Asgreen, volata da duro. E Van der Poel si inchina

04.04.2021
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Era arrivato secondo dietro Bettiol, ma di quel piazzamento non molti ricordavano. Intorno ci sono i muri, i quadri e le bici del Museo del Giro delle Fiandre, mentre Kasper Asgreen racconta il suo sogno realizzato. Racconta che da più piccolo sognava di diventare come Cancellara, perché tutto sommato a cronometro se la cava anche lui, ma c’è ancora tanto da migliorare. Poi dice che il primo Fiandre di cui ha memoria è proprio quello in cui Fabian si sbarazzò con prepotenza di Boonen sul Muur volando fino all’arrivo. Il danese ha gli occhi trasognati, ma forse nei giorni scorsi le sue sensazioni gli avevano fatto capire di avere le gambe giuste per lasciare in qualche modo il segno.

Asgreen è rimasto coinvolto nella caduta dopo il Kanarieberg
Asgreen è rimasto coinvolto nella caduta dopo il Kanarieberg

L’astuzia sul Paterberg

Ha gestito il finale con la malizia del campione navigato. Il capolavoro probabilmente l’ha fatto sull’ultimo Paterberg, quando Van Aert era ormai staccato e Van der Poel poteva avere per la testa l’idea di andarsene da solo. L’olandese aveva già tentato l’allungo al culmine del Vecchio Qwaremont, facendo capire che mercoledì alla Dwars door Vlaanderen si era nascosto. Così Asgreen ha atteso il tratto più duro dell’ultimo muro e invece di restare sfilato, ha affiancato Van der Poel, completando la scalata accanto a lui. Nel linguaggio dei corridori, quel gesto ha significato che non ne aveva paura. E forse nella testa di Van der Poel si è aperta la piccola crepa che nello sprint ha accelerato la resa.

Nel finale si è parlato con Alaphilippe, ma non hanno deciso gerarchie precise
Nel finale si è parlato con Alaphilippe
Hai sempre pensato allo sprint, oppure avevi paura di Van der Poel?

Negli ultimi 10 chilometri ci siamo guardati negli occhi e non c’è stato bisogno di parlare tanto. Dietro c’era un gruppo con corridori forti e se avessimo esitato, ci avrebbero ripreso. Tanto valeva continuare a tirare e credere di potermela giocare in volata. Il mio sprint dopo una corsa lunga come questa non è tanto male, ne avevo già fatti altri. Anche se lui si chiamava Van der Poel…

Hai vinto il Fiandre.

Le classiche sono sempre state qualcosa di speciale. Mi piaceva guardarle in televisione e partecipare è sempre stato un sogno. Sono venuto su due anni fa per la prima volta e arrivai secondo, forse un segno. E ora è incredibile essere qui da vincitore. 

«In finale è bastato uno sguardo – dice Asgreen – per capire che avremmo dovuto collaborare»
«In finale è bastato uno sguardo per capire che era meglio collaborare»
Quanto sei cambiato da due anni fa?

Penso di essere un corridore molto migliore. Due anni fa era il mio primo sul pavé, nel frattempo ho fatto tanta esperienza. Il Fiandre è un lungo giorno sulla bici, devi fare tutto alla perfezione, per evitare di trovarti senza gambe proprio nell’ultima ora. Devi curare ogni dettaglio, ora lo so meglio di allora.

Sei rimasto dietro la caduta, è stato duro rientrare?

Dopo il Kanarieberg due corridori si sono toccati e hanno provocato un bel mucchio. Io ero dietro e ci sono finito in mezzo, ma ugualmente ho dovuto cambiare bici. In quei momenti lo stress è massimo. C’era tanta gente che voleva rientrare e io con loro. Non è stato facile, temevo che mi sarebbe rimasto nelle gambe, invece per fortuna non ha inciso tanto.

Dopo l’arrivo, Van der Poel si è congratulato con lui con grande affetto
Dopo l’arrivo, Van der Poel si è congratulato con lui con grande affetto
C’è stato un momento in cui hai parlato con Alaphilippe e avete deciso di fare corsa per te?

Con Julian abbiamo parlato veramente molto nel finale, a partire dal Taaienberg. Non abbiamo mai deciso effettivamente di dare la precedenza a uno oppure all’altro. L’importante era avere due corridori forti davanti, poi ci avrebbe pensato la strada.

Peccato non ci sia la Roubaix…

Davvero un peccato, per la condizione che ho. So che gli organizzatori hanno provato sino alla fine, ma se non si può perché costituisce un pericolo per la gente in strada, non si può.

Giro delle Fiandre 2021
Prima del podio, aspettando le premiazioni
Giro delle Fiandre 2021, Dopo l'arrivo, aspettando le premiazioni alle spalle del podio
Dopo l’arrivo, aspettando le premiazioni alle spalle del podio
Che cosa significa correre per la Deceuninck-Quick Step?

Un sogno. Hanno fatto crescere fiori di corridori negli ultimi anni. Anche io sono arrivato qui a 23 anni. Il mio contratto scade, ma non è un problema. Spero che potremo sederci presto per parlare del mio futuro.

Si è sempre parlato di Alaphilippe, Van der Poel e Van Aert, ma tu avevi vinto ad Harelbeke, perché non inserirti tra i favoriti?

E’ naturale che si parli di quei tre, perché sono i migliori al mondo. Hanno vinto tanto, lavorano davvero sodo e meritano tanta attenzione. Oggi sono riuscito a batterli, ma sono ancora di più le volte che loro hanno battuto me.

La Flite Boost personalizzata per MVDP alla Ronde: eccola!

03.04.2021
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Selle Italia firma una sella personalizzata che verrà utilizzata in occasione della 105ª edizione del Giro delle Fiandre da Mathieu Van der Poel, sulla sua Canyon Aeroad CFR. Un rapporto duraturo e consolidato nel tempo quello tra l’azienda italiana e il campione olandese che dura ormai da cinque anni. E sempre parlando di Fiandre, ricordiamo che lo stesso Van der Poel è il vincitore uscente della corsa belga.

Van der Poel Strade Bianche
Van der Poel alla Strade Bianche con la sua Flite Boost bianca non ancora personalizzata
Van der Poel Strade Bianche
Van der Poel alla Strade Bianche con la sua sella bianca

«Questa collaborazione – ha spiegato Giuseppe Bigolin, Presidente di Selle Italia – contribuirà a stringere ulteriormente il legame umano e professionale tra la nostra azienda e Mathieu. Collaborare con atleti del suo calibro è per noi fonte di grande ispirazione e orgoglio. Da sempre, il DNA racing di Selle Italia ha permesso di sviluppare prodotti innovativi e all’avanguardia e di supportare al meglio i più grandi campioni di questo sport».

Il nome di Van der Poel anche nel canale centrale
Il nome di Van der Poel anche nel canale centrale

Logo personalizzato

Il modello utilizzato per celebrare il campione olandese è la sella Flite Boost, che VdP utilizza su strada come nel cross, figlia della gloriosa Flite progettata nel 1990 ed utilizzata da campioni come Marco Pantani e Philippe Gilbert. Un prodotto estremamente performante con rail in carbonio e misure più compatte (145×250 millimetri). Avrà disegno e logo personalizzato, che il centro stile dell’azienda di Asolo ha progettato e realizzato in bianco insieme allo stesso Van der Poel per celebrare la fruttuosa collaborazione.

La celebre sigla MVDP

La sella ha un peso di soli 162 grammi e garantisce comfort ed efficienza. Il logo personalizzato consiste in un quadrato con la sigla del campionissimo olandese “MVDP” applicato alla sella e realizzato ad hoc per l’atleta della Alpecin Fenix, mentre il nome Van der Poel è riportato anche nel canale centrale.

La sella viene proposta al pubblico in una confezione che riporta tutti i successi di Van der Poel e le caratteristiche tecniche di questo componente da collezione. Il prezzo consigliato al pubblico è 349,90 euro.

selleitalia.com

Harelbeke, la beffa di Asgreen e tanto altro

26.03.2021
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Le premesse c’erano tutte e l’E3 Saxo Bank Classic di Harelbeke non ha deluso le attese. Anzi si può ben dire che miglior introduzione la Campagna del Nord non la poteva avere. Una gara che passerà alla storia all’insegna dell’impresa di Kasper Asgreen, vincitore in solitaria. Prima con una fuga di una cinquantina di chilometri, poi con un assolo da finisseur nel finale. Ma la prova ha offerto una gran varietà di temi che meritano di essere approfonditi.

Divisori galeotti

Asgreen ha stupito tutti. Non tanto per la scelta di attaccare da lontano, che Van Der Poel ha sdoganato alla Tirreno-Adriatico, quanto per la sua saggezza tattica. Vistosi ripreso a una decina di chilometri dalla conclusione, Asgreen si è messo tranquillo in coda al gruppetto di 7 corridori, rifiatando.

Protetto da Stybar (campione uscente) e Senechal, a 5 chilometri dall’arrivo ha sfruttato uno dei tanti divisori della carreggiata. Tutto a destra mentre gli altri 6 navigavano dalla parte opposta. Così hanno impiegato quel paio di secondi per capire che se ne stava andando: secondi decisivi.

Il momento dell’attacco decisivo di Asgreen, Vdp non riesce a rispondere
Il momento dell’attacco di Asgreen, Vdp non riesce a rispondere

Poco prima, allo stesso modo ci aveva provato Naesen (AG2R Citroen). Questo particolare sta diventando sempre più un fattore, soprattutto nelle parti finali delle corse quando non c’è un gruppo compatto. E’ come se si offrisse al corridore l’opportunità di nascondersi e avere quel brevissimo intervallo utile per fiondarsi in avanti senza essere visto. Un particolare da tenere bene a mente anche per le prossime gare della Campagna del Nord.

Supremazia Deceuninck

La vittoria di Asgreen dimostra che, pur in presenza di Van Der Poel e Van Aert, si può far saltare il banco. Ci si poteva attendere Ballerini come punta della Deceuninck-Quick Step, invece il team ha privilegiato altre soluzioni. L’attacco di Asgreen, con Stybar, Senechal e Lampaert a fare da stopper.

Asgreen con Stybar (alla fine 5°) e Senechal (2°), perfetto gioco di squadra nel finale
Asgreen con Stybar (alla fine 5°), suo grande aiutante

Oltretutto l’evoluzione della corsa aveva eletto Senechal, spesso ultimo uomo nel treno di Bennett, come spauracchio per la volata, vista la sua velocità di base. Harelbeke ha confermato una volta di più perché il team belga sia considerato da anni il più forte nelle corse d’un giorno. 

Ma Vdp c’è, sempre di più…

I due grandi sconfitti sono Van Der Poel e Van Aert, ma in maniera molto diversa. L’olandese ogni volta che scattava era in grado di spaccare il gruppo, grande o piccolo che fosse. Tanto che Asgreen, arrivato ai piedi dell’ultimo muro con una manciata di secondi, si è visto rimangiare il vantaggio per l’azione del campione dell’Alpecin-Fenix.

Van Aert lancia la caccia ad Asgreen, ma Vdp è pronto a saltarlo via
Van Aert lancia la caccia ad Asgreen, ma Vdp è pronto a saltarlo via

Van Aert, che errore!

Van Aert, che già aveva inseguito dopo una foratura, ha anche commesso un grave errore, mancando un rifornimento a una trentina di chilometri dal traguardo. Quando sull’ultimo muro ha lanciato il suo attacco, questo è durato una decina di secondi. E mentre VdP rilanciava, lui ha perso irrimediabilmente contatto per evidente carenza di carburante.

In una giornata molto poco italiana (il più brillante pareva Trentin, ma anche lui ha bucato e addio) la sfida fra i due… tenori ha visto Van Der Poel vincere ai punti. Rivincita domenica a Gand? Staremo a vedere…

Adrie Van Der Poel: «Vi spiego la mia famiglia»

23.03.2021
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Sono giorni intensi per Adrie Van Der Poel. I successi di Mathieu sono ricaduti anche sul padre, spesso chiamato in causa dai giornalisti di tutto il mondo per conoscere i segreti del figlio magico. Tanta attenzione lo mette anche in difficoltà, è un costo che stentava a pagare anche quando correva e vinceva, sia nel ciclocross che su strada. Ecco da chi Mathieu ha preso la sua passione per la multidisciplina. Suo padre però privilegiò la strada, cogliendo una cinquantina di vittorie tra cui Fiandre, Liegi e l’Amstel. Fu l’ultimo olandese a vincere nel 1990, prima che suo figlio chiudesse la parentesi 29 anni dopo. Poi tornò a battagliare con i nostri Pontoni e Bramati, vincendo il mondiale sui prati nel 1996. Non dimentichiamo poi chi è il nonno: tale Raymond Poulidor, forse il più amato corridore della storia francese su due ruote. Quando si dice il “DNA del campione”…

Suo nonno era Raymond Poulidor, gigante del ciclismo francese
Suo nonno era Raymond Poulidor, gigante del ciclismo francese

«Lo ricordo bene quel periodo in Italia, mi trovai benissimo come mi trovo bene ogni volta che ci vengo. Era un bel gruppo, io non parlavo la lingua, ma trovai molto appoggio fra i ragazzi. Soprattutto con Michele Bartoli avevo un bel feeling. Ora non ci vediamo molto spesso, ma quando capita è sempre un piacere».

Veniamo a Mathieu, l’uomo che tra ciclocross, strada e Mtb non si ferma mai. Tu come ti regolavi durante la stagione, dovendo passare da una disciplina all’altra?

Anch’io non mi prendevo tanto tempo di riposo fra una stagione e l’altra, ma sapevo che alcuni giorni erano necessari per rifiatare e per Mathieu è lo stesso. Io mi fermavo 4-5 giorni dopo i grandi appuntamenti: il ciclocross, le classiche, ma anche nella stagione piena un paio di giorni a settimana, se non ero in gara, li passavo senza bici. Sono però sempre stato contrario a periodi di inattività troppo lunghi.

Ecco David Van der Poel in azioone all’Urban Cross di Kortrijk 2019
Ecco David Van der Poel in azioone all’Urban Cross di Kortrijk 2019
Non pensi che tra una disciplina e l’altra, Mathieu corra troppo?

Mathieu si basa molto sulla mia esperienza. La sua stagione è pienissima, però prevede sempre di non superare i 60 giorni di gara nel complesso, per non sfruttare troppo il suo fisico. Soprattutto per la strada. Si è fermato una decina di giorni dopo i mondiali di ciclocross che lo avevano spremuto anche mentalmente, poi nel corso della stagione ogni tanto si prende qualche giorno di pausa.

Sei d’accordo con la sua scelta di puntare all’oro olimpico nella Mtb e non su strada?

Non dobbiamo dimenticare che lo scorso anno è stato strano, senza gare per la sua maggior parte e concentratissimo in tre mesi, ma Mathieu aveva già stabilito di fare la Mtb per Tokyo e non ha voluto cambiare, conoscendo anche il percorso. Aveva lavorato molto per esso, pensando anche ai materiali, alla posizione in bici e quando è focalizzato su un obiettivo non cambia. Vuole il podio nella Mtb e lavorerà per esso, anzi lo sta già facendo.

Che puoi dirci di David? E’ un ottimo ciclocrossista, perché però non segue tanto il vostro esempio e si dedica così poco alla strada?

David è un corridore diverso rispetto a Mathieu, ha fatto un passaggio verso la strada più tardivo del fratello anche se è più grande ed è più mentalizzato verso il ciclocross. Alla Alpecin Fenix sono però convinti che possa fare bene e lo sono anch’io, quando ci si è dedicato qualcosa ha raccolto (una vittoria al Giro d’Alsazia 2018, ndr). Avrà le sue occasioni per correre già quest’anno.

David ha un palmares ovviamente inferiore a quello di Mathieu, anche lui pratica il cross
David ha un palmares inferiore a quello di Mathieu
Caratterialmente come sono?

Hanno caratteri molto diversi, come sono diversi da me. Io cerco di essergli vicino senza invadere il loro campo. Ci sono però volte che Mathieu vuole avermi con sé, nei grandi appuntamenti ma non solo, in alcune trasferte, ad esempio quando è stato in Repubblica Ceka per la Coppa del mondo di Mtb. Io gli do soprattutto un supporto psicologico. Cerco di farlo stare tranquillo sapendo come sono le gare e lo stress che richiedono. Se ha bisogno di me io ci sono, sempre.

VdP in Mtb a Tokyo. Quattro chiacchiere con Celestino

22.03.2021
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Van der Poel ha detto che non parteciperà alle Olimpiadi su strada per puntare tutto su quelle in Mtb. La sua scelta è ormai definita da un po’, ma cosa lascia l’olandese? E come dovrà avvicinarsi a questo evento? In fin dei conti non lo vediamo in azione sulla ruote grasse dalla gara di Coppa del mondo della scorsa estate. Ne abbiamo parlato con Mirko Celestino. Il tecnico della nazionale ci ha accolto nel suo negozio ad Andora. Lui meglio di altri può capire le sensazioni e alcuni comportamenti di Mathieu, visto che ha corso parecchi anni su strada, prima di passare alla Mtb.

Mirko, Van der Poel ha detto che non farà le Olimpiadi su strada, cosa ne pensi?

E’ una scelta molto importante. Probabilmente ai livelli a cui è arrivato sa bene cosa c’è in palio e che deve sacrificare qualcosa. Ha scelto di sacrificare la strada e da parte mia non posso che essere onorato perché dà importanza al mondo della Mtb, pur essendo molto pericoloso per i nostri. La sua presenza dà forza al movimento.

Mirko Celestino è il tecnico della nazionale di Mtb, sia cross country che marathon
Mirko Celestino è il tecnico della nazionale di Mtb, sia cross country che marathon
Secondo te ha scelto la Mtb perché ha più sicurezza di vittoria?

Secondo me sì, poi il percorso si adatta bene alle sue caratteristiche. Non so se lo abbia visto, perché nel test event dell’anno scorso non c’era. So che a maggio si potrà tornare a provarlo e magari ci andrà. Noi azzurri non andiamo: siamo già stati là, gli atleti sono nel pieno della stagione, c’è la Coppa del mondo, la trasferta è lunga e con molto fuso orario…

Van der Poel ha corso poco o niente in Mtb nell’ultimo anno però…

Qualcosa deve fare, infatti. Rispetto ai primi anni dal punto di vista tecnico ha avuto un miglioramento molto importante. All’inizio lo vedevi che sul tecnico era un po’ impacciato, che era meno fluido… Adesso invece ha la totale padronanza del mezzo anche in quelle situazioni.

In effetti è vero. Assistemmo dal vivo al duello con sua maestà Nino Schurter in Val di Sole. Mise lo svizzero sotto torchio in salita e lo bastonò in discesa…

Esatto, poi sapete una cosa: quando sei sereno e tranquillo fai tutto con più armonia e spensieratezza. Anche io ci sono passato da atleta. Se le cose non vanno non riesci a guidare bene. Certo, avrà tanta pressione addosso, ma vedo che la tiene bene.

Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Fiandre 2020
Van der Poel ha vinto il Fiandre 2020: l’olandese gestisce bene la pressione
Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Fiandre 2020
Van der Poel ha vinto il Fiandre 2020: l’olandese gestisce bene la pressione
Quale può essere un suo punto debole?

Ho notato che su strada non si sa alimentare bene – dice Celestino quasi sottovoce – Io ne ho prese a manciate di crisi di fame e so riconoscere certi campanelli d’allarme. In Mtb e nel ciclocross non ha di questi problemi, le gare durano un’ora e mezza al massimo. Mi ricordo al mondiale di due anni fa quando iniziò a voltarsi verso la ruota posteriore per verificare che i pattini non toccassero sulla ruota. Mi sono detto: vedrai che questo va in crisi di fame. E infatti poco dopo si è staccato. E la stessa cosa è successa sui muri alla Tirreno l’altro giorno. Addirittura lì ha mangiato una barretta quando mancavano pochissimi chilometri alla fine. In quel caso meglio un gel.

E un suo punto di forza?

La testa – dice secco Celestino – Mathieu è talmente convinto del suo potenziale che può fare tutto. Ha sotto controllo il percorso, la tecnica, il dislivello… sa che può dare delle “aperte” e che può ammazzare i suoi avversari con quelle sgasate.

Che avvicinamento dovrebbe fare per te? Si dice che non faccia il Tour de France (la corsa francese termina il 18 luglio e la gara olimpica di Mtb c’è il 26)…

Il Tour: fossi in lui ne farei solo una parte. Se ripenso alla mia carriera, quando dovevo puntare a gare di un giorno mi è stata data la possibilità di fare spezzoni di Giro o di Vuelta, secondo me va bene. 

Però okay che Vdp è forte, ma qualcosa davvero dovrà pur fare se vuole l’oro di Tokyo. Nino Schurter è sempre un “Dio”, il connazionale Forster cresce e il francese Sarrou è iridato in carica…

Senza dubbio qualcosa dovrà fare. Ne vedo pochi che non hanno paura di Van der Poel. Partono quasi tutti con la mentalità di correre per la seconda posizione. A me quelli forti gasavano, ma sembra non sia più così dai commenti che sento e da quel che vedo quando siamo alle corse. 

Mathieu in teoria non è messo benissimo nel ranking e quindi non dovrebbe partire molto avanti.

L’Uci dopo lo stop del covid l’anno scorso ha bloccato i punteggi e dato un’ultima possibilità con le prime due gare di Coppa del mondo di quest’anno, Albstadt e Nove Mesto, entrambe a maggio. Immagino che Van der Poel ci sarà. Anche perché se poi questo arriva senza correre da un anno, parte dietro e vince… qui è meglio che chiudiamo baracca e burattini! Ci saranno altre prove di Coppa a giugno, ma non assegneranno punteggi.

Schurter davanti e Van der Poel dietro, il duello che ha infiammato le ultime stagioni in Mtb
Schurter e Van der Poel: il duello che ha infiammato le ultime stagioni in Mtb
Sembra che a giugno, Van der Poel vada in ritiro a Livigno…

Anche noi ci andiamo con la nazionale.

A proposito, i nostri biker come stanno?

Kerschbaumer è cambiato parecchio. L’essere passato alla Specialized lo ha rivoluzionato. E’ diventato anche social! E’ andato in ritiro in Sud Africa e l’ho visto molto meno sofferente nelle prime gare d’inizio stagione. E’ più tranquillo e il fatto di avere più chilometri nelle gambe magari gli eviterà i suoi classici alti e bassi. E poi anche Luca Braidot ha un’ottima condizione. Conto molto anche su di lui.

Torniamo a Van der Poel, okay che la doppietta olimpica strada e Mtb è pressoché impossibile visto che tra le due prove ci sono appena 48 ore di differenza (prima la strada poi la Mtb), ma secondo te lui ci ha pensato?

Beh, è l’unico che su carta ha questa possibilità. Magari dentro di sé un pensierino ce lo ha fatto. Ne sono quasi certo…

Il ghigno di Adrie: «Traditi dalla primavera»

21.03.2021
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Adrie Van der Poel era in fuga con Chiappucci, quando Claudio attaccò nella discesa del Poggio e andò a prendersi da solo la Sanremo del 1991, in una giornata di pioggia e vento che la primavera non sapevi cosa fosse. Perciò quando ieri mattina ha aperto la finestra e visto quel bel cielo terso e l’aria che profumava di bella stagione, ha capito che la corsa sarebbe stata una frenetica rincorsa al traguardo con poche possibilità di inventare qualcosa.

Maledetta primavera

Quando lo abbiamo incontrato vicino al pullman della Alpecin-Fenix dopo aver parlato con suo figlio, aveva lo sguardo in pace.

«Lo avete visto anche voi – diceva – Mathieu è dispiaciuto, ma sapevamo che non sarebbe stato possibile fare troppo diversamente. Il ciclismo non è uno sport facile e con un meteo come questo, c’era poco da inventarsi. Sapeva dallo scorso anno che fra i Monumenti, la Sanremo è per lui la più difficile da vincere. Metteteci pure che le gambe non erano buone come la settimana scorsa ed ecco spiegato il risultato».

A ruota di Vergaerde, Vdp è stato al coperto nella prima parte di gara
A ruota di Vergaerde, Vdp è stato al coperto nella prima parte di gara

Abituato allo stress

Sul fatto che la gente, addetti e tifosi, si aspettasse l’attacco da lontano, il salto doppio e la piroetta, il vecchio Adrie ha quel sorriso ironico che sfoggiava spesso anche da corridore.

«Mi ricordo delle Sanremo decise da lontano – dice Adrie – ma serviva che almeno ci fosse cattivo tempo o qualcun altro con le stesse intenzioni. Invece ci siamo ritrovati con un bel gruppo compatto e strade veloci e dritte. Il terreno per attaccare c’era pure, non le condizioni. Ma escluderei che mio figlio si sia fatto condizionare dalla pressione. A quella direi che ormai è abituato…».

Mamma in ansia

Mathieu è identico a sua madre Corinne, figlia di Raymond Poulidor, che sposò Adrie sebbene la mamma le avesse fatto promettere che non avrebbe mai scelto un corridore. Per lei ogni corsa che finisce senza problemi è comunque una vittoria

«Sono sempre nervosa quando lo guardo in televisione – diceva poggiata a un’ammiraglia – preferisco andare alle corse e aspettarlo al traguardo. Siamo qui dalla quarta tappa della Tirreno-Adriatico, ho fatto in tempo – sorride – a vedere qualche bella vittoria. Ma ora andiamo a casa, prepariamo altri bagagli e ci prepariamo a seguirlo nelle classiche del Belgio. Sempre che il Covid ce lo permetta. Su da noi ci sono dei limiti molto stretti. E sono contenta perché potrò applaudire anche David, l’altro corridore di famiglia. Scusate per l’inglese, di solito chiedo a Roxanne (compagna di Mathieu, ndr) di tradurre per me».

Sua madre Corinne con suo padre Raymond Poulidor (foto La Montagne)
Sua madre Corinne con suo padre Raymond Poulidor (foto La Montagne)

La squadra c’era

Roxanne in quel momento era con il suo campione ai piedi del pullman, parlando come se non si fosse appena conclusa una classica di 300 chilometri. Mathieu aveva le braccia scoperte e le infradito, in attesa di fare il punto con il diesse Leysen e poi tornarsene a casa. Ma Leysen era con noi…

«La squadra si è mossa bene – diceva – sappiamo di non avere l’organico più forte, ma abbiamo portato Mathieu dove volevamo che fosse. La Ineos ha influenzato il finale e alla fine non ha ottenuto nulla, impedendo che ci fossero attacchi dalla parte bassa del Poggio. Era la tattica di chi aveva il velocista, non per chi voleva attaccare. Ma in ogni caso, sapevamo di non poter fare come alla Tirreno. La Sanremo è un altro tipo di corsa. Per gli attacchi basterà aspettare la prossima settimana, ad Harelbeke e poi la Gand-Wevelgem. Lassù troveremo di nuovo pane per i nostri denti».

La resa di Van der Poel stremato all’arrivo

20.03.2021
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Davanti al pullman della Alpecin-Fenix c’è quasi una riunione di famiglia e Mathieu Van der Poel appena arrivato dal traguardo sta raccontando la resa a suo padre Adrie, in quell’incomprensibile idioma che per noi latini è il fiammingo olandese. Non sembra particolarmente afflitto, essendosi reso conto che spazio per fare il fenomeno oggi indubbiamente non c’era. L’aria è fresca, la mamma gli poggia una mano sulla spalla invitandolo a salire per coprirsi, ma due parole riusciamo comunque a scambiarle.

«Stavo bene – dice – sono stato davanti in tutti i momenti più importanti. L’unico passaggio un po’ critico può essere stato aver preso la Cipressa troppo indietro. Ma è anche vero che in cima eravamo con i primi. ».

Sulla Cipressa ha risalito il gruppo fino ad agganciare i primi
Sulla Cipressa ha risalito il gruppo fino ad agganciare i primi

Poggio in ritardo

Si guarda intorno, strizza l’occhio alla compagna Roxanne, che nella sua giacca panna sorseggia una Coca Zero.

«Si possono fare tanti piani alla vigilia di una corsa come questa – dice – e io avevo in mente di attaccare o seguire gli attacchi sul Poggio. Il fatto è che la battaglia si è accesa troppo tardi. E’ partito Alaphilippe, dietro di lui è andato Van Aert e poi sono andato anche io, ma a quel punto la salita era finita e in testa era rimasto un gruppo troppo grande. Attaccare in prima persona? Era quella l’idea, per questo quando è partito Alaphilippe mi avete visto un po’ indietro. Avevo pensato per un momento di attaccare da dietro e mi ero sfilato per prendere velocità. Ma la verità è che stavamo andando troppo forte, sarebbe servito uno sforzo troppo grande per le mie gambe. Però sono soddisfatto perché la squadra ha fatto un ottimo lavoro. Anche Senne Leysen, che ha tirato per tutto il giorno».

Con la compagna Roxanne, dopo la doccia e prima di risalire sul pullman
Con la compagna Roxanne, dopo la doccia

Non è la Tirreno

Adesso viene a chiamarlo anche il direttor sportivo Bart Leysen, storico compagno di squadra di Johan Museeuw e sua madre ci fa un sorriso di complicità: altre due domande e se ne va, rapido!

«Non sono troppo amareggiato – dice lui facendo per andare – perché questa è una corsa molto difficile da vincere. Sono andato meglio dello scorso anno, ma non è bastato. E alla fine, dopo la discesa fatta forte, Stuyven ha scelto il momento giusto. Meritava di vincere per la freddezza di quell’attacco. Il finale è stato molto frenetico ed è stato difficile decidere a quali attacchi reagire. Al traguardo il serbatoio era quasi vuoto. Ho provato a partire negli ultimi cento metri con un lungo rapporto, ma alla fine mi hanno comunque superato altri corridori. E’ stata una gara molto pesante. Se qualcosa posso aver imparato, è che attaccare sul Poggio e andare al traguardo è forse troppo difficile. Ma di sicuro la Sanremo non è la Tirreno, non era possibile né ho mai pensato di poter correre allo stesso modo».

Aveva in mente di attaccare sul Poggio, ma si è accodato ad Alaphilippe e Van Aert
Aveva in mente di attaccare sul Poggio, ma si è accodato ad Alaphilippe e Van Aert

A corollario di una corsa conclusa con il quinto posto che è certo meno delle attese e ha il sapore della resa, viene fuori che per la seconda volta in meno di due mesi, qualcuno del personale del team è risultato positivo al Covid e così per evitare problemi, il gruppo che sarebbe dovuto partire per il Catalunya se ne torna a casa e resterà al palo per una settimana. Il tempo di fare le verifiche del caso e ripartire. Gli altri, Mathieu in testa, tornano a casa affilando le armi per le gare del Belgio. Per un po’ in Italia non lo vedremo, ma siamo certi che non mancherà troppo a lungo dalla testa del gruppo.

VdP a Tokyo: lo show sarà in Mtb, ecco perché

19.03.2021
3 min
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VdP c’è sempre. Accendi la Tv in inverno e lo vedi dominare nel ciclocross, in primavera fa la storia nelle corse d’un giorno e nelle tappe, d’estate… Già, d’estate? L’olandese ha già detto chiaro e tondo che il suo obiettivo dell’anno sono le Olimpiadi, ma in sella a un altro tipo di bici, la mountain bike. I valori ci sono, ha vinto in Coppa del mondo e più volte è sembrato l’unico in grado di contrastare il re delle ruote grasse, lo svizzero pluriolimpionico e pluriridato Nino Schurter. Tuttavia è chiaro che il Van der Poel che illumina gli occhi degli appassionati su strada fa pensare che quella scelta riguardante Tokyo potrebbe anche essere stata prematura.

Dopo l’iride juniores del 2013, promise il passaggio al cross e fu di parola
Dopo l’iride juniores 2013, promise il passaggio al cross e fu di parola

Strada troppo dura

Davide Cassani il percorso di Tokyo lo ha già ben stampato nella memoria, si può anzi dire che ormai da più di un anno ogni suo ragionamento sia dedicato alla fatidica giornata del prossimo 24 luglio, quando la gara maschile su strada sarà l’evento centrale del primo vero giorno di gare olimpiche. Nessuno più di lui può quindi giudicare se la scelta di VdP sia stata giusta: «E’ un percorso difficile e su quel tracciato Mathieu non sarebbe stato l’uomo da battere. Non dico che non avrebbe avuto chance, ma sulla carta c’è gente più accreditata di lui. Una virtù del campione olandese poco considerata è che conosce benissimo i suoi pregi e i suoi difetti, lavora per limitare questi ultimi, ma sa ragionare anche in loro funzione e lo scorso anno si è visto bene».

Quando?

Proviamo a fare un piccolo salto indietro. Molti si stupirono della sua assenza ai mondiali di Imola, ma VdP sapeva di non avere la gamba giusta per affrontare al meglio quel tracciato e decise, proprio in base alla sua forma che era sì buona ma non al massimo, di puntare tutte le sue cartucce sul Giro delle Fiandre, che poi effettivamente ha vinto. E’ un campione che sa dosarsi in base ai percorsi. Ad esempio non lo vedo tra i grandi favoriti per la Sanremo, poi sappiamo tutti che la Classicissima premia spesso campioni che alla vigilia non avresti accreditato di grandi chance.

Probabilmente Van der Poel punterà sulla gara olimpica di Mtb avendo giudicato la strada poco adatta a lui
A Tokyo, Van der Poel punterà alla gara di Mtb
Quindi ha fatto bene a puntare sull’oro olimpico nella Mtb annunciando la sua scelta con larghissimo anticipo?

Van Der Poel è un corridore molto lungimirante, lo è sempre stato. Ricordo che nel 2013, quando vinse il titolo mondiale junior su strada a Firenze, disse che avrebbe puntato tutto sul ciclocross e i fatti gli hanno dato ragione. Se fa una scelta, la fa a ragion veduta.

Si pone però un problema: anche un campione come Van der Poel avrà bisogno di riabituare la gamba a un mezzo e un gesto tecnico diverso da quello del ciclismo su strada…

Infatti io non credo che andrà al Tour, neanche per affrontare solamente qualche tappa. Sono più propenso a pensare che cercherà di mettere fieno in cascina nel periodo delle classiche, sparerà tutte le sue cartucce e poi inizierà la preparazione per Tokyo. Non basta riprendere la gamba, non bastano gli allenamenti, avrà anche bisogno di qualche necessario test agonistico in Mtb. VdP ha una grande intelligenza, avrà valutato bene entrambi i percorsi olimpici, su strada e in Mtb (ricordiamo che le due gare si svolgeranno nello spazio di 48 ore, ndr). E poi avrà fatto la sua scelta, giudicando quello offroad più adatto alle sue caratteristiche. Sicuramente anche quella gara sarà spettacolare, come sempre quando VdP sale in sella.

Viaggio curioso negli errori del campione del mondo

17.03.2021
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Una frase, parlando giorni fa con Ballan degli errori di Alaphilippe, ci era rimasta nella testa. Proprio a proposito del francese e delle sue possibilità di battere i due giganti del cross, il campione del mondo di Varese 2008 aveva detto delle parole sibilline: «Julian può inventarsi l’attacco a sorpresa che li possa sorprendere, come la volata di Chiusdino. Anche lui è uno che sbaglia parecchio, però è forte e riuscirà a dargli filo da torcere».

Quali sono gli errori di Alaphilippe di cui parla Ballan? Bisogna chiederglielo. E così approfittando dell’ultima tappa della Tirreno-Adriatico e dei… buchi concessi dalla crono, lo abbiamo incontrato.

A Gualdo Tadino si congratula con VdP, ma avrebbe potuto giocarsela meglio?
A Gualdo Tadino si congratula con VdP, ma avrebbe potuto giocarsela meglio?
Forza Ale, vuota il sacco, parliamo di questi errori…

E’ il suo modo di correre (sorride lo spilungone veneto, ndr), avete visto che non sta mai fermo sulla bici? Toglie in continuazione le mani dal manubrio, si distrae, si gira, sembra perennemente agitato. Non voglio dire che sia stata colpa sua, ma anche quando è caduto al Fiandre, non stava guardando avanti. Chiaro che in quella situazione sarebbe caduto chiunque, ma resta il fatto che non è capace di restare fermo.

Un disordine che è anche tattico?

Qualche attacco a vuoto lo fa anche lui, ma il più delle volte gli va bene. Mi piace molto Julian. Però ad esempio l’altro giorno hanno voluto giocarsi la tappa facendo il buco con Stybar e secondo me hanno sbagliato. Quell’azione è vincente se la fai appena Stybar passa avanti, non lo lasci così tanto a tirare. Se il buco lo avesse fatto Ballerini e Alaphilippe si fosse messo a ruota di Van Aert, Wout avrebbe tirato e potevano giocarsi la tappa con Julian.

Pensa che di questa azione di parla come di una grande intuizione tattica…

Era intelligente, ma non aveva senso in quel momento e in quel modo.

Vout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Julian Alaphilippe, caduta moto, Giro delle Fiandre 2020
Fiandre 2020, Van Aert fa scattare la trappola, schiva la moto in extremis e Alaphilippe cade
Vout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Julian Alaphilippe, caduta moto, Giro delle Fiandre 2020
Fiandre 2020, Van Aert schiva la moto in extremis e Alaphilippe cade
Altri errori: il finale della Liegi. Deviazione in volata e poi le braccia alzate troppo presto.

E’ stata l’espressione del suo modo di fare troppo impulsivo. In certi frangenti, bisognerebbe avere la freddezza di pensare.

Forse nelle classiche questo suo muoversi incide meno, in un Giro sarebbe un bel dispendio di energie nervose, no?

Incide comunque, soprattutto perché deve confrontarsi con due che gli sono leggermente superiori. Nei Giri certo sarebbe uno degli aspetti da migliorare, anche perché ha fatto vedere di poter tenere la maglia gialla quasi fino in fondo. Nei grandi Giri devi limare ogni possibile dispersione, viste le medie a cui si corre. In proporzione, Van der Poel è uno che ultimamente usa molto di più la testa

Anche lui è parecchio istintivo.

Diciamo che a Castelfidardo ha rischiato grosso, partendo da lontano perché sentiva freddo. Ha corso gli ultimi chilometri in piena crisi di fame: se mangi una barretta ai meno 8, vuol dire che non c’è rimasto più niente. Però è migliorato rispetto ai mondiali di Harrogate. Lì evidentemente non aveva mangiato, qui ha pagato solo in finale. Bastava ci fossero altri 30 metri di dislivello e non arrivava al traguardo.

Dopo 52 chilometri di fuga, Van der Poel arriva in piena crisi di fame
Dopo 52 chilometri di fuga, Van der Poel in piena crisi di fame
Addirittura?

La crisi di fame è così. Lui è abituato all’ora di massimo sforzo del cross e ha gestito così il circuito di Castelfidardo. Mi ricordo quando correvo con Franzoi, anche lui crossista. Forti fisicamente, ma senza una grande visione tattica. Però sta migliorando, è un ragazzo intelligente. Peccato che non abbia in squadra un corridore più esperto che possa essergli d’aiuto. Di fatto, nei momenti caldi della corsa, si ritrova sempre da solo. Per questo di certo Alaphilippe ha le spalle più coperte…