Chi sarà l’erede di Domenico Pozzovivo? Diciamo che la foto di apertura un bell’indizio ve lo ha dato! Parliamo di scalatori, ovviamente, quei ciclisti dal fisico minuto, dal grande rapporto potenza/peso e da un’attitudine innata alle salite. Nell’attuale ciclismo, dove gli scalatori puri si vedono sempre meno, esiste qualcuno che possa raccogliere la sua eredità? Un ciclista che per caratteristiche fisiche e tecniche possa avvicinarsi al lucano?
Lo abbiamo chiesto direttamente a Domenico. Con i suoi 165 centimetri per 53 chili e vent’anni di carriera da professionista, Pozzovivo è stato un grimpeur amato ovunque. Il tifo sulle strade del Giro d’Italia, ma non solo, lo ha dimostrato.
Domenico, chi può essere il tuo erede per misure, mentalità e modo di affrontare la salita? Tu eri uno scalatore puro, puro e non è facile trovarne come te…
Eh già, ma penso che sia anche una fortuna per loro! Assomigliarmi solo in parte può essere un vantaggio, oggi gli scalatori devono avere anche altre caratteristiche. Poi dire a un giovane che deve fare vent’anni di carriera come la mia è una grande responsabilità. Se ci limitiamo a parametri semplici come altezza e peso, Matteo Fabbro sembrava il più tagliato per questa successione. Ho pedalato vicino a lui e vedevo come affrontava le salite, il tipo di rapporti che spingeva. Ma non c’è solo lui…
Sulla spalla di chi altro appoggi la lama della spada?
Senza andare troppo lontano, nella mia regione c’è Alessandro Verre. Anche lui mi somiglia parecchio rispetto ai parametri fisici (e anche nella meticolosità, ndr). Con la differenza che Alessandro ha anche uno spunto più esplosivo rispetto a me, venendo anche dal ciclocross. Si alza un po’ di più sui pedali. Le misure antropometriche sono simili alle mie e potrebbe davvero essere uno scalatore puro di alto livello. Deve insistere e continuare a lavorare.
Lo scalatore puro è una figura che sta scomparendo?
Pochi anni fa c’è stata l’ondata dei colombiani che aveva riportato in auge questo tipo di corridori. Se dovessi dire chi mi assomigliava di più, tra loro ce n’erano tantissimi. Il loro modo di pedalare e di affrontare le salite era davvero simile al mio. Adesso però ci sono meno talenti emergenti dal Sud America e lo scalatore puro sembra in disuso.
Chiaro…
Oggi si cerca un corridore più completo, che possa difendersi in uno sprint ristretto e che a cronometro non perda minuti. Il ciclismo attuale vuole atleti in grado di gestire meglio tutte le situazioni di gara, anche se questo significa rinunciare allo scalatore puro.
Essere scalatori non è solo una questione di fisico, ma anche di mentalità?
Assolutamente. Anche adesso che ho smesso di correre, se esco in bici faccio sempre almeno 400-500 metri di dislivello all’ora. Ci sono corridori che possono tranquillamente fare un giro del lago di Como, per dire, senza nemmeno arrivare a 1.000 metri di dislivello. Io non ci riuscirei, dovrei impormelo. Questo è già un segnale chiaro della differenza tra chi ha mentalità da scalatore e chi no.
Una volta gli scalatori limavano le viti, foravano il manubrio per risparmiare grammi…
Oggi se c’è qualcuno che in gruppo controlla ossessivamente il peso della bici e dei componenti è quasi sempre uno scalatore, perché ogni grammo fa la differenza. E oltre certi limiti pochi etti possono davvero incidere, perché in percentuale quei grammi rispetto ad un passita di 80 chili contano di più.
Hai citato Fabbro e Verre, ma ci sono altri giovani italiani o stranieri che vedi come possibili eredi?
Restando in Italia, ci sono scalatori forti, ma pochi con la mia taglia e puri. Pellizzari e Piganzoli, ad esempio, hanno una grande attitudine alla salita, ma sono più completi. Mentre tra gli stranieri, l’anno scorso mi ha colpito Van Eetvelt, piccolo e ben tagliato per le salite. Ha già fatto vedere ottime cose e ha più esplosività di me. Il suo modo di pedalare anche è simile al mio.
A proposito del modo di pedalare in salita: questo sta cambiando?
Sì, e cambierà sempre di più. L’accorciamento delle pedivelle e le nuove scelte biomeccaniche portano anche lo scalatore puro a modificare il proprio stile. I corridori più alti e longilinei hanno trovato grandi vantaggi con i nuovi rapporti e una cadenza più alta, ma anche per lo scalatore puro ci sono miglioramenti. Io ho il rimpianto di aver scoperto queste filosofie biomeccaniche solo a fine carriera, senza poterci lavorare molto. Aumentare la cadenza aiuta a essere più freschi nel finale.
Torniamo a Verre, che consiglio daresti a Verre per crescere come scalatore?
Deve trovare la sua dimensione nei grandi Giri. Sono le lunghe salite della terza settimana a dare valore a uno scalatore. E attenzione: non è vero che la salita piaccia sempre a uno scalatore. Anche questa figura, a volte, ne ha abbastanza. E andare forte su quelle salite ti consacra come grande scalatore.
Qual è la salita iconica della tua zona che Verre dovrebbe affrontare più spesso?
Monte Viggiano. Fu affrontata anche al Giro d’Italia nella tappa di Potenza. Per l’occasione venne asfaltata, prima era una salita da capre, sia per le pendenze che per il fondo stradale. Ora è piacevole. Alessandro dovrà farsi una bella mangiata di Monte Viggiano per diventare ancora più forte.