Ormai ci siamo, ancora tre giorni e mezzo e poi finalmente si aprirà lo scenario sul Tour de France “italiano”. Firenze e il suo Piazzale Michelangelo ieri sono stati teatro della partenza dei campionati italiani vinti da Bettiol, ma giovedì a partire dalle 18,30 si tingeranno ufficialmente di giallo con una preannunciata spettacolare team presentation.
Le gambe dei corridori si accenderanno sabato 29 giugno alle 12 col via della prima tappa da Piazza della Signoria, mentre i cuori degli appassionati hanno iniziato a scaldarsi già da un po’ di tempo. Fra loro c’è Riccardo Magrini che, per forza di cose, è un trait d’union ottimale tra Toscana e Tour de France. Nonostante non sia fiorentino, “il Magro” vive questa Grand Départ con profondo sentimento come abbiamo capito dalla nostra chiacchierata. Qualcosa che non è facile da descrivere e che dovrà riversare sul microfono durante la cronaca su Eurosport assieme a Luca Gregorio.
Evento storico
Il feeling di Magrini col Tour è legato, fra i tanti ricordi, al 1983 quando vinse la settima tappa da Nantes ad Ile d’Oleron con un colpo da finisseur in prossimità del triangolo rosso dell’ultimo chilometro. Quarantuno anni dopo le emozioni si spostano per un evento storico.
«Questa edizione del Tour de France – racconta – la sento particolarmente, prima di tutto perché per la prima volta parte dall’Italia e poi perché, seppur indotta dalla collaborazione con l’Emilia Romagna, si parte dalla Toscana. Il fatto che si inizi da Firenze, la terra di Gino Bartali, Gastone Nencini e Alfredo Martini, credo che sia il giusto modo di rendere omaggio a tre giganti del ciclismo internazionale, non solo italiano. Sicuramente ci saranno interessi economici, però per me c’è qualcosa che va oltre alla scelta di partire da qua. In questo caso si parla di storia e valori dello sport. E poi ragazzi, avete presente il contesto artistico di Firenze, che ci invidiano in tutto il mondo, che si sposa col Tour?».
Firenze, prima iridata, ora gialla
Che la Toscana sia la culla del ciclismo non si discute. Per dare un’idea, chi cresce da quelle parti e si addentra in quel mondo come corridore o addetto ai lavori non può prescindere dalla conoscenza dei tre nomi fatti prima da Magrini. Oppure della stessa Firenze, che nel 2013 assieme ad altre località ospitò la rassegna iridata tra prove a cronometro e in linea. Ma che differenza c’è col Tour de France?
«Il mondiale di quell’anno – continua – coinvolse una buona parte di Toscana con tutte le gare in programma e fu una bella vetrina anche dal punto di vista turistico, nonostante la nostra regione sia conosciuta ovunque. Però il Tour ha completamente un altro richiamo. Lo sappiamo tutti, dopo Olimpiadi e mondiali di calcio che si tengono ogni quattro anni, è il terzo evento sportivo e si svolge tutti gli anni. E’ qualcosa di clamoroso per Firenze, si va in tutto il mondo.»
«Non dimentichiamoci poi – analizza Magrini – che tornaconto economico che ci può essere per la città e i suoi dintorni. Anzi, direi tutte le strade che saranno attraversate dalla prima tappa che porterà a Rimini. Anche il solo transito davanti a casa propria è davvero un evento da vivere in modo unico, qualcuno me lo ha già detto che sarà così. Tuttavia mi viene da pensare che forse la gente non si era resa conto veramente di quello che adesso sta per succedere realmente.»
Percezione mediatica
L’ultima frase di Magrini è un assist, o meglio una volata tirata da sfruttare. Toscani, romagnoli, emiliani e piemontesi hanno realizzato che tipo di evento gli sta per passare sui piedi? La percezione non è uguale ovunque. L’impressione è che Firenze, Rimini, Cesenatico e Bologna siano più preparati delle altre città coinvolte, però diventa difficile da dire finché non lo si vede dal vivo.
«Posso dire – prosegue il commentatore di Eurosport – che a Firenze è tutto pieno. Si parla che oltre il 90 per cento della ricettività alberghiera sia occupata già diverso tempo. E so che anche in Romagna è la stessa cosa. Certamente gli eventi collaterali legati al Tour sono stati importanti per far capire alla popolazione cosa ci sarà. Può darsi che a Firenze e in Romagna abbiano avuto un avvicinamento più coinvolgente perché le due tappe sono molto mosse e promettono spettacolo. Ad esempio l’arrivo di Bologna col San Luca nel finale è bellissimo».
«Alla base di tutto però – va avanti Magrini – credo che sia una questione di comunicazione in generale. Ovvio che se organizzi serate in vista del Tour e non le pubblicizzi, non puoi sperare che tutti sappiano cosa ci sarà. Questo è un po’ il grande limite del ciclismo, anche sugli eventi importanti. L’ho visto in questa settimana appena finita con i campionati italiani. E’ vero che erano a Grosseto e a Firenze, ma a Montecatini dove hanno soggiornato molte formazioni, nessuno sapeva nulla del perché fossero lì. Mentre altri sport, il calcio in testa, riescono a comunicare meglio, noi del ciclismo dovremmo fare una riflessione su questo aspetto.»
Spunti per una prossima volta?
La storica partenza dall’Italia chiama in causa tutto il ciclismo di casa nostra in modo trasversale. ASO, società organizzatrice del Tour de France, per le prime quattro tappe si appoggerà a diversi reparti di RCS Sport, organizzatore del Giro d’Italia. Una bella collaborazione che potrebbe dare spunti o frutti per il futuro.
«Credo che sia sempre utile il confronto – conclude Magrini – con altre realtà. In questo caso ci si potrà rendere conto della potenza del Tour, che comunque vedremo solo in parte qua in Italia. Ad esempio, non tutti i mezzi della loro carovana circoleranno da noi per questioni di omologazione. Per me il Giro resta la corsa più bella e più dura che c’è per percorsi e panorami, ma il Tour è sempre riuscito ad essere più incisivo a livello pubblicitario.»
Ancora deve iniziare questo Tour “italiano” che già si pensa ad una prossima volta. Il “Magro” lancia sul piatto una proposta. «Non possiamo avere il Tour ogni anno da noi, ma nel 2025 la Vuelta, che è gestita dagli stessi organizzatori, potrebbe partire dal Piemonte. Sarebbe bello che il Tour potesse rifare una Grande Partenza da noi fra qualche anno. D’altronde dall’Olanda ci è partito per sei volte…»