Hirschi aiuterà Pogacar, ma oggi vuole tappa e maglia

26.06.2021
4 min
Salva

Il vecchio adagio, che non è mai stato tanto attuale come quest’anno, dice che vincere è difficile, ma farlo di nuovo lo è di più. C’era grande attesa per le prestazioni di alcuni supergiovani venuti alla luce lo scorso anno e fra questi Marc Hirschi era il più atteso. Dopo il 2020 della Freccia Vallone, la Liegi sfumata per la scorrettezza di Alaphilippe e la tappa al Tour sul traguardo di Sarran. Lo svizzero annuisce di fronte all’osservazione, mentre per onestà intellettuale omettiamo di far notare le voci poco lusinghiere che sul suo conto sono uscite dalla squadra, ex Sunweb e attuale Team Dsm, che lo ha lasciato andare di buon grado al Uae Team Emirates.

Lo scorso anno volava, sul Muro d’Huy piegò tutti
Lo scorso anno volava, sul Muro d’Huy piegò tutti

L’idea di San Millan

Quando ad aprile parlammo di lui con Inigo San Millan, che ne segue la preparazione, le sue parole furono chiare.

«Ci ha detto di volere la sua libertà e non abbiamo problemi a lasciargliela – disse – ma deve esserci continuo scambio di informazioni. Ha tanto talento e col tempo può diventare un corridore da corse a tappe. Lavoreremo per questo. La fase attuale prevede di valutarlo in quelle di una settimana. Al Giro dei Paesi Baschi è stato 12° nella crono ed è interessante. Sappiamo che va bene sugli strappi, bisognerà vedere le salite lunghe, ma non c’è fretta di scoprirlo. Ha solo 22 anni. Durante il lockdown del 2020 si è allenato tanto. Approfittando del fatto che in Svizzera si potesse uscire, ha fatto una base incredibile. Le sue prestazioni dello scorso anno si spiegano così».

Cambio di prospettiva

Ora che si parte alla pari, insomma, il gioco potrebbe essere meno divertente. E allora la cosa migliore da fare è forse fare un passo indietro e, considerando il 2020 come un anno poco credibile, cominciamo a valutare i suoi piazzamenti fra i cinque come ottimi segnali per un ragazzo di 21 anni che deve ancora scoprire la sua dimensione.

«Rivincere – annuisce – è molto più difficile, ma non l’ho scoperto quest’anno, credo di averlo sempre saputo. In più, l’anno scorso quasi nessuno sapeva chi fossi, mentre ora mi guardano e sono in una squadra in cui siamo controllati a vista. Poi mettiamoci che ho cambiato allenatore e preparazione… Insomma, sto bene, ma non ho mai pensato di poter riprendere dal punto esatto in cui avevo lasciato».

Il passaggio al Uae Team Emirates non è stato primo di sorprese
Il passaggio al Uae Team Emirates non è stato primo di sorprese

Prima tappa all’attacco

Il Tour che parte oggi per lui sarà insomma un’appendice di prova e insieme vedrà il suo coinvolgimento nella causa di Tadej Pogacar, un altro giovane di superiori qualità e concretezza, con cui fra gli juniores si contendeva i risultati più prestigiosi.

«Continuo a pensare di essere un atleta da classiche – dice – ma aiutare Tadej a difendere il suo titolo mi stimola molto. Dalla mia parte vedo le prime due tappe. Siamo andati a vederle e soprattutto quella di oggi l’abbiamo studiata tre giorni fa in allenamento. Sarà importate stare davanti quando si entra in città, nella discesa. Serviranno dei compagni davanti, perché poi quando inizia la salita finale, la strada di stringe ed è ripida. E’ un arrivo pericoloso anche in termini di cronometro. Un leader che rimanesse indietro potrebbe già perdere qualche secondo».

Nella crono del Romandia è arrivato piuttosto indietro, non è specialità che ami molto
Nella crono del Romandia è arrivato piuttosto indietro, non è specialità che ami molto

Obiettivi condivisi

Poi, finite le tappe per cacciatori, sarà la volta di Pogacar, un po’ vecchio rivale e un po’ nuovo amico.

«E’ bello essere qui – sorride – differente dallo scorso anno perché quest’anno abbiamo come obiettivo la classifica, in una squadra che può vincere il Tour. Non è una cosa da poco. E per me essere qui per aiutare allontana la pressione. Con Tadej ci conoscevamo come si conoscono due rivali, spesso sorridevamo, ma ci guardavamo di traverso. Siamo giovani, riusciamo a capire molto bene quello che ci passa per la testa e le fasi che viviamo. Credo che essere compagni sia un bel vantaggio per entrambi. Mi sento pronto per dargli una mano e per cercare i miei spazi. Cos’altro dire, cominciamo e vediamo come va a finire».