prendendo un andazzo che non andava bene. Diciamo così…».

Gregorio: «Ci appoggiavamo soprattutto a Twitter. All’inizio era un aiuto ma abbiamo deciso di “segarlo”. Mettevi sul piatto degli argomenti e spesso qualcuno esagerava. A volte qualche risposta faceva arrabbiare Riccardo che partiva in quarta e in quel caso era comodo perché passavano 20′-30’».

Alberto Bettiol, Giro delle Fiandre 2020
Alberto Bettiol, re del Giro delle Fiandre 2020
Alberto Bettiol, Giro delle Fiandre 2020
Alberto Bettiol, re del Giro delle Fiandre 2020

Le telecronache più belle

Magrini: «Il Fiandre di Bettiol – risponde secco Riccardo – perché lo vedevo che pedalava bene e in diretta era un po’ che lo spronavo e gli “dicevo”: parti. E lo dissi quando mancavano 100 chilometri all’arrivo. Fu entusiasmante tutta la sua gara, incerta fino alla fine e io ci avevo azzeccato. In più quel giorno fu una telecronaca a tre, visto che c’era anche Wladimir Belli. Poi mi hanno appassionato gli scatti di Contador, le frullate di Froome, il Tour di Nibali. Ma devo dire che ultime telecronache sono state molto belle. Pensiamo alla Roubaix di Colbrelli e Moscon l’altro giorno o il mondiale di Alaphilippe, c’è stata tensione per tutta la gara».

Gregorio: «La Sanremo di Alaphilippe, un po’ perché lui è uno dei miei idoli e un po’ perché eravamo sul posto, affianco alle cabine della Rai per capirci. Sul posto abbiamo fatto quella Sanremo e due Lombardia, altrimenti sempre da studio. Poi direi il mondiale di Valverde, altro campione che mi piace, e la Roubaix di Colbrelli. Mentre fu difficile commentare la tappa dopo la morte di Bjorg Lambrecht al Giro di Polonia 2019. E anche il Giro di Croazia di qualche anno fa: la corsa era piatta, il livello bassissimo e si era a fine stagione. Magro quasi si addormentava!».

Magrini, ex corridore e ds, è il commentatore tecnico. Gregorio è il telecronista. Fa telecronache da 20 anni: basket, calcio e ora ciclismo
Magrini, ex corridore e ds, è il commentatore tecnico. Gregorio è il telecronista. Fa telecronache da 20 anni: basket, calcio e ora ciclismo

Il duetto

Magrini: «Con Luca ci intendiamo bene. Lui lancia gli argomenti, descrive la corsa e io integro con spunti tecnici, aneddoti… Poi lui a volte va a cercare cose del passato e io attacco a raccontare. Luca è giovane, va in bici quasi tutti i giorni è appassionato… Gli dò anche dei consigli ma fa come gli pare: gli piacciono le salite e va sempre in salita!».

Gregorio: «Come detto, lui è un “Papi”. Arriviamo in studio un’ora prima per fare la prova audio, che dura pochissimo. Successivamente stampiamo la starting list, prendiamo un caffè, diamo uno sguardo alle ultime news e cantiamo. Celentano, De Gregori, i Nomadi… i grandi classici, perché Riccardo non conosce molto la musica moderna!».

Magrini: «Che determinazione Roglic. E questo Mas…»

25.08.2021
4 min
Salva

«Evidentemente le botte di ieri non si sono fatte sentire per Primoz Roglic», dice subito Riccardo Magrini. Il corridore della Jumbo-Visma non si ferma più. Ieri è caduto e oggi ha subito cercato la “vendetta” persino su un arrivo secco come quello che portava a Valdepenas de Jaén. Un arrivo che, per rendere l’idea, ha visto gente come Michael Matthews arrivare con il primo gruppo.

Uno scatto secco, in risposta al coraggioso Mas (foto in apertura), e lo sloveno ha sigillato la sua seconda vittoria di tappa in questa Vuelta, la settima in totale nella gara spagnola. Uno scatto che ha catturato anche l’attenzione di Riccardo Magrini, commentatore tecnico per Eurosport.

Cort, una tenuta strenua… a lui va il plauso di Magrini (e del pubblico)
Cort, una tenuta strenua… a lui va il plauso di Magrini (e del pubblico)
Riccardo, cosa ti ha colpito della frazione di oggi?

Due cose in particolare: la determinazione di Roglic e la tenuta di Cort Nielsen, poche volte ho visto un corridore resistere così tanto al ritorno del gruppo. In pratica l’hanno preso sull’arrivo, ai 200 metri o giù di lì. Bravissimo.

E Roglic? Anche noi dicevamo della bella risposta alla “figuraccia” di ieri…

Ha voluto dimostrare a tutti che che la caduta e l’errore tattico di ieri erano alle spalle. Ha messo la squadra a tirare. Questa vittoria l’ha proprio cercata. Un messaggio di forza a tutti. E poi c’è un’altra cosa che merita di essere sottolineata: la costanza di Mas.

E infatti proprio di Enric volevamo chiederti…

Lui e forse anche Lopez stanno dimostrando di essere gli unici antagonisti di Roglic. Vanno forte. Oggi hanno tentato di sorprenderlo, ma su un arrivo così Primoz è più forte.

E chi arriva dietro regala un ulteriore show. Clement Venturini impenna e il pubblico impazzisce
E chi arriva dietro regala un ulteriore show. Clement Venturini impenna e il pubblico impazzisce
E poi Unzue è un asso nel giocare la doppia carta nei piani alti della classifica. Ricordiamo i Tour con Valverde e Quintana, il Giro con Landa e Carapaz…

La disdetta per Unzue è aver perso Valverde. Andava forte ed aveva esperienza: uno così poteva dare una grossa mano a Lopez e Mas. Però la Vuelta è lunga e possono fargli scacco macco.

E Bernal e la Ineos? Sono tagliati fuori?

Io Bernal sinceramente non lo vedo brillantissimo. Mi sembra gli manchi il cambio di ritmo. Oh, poi magari ha impostato la preparazione per uscire alla terza settimana e recupera tutto. Ma questo lo scopriremo solo strada facendo. Oggi Adam Yates poteva fare di più. Questi sono i suoi arrivi, anche se forse li preferisce un po’ più lunghi. Lui dà la botta quando ci sono dei momenti di respiro e non quando c’è un’andatura forsennata come quella di oggi. Per me comunque Ineos deve rivedere qualcosa. Anche l’altro giorno quando ha vinto Caruso ha sbagliato i tempi.

Caruso, oggi è stato secondo sul Gpm. E’ sempre più leader della maglia a pois blu
Caruso, oggi è stato secondo sul Gpm. E’ sempre più leader della maglia a pois blu
A proposito di Caruso: un’altra cosa che ci ha detto la frazione di Valdepenas è stata che Damiano punta alla maglia a pois, visto che è andato a cercare i punti del Gpm…

Dopo la vittoria, le sue dichiarazioni dicevano che puntava ad un’altra tappa e non tanto alla maglia, che questa era il secondo obiettivo. E tenerla non sarà facile perché dovrebbe andare in fuga e non so quanta libertà potrà avere con un Jack Haig che va così forte. Se gli viene facile come oggi, che ci si ritrova… okay, altrimenti la vedo più difficile. Con Landa che ha fallito un’altra volta, l’obiettivo della Bahrain Victorious è tenere l’australiano in classifica.

Sembra, Riccardo, che Landa (anche oggi ad oltre 9′) sia arrivato con un chilo di troppo a ridosso della Vuelta e che per sbrigarsi a toglierlo abbia forzato la mano. E sappiamo che nel ciclismo di oggi tutto è al millesimo…

Ci credo poco, visto che ha vinto Burgos, una gara che era appena prima della Vuelta e dove c’era già gente forte. Io ho sempre stimato questo ragazzo, perché in salita è molto forte, ma fare il capitano non è nelle sue corde. Voi dite il chilo di troppo, io vi rispondo che parlando con il suo staff mi hanno detto che sarebbero stati delusi se avesse finito la Vuelta al terzo posto. Questo significa che stava bene. Per come la vedo io è un problema di testa. Finché va tutto bene lui va forte, alla prima difficoltà salta per aria. Essere un campione è altra cosa. Guardate Roglic, ieri aveva detto: non c’è gloria senza rischio. E stamattina: “vamos a ganar” (andiamo a vincere). Servono queste qualità di testa per fare il capitano.