Matteo Tosatto è indaffaratissimo nel seguire i suoi corridori. Anche se la stagione è appena iniziata, il tecnico veneto è già nel pieno della “mischia”. L’incidente di Bernalha scosso il mondo del ciclismo, ma ancora di più ha scosso la sua squadra, la Ineos-Grenadiers. Il colombiano era l’uomo per il Tour e di fatto uno degli uomini simbolo, tanto più che Sir Brailsford gli aveva fatto firmare un contratto molto importante sia per durata che per ingaggio.
Ma senza allargarci troppo restiamo su questa stagione. Come inciderà questo incidente nei programmi della corazzata inglese? In tanti già danno Richard Carapaz dirottato dal Giro al Tour. La verità è che il discorso è ben più complesso.
Matteo Tosatto è uno dei diesse del team inglese dal 2017Matteo Tosatto è uno dei diesse del team inglese dal 2017
Vicini a Bernal
«Come cambia la nostra situazione… Cambia che per ora non possiamo far altro che stringerci attorno ad Egan e dargli tutto il supporto necessario perché torni al meglio e recuperi in fretta – spiega Tosatto – Una riunione in questo senso ancora dobbiamo farla. Per ora l’incidente è ancora troppo “fresco” per affrontare il discorso dei programmi corali».
«Piuttosto pensiamo alle corse e a quel che c’è da fare adesso. L’unica cosa che sin qui è cambiata nei programmi è che Egan è stato tolto dalla lista per la Parigi-Nizza, il suo primo obiettivo stagionale, e dalle altre gare di questa prima parte dell’anno».
La Ineos-Grenadiers si stringe attorno a Bernal. Ecco Carapaz (in basso a sinistra) con i suoi compagni a Besseges (foto Instagram)La Ineos-Grenadiers si stringe attorno a Bernal. Ecco Carapaz (in basso a sinistra) con i suoi compagni a Besseges (foto Instagram)
Carapaz al Giro
Tosatto chiaramente non ha la possibilità, e forse neanche può, scoprire tutte le carte in tavola. Il discorso di Bernal è pesantissimo. Se pensiamo che possono esserci dei dubbi circa il suo futuro, figuriamoci se adesso il problema è individuare questa o quella corsa.
Però di fatto, è un “quid” che esiste. E alla fine la voce più succulenta, la domanda che tutti si fanno è come sarà gestito Carapaz.
«Con Carapaz – riprende Tosatto – ancora non abbiamo parlato. Per ora Richard resta focalizzato sulla sua prima parte di stagione e sul suo programma di gare che avevamo stabilito. E su questo continuiamo, pensando alla sua condizione. Qui siamo tutti dispiaciuti. Poi sarà che tutti eravamo sparsi tra ritiri, Sud America, gare… che quasi non c’è stato il tempo per rendersi conto davvero di quanto sia successo».
Un Giro con solo 26 chilometri di cronometro però è un’occasione ghiottissima per l’ex maglia rosa e attuale campione olimpico…
«Sì, sì, ma infatti Richard lo sa bene e ha già detto ad inizio stagione che quello sarebbe stato il suo obiettivo ed èconcentrato su quello. Dire adesso che lo togliamo dal Giro per metterlo al Tour mi sembra inutile e prematuro. Di certo è un bel Giro per lui e per il momento tutto resta confermato».
E’ vero poi che su certe decisioni contano, sponsor, questioni di marketing e non ci sono solo scelte tecniche, ma se conosciamo un po’ Carapaz, abbiamo visto che l’ecuadoriano è molto ambizioso. Lui ha voglia di vincere. Al Tour sa bene che con Pogacar e Roglic il compito sarebbe più arduo. Non impossibile, sia chiaro…
Carlos Rodriguez sugli sterrati della Valenciana. Lo spagnolo, classe 2001, è un vero talentoCarlos Rodriguez sugli sterrati della Valenciana. Lo spagnolo, classe 2001, è un vero talento
Quanti campioni nel mazzo
In casa Ineos-Grenadiers i campioni non mancano. Oltre a Carapaz e Bernal c’è un certo Geraint Thomas e con lui Geoghegan Hart,Porte, Adam Yates… Senza contare che nel momento in cui decidessero di cambiare strategia e di venire in Italia per le tappe avrebbero cacciatori del calibro di Viviani, Ganna, Kwiatkowski…
E a proposito di Porte e Yates: loro due erano già inseriti nella lista del Giro. Magari potrebbero assegnargli un altro ruolo, senza scombussolare troppo i piani del team. In fin dei conti non sarebbe la prima volta che in Ineos si ritrovano a cambiare le carte sul momento. Il Giro di Tao ne è la riprova. E in ammiraglia guarda caso c’era proprio Tosatto.
«Di corridori ne abbiamo molti, vedremo… Ganna è partito bene, idem Viviani e anche Carlos Rodriguez.
Su Rodriguez incalziamo Tosatto: «Matteo, questo è un corridore vero. Lo abbiamo visto all’Avenir l’anno scorso»…
«Crediamo molto in questo giovane. Lo vogliamo far crescere senza stress.
«Vederlo al Giro? Forse è un po’ presto. E’ vero però che vogliamo fargli fare un grande Giro quest’anno. Non credo che possa andare al Tour come primo “assaggio”, mavisto che è spagnolopensavamo di più alla Vuelta, tanto più che arriva a fine stagione e sarà maturato un altro po’ per quel periodo. Una Vuelta da correre in appoggio a qualche capitano. Io comunque sono dell’idea che far fare i grandi Giri a dei giovani, senza bruciare le tappe, sia sempre una buona idea».
Il gesto di Bernal di sfilare la mantellina per far vedere la maglia rosa a Cortina ha colpito tutti. E' un tributo al simbolo, che lo fa pensare a Pantani
Quando Viviani lasciò la Quick Step per passare alla Cofidis, la sua più grande preoccupazione fu costruire un treno al livello di quello belga. Diventò una missione così assillante, cercando un nuovo Morkov che lo lanciasse, da far passare in secondo piano il fatto che il veronese non avesse la condizione sperata. L’insicurezza che da questo derivò, impedì al treno di compattarsi e diventare efficiente.
Nel 2019, Viviani vince Amburgo per la terza volta: qui con Morkov, ultimo uomo superNel 2019, Viviani vince Amburgo per la terza volta: qui con Morkov, ultimo uomo super
A Livigno con Tosatto
Al momento di firmare per la Ineos Grenadiers, la richiesta di un treno Viviani non l’ha neanche fatta trapelare e si è affidato al gruppo che i britannici gli costruiranno intorno. E dato che il suo direttore sportivo di riferimento sarà Tosatto, a lui ci siamo rivolti per capire in che modo sarà gestito Elia (che in apertura è ritratto al Giro d’Onore della Fci). Matteo si trova a Livigno, per l’ultimo scampolo di vacanza prima di ripartire.
«Quando torneremo a casa – ride – si metterà il numero e andremo a testa bassa fino a ottobre. Io comincio alla Valenciana, mentre la squadra aprirà il 2022 in Argentina, ma ci sarà Cookson, che prima andrà in Colombia per un ritiro con i colombiani. In Argentina ci sarà anche Cioni, perché ci saranno anche Elia e Filippo (Viviani e Ganna, ndr)».
Tosatto è diventato diesse del team britannico dopo aver smesso, diventandone un riferimento importanteTosatto è diventato diesse del team britannico dopo aver smesso
Cosa pensi del ritorno di Elia in squadra?
Io penso che sia una bellissima notizia. Aveva già dimostrato con noi e poi alla Quick Step di essere forte e di poter essere un faro per i giovani e lo stesso Ganna. E’ maturo, è un bravo ragazzo e molto intelligente. Andò via perché non poteva fare i grandi Giri, però alla fine in quell’ultimo anno con noi vinse dieci corse. Rispetto ad allora, il quadro è leggermente diverso. Ora abbiamo dei ragazzi che lo possono aiutare e cui lui potrà dare un bel contributo di esperienza, a partire da Hayter. Sarà importante anche per lo stesso Filippo. Ha ritrovato un ambiente che già conosceva. Per quello che ho visto a Mallorca a dicembre, è molto contento e sereno.
Lasciò la Sky di Froome ancora al top e di Thomas. Ora per Elia ci sarà più spazio nei grandi Giri?
L’obiettivo suo e anche nostro è di essere al Giro d’Italia. Poi vediamo come andranno i primi mesi. Abbiamo valutato anche la Vuelta per preparare i mondiali, però col calendario che abbiamo impostato, agosto e settembre saranno due mesi importanti e si può preparare il mondiale bene lo stesso. Elia ha dimostrato che in un grande Giro sa vincere e aiutare. Ricordo l’anno che ha vinto la tappa al Tour e poi ha lavorato per Alaphilippe. E al Giro conosce le zone e può essere di aiuto anche per il leader.
Al Tour del 2019, Viviani vinse una tappa e aiutò Alaphilippe in gialloAl Tour del 2019, Viviani vinse una tappa e aiutò Alaphilippe in giallo
Quindi l’obiettivo sarà partire bene?
Sarà importante riuscire a vincere presto. Se cominci bene, ti viene tutto facile. Invece se qualcosa comincia ad andare storto, ti viene di cambiare programma e non ne esci. Per cui Elia andrà in Argentina e al UAE Tour per fare bene. Poi l’obiettivo sarà arrivare bene alla Tirreno e alla Sanremo. Potrebbe essere l’uomo di punta o il riferimento per altri che cercheranno di fare bene.
Farà ancora pista?
Sicuramente sì, perché ha visto come negli ultimi anni sia stata per lui decisiva. Su questo ha l’appoggio totale dalla squadra, avendo anche un rapporto speciale con Pinarello. Poi non ci dimentichiamo che lui e Filippo sono due fari importantissimi per la nazionale e possono essere trascinatori dei giovani anche in squadra. Hanno affrontato Olimpiadi e mondiali. Possono spiegare ai nostri giovani come convivere con la grande pressione.
Si è pensato al treno o al nome dell’ultimo uomo?
E’ prematuro parlarne e non è stato un argomento troppo trattato. Bisognerà vedere chi verrà al Giro. Lo stesso Swift è nella lista ed è uno che con lui ha già corso. Si vedrà strada facendo chi saranno l’ultimo e il penultimo uomo. Non si è ancora parlato, però abbiamo qualcosa in serbo per lui.
Ai mondiali di Roubaix 2021, Viviani ha vinto la maglia iridata dell’eliminazioneAi mondiali di Roubaix 2021, Viviani ha vinto la maglia iridata dell’eliminazione
Chi sarà il direttore di riferimento di Viviani? E il suo preparatore?
Come direttore ci sono io, come preparatore Cioni. Dario segue anche Filippo, è bravo e ci dedica tempo.
Filippo è stato davvero così importante nell’arrivo di Elia?
Non so dire nel dettaglio, so però che quando se ne parlava, Ganna ha detto che gli sarebbe piaciuto essere suo compagno di squadra. In più hanno lo stesso procuratore, Lombardi, e penso che questo abbia aiutato. Ho visto Filippo molto contento per questa decisione.
Ci eravamo detti che la tua missione l’anno scorso fosse rilanciare Moscon. Ti dispiace che sia andato via?
Un po’ sì, però io ho parlato molto con Gianni. Gli ho detto che l’ho conosciuto meglio e ho trovato una persona super. Dopo sei anni nello stesso club, magari vuole cambiare, anche per avere motivazioni diverse. Gli ho detto che per la sua carriera potrebbe essere molto importante. Abbiamo parlato da amici, non da direttore a corridore. E io sono contento che lui sia soddisfatto della nuova squadra, della possibilità di essere leader nelle corse in cui qui non poteva esserlo. Secondo me è stata la scelta giusta, per lui come persona.
La prima volta ad Amburgo in maglia Sky nel 2017La prima volta ad Amburgo in maglia Sky nel 2017
Avete deciso chi sarà il vostro leader per il Giro?
Non è un mistero, penso che il nostro leader sarà Carapaz e con lui ci sarà anche Pidcock. Tom l’anno scorso è andato alla Vuelta e adesso vuole provare il Giro, ma intanto fa ciclocross e ha le classiche già in mente. Però gli piacciono le corse italiane e questo per noi è una cosa bella. Faremo una grande squadra per vincere il Giro. Oltre a Carapaz e Pidcock, ci sarà anche Geoghegan Hart che l’ha vinto a sorpresa nel 2020. Ad ora è così, poi nel training camp di gennaio rifiniremo anche i programmi.
Questa è la storia emblematica di Cosma Gabriele Rausa, 18enne pugliese, che ha corso il tricolore pro' nei giorni della maturità. Fra incontri e fatiche
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Le dichiarazioni di Alejandro Valverde, intenzionato nel 2022 a correre Giro d’Italia e Vuelta d’Espana, hanno fatto il giro del mondo. Tutti a sottolineare che, nel caso, raggiungerebbe la cifra record di 32 grandi Giri affrontati, ma non sarebbe un vero primato. Il corridore che ha disputato più corse di tre settimane è infatti veneto, Matteo Tosatto, che ha messo a frutto le sue esperienze maturate in vent’anni di militanza nel gruppo diventando una colonna portante della Ineos Grenadiers.
Tosatto non è persona che si vanti in giro, eppure questo rappresenta pur sempre un record: se ci si pensa bene, significa aver affrontato oltre 600 giorni in sella solo per affrontare Giro, Tour o Vuelta, quasi due anni senza soste: «Il bello – afferma tradendo un sorriso – è che un anno, il 1998, non disputai neanche un grande Giro, quindi le 34 prove sono ancora più concentrate…».
Con la Mg, Tosatto fa il suo esordio nel 1997 e affronta subito il Tour portandolo a termineCon la Mg, Tosatto fa il suo esordio nel 1997 e affronta subito il Tour portandolo a termine
Come mai hai disputato un simile numero di grandi corse a tappe?
Una delle mie principali caratteristiche era il fondo: sono sempre andato meglio nella terza settimana che nella prima e questo ai dirigenti era un particolare che faceva molto comodo, quando si doveva lavorare per i capitani. Io andavo sempre più forte, cercavo di risparmiare qualcosa all’inizio per essere brillante quando serviva davvero.
Facciamo un po’ di conti: 13 Giri d’Italia di cui 11 portati a termine, ben 12 Tour tutti conclusi, 9 Vuelta delle quali ne hai terminate 5…
Sì, ma ognuno dei 4 ritiri è avvenuto nell’ultima settimana per precisi accordi con la squadra. Io ero sempre in predicato di correre ai mondiali e quindi chiedevo di saltare le ultime 3-4 tappe per poter staccare prima di partire per la trasferta iridata. La Vuelta finiva alla domenica e quella successiva c’è sempre stato il mondiale, se potevo risparmiare qualche energia era meglio, la maglia azzurra ha sempre avuto un valore speciale per me.
Giro 2001: Tosatto vince a Montebelluna battendo Klemencic e SimoniGiro 2001: Tosatto vince a Montebelluna battendo Klemencic e Simoni
Al Giro d’Italia?
Nel 2000 mi ritirai prima della diciassettesima tappa perché avevo preso una brutta bronchite, invece nel 2003 finii fuori tempo massimo nella famosa frazione del Fauniera, con le strade piene di ghiaccio. Io ero rimasto a protezione di Petacchi, poi Alessandro mi disse di andare che con lui rimaneva Cioni, ma non potevamo rischiare in discesa. Quel giorno arrivai con un gruppo di una cinquantina di corridori, ma la giuria ci mandò tutti a casa…
Già portare a termine 12 Tour è una grande impresa: quale ti è rimasto più impresso?
Certamente il primo, nel 1997 perché era anche il primo grande Giro affrontato e concluderlo agli Champs Elyseés mi rese molto orgoglioso. Ero un neopro’, ricordo che feci tanta fatica, ma anche allora nell’ultima settimana, sulle Alpi, mi sentii meglio che sui Pirenei o sul Massiccio Centrale. Fui felice anche nel 2016, l’ultimo anno, quando riuscii a concludere sia il Giro che il Tour pur avendo ben 42 anni (nella foto di apertura è sul podio di Arezzo al Giro di quell’anno, nel giorno del suo 42° compleanno, ndr). Lavorai tanto per Sagan in Francia e le sue tre vittorie furono un po’ anche mie. La cosa che mi colpì è che in salita tenevo meglio che a inizio carriera…
A fine carriera Tosatto è stato ancora capace di concludere sia il Giro che il TourA fine carriera Tosatto stato è ancora capace di concludere sia il Giro che il Tour
In questi quasi due anni di tappe fra sole e pioggia, pianura e montagna hai avuto giornate di libertà, nelle quali era la squadra a lavorare per te?
E’ capitato, capita sempre nella carriera di un corridore. Nel ’99, alla Ballan, si correva per Simoni, ma il giorno della tappa che arrivava a Castelfranco Veneto, a casa mia, il team lavorò per la mia volata e fui battuto solo da Cipollini. Quell’anno andai bene, ebbi più piazzamenti nella top 10. Due anni dopo centrai il successo pieno a Montebelluna, in quell’edizione vestii anche la maglia rosa. Ma non posso dimenticare neanche la vittoria al Tour 2006 a Macon: la Quick Step era tutta per Boonen, ma quando il belga non si sentiva in giornata si correva in base alle sensazioni e quella fu la mia giornata.
Questo record quanta soddisfazione ti dà?
Molta, significa che della mia carriera qualcosa è rimasto. Io non mi pento di nulla, ho sempre lavorato e avuto anche le mie giornate. A proposito di soddisfazione, ricordo quando nel 2014, all’ultima Vuelta che vinse Contador, “El Pistolero” si avvicinò a me alla fine e mi disse che non aveva mai visto un corridore con la mia testa, così forte e tenace nel carattere. Per me fu un grande premio detto da lui.
Davanti a Rijs, Tosatto con Petacchi, compagni e avversari, ma soprattutto amici e spesso in allenamento insiemeTosatto con Petacchi, compagni e avversari, ma soprattutto amici
Se magari decidesse di tirare avanti anche nel 2023, Valverde potrebbe eguagliarti…
Glielo auguro di cuore, ma so anche che c’è differenza: stiamo parlando di un campione che non solo li ha corsi, ma è stato protagonista. Ha vinto la Vuelta e poi è stato iridato e ha conquistato grandi classiche. Non si può fare un paragone perché abbiamo vissuto carriere diverse e a questo proposito voglio aggiungere una cosa.
Prego…
Lavorando nell’ambiente, la cosa che mi dispiace di più del ciclismo attuale è che mancano sempre più i gregari di una volta, intesi come uomini che si sacrificano. Mancano coloro che creano il gruppo e senza di esso non si va lontani. Correre 34 Giri? Dopo Valverde chissà se ci sarà ancora qualcuno che potrà farlo…
Gli ultimi giorni del Giro sono un frullatore di emozioni e cose da fare, soprattutto quando devi organizzare il lavoro della squadra che lo sta vincendo. Così per parlare con Matteo Tosatto c’è da prendere il numerino e aspettare che il direttore veneto abbia finito il giro delle stanze e se ti va bene riesce a infilarti prima del secondo giro di meeting. Oggi si combatte in alta quota, ieri s’è fatto un altro passo importante. Ma dopo le parole dette da Bernal per spiegare il giorno dalla crisi di Sega di Ala alla rinascita sull’Alpe di Mera, c’era un paio di spunti che meritava approfondimento. E’ notte quando il tecnico della Ineos Grenadiers richiama, la voce provata e insieme l’abitudine di stringere i denti coltivata in anni sulla bici.
La crisi di Sega di Ala alle spalle, la paura è passataLa crisi di Sega di Ala alle spalle, la paura è passata
«Non è stato poi così difficile convincere Egan a una tattica più attendista – dice – perché sappiamo che può capitare di dover correre diversamente da una settimana all’altra. A Sega di Ala abbiamo patito quel cambio di ritmo, per cui alla partenza ci siamo detti: “Oggi facciamo una crono. Castroviejo che è il più regolare tira finché ne ha e poi tocca a Martinez”. Egan ha capito subito. Avere uno come Dani, che è pure 7° in classifica, è un vantaggio di cui dobbiamo approfittare al massimo. Loro davanti e noi dietro con l’ammiraglia a dirgli ogni chilometro pendenze e distacchi. E così fino in cima».
Paura e consapevolezza
A fronte dello sgomento dello scorso anno per aver perso Thomas in avvio e doversi reinventare il Giro, forse Sega di Ala è stata poca roba, ma bisogna ammettere che un cedimento del leader a tre tappe dalla fine era qualcosa difficile da maneggiare.
Puccio, Castroviejo, Ganna, quelli per il lavoro pesantePuccio, Castroviejo, Ganna, quelli per il lavoro pesante
«Non abbiamo avuto la certezza che fosse alle spalle – dice – fino al traguardo di oggi (ieri per chi legge, ndr). La sola cosa che sapevo alla partenza era il valore della squadra. Egan ha compagni che stanno bene e per lui sono pronti a dare la vita. A Sega di Ala abbiamo preso un distacco. Sul momento magari c’è stata un po’ di paura, ma dopo aver ben recuperato si è trasformata in una presa di coscienza. Yates sta andando più forte. Paura di cosa? Di aver perso la condizione, ma io gliel’ho detto subito che molto probabilmente ha pagato il secondo giorno di riposo».
Il primo caldo
Giorno balordo, peraltro, quello trascorso dalle squadre a Canazei. Gli unici che sono riusciti ad allenarsi bene sono stati i coraggiosi usciti di buon mattino, oppure quelli che hanno accettato di farlo sotto la pioggia. Dalle 10 in avanti, infatti, sulla Val di Fassa è arrivato il temporale che ha fatto scendere bruscamente le temperature fino ai 10 gradi.
Dani Martinez, 7° in classifica, è una pedina decisiva sulle saliteDani Martinez, 7° in classifica, è una pedina decisiva sulle salite
«Dovevamo uscire anche noi – dice – ma quando abbiamo visto il cambiamento di tempo, con Egan e Martinez si è preferito lavorare sui rulli. Il resto della squadra è uscito, ma dopo 45 minuti sono rientrati, mezzi morti di freddo. E invece il giorno dopo è venuto fuori il primo vero caldo. Egan veniva dalla Colombia, dove in quota ha trovato temperature fresche. Poi a Monaco ha piovuto sempre. Quindi la prima parte di Giro con acqua e freddo. E di colpo i 25 gradi di Sega di Ala. Quando questi cambiamenti così rapidi avvengono nella terza settimana, capisci quanto sia crudele un grande Giro. Diventa tutto più difficile. Il caldo ti svuota e quella sera l’alimentazione corretta è stata decisiva, anche in vista delle tappe successive. E ieri infatti eravamo in prima linea, pronti per giocarcela».
Serve la squadra
Non è detto che sia finita e per scaramanzia avrebbe anche voglia di chiuderla qui, ma l’ultima tappa di montagna bussa alle porte. Da Verbania a Montespluga: primi 70 chilometri di pianura e restanti 90 con tre grandi montagne che per tre volte passeranno i 2.000 metri.
Per attaccare da lontano servirà la squadra, Ineos pronta per difendersiPer attaccare da lontano servirà la squadra, Ineos pronta per difendersi
«Chi vorrà attaccare da lontano – dice Tosatto – dovrà avere una grande squadra. Staremo a vedere. Noi terremo gli occhi aperti con i nostri ragazzi nella prima parte e poi anche nella seconda. E’ il classico giorno in cui i rivali contano, ma la cosa più importante è restare concentrati su se stessi. E poi alla fine tireremo le somme».
Si parte alle 12,20 da Verbania, si costeggia il lago sconfinando in Svizzera e poi in successione passo San Bernardino, Spluga e ritorno in Italia per l’arrivo. E intorno alle 17 sarà stato scritto anche il 20° capitolo di questa intensa storia rosa.
Victor Lafay vince a Guardia Sanframondi, dopo un giorno in fuga e un solo scatto nel finale. Parla di lui il suo diesse Damiani. Una tattica ben congegnata
La Ineos-Grenadiers viene da un Giro d’Italia a dir poco scoppiettante. Non solo perché lo ha conquistato con Tao Geoghegan Hart, ma per come lo ha corso. I corridori di Sir Brailsford erano sempre all’attacco. Ganna ha dato spettacolo, ma anche gli altri lo hanno dato, persino quando non vincevano, come Puccio secondo nella frazione di Vieste.
A pochi giorni dalla corsa rosa facciamo il punto con Matteo Tosatto, diesse del team inglese, per capire che Ineos possiamo aspettarci.
Egan Bernal alla Tirreno, l’ultima corsa a cui ha preso parte prima del GiroEgan Bernal alla Tirreno, l’ultima corsa a cui ha preso parte prima del Giro
Matteo, dicevamo un Giro 2020 da show per la Ineos. Cosa vedremo quest’anno?
Dimentichiamoci tutto quello che abbiamo fatto l’anno scorso. Fu un qualcosa di straordinario: 7 vittorie di tappa, maglia rosa con Tao e maglia di miglior giovane.
In qualche modo fu la caduta di Thomas a cambiare il vostro Giro…
Sì, e quest’anno l’obiettivo è di vincere ancora, con Bernal leader. Abbiamo una squadra forte. Al Tour of the Alps, abbiamo visto una buona condizione. Bernal è ancora in Colombia, si sta allenando e riprenderà a correre direttamente al Giro.
Hai parlato di Bernal, ma con la sua schiena Egan dà affidamento?
Il Giro è il suo grande obiettivo. Lo ha annunciato già a gennaio. Nelle prime gare, fra Strade Bianche, Tirreno… pur non essendo in una condizione super ha fatto bene, ha mostrato di avere una grande voglia e, cosa ancora più importante, era lì senza aver fatto troppi lavori specifici, proprio per la schiena. Non aveva spinto troppo. Lui parte per vincere, vediamo… E poi ci sono grandi avversari. E qualcuno si è anche nascosto.
Nascosto? E chi secondo te?
Beh, penso a Evenepoel. So che ha dichiarato ai suoi compagni che parte per vincere e se non fosse stato pronto che senso avrebbe avuto questa dichiarazione? Se non ci va vicino, mi sbaglio di poco. E poi ha una squadra fortissima: Almeida, Masnada, Honoré… Per me sa di essere pronto. Se poi quando ha detto che puntava alla maglia rosa, si riferiva alla prima, a quella di Torino, giocandoci un po’ non lo so…
Sivakov (24 anni a giugno) sarà la seconda punta della Ineos al GiroSivakov (24 anni a giugno) sarà la seconda punta della Ineos al Giro
Deceuninck forte, ma anche voi avete una “seconda” carta preziosa?
Pavel Sivakov. Lui è una delle nostre punte. E’ in grandissima condizione. Se al Tour of the Alps non fosse caduto nella terza tappa sarebbe salito sul podio, come nel 2019. Per noi è una spalla fondamentale. Negli ultimi anni si è visto come avere un secondo capitano sia importante per il leader. Gli toglie pressione.
Oltre a loro due la squadra è composta da uomini importanti. Già solo i tre italiani: Puccio, Ganna e Moscon non sono poca cosa…
Aspettiamo gli ultimi giorni per definire la squadra al 100%. Vediamo chi sarà più in forma. Sosa, Martinez… Ma insomma, la squadra è fatta.
Partiamo da Salvatore Puccio: lui ormai è una colonna portante della Ineos…
Pedina fondamentale, è il mio occhio in gruppo. Ha l’esperienza dalla sua. L’anno scorso è stato decisivo per Tao così come lo era stato per Froome nel 2018. Con lui bastano due parole via radio o nella riunione e sa cosa deve fare. Dall’ammiraglia segui la corsa ma non vedi tutto. Se lui si accorge di qualche movimento particolare li richiama vicino e magari gli dice: adesso stiamo concentrati. Ogni squadra ha il suo uomo solido, pronto a prendere una decisione all’improvviso. Il nostro è “Salva”.
Gianni Moscon? Si dice che sia stato tu quasi forzando la mano a volerlo al Tour of the Alps…
E’ rientrato come doveva rientrare – risponde deciso Tosatto, mostrando che il capitolo Moscon gli sta a cuore – Adesso è ad un grandissimo livello. E’ stato sfortunato anche quest’anno con quella frattura nelle classiche del Nord. Ha fatto molto lavoro in altura da solo, è rientrato ed è stato subito competitivo e con quelle vittorie si è sbloccato. E’ il suo primo Giro e questa può essere una spinta in più. Ha chiesto lui di farlo, ci teneva tanto. Gianni è competitivo su tutti i terreni. E con lui ci può essere l’occasione di vincere una tappa. La prima cosa sono gli uomini di classifica, ma si può provare anche con gli altri ragazzi. Io so quanto può dare Gianni. Voleva il Giro ma per farlo doveva passare per il Tour of the Alps o per il Romandia. Per me, meglio il “Trentino” che ti consente di recuperare un po’ di più e di fare anche qualche allenamento specifico prima del Giro. Sono certo che con Ganna e Puccio si sentirà sicuro.
Al Tour of the Alps Moscon ha vinto due tappe: Innsbruck e NaturnoAl Tour of the Alps Moscon ha vinto due tappe: Innsbruck e Naturno
E veniamo a Ganna. Come sta?
Pippo è al Romandia, veniva dall’altura e gli è mancato il ritmo corsa. Si è visto anche nella prima cronometro, ma l’ho sentito e sta recuperando, va meglio tappa dopo tappa.
Matteo, te lo chiediamo perché è argomento ormai ricorrente con Ganna: facendo gli scongiuri, se dovesse accadere quel che è successo l’anno scorso con Thomas, Pippo può fare classifica?
Impossibile – risponde secco Tosatto – tanto più con il percorso di quest’anno. Pensiamo solo all’arrivo dello Zoncolan. Nei tre chilometri finali, con quelle pendenze, uno scalatore di 55 chili a lui, che è più di 80 chili, dà due minuti. Idem nella tappa di Cortina con 5.000 metri di dislivello.
A noi Pippo piace così com’è, sia chiaro, specie nell’anno Olimpico in cui può far bene su pista e a cronometro…
Mi fanno ridere certi discorsi. Qualche tempo fa ho letto un’intervista nella quale si diceva che Indurain pesava 76 chili, non troppo meno di Ganna, e ha vinto i grandi Giri. Pippo per arrivare a quel peso deve perdere 6-7 chili ma l’anno scorso a fine Giro pesava 83 chili ed era magrissimo. Gli si vedevano le vene dappertutto, anche sul petto. E’ difficile per lui. Okay, lo metti a dieta e poi? Quanto perde delle sue caratteristiche? Qui non si tratta di dieta, qui si tratta di operare una trasformazione vera e propria. Magari con enormi sacrifici può limare due, tre chili, ma rischia di perdere molto. Ne vale la pena? Ci sono tante cose da valutare quando si tira fuori questo argomento.
Puccio e Ganna saranno presenti e protagonisti come lo scorso GiroPuccio e Ganna saranno presenti e protagonisti come lo scorso Giro
A noi sembra un Giro nel complesso meno duro, però non ti lascia recuperare. Non ci sono mai due o tre tappe “facili” ravvicinate.
La differenza rispetto agli altri anni si nota già nel primo blocco. Intanto il primo giorno di riposo arriva martedì e non lunedì, quindi si faranno dieci tappe consecutive e già questo vi assicuro che non è poco. In questa parte poi ci sono tre arrivi in salita: Sestola, Ascoli e Campo Felice e sei sempre teso. Riposo e si fa la tappa della Strade Bianche: 160 chilometri con 3.000 metri di dislivello e 35 chilometri di sterrato nel finale. Il giorno dopo c’è la tappa di Bagni di Romagna con non so quanti metri di dislivello che se prendi una “bambola” lì addio. Zoncolan e il giorno dopo il circuito di Gorizia che non è facile. Okay, lì andrà via la fuga, ma devi stare attento. Poi occhio alla salita di Sega di Ala.
E’ dura, vero?
Io l’ho provata qualche giorno fa. La prima parte è più dura dello Zoncolan dal versante di quest’anno: va su tra l’8 e il 10%, poi spiana per 500 metri e poi ha un tratto di tre chilometri sempre al 14-15% e un finale al 5,5. Se esci da lì sfinito perdi 30” in un attimo. E quando l’ho provata io in quell’ultimo tratto c’era vento contro. Inoltre sono impegnativi anche gli ultimi due arrivi in salita, specie quello del venerdì.
A completare la Ineos del Giro anche Castroviejo (in foto), Sosa e MartinezA completare la Ineos del Giro anche Castroviejo (in foto), Sosa e Martinez
Però proprio perché non si molla mai, con la Ineos garibaldina dello scorso anno questo percorso sarebbe stato ideale…
Ah, sì, sì… L’anno scorso dopo la caduta di Geraint li ho lasciati in pace un giorno. Non gli ho detto niente. Poi ho parlato con i ragazzi e gli ho detto che saremmo andati a caccia delle tappe. A Tao ho detto: tu prova a fare classifica, magari ad entrare nei primi dieci. Dopo il primo giorno di riposo sempre a Tao ho fatto: i primi dieci sono alla portata facilmente. Poi ancora: i primi cinque. Poi, il podio… Insomma ci siamo dati obiettivi giorno per giorno. Quest’anno sperando che Bernal stia bene non sarà così, ma come ho detto, magari proveremo a cogliere qualche occasione. Gli uomini li abbiamo.
Ultima domanda, “Toso”, chi ti sembra pericoloso pensando a Bernal?
Evenepoel ha dalla sua 38 chilometri di cronometro che contro gli scalatori è un bel bonus. Certo, andrà visto sulle salite lunghe e nella terza settimana. Poi Bardet e Hindley sono una bella coppia. I Bahrain Victorious in montagna possono fare molto bene con Landa, Pello Bilbao e Caruso. Ciccone sinceramente lo vedo un gradino dietro. E’ la prima volta che proverà a far classifica, può vincere qualche tappa. E occhio a Carthy della EFPro Cycling. A Vlasov… Eh, i nomi ci sono, ci sono…
Era stato proprio Sivakov a gettare il guanto della sfida sulla salita finale di Feichten. Yates lo aveva raccolto e rilanciando aveva lasciato il leader della Ineos a 41 secondi. Si era capito che nel corpo a corpo, lo scalatore del Team Bike Exchange fosse più forte, ma la sensazione comune era che lo squadrone britannico lo avrebbe messo in croce lavorandolo ai fianchi. Invece una caduta nella tappa di Naturno ha privato Sivakov del podio. I quasi due minuti persi l’indomani Pieve di Bono, il giorno della vittoria di Pello Bilbao, ne sono stati la conseguenza. Per cui il giudizio su di lui andrà rinviato al Giro d’Italia, che correrà al fianco di Bernal.
«Fondamentalmente volevo tornare al Tour de France – ha spiegato lui – perché l’anno scorso l’ho lasciato con un cattivo sapore in bocca e volevo in qualche modo vendicarmi. Poi però abbiamo parlato con il mio allenatore e abbiamo deciso che quest’anno, per proseguire nella mia crescita, proverò fare due Grandi Giri. E così abbiamo puntato sull’Italia».
Arrivo a Pas de Peyrol al Tour 2020, a più di 10′ assieme ad AlaphilippePas de Peyrol, Tour 2020, a più di 10′ assieme ad Alaphilippe
Tutto da capire
La chiave di lettura è certamente singolare e forse poco lusinghiera per chi pensa che il Giro avrebbe bisogno di ben altre motivazioni. Tuttavia proveremo a sganciarci dal patriottismo e a considerare che al di là delle considerazioni sulla maturazione del russo, per il Tour la squadra fosse già a posto.
«Sivakov – diceva Matteo Tosatto alla partenza del Tour of the Alps da Innsbruck – sta andando forte, ma va capito. Ha vinto questa corsa nel 2019, avendo uno come Froome che gli faceva da gregario. Il Froome di prima dell’incidente, per capirci. E se uno così lavora per te, dai ben più del massimo. Al momento lo vedo come uno non abbastanza forte in salita da reggere gli scalatori e che deve crescere per essere un cronoman imbattibile».
U23 inarrestabile
Eppure nell’ultimo anno con la Bmc Development, il 2017, Pavel fu inarrestabile. Fu allora che imparammo a conoscere il russo, nato a San Donà di Piave mentre suo padre Alexei correva alla Roslotto e faceva base in Veneto. Vinse in successione la Ronde de l’Isard, il Giro d’Italia Under 23, il Giro della Valle d’Aosta e il Tour de l’Avenir. Facile immaginare, alto, magro e fortissimo qual era, che il Team Sky non se lo lasciasse scappare. E nel 2019, dopo un anno di apprendistato, Sivakov vinse il Tour of the Alps e il Giro di Polonia. Nel primo caso si lasciò alle spalle il compagno Geoghegan Hart e Nibali. Nel secondo toccò a Hindley e Ulissi. Nel mezzo chiuse 9° al Giro d’Italia: c’era tutto insomma per il debutto al Tour de France, fissato per il 2020.
Sull’arrivo in salita di Feichten ha innescato lui il contrattacco di YatesSull’arrivo in salita di Feichten ha innescato lui il contrattacco di Yates
Lezione di vita
Purtroppo per lui, gli squilli di fanfara si fermarono il primo giorno a Nizza, in quella dannata caduta che appiedò mezzo gruppo, ma per lui fu quasi la causa di un crollo emotivo.
«E’ stato difficile – ha raccontato – ero davvero ad un livello molto alto e avevo grandi ambizioni. Di colpo è crollato tutto. Ripensandoci oggi, avrei agito diversamente. Non avrei fatto le ricognizioni e mi sarei davvero riposato il più possibile prima di cominciare il Tour. Ero già caduto nell’ultimo giorno del Delfinato e il primo del Tour è stato terribile. Sono state tre settimane difficili fisicamente e mentalmente. Sono cose che capitano, ma restano una lezione di vita».
Keep calm
Forse la consapevolezza che non serva essere sovraeccitati nell’avvicinamento alle corse gli ha permesso di gestire senza ansia apparente il momento di difficoltà al Tour of the Alps. Al via dell’ultima tappa, Dario Cioni ha confermato che dopo una caduta come quella da lui subita, sarebbe stato impossibile continuare come se nulla fosse.
«Fossi quello dell’anno scorso – ha detti Sivakov lasciando la corsa – avrei avuto paura di perdere il mio livello, ma spero che il 2020 resti una parentesi isolata».
L’ultimo inverno è stato di vero stacco. A dicembre è stato in Spagna con Tao, hanno fatto un piccolo stage in Spagna vicino a Calpe e poi a gennaio si è svolto quello con il team Ineos a Gran Canaria.
«Ho una buona condizione – ha detto – ma posso migliorare. Ormai il Giro è alle porte, non c’è bisogno di fare più chissà quali lavori».
Alla partenza dell’ultima tappa del Tour of the Alps accanto a MosconAl via dell’ultima tappa del Tour of the Alps con Moscon
Arriva Bernal
La libertà avuta al Tour of the Alps si ridurrà con l’arrivo in Europa di Egan Bernal. Ma come ha fatto notare giustamente ieri Stefano Garzelli, il colombiano ha ancora qualche dubbio da togliersi. E anche se i suoi allenamenti su Strava sono stati finora un vero crescendo, la presenza di Sivakov accanto fa pensare a un puntello casomai le cose non andassero per il meglio. Anche Egan probabilmente ha qualche dubbio da togliersi.
Li manda Guercilena, tutto chiaro. Bramati e Tosatto, come Mourinho e Guardiola, sono due fra i direttori sportivi più apprezzati al mondo. Lo dicono i corridori, che su certe cose non transigono. Poiché siamo fermamente convinti che le coincidenze non esistano, abbiamo iniziato a camminare indietro nella loro storia per capire che cosa li abbia resi così speciali. E francamente non ci siamo stupiti affatto nel trovare che il primo elemento in comune di un certo rilievo è stato Luca Guercilena. Entrambi lo hanno avuto come tecnico e Bramati addirittura, sceso di sella, ha condiviso con lui l’ammiraglia. Oggi lavorano in squadre distinte, ma la strada unisce, perciò è davvero illuminante parlare con il manager della Trek-Segafredo di quei due ex corridori diventati così bravi come tecnici.
Luca Guercilena è il team manager della Trek-Segafredo, ma è stato tecnico di Bramati e TosattoLuca Guercilena è stato tecnico di Bramati e Tosatto
Buongiorno Luca, è possibile capire se un corridore abbia la predisposizione per diventare un tecnico?
Secondo me sì. Si vede da come si relaziona con i grandi capitani. Se è obiettivo nel ragionamento ed è in grado di fargli capire, ad esempio, che stanno sbagliando sul piano tattico, ma anche su quello dei comportamenti, allora non ha paura di nessuno. Poi si capisce da come si muove in squadra.
Cioè?
Se ha una leadership nel rapportarsi con i corridori e poi nel riportare al team manager quello che la squadra vuole dire. La capacità di mediare, insomma. Sono queste le caratteristiche che fanno pensare che l’atleta ha le potenzialità per diventare un diesse. Che poi venga fuori bravo o meno bravo, quello dipende anche tanto dal lavoro.
Loro due ti davano queste sensazioni?
Matteo è sempre stato più riflessivo e taciturno, ma ha sempre detto la sua senza tirarsi indietro. Brama è più estroverso e giocoso, ma anche lui ha sempre detto la sua. Inoltre sono stati entrambi due gregari di grande esperienza, capaci di essere sempre a disposizione della squadra.
Tosatto ha smesso di correre e ha subito ricevuto la proposta del Team SkyTosatto ha smesso e ha subito ricevuto la proposta di Sky
Bramati all’inizio è stato anche un collega…
Esatto, abbiamo spesso fatto corse insieme. Non pensavo che diventasse così bravo tanto in fretta. E’ sempre stato un amicone e vedevo il suo essere sempre giocoso come un limite. Invece mi ha piacevolmente sorpreso, perché nel giro di 2-3 anni è riuscito a mettere la necessaria distanza fra sé e i corridori. E non dimentichiamo che è passato subito a guidare i suoi compagni di stanza…
Invece Toso?
Toso ha smesso in età più adulta (42 anni il veneto, contro i 38 del bergamasco, ndr) quindi il distacco con le nuove generazioni è stato più netto ed è stato più facile impostare le relazioni in squadra, non avendo particolari rapporti personali.
Bramati tende a empatizzare molto con i suoi corridori: qui Viviani ha appena vinto il tricolore 2018Bramati con Viviani, che ha appena vinto il tricolore: è il 2018
Che tipo è il Bramati direttore sportivo?
La qualità più importante che ho sempre visto in lui è la capacità di motivare tutto il gruppo. Quando eravamo insieme alle corse, ci completavamo abbastanza. Io ero quello scientifico e più preciso, lui il guascone che dava le motivazioni. Invece con Tosatto ho vissuto la mia giornata più bella come direttore sportivo.
Quale giornata?
La vittoria della tappa Morzine-Macon al Tour del 2006. Fino a quel momento era stato un Tour complesso, il giorno prima c’era stata l’impresa incredibile di Landis, poi tolto dalla classifica. E Toso vinse con quella fuga, battendo in volata Moreni. Indimenticabile.
Siete tutti e tre legati dagli anni alla Quick Step, credi che lavorare con Lefevere vi abbia in qualche modo formato?
Con Patrick si lavora bene, perché al di là della sua personalità molto ferma, ha grande rispetto per le qualità altrui. Ma Bramati ed io arriviamo dalla Mapei e Tosatto dalla Fassa Bortolo e penso che quella italiana sia davvero una grande scuola. Ci piangiamo spesso addosso, ma per come è impostata la nostra formazione e i maestri che abbiamo avuto, oltre alla possibilità di maturare in squadre straniere, non abbiamo da invidiare niente a nessuno.
Pinarello, Tao Geoghegan Hart e Tosatto: lo stile italiano ha portato la maglia rosa 2020Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Tosatto: rosa molto italiana
Moscon ha detto che Tosatto ha portato alla Ineos la mentalità italiana.
La radice italiana va difesa, la formazione fa parte della nostra cultura e spero che questa continui a evolversi. Siamo l’unico Paese che ha un’associazione di categoria in cui si facciano raduni per aggiornarsi.
Quando farete la Segafredo-Trek, li prenderai a lavorare con te?
Non credo che questo succederà (Guercilena ride, ndr), ma certo avrei molto piacere di lavorare con loro. Però ho idea che stiano entrambi bene dove già sono.
Markel Irizar è il responsabile del Devo Team della Lidl-Trek. Ci spiega perché sia nato, come abbia cambiato le regole del mercato e in che modo lavorino
«Con i miei occhiali – sembra dirgli Puccio nella foto di apertura, dopo la tappa che sembrava una Liegi – ti vengono i superpoteri, forse dovrei farteli pagare».
Li tengo ancora per un giorno, pensa invece Ganna, guardando il libro della corsa: oggi c’è la crono. E se non ci pensa lui, di sicuro l’avrà fatto Matteo Tosatto, che guida il team Ineos Grenadiers all’Etoile de Besseges e la sua mano si vede. Le coincidenze non esistono, basta rileggere la storia recente della squadra, dal Giro in avanti. Basta leggere le parole di Tosatto e poi quelle di Moscon. E basta sentire Ganna…
A Rousson manca poco per partire. Ganna ha gli occhiali bianchi di Puccio: andrà in fuga?
Nibali sta sempre meglio. Gli scatti dei giorni scorsi danno morale
Facce lunghe alla Bora-Hansgrohe: Valach ha appena saputo che Sagan è positivo al Covid
A Rousson manca poco per partire. Ganna sorride: andrà in fuga?
Nibali sta sempre meglio. Gli scatti dei giorni scorsi danno morale
Facce lunghe alla Bora-Hansgrohe: Sagan è positivo al Covid
«L’obiettivo era stare vicino a Kwiatkowski e aiutarlo – ha detto Pippo – ma abbiamo visto che c’era la possibilità di andare in fuga e Kwiato ha detto: “Ok, senza problemi”. Ho mantenuto la motivazione per arrivare al traguardo e negli ultimi 10 chilometri ho preferito andare da solo per non dover rispondere a tutti quegli scatti. Al traguardo ero davvero contento».
Perché tirare? Meglio andare via. E infatti Ganna si infila nella fuga. Un’altra borraccia e viaE infatti Ganna si infila nella fuga. Un’altra borraccia e via
Occhiali bianchi
Bastava guardarlo in faccia. In realtà sarebbe bastato guardarlo in faccia al mattino, con il ghigno da furbino dietro gli occhiali bianchi rubati all’amico Puccio. Li aveva usati anche al Giro nelle tappe in cui c’era da far fatica, dai Laghi di Cancano fino anche a Sestriere, come se guardando il mondo con gli occhi del gregario più forte, anche la fatica fosse meno scomoda. Su quel percorso da piccola Liegi sarebbero serviti.
La guerra degli scatti lo snerva, meglio andarseneLa guerra degli scatti lo snerva, meglio andarsene
Nibali cresce
Il raduno di partenza a Rousson aveva tinte diverse. Quella opaca della Bora-Hansgrohe che aveva appena ricevuto la notizia di Sagan positivo al Covid. E quella di un timido ottimismo alla Trek-Segafredo, con Nibali in crescita giorno dopo giorno.
«La tappa di ieri – diceva andando alla partenza – era l’ideale per una fuga. Ho fatto un paio di allunghi per portare via la fuga, anche se poi non ci siamo riusciti. E’ la prima corsa della stagione, c’è sempre il dubbio di come potrai stare, ma finora le mie condizioni sono buone e sento che sto diventando più forte giorno dopo giorno».
Da solo al traguardo: Ganna a Saint Siffret, come a Camigliatello SilanoGanna da solo, come a Camigliatello Silano
Il tocco del Toso
La tappa che avrebbe portato a Saint Siffretera una piccola Liegi, senza neanche un metro di pianura. E quando un tecnico esperto come Tosatto vede simili altimetrie, avendone incontrate certamente tante in vita sua, sa che la cosa migliore è lasciar lavorare gli altri. Del resto, Kwiatkowski non aveva niente da difendere, se non un quarto posto in classifica a 48 secondi da Wellens. E allora piuttosto che tenergli attorno la squadra, se qualcuno avesse avuto la chance di andarsene, avrebbero lasciato volentieri ad altri il compito di tirare.
Pippo, sembrava la Liegi, guarda che bel lavoretto hai fatto: «Bello, no?»Pippo, guarda che bel lavoretto hai fatto: «Bello, no?»
Strana crono
Oggi, con la crono dallo strano arrivo in salita, il gioco sarà diverso. Kwiato, se ne avrà, potrà lottare per vincere e recuperare il gap da Wellens. Mentre Ganna potrà mettere alla prova le sue attitudini da cronoman e l’amicizia non certo nuova con la salita. Chi lo ha seguito nei primi anni, di certi dettagli si era già accorto.
I complimenti di Thomas: al Giro non aveva potuto farglieliI complimenti di Thomas: al Giro non aveva potuto farglieli
«In classifica sono a quasi 3 minuti – ha detto – va bene. La tappa è stata super, vedremo se con la crono riuscirò ad arrivare più vicino ai primi e se in futuro la classifica potrà essere un obiettivo, magari in una corsa con meno salite. Per il momento voglio finire bene qui».
La crono finale parte e arriva ad Ales, con percorso cittadino. Sono 10,7 chilometri con l’arrivo in salita: si sale negli ultimi 2,5 chilometri. Dislivello di 236 metri, con il tratto più duro tra il 9° e il 10° chilometro
Il Moscon che non ti aspetti. Oppure meglio: il Moscon che aspettavi da tanto. E’ questo lo stato d’animo con cui cominciamo a scrivere questo pezzo, con le parole di Gianni che risuonano nelle orecchie e un senso di ritrovata leggerezza. Da quando Tosatto ci raccontò che del trentino si sarebbe occupato lui, la speranza di aprire un giorno la porta e trovarci davanti il Gianni dei bei tempi si era fatta largo, ma questa volta ci siamo e appare chiaro che il Toso stia davvero cambiando abitudini e concezioni al Team Ineos.
Anche lo scorso anno, Moscon corse il Tour de la Provence. Qui ad Avignone davanti al Palazzo dei PapiAnche lo scorso anno corse il Tour de la Provence
In Provenza
Gianni è in Trentino. Di ritorno dal ritiro di Gran Canaria avrebbe dovuto iniziare alla Vuelta Valenciana, ma come tutti è stato costretto a metter via la valigia: corsa annullata. Così è rientrato in Italia e si sta preparando al nuovo debutto al Tour de la Provence, che scatterà giovedì prossimo, l’11 febbraio.
«Sto bene – sorride – stanno tutti bene finché non si comincia. Ma devo dire che lavorare con Toso, Cioni e il gruppo italiano mi fa bene. A dicembre siamo andati da soli a Gran Canaria (foto Instagram di apertura), con Pippo Ganna e Leonardo Basso. A gennaio siamo stati con tutta la squadra e abbiamo lavorato proprio bene. Sarà una stagione da vivere alla giornata, data l’incertezza del calendario. Andremo agguerriti ad ogni corsa, con l’obiettivo minimo di tornare a vincere. Sono in scadenza di contratto, qui sono sempre stato bene, ma adesso ci sto anche meglio. Insomma, resterei volentieri…».
Cambiato preparazione?
Cambiato un po’ tutto. Nell’allenamento, ho fatto più qualità e meno volume, perché prima c’era soprattutto la tendenza di fare tante ore. E poi è cambiato molto sul piano dell’alimentazione, dove si era arrivati a livelli un po’ ossessivi.
La bici e il trattore, le due grandi passioni di Moscon (foto Instagram)Bici e trattore, le due passioni di Moscon (foto Instagram)
Parole sante! Racconta…
Tra corridori ci si spinge spesso al limite e si arriva al punto quasi di patire la fame. Quest’anno ci abbiamo messo un punto, provando a tornare alla freschezza giovanile, a viverla in modo più spensierato. Avere la gamba bella piena ti fa stare meglio, anche se poi saranno le gare a dire se funziona oppure no. Ma se in allenamento ti spingi al limite, in corsa non hai limiti da superare e tanto faticare e soffrire a casa diventa controproducente. Se fai meno, da una parte hai più margini e dall’altra hai meno possibilità di combinar danni. E a quel punto la differenza la fai con il talento.
Tutto questo grazie a Tosatto e Cioni?
Lavorare con loro significa tornare alla mentalità italiana. Mi seguono, standomi vicino fisicamente. Ma anche a livello di squadra, il Giro d’Italia vinto a quel modo forse ha cambiato qualcosa. Si è ritrovata una mentalità arrembante, in una squadra che era abituata a vivere diversamente. Certo, molto dipenderà dagli scenari di corsa. Se avremo di nuovo un super leader, ci saranno giorni in cui correremo di nuovo in stile Sky.
Accanto a Froome, Moscon ha corso due Tour de FranceAccanto a Froome, Moscon ha corso due Tour de France
Quello che al Giro non si è mai visto…
Siamo sempre stati abituati a controllare la corsa con un leader come Froome, che di fatto era il numero uno al mondo. Controllare o inseguire tutti insieme. Ora l’idea è di sfruttare le occasioni, facendo leva sulla qualità media di tutti noi, che indubbiamente è piuttosto alta. Costringere gli altri a inseguire. Toso ha questa visione della corsa e il Giro d’Italia gli ha dato ragione.
Ti rendi conto che si tratta di una vera rivoluzione?
Matteo ha addosso anni e anni di esperienza. E soprattutto è l’unico che stia riuscendo a influenzare il management inglese, perché ha il coraggio di dire chiaramente le cose che non lo convincono. Prima erano tutti abituati ad assecondare quella mentalità, invece Toso è riuscito a dare la svolta. Uno come lui fa gruppo e porta uno stile italiano che funziona. Lui non ha paura di dire le cose.
Con Lola, Moscon davanti a uno scenario del suo Trentino (foto Instagram)Con Lola, davanti a uno scenario del suo Trentino (foto Instagram)
Quindi non si è sentita troppo l’assenza di Froome in ritiro?
Non più di tanto, ma è stato comunque un ritiro strano. Eravamo divisi in tre gruppi e abbiamo vissuto praticamente sempre con le stesse persone. Però è chiaro che, complice l’incidente, non lo vedevamo già da un pezzo. Il suo allontanamento dalla nostra scena è stato graduale e dopo un po’ si è smesso di parlarne. Detto questo, la sua presenza in questa squadra è stata fondamentale, perché ha portato lui il gruppo ai livelli che tutti conoscono. Ma ora è difficile dire se dopo quell’infortunio potrà tornare ad essere il numero uno.
Tu cosa pensi?
Che sia fortunato ad essere vivo. Poi che sia fortunato ad essere tornato in piena efficienza fisica. Quello che sta facendo dimostra il suo carisma, ma è difficile dire se potrà tornare quello di prima, perché l’infortunio è stato davvero importante.
Facciamo un passo indietro. Se sei nel gruppo italiano, vuol dire che finalmente potresti fare il Giro d’Italia?
Finalmente, ben detto. Il Giro è la corsa che ogni bambino italiano sogna. Io stesso mi sono avvicinato al ciclismo guardando le classiche del Nord e poi il “Gibo” (Gilberto Simoni, trentino come lui, ndr) che lottava per vincere la maglia rosa nel 2001 e nel 2003 e nelle altre occasioni in cui era davanti. Per me, come italiano, il Giro vale più del Tour de France, anche se finora ho fatto solo due Tour e una Vuelta.
Proprio in occasione della visita a casa sua di dicembre, Tosatto ci anticipò che avrebbe seguito lui MosconTosatto sta portando un bel cambiamento alla Ineos
Quindi a partire dal Provence, che cosa prevede il programma di Moscon?
Dopo il Provence, Het Nieuwsblad e Kuurne. Poi Laigueglia, Strade Bianche, Tirreno e Sanremo. Ardenne e Giro. Giusto, fra i cambiamenti di quest’anno c’è anche che proveremo a fare le Ardenne, che si legano meglio col Giro. Ho proprio voglia di rimescolare le carte.
Ma senti che bel tono di voce?
Sto bene, è vero. Questa svolta mi ci voleva, mi sto proprio divertendo. Come vi dicevo, con la freschezza di quando ero un ragazzo,
Tornato al Team Ineos, Richie Porte ha vinto il Delfinato e ora fa rotta al Tour. Eppure ha scoperto il ciclismo vero in Toscana. Nel 2020 fu terzo a Parigi
Moscon vince la seconda corsa in tre giorni, questa volta con una fuga e poi allo sprint. La tappa ha scavato distacchi. Sivakov caduto. E Fabbro migliora
La crono di Monte Lussari ha spento i sogni di Thomas. Percorso poco adatto e un Roglic stellare. Il gallese è ancora confuso. Il suo Giro quasi perfetto
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute