Velocità medie sempre più alte, preparazioni più curate, materiali più veloci… Tra le cause, e le conseguenze, di questo insieme di elementi c’è l’utilizzo da parte dei corridori di rapporti sempre più lunghi. In queste prime corse dell’anno abbiamo visto davvero tanti 54 e anche qualche 55.
Se pensiamo che alla Sanremo nell’ultima ora si è corso a 52 chilometri di media oraria (con tanto di Cipressa e Poggio), che Davide Martinelli ha rimediato un’infiammazione ad una scapola per essere stato quasi 7 ore mani a basse e pancia a terra, che lo scorso anno nella tappa di Brindisi Demare ha vinto con 51,23 di media: si capisce quanto si sia alzato il livello.
Come da nostra abitudine ne parliamo con i protagonisti: un corridore, un meccanico e un preparatore del grande ciclismo.
Parola a Colbrelli
Sonny Colbrelli è una ruota veloce ed in qualche modo ci si può anche aspettare da lui l’utilizzo di rapporti più lunghi.
«E’ vero – dice il velocista della Bahrain Victoroius – si utilizza il 54 perché si va sempre più forte. Le velocità sono aumentate, bisogna spingere di più e se la corsa è molto piatta e il vento è a favore o anche laterale si monta persino il 55 o anche 56. E’ successo in alcune tappe del Tour de France dell’anno scorso. Certo, devi avere la gamba e accade due, forse tre volte, in un anno.
«La cadenza non cambia, ti regoli con i rapporti posteriori, però all’occorrenza sai che hai più spinta. E a mio avviso non c’entra neanche la preparazione, è proprio un fatto di velocità. Io ormai il 54 lo monto anche per le tappe con salita, tanto poi si usa il 39. Se poi c’è la tappa super dura, con due salite e l’arrivo sullo Zoncolan allora uso il classico 53 e magari una corona piccola… più piccola. Se sento differenza? Con il 54 no, sono sincero, con il 55 e il 56 un po’ sì».
Questione di meccanica
Secondo Pino Toni, preparatore di lungo corso ed estremamente competente di materiali, la scelta dei rapporti maggiori non è tanto legata alla nuove preparazioni, quanto piuttosto all’evoluzione tecnica.
«E’ qualcosa che si lega molto alle 12 velocità – dice Toni – la meccanica ha fatto passi da gigante. In questo modo la catena sta più “in linea” se anziché girare l’11 o il 12 dietro, si gira il 13 o il 14 e quindi si utilizza una corona più grande. In pratica s’incrocia meno. Senza contare che oggi la rigidità delle corone è migliorata ed è importantissima. Una volta flettevano molto soprattutto se erano grandi e la catena usciva. Oggi ci sono meno limiti meccanici. La trasmissione è più filante. Inoltre girando ingranaggi più grandi c’è meno inerzia.
«Un altro dettaglio che mi fa pensare a questa tendenza è che per esempio sullo sconnesso non bisognerebbe mai usare dietro l’ingranaggio più piccolo, l’11, 10 o 12 che sia. Perché basta un momento in cui non si pedala, che la catena “allenta” un po’, salta e va ad incastrarsi tra il pignone stesso e il forcellino. Con una corona più grande si usa meno il 10 che è un pignone un po’ al limite e ha molta inerzia».
Tendenza in atto
Infine ecco l’atteso intervento del meccanico, nello specifico Mauro Adobati della Trek-Segafredo. Il meccanico è a stretto contato con i corridori e, se è vero quel che dice il preparatore e cioè che è qualcosa legato più alla tecnologia, il suo parere diventa ancora più importante.
«Effettivamente questa tendenza è in atto – spiega Adobati mentre è sul Teide con Nibali e gli altri – è qualcosa che riguarda soprattutto i corridori più veloci e più robusti e meno gli scalatori. Noi che usiamo Sram abbiamo corone da 52 o 54 denti e questo ci obbliga ad utilizzare la seconda corona rispettivamente da 39 o 41 denti. Mentre chi ha Shimano può usare il 39 sia con il 53 che con il 54. E infatti anche qualche scalatore sceglie il 54. I nostri pesi leggeri per esempio usano il 52×39. I passisti quasi tutti ormai scelgono il 54.
«Avendo il 10 al posteriore anche in discesa con il 52 non ci sono problemi, ma la corona maggiore (come diceva anche Toni, ndr) fa girare rapporti un po’ più grandi anche dietro e diminuisce così l’attrito tra maglie e pignoni. Non solo, ma consente anche incroci minori, quindi altra dispersione di energia risparmiata».
Trasmissione più fluida
Il discorso dell’incrocio della catena ormai non è più un dettaglio in questo ciclismo. Se si pensa che i pro’ montano il 30 per la Sanremo, rapporto che non useranno mai, ma solo per avere la catena più dritta, va da sé che il risparmio non è marginale.
«Ormai – riprende Adobati – si sta attenti a tutto, poi a parlare di watt oggi sono tutti pronti, ma di certo è meglio per la catena. E questo discorso degli incroci vale ancora di più a crono: è per questo che sempre più spesso si utilizza il 56 o il 58, la catena lavora ancora più dritta andando a cercare magari il 13 o il 14 (si presuppone in pianura, ndr) anziché l’11.
«Se vengono cambiate a seconda del percorso? Quasi sempre, anche se devo dire che con le 12 velocità al posteriore si ha una vasta scala di scelta. Noi abbiamo cassette: 10-28, 10-30 e 10-33. Certo, in quella da 33 c’è un bel salto (5 denti) tra penultimo e ultimo pignone, ma i corridori infatti ragionano come se avessero un cambio ad 11 velocità. Il 33 è lì se proprio dovesse servire, un’ancora di salvataggio. E infatti la scaletta più usata è il 10-30, quella preferita da Nibali, proprio perché ha un salto un po’ più piccolo. Pensate che Sram l’ha messa in produzione su richiesta dei corridori e credo che presto sarà anche in vendita».