Pinotti in ammiraglia e Sobrero sulle Torricelle (a 6,7 watt/chilo)

02.06.2022
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Le emozioni della vittoria di Matteo Sobrero nell’ultima tappa del Giro d’Italia sono ancora forti. Il suo è stato davvero un bel gesto tecnico. Un numero che vogliamo analizzare più a fondo in compagnia di Marco Pinotti, tecnico della BikeExchange-Jayco.

Qualcosa Pinotti ci aveva accennato già prima del via. Come gli avversari da temere e soprattutto la paura del meteo ballerino. Ma fortunatamente il tempo ha tenuto e il piemontese è stato più forte di quelle goccioline, cadute giuste, giuste per bagnare un po’ l’asfalto.

Pinotti, dietro al palco dell’Arena si prende cura della Giant del suo atleta
Pinotti, dietro al palco dell’Arena si prende cura della Giant del suo atleta

Pensiero del meteo

«Non è andata come nelle aspettative: è andata meglio! – dice Pinotti – I piani sono stati rispettati al meglio. C’era solo il dubbio della pioggia».

«Io avevo seguito Durbridge, partito circa 40′ prima, e la strada era appena umida, poi invece quando è partito Matteo era proprio bagnata, ma andava ad asciugarsi. E questo per certi aspetti era peggio, perché pensavo agli altri favoriti che partivano 40′-50′ dopo. Van der Poel, mi preoccupava meno, perché lui scattava solo 13′ dopo e più o meno avrebbe trovato le stesse condizioni. Alla fine Matteo nella discesa ha pagato 8” ad Arensman, per il bagnato, mentre l’altro è potuto filare a tutta».

«Vero, mancava qualcuno, ma più che altro perché eravamo a fine Giro. Alcuni uomini di classifica non rischiano perché hanno la posizione consolidata. C’è chi è scalatore e chi invece arriva a fine corsa senza troppe energie. Ecco perché tra il primo e il terzo ci sono stati 44”. Fossero rimasti in gara un Tom Dumoulin o uno Simon Yates ecco che ci sarebbero stati altri corridori intorno ai 20”-25″ di distacco».

Primo sulle Torricelle, nel 2010 Pinotti fu poi secondo, per soli 2″ alle spalle di Gustav Larsson
Primo sulle Torricelle, nel 2010 Pinotti fu poi secondo, per soli 2″ alle spalle di Gustav Larsson

Esperienze passate

In conferenza stampa Sobrero ci aveva parlato di una gestione lineare della sua prova: prima parte in controllo, salita senza fuorigiri e poi giù al massimo fino alla fine. Ma come ha gestito la potenza?

«Matteo ha espresso i watt che pensavamo – spiega Pinotti – non di più. Io ho basato tutto sull’esperienza: la sua e la mia.

«La sua perché sono due volte che al termine dei grandi Giri esce bene e raggiunge i suoi livelli massimi. Solo al campionato italiano dello scorso è andato un po’ oltre, ma mettiamoci che era fresco. Anche nei giorni prima si era risparmiato un po’, ma per me era importante che facesse uno sforzo simile per la salita delle Torricelle. E per questo gli avevo detto di tenere duro almeno una decina di minuti sul San Pellegrino. Era una sorta di simulazione della crono».

«La mia esperienza, invece, perché nel 2010 c’era praticamente la stessa crono e io sulle Torricelle siglai il miglior tempo. Poi fecero meglio di me in discesa, lui è stato più bravo a guidare! Comunque visto il peso simile di quando ero un corridore, ho ripreso i miei wattaggi di quel giorno, gli ho detto: io ho fatto questo ed è andata così. Proviamo a rifare lo stesso».

«Matteo è stato più bravo. Ma l’ho visto subito mentalmente acceso. Era attivo. Spianato in bici dalla prima pedalata. E devo dire che ha retto bene la pressione di questo obiettivo puntato da tempo».

Sobrero con i suoi 63 chili, ha sviluppato qualcosa come 6,74 watt per chilo. Dato eccellente (foto Instagram)
Sobrero con i suoi 63 chili, ha sviluppato qualcosa come 6,74 watt per chilo. Dato eccellente (foto Instagram)

Rpm e watt

Rapporti, cadenza, buche, wattaggi… tutto era programmato e tutto è stato rispettato.

«Sobrero ha montato un 58-44 davanti e un 11-30 dietro. La crono andava fatta tutta con il 58 salvo tre punti sulle Torricelle. All’uscita dal tornante doveva mettere il 44, ma non lo ha fatto. Lì un po’ mi sono preoccupato, perché se poi si fosse piantato, per far scendere la catena sul 44 e rilanciarsi avrebbe perso tempo. Invece per fortuna non si è piantato. Certo, ha usato per quel breve tratto il 58×30, però la cadenza non è scesa al di sotto delle 87-88 rpm. Ed è stata la più bassa di tutta crono».

Pinotti ci parla poi dei famigerati watt. Anche in questo caso, bisogna togliersi il cappello. Sobrero ha espresso valori da “centrale elettrica”!

«I dati veri ce li ho per la salita, perché per l’inizio e il finale soprattutto, tra discesa, curve e il tratto in pavé non sono molto indicativi. Ogni 45”-50” bisognava interrompere la pedalata per dei rilanci, quindi ci sono più che altro dei picchi».

«Sulla salita Matteo si è attestato sui 425 watt (pesa 63 chili, quindi parliamo di 6,74 watt/chilo, ndr), mentre dai dati di Strava, Arensman era sui 459 e Van der Poel dieci in più, 469. Sarei molto curioso di conoscere l’esatto peso di Arensman. Io, dalle mie stime, credo sui 70 chili. Comunque è andato molto forte anche lui.

«Dal Gpm all’arrivo c’erano circa 8′, Matteo ha impiegato 8’01”: 3’30” in discesa e 4’30” in pianura».

BikeExchange, primo e quarto: Pinotti al settimo cielo

07.05.2022
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Pinotti carica il camion e stasera si sente proprio leggero. «Un’emozione fortissima – dice – dopo più di un anno a mangiare la polvere!». Simon Yates ha vinto la crono di Budapest, Sobrero è arrivato quarto. Per l’allenatore del Team BikeExchange-Jayco che si occupa proprio delle prove contro il tempo, la serata ha un sapore pazzesco.

C’è poca voglia di rubargli tempo, andiamo subito al sodo. Anche perché c’è tanto lavoro da fare prima di cena.

Sobrero ha fatto registrare il miglior tempo parziale, chiudendo poi al 4° posto. Pinotti era certo della condizione in arrivo
Sobrero ha fatto registrare il miglior tempo parziale, chiudendo poi al 4° posto
Marco, era nell’aria?

Me lo sentivo, stavolta sì. Visti i risultati di ieri e i dati fatti sulla salita finale, ho detto che ne avremmo messi due nei dieci. Sobrero è uscito bene dal Romandia. Temevo Dumoulin, ma quando stamattina ho rivisto il percorso, ho pensato a Van der Poel.

Quando lo avevi visto la prima volta?

Mercoledì, da solo. Ho fatto anche un video e l’ho fatto vedere ai ragazzi. Stamattina poi l’ho fatta due volte con Yates. E poi ho seguito Craddock (il campione americano, 31° all’arrivo, ndr) facendo pure un video che ho fatto vedere a Simon.

Era uno Yates molto sereno quello che alla partenza del Giro scherzava con i giornalisti
Era uno Yates molto sereno quello che alla partenza del Giro scherzava con i giornalisti
Che tipo di crono è stata?

Tecnica. Bisognava guidare bene e rilanciare forte. Sono venuti fuori gli specialisti, ma anche quelli dotati di grande cambio di ritmo. Facevo bene a temere Van der Poel. Per fortuna la salita era lunga 2’25” e Yates è leggero e potente. Se fosse stata una salita da un minuto, Mathieu vinceva la crono.

Una rivelazione Yates così forte a crono?

Più che altro un bel riscatto. L’anno scorso, nonostante ci lavorasse tanto, non ne veniva fuori. Non sapete quante notti senza dormire ho passato pensando a cosa non andasse. Poi abbiamo cambiato bici e abbiamo tirato una riga. Siamo andati con lui e con Sobrero in galleria nel vento. Ricordate? Poco prima dell’incontro con Malori. Siamo partiti dalla biomeccanica più che dall’aerodinamica e abbiamo messo le basi per ripartire bene.

Ha funzionato subito?

Simon ha ricevuto il manubrio custom fatto da Sync, brand australiano partner di Giant, prima della Parigi-Nizza e si è trovato subito bene, soprattutto con la convinzione di aver trovato la giusta posizione. Sobrero invece l’ha ricevuto prima della seconda crono del Romandia. Se a tutto questo si aggiunge che adesso c’è finalmente anche la condizione, si capisce perché siamo andati così bene.

Dopo la vittoria, Yates ha ringraziato Giant…

Non è stato facile avere tutto il materiale con gli strascichi della pandemia, ma sono stati eccezionali. Se un dubbio c’era venendo qua era legato alla condizione di Sobrero.

Cosa intendi?

Siamo stati in altura e non aveva grandi sensazioni. Pensava di non andare. Mi chiedeva se si sarebbe sbloccato al Romandia e ho lavorato tanto per dargli fiducia, perché secondo me sarebbe andato meglio, come poi è stato. Forse con lui abbiamo spinto troppo…

Nel fare cosa?

Nel caricarlo di aspettative, con il discorso di provare a fare classifica. Non regge ancora, deve maturare e fare uno step ulteriore. Ma a crono è un talento naturale, mi fa pensare a Malori o a com’ero io. Ascolta i consigli, ma capisce da sé come affrontare i percorsi.

Le bici da crono vengono con voi in Sicilia?

No, tornano in Italia domani con… Pinotti. Le porto io. Solo quella di Yates resterà nel bus: potrebbe volerla per qualche allenamento. Che bella serata, ragazzi…

Simon Yates e un’ossessione chiamata Giro d’Italia

19.02.2022
5 min
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Per Simon Yates passano gli anni, ma non cambia l’obiettivo. Nel 2022 lo scalatore britannico punterà ancora al Giro d’Italia. Quello tra Simon e la Corsa Rosa è un conto aperto che va avanti ormai da 4 anni, quello che sta per iniziare è il quinto alla ricerca della vittoria. Quando a metà della scorsa stagione, dopo il terzo posto conquistato alle spalle di Bernal e Caruso, avevamo chiesto a Vittorio Algeri se quella di Yates non fosse diventata un’ossessione la risposta fu un timido: «Potrebbe essere». 

Da un anno e mezzo, il corridore della Bike Exchange Jayco, è seguito anche da Marco Pinotti che vuole aiutarlo a conquistare il suo personale santo Graal, a forma di trofeo senza fine. Come un saltatore in alto Yates cambia la rincorsa ma non l’altezza dell’asticella…

Il Giro d’Italia 2018 sembrava poter incoronare il britannico, ma alla fine la spuntò Froome
Il Giro d’Italia 2018 sembrava poter incoronare il britannico, ma alla fine la spuntò Froome
L’obiettivo del 2022 rimane il Giro?

Sì, cambia però l’avvicinamento. I giorni di corsa rispetto al 2021 non variano, è differente però la distribuzione. Il grande obiettivo dei primi mesi di gare è la Parigi-Nizza, corsa che non è mai riuscito a vincere (arrivò alle spalle di Soler nel 2018 per soli 4 secondi, ndr). 

L’anno scorso fece Tirreno-Adriatico, Catalunya e Tour of the Alps…

Sì, infatti al Tour of the Alps era troppo avanti di condizione e al Giro d’Italia non ha mai avuto un picco di forma, è stato costante. Questo lo si intuisce anche dai risultati, fece bene dopo l’ultimo giorno di riposo a Sega di Ala, sintomo che avesse bisogno di riposo per assimilare gli sforzi fatti. Analizzando i dati e le sue sensazioni abbiamo capito che forse gli mancasse anche un po’ di base per il recupero, quindi si è deciso di cambiare approccio.

Nel 2021 il principale obiettivo dei primi mesi fu il Tour of the Alps, poi vinto
Nel 2021 il principale obiettivo dei primi mesi fu il Tour of the Alps, poi vinto
Ora Simon è impegnato alla Ruta Ciclista del Sol, il suo debutto per il 2022, poi cosa farà?

Questa prima corsa serve per assimilare i lavori fatti in preparazione invernale. All’arrivo della seconda tappa si è visto come negli ultimi 200 metri abbia mollato, vuol dire che è ancora un po’ appesantito dal carico di lavoro fatto in altura fino a pochi giorni fa. I prossimi impegni saranno Parigi-Nizza e Volta a Catalunya, poi un periodo di altura ed infine una corsa proprio a ridosso del Giro.

La Corsa Rosa non rischia di essere un’ossessione? Soprattutto dopo così tanti anni di tentativi? Anche Simon soffre il freddo e il Giro non è mai clemente con il tempo.

Sono tutte considerazioni giuste, però, alla fine è una corsa che non ha vinto, come la Parigi-Nizza. Simon è un campione e come tale vuole tentare dove non è riuscito. 

Cambiare obiettivo?

Alla fine la Vuelta, che è una corsa non adattissima alle sue condizioni, l’ha vinta. Cambiare obiettivo vorrebbe dire andare al Tour de France (pausa di silenzio, ndr). Non dico che non sia alla sua portata, ma corridori come Pogacar e Roglic sono difficili da battere. Soprattutto se si considerano le lunghe cronometro che ci sono. Per come è disegnato il Giro, direi che è più alla sua portata.

La seconda tappa a Budapest è una cronometro, avete lavorato anche in questo campo?

Si è lavorato molto anche in galleria del vento perché abbiamo visto che in questi anni si è allontanato dai suoi diretti rivali. Stiamo lavorando molto con lui, alla fine il Giro d’Italia di quest’anno anche per parterre è davvero più abbordabile…

L’anno scorso è arrivato al Giro con la condizione non al meglio, dopo aver raggiunto il picco al Tour of the Alps
L’anno scorso è arrivato al Giro con la condizione non al meglio, dopo aver raggiunto il picco al Tour of the Alps
Simon quest’anno farà 30 anni, quali sono i parametri e i campi su cui lavorare per migliorare, se ancora possibile?

Più si va avanti con l’età più aumenta la resistenza, a discapito della forza nel breve periodo. Lui a differenza del fratello (Adam, dal 2021 alla Ineos, ndr) non è uno che può far bene nelle corse di un giorno. Nelle corse a tappe di una settimana ha dimostrato di essere stra competitivo. Potrebbe concentrarsi su quelle e fare il cacciatore di tappe ai grandi Giri. 

Quante stagioni potrà ancora lottare per la classifica generale?

Penso che per un paio d’anni, minimo, potrà ancora lottare per le corse a tappe. Alla fine con il passare dell’età migliori sotto alcuni aspetti, vedi Caruso che l’anno scorso ha fatto la sua miglior stagione a 34 anni…

Sobrero all’università della crono con Malori e Pinotti

25.01.2022
9 min
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«Io Malori non l’ho mai conosciuto – dice Sobrero sorridendo – l’ho sempre visto in televisione. Però mi ricordo che ai mondiali del 2015 di Richmond, che io feci con gli juniores, una volta andai dai meccanici e vidi per la prima volta una corona da 58 montata sulla sua bici».

Adriano sorride e rilancia dicendo che adesso usano il 60, ma Sobrero alza le mani: lui il 60 non sa ancora cosa sia.

Tre tricolori

Il pomeriggio inizia a scurire e allo stesso tavolo, sia pure virtuale, siedono tre campioni italiani della crono e uno che quelle vittorie le ha raccontate. Matteo Sobrero, campione italiano in carica. Marco Pinotti, il suo preparatore al Team BikeExchange, sei volte tricolore fra i pro’. Il nostro Adriano Malori, campione italiano per tre volte da professionista, del mondo ed europeo fra gli U23. L’idea è di lasciare loro la parola, facendo a Sobrero appena la domanda che romperà il ghiaccio. Quando si cambia squadra e si è specialisti della crono, si chiede anche qualche garanzia sui materiali?

«A dire il vero – risponde – il materiale è stato una delle prime cose che ho valutato. La possibilità di avere il manubrio stampato 3D e lo studio dei materiali è stata detta dall’inizio. Siamo anche andati a Silverstone in galleria del vento a fare un nuovo bike-fit, al momento sono molto soddisfatto del lavoro che abbiamo fatto».

La possibilità di investire sui materiali ha portato Sobrero al cambio di squadra (foto BEX Media)
La possibilità di investire sui materiali ha portato Sobrero al cambio di squadra (foto BEX Media)

PINOTTI: «Tra l’altro, non so se quando ha firmato Matteo sapesse già che stavamo passando da Bianchi a Giant. E questo noi lo vediamo come un’evoluzione. La Bianchi era già competitiva, però pensiamo che con Giant avremo un piccolo vantaggio dal punto di vista della bici e del pacchetto completo bici e ruote. Avevamo ruote Vision e Pirelli come tubolari, quest’anno avremo ruote della Giant, quelle che aveva già la CCC e poi i tubolari saranno Vittoria».

Le mani sopra

MALORI: «Matteo, colgo l’occasione, così senza riscaldamento, per farti una domanda che volevo farti da una vita. Ho visto che tieni le mani una sopra l’altra sulle protesi. E’ una questione di comfort o è un discorso aerodinamico?».

SOBRERO: «C’è stata una lunga discussione su questa posizione quando siamo andati a Silverstone. E’ stata una cosa che si è creata negli anni, anche confrontandomi con Filippo (Ganna, ndr), cosa che ho modo di fare molto spesso. Rispetto alla media sono molto corto sul davanti. Si tende ad andare molto lunghi, ma essendo leggero, poi mi muovo tanto e non mi trovo. Se invece rimango più corto, tendo a tirare, non sono solo appoggiato. E tirando rimango più fermo e più incassato. Poi ho scoperto che mi permette di avvicinare la testa con le mani, per essere più aerodinamico. E’ una cosa che mi sono messo in testa e mi trovo molto bene».

MALORI: «La trovo molto strana perché le protesi sono dritte e una persona che nello sforzo massimo si aggrappa a quel modo, anche a livello posturale ha una spalla più sollevata dell’altra…».

Sobrero è grande amico di Ganna e si confrontano spesso anche su temi tecnici
E’ grande amico di Ganna e si confrontano spesso anche su temi tecnici

PINOTTI: «Questa cosa qua è di quelle che creano il mal di testa a chi deve fargli il manubrio custom, perché non puoi fare le estensioni asimmetriche. Però abbiamo visto in galleria del vento che è una posizione vantaggiosa per lui. E’ entrato e aveva un certo valore, quando è uscito non è che avesse numeri tanto migliori, però abbiamo validato delle cose. Come ho sempre detto, un cronoman naturale in due o tre anni alla posizione migliore ci arriva da solo sentendo l’aria nel casco. A lui questa posizione porta dei vantaggi, anche se intuitivamente non è veloce, ma per lui è vantaggiosa e ci è arrivato naturalmente».

SOBRERO: «Io ero partito con le osservazioni fatte in pista a Valencia con l’Astana, quando si diceva di chiudere l’angolo delle braccia. Solo che per farlo, avrei dovuto prendere le protesi nella parte più alta con appena due dita e io non mi sentivo sicuro…».

La posizione scomoda

MALORI: «Abbiamo fatto questo discorso su bici.PRO tempo fa. Tanti impongono al cronoman le posizioni più redditizie che però sono anche scomode, mentre il miglior cronoman è quello che ha la posizione cucita su di lui, che grazie ad essa riesce a sviluppare più watt…».

PINOTTI: «Il tuo discorso è il più corretto. Infatti prima di entrare in galleria del vento, siamo stati parecchio con il fisioterapista a fare bike fitting. Abbiamo visto su quali distretti si possa agire, così quando siamo entrati nel tunnel, sapevamo su quali posizioni potevamo lavorare. Ad esempio con Yates, che non deve fare delle crono secche, ma inserite nei Giri, abbiamo scelto una posizione che non era la più veloce».

MALORI: «Senti Matteo, come ti gestisci per fronteggiare i cronomen di stazza superiore alla tua, i vari Ganna, Kung, Van Aert?».

SOBRERO: «Devo giocare sull’aerodinamica, perché in pianura da uno come Ganna perdo comunque tantissimo. In pianura, il watt è watt, non c’è niente da fare».

Nella crono tricolore di Faenza ha controllato in avvio e dato tutto nel finale
Nella crono tricolore di Faenza ha controllato in avvio e dato tutto nel finale

Il tricolore di Faenza

MALORI: «Il campionato italiano non l’ho visto, ero al lavoro. Come avete gestito le tre parti, fra andata, salita e ritorno? Display coperto oppure ti sei gestito?».

SOBRERO: «Mi sono gestito parecchio nella prima parte. Sapevo che avrei perso. Però se quei 10-20 watt li avessi risparmiati in avvio, in salita e nel tratto finale mi sarebbero tornati utili. E poi faceva caldo, un semplice fuori giri si poteva pagare caro. Invece al ritorno, che era anche a scendere, io ho fatto i miei watt, anche se ero a tutta, mentre Pippo che aveva dato troppo nella prima parte ha pagato».

PINOTTI: «Ganna è arrivato al primo intermedio con il miglior tempo, quindi è andato fortissimo in salita e lo ha pagato dopo. Matteo si è gestito bene, mentre Ganna ha perso tanto negli ultimi chilometri».

MALORI: «Ganna ha fatto come alle Olimpiadi: fortissimo all’inizio, poi in difficoltà. Domanda a bruciapelo: Matteo, ai grandi Giri ci pensi? Pesi 63 chili, sei fatto per le salite, ci pensi?».

SOBRERO: «Dopo lo Slovenia (chiuso al 3° posto, ndr) e l’italiano e l’ultima crono del Giro, ho preso più consapevolezza. Sì, ci penso, magari corse di una settimana in cui c’è la crono posso dire la mia. Ci vuole tempo. Ho visto che nello sforzo di mezz’ora riesco a fare qualche risultato. Nella corsa di cinque giorni, potrei dire la mia».

Classifica alla Tirreno

MALORI: «Ci provi già alla Tirreno quest’anno? Io scommetto 50 euro che fai podio».

SOBRERO: «Addirittura?».

PINOTTI: «Sembra che tu abbia letto i programmi della squadra. Alla Tirreno gli daremo la possibilità di fare classifica, perché non lo ha mai fatto. La Parigi-Nizza per la crono forse sarebbe più adatta, ma la Tirreno gli viene bene. Dovremo lottare ogni giorno, capire quello che significa, anche fosse per arrivare nei 15. E poi quest’anno è più adatta di altre Tirreno. Non avrà il supporto di uno scalatore, ma a Capodarco può difendersi e anche sul Carpegna può provarci».

MALORI: «Allora facciamo così: se vinco mi prendo 50 euro da ognuno di voi. Se perdo (e giù tutti a ridere, ndr), Enzo dà 50 euro agli altri tre!».

Sobrero ha il fisico da passista scalatore, la crono può essere funzionale per altri obiettivi
Sobrero ha il fisico da passista scalatore, la crono può essere funzionale per altro

MALORI: «Pino, una domanda per te adesso. Come si prepara un cronoman così che non ha la struttura dei più forti? In qualche modo mi ricorda te, che quando andavi forte davi legnate a tutti. Anche a me… (ridono tutti, ndr)». 

PINOTTI: «Non è tanto diverso da allenare un cronoman grande. Abbiamo fatto più palestra degli altri anni, ma non una cosa esagerata. Non per renderlo più potente, ma per renderlo più stabile. Ha ottimo recupero, quindi la crono può essere funzionale al resto della sua carriera. Può diventare un corridore da grandi Giri, dipende dai percorsi. E’ andato forte per due anni di fila nella crono finale del Giro, vuol dire che recupera bene».

Misuratore di potenza: sì o no?

MALORI: «Un’altra domanda per te, Pino. Preferisci la galleria del vento oppure i test in pista?».

PINOTTI: «Ho cambiato idea da poco, devo essere onesto. L’anno scorso portammo 15 corridori in pista a Valencia e pensavo che ci saremmo resi conto vedendoli pedalare e anche loro avrebbero capito se una posizione fosse più adatta delle altre. Quest’anno invece siamo andati in galleria del vento, ne abbiamo portati meno ma abbiamo potuto fare molte più cose, soprattutto avendo un atleta che dia dei buoni feedback. E poi ora i costi si sono ridotti, per cui adesso voterei per la galleria».

MALORI: «Ancora per te. Il misuratore di potenza ha cancellato un po’ l’arte del cronoman, la capacitò di gestirsi, evitando il fuori giri. Cosa ne pensi?».

PINOTTI: «Hai ragione, ma si può fare ancora senza. Pogacar ha vinto il Tour con quell’ultima crono senza avere alcuno strumento. Il fuoriclasse in gara può farne a meno. Quando ti alleni tanto, hai la sensibilità per capire se stai facendo 350 oppure 400 watt. Il vantaggio del potenziometro c’è con i meno specialisti, cui devi dare un’impostazione. Lo scalatore ha il senso del ritmo e si gestisce. Quelli più veloci, che sono abituati a dare tutto subito invece, partono troppo forte e poi si spengono. Con loro è decisivo. Ma se dovessi scegliere per me, lo vorrei. Però se senti di poter spingere e lui ti dà un valore più basso, devi poter spingere. Guai essere schiavi del numero. Lo vedo come il corridore davanti, un riferimento per andare più forte».

Sobrero si è rivelato al Giro del 2020, con il settimo posto nella crono di Palermo
Sobrero si è rivelato al Giro del 2020, con il settimo posto nella crono di Palermo

Le crono lunghe

BICI.PRO: «Si è parlato di crono di mezz’ora, quale differenza c’è con quella da un’ora?».

SOBRERO: «La prima crono lunga che ho fatto è stata all’italiano. E’ andata bene, mi sono trovato meglio di altre volte. Faccio 10 minuti che sto bene e altri 10 che maledico il mondo. Mi deprimo e mi motivo da solo, aspettando di arrivare agli intermedi».

MALORI: «Entra in gioco il fatto mentale. Fai mezz’ora e quando pensi che sei appena a metà gara, il fattore mentale è decisivo. I velocisti una volta mi chiedevano a cosa pensassi. Gli rispondevo che pensavo alle cose che mi avevano fatto girare le scatole e che mi davano il nervoso, in modo da avere la grinta».

PINOTTI: «Non le fanno più così lunghe, ma è un fatto di condizione. Se normalmente fra due atleti a crono c’è poca differenza, in un’ora questa si amplifica. Fai presto a perdere 2’30”. Anche perché la differenza la fai negli ultimi chilometri. Matteo al campionato italiano aveva una condizione eccezionale. Io non pensavo a cose lontane. Ero concentrato sul momento e semmai sull’avversario davanti. Se vedevo la macchina davanti era fatta».

MALORI: «Ti è capitato mai di vedere la macchina, riprenderla e renderti conto che non è di quello che è partito prima, ma del velocista di turno che sta facendo la crono al pascolo (ride, ridono tutti, ndr)?».

Si va avanti a parlare della cronosquadre ai mondiali e del Mixed Team Relay. Di chi dovrà pagare se Sobrero andrà sul podio della Tirreno e della possibile rimpatriata nei giorni del Giro. Si parla e si ride tanto. Quasi un’ora di appunti e battute fra amici, ma il tempo è volato. Se sarete arrivati sino in fondo, andate a lasciare un commento su Facebook, sarà anche per voi come aver vinto la crono di un’ora…

Da cronoman a cronoman, Pinotti accoglie Sobrero

27.10.2021
6 min
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Matteo Sobrero passerà alla BikeExchange e in questo team troverà ad attenderlo a braccia aperte Marco Pinotti. Marco oltre al suo passato da corridore( e da ottimo cronoman) è anche un validissimo tecnico, specie per quel che riguarda il lavoro con i più giovani e nel settore contro il tempo, chiaramente.

L’innesto del piemontese sembra essere tagliato per lui. Oltre ad essere una bella storia, una di quelle “altalene” che spesso si sono viste nel ciclismo in cui ci si trasmette l’esperienza e il sapere, questo cambio di casacca desta anche curiosità. Come si concilieranno i numeri del Pinotti diesse e ingegnere e i sogni di Sobrero, giovane atleta? Un bel mix su cui riflettere.

Marco, arriva Sobrero: un campione italiano della crono proprio come te…

Sì, ma lui ci è arrivato prima! Approda alla BikeExchange già con un ottimo pedigree. Si vede che alla Qhubeka e all’Astana ha lavorato bene. In questi giorni stavo guardando i suoi allenamenti. Stavo analizzando i suoi carichi di lavoro, assicurandomi che fossero stati fatti in modo progressivo.

E il responso qual è?

Che ha lavorato bene. Dai 24.000 chilometri del 2018 ogni anno è cresciuto un po’ fino ai 26.000 chilometri di quest’ultima stagione. Una crescita fatta con gradualità. Per me Matteo in prospettiva può fare bene nelle brevi corse a tappe. Poi magari in futuro anche di più. Nibali appena passato non ha subito vinto i grandi Giri. E’ un ragazzo che da quel che ho visto lavora bene ed è preciso.

E tu come ci lavorerai? Partiamo dalla sua posizione: Matteo è ben messo. Molto chiuso davanti: dove si può migliorare?

Nei dettagli – risponde secco Pinotti – Matteo è un cronoman naturale. La posizione potrebbe trovarla anche da solo. Il biomeccanico nel suo caso non deve creargli impedimenti nel cercare posizioni più redditizie. Intanto ripartiamo dalle sue misure, che non sono male, e poi vedremo di andare in galleria del vento per migliorare qualcosa senza snaturarlo. Il secondo passo invece sarà intervenire sui materiali.

Per Sobrero una gran bella posizione di partenza. Pinotti dovrà lavorare sui dettagli nel passaggio da Wilier a Scott
Per Sobrero una gran bella posizione di partenza. Pinotti dovrà lavorare sui dettagli nel passaggio da Wilier a Scott
A Leuven Sobrero ci diceva che avrebbe voluto il manubrio 3D…

Beh, non è una cosa che si fa dall’oggi al domani, ma posso dire che tra i nostri corridori lui è in cima alla lista per averlo. Però vorrei anche dire una cosa. Questo manubrio dà effettivi vantaggi con una componentistica non perfettamente integrata. Se all’anteriore si ha una bici “sporca”: fili, spigoli, protuberanze. Ma se la bici di partenza è già pulita i suoi benefici non sono neanche quantificabili. Lo abbiamo visto alle Olimpiadi con Dumoulin o i corridori della Deceuninck che avevano una bici pulita. Semmai è più una confidenza ulteriore per il corridore che ha a disposizione tutti i migliori materiali che vuole.

Sobrero è un cronoman atipico se vogliamo: è “piccolo”, non troppo pesante. E lo abbiamo visto anche al mondiale tra Affini e Ganna nel team relay. Come fa andare così bene?

Infatti va bene su percorsi ondulati e non troppo piatti. Al mondiale non poteva fare di più. Però in passato ci sono già stati cronoman simili. Mi viene in mente Levi Leipheimer: abbastanza piccolino, sui 62-63 chili. Lui sfruttava un’ottima aerodinamica e una soglia molto alta. Matteo non è ancora a quel livello, perché pesa un po’ di più e ha qualche watt in meno, ma può crescere, può limare qualcosa in termini di peso e questo di conseguenza se lo ritrova anche in salita. Lo abbiamo visto al Giro di Slovenia, dove ha lottato con Pogacar, e al Giro d’Italia. Lo ha finito bene e ha lavorato per Vlasov. Le corse impegnative che ha vinto da dilettante può vincerle anche di qua.

Lo seguirai direttamente tu? Anche andandogli dietro con la macchina?

Sì, lo seguirò io. Gli andrò dietro nei ritiri e prima di qualche evento specifico, magari il prossimo campionato italiano, poi no: lavorerà a casa. Per il resto gli farei fare dei piccoli passi avanti rispetto ai carichi di lavoro di quest’anno, ma non tanto sul volume. In tal senso migliorerà da solo. Curerei l’intensità soprattutto a ridosso degli eventi in cui può fare bene.

Che gare farà?

Vorrei cercargli dello spazio per fargli fare bene. Adesso vediamo come sarà il percorso del Giro, ma l’idea è di trovare delle brevi corse a tappe in cui le crono avranno un certo peso specifico. La mia idea è di vederlo ad una Parigi-Nizza o una Tirreno, ma aspettiamo di vedere quanto conterà la crono appunto. Vorrei trovare corse che esaltino le sue caratteristiche. Occasioni in cui può fare bene e imparare a fare il leader, a gestire squadra, pressioni, uomini… 

Quante volte dovrà uscire con la bici da crono?

Direi almeno due a settimana. Ho parlato con i meccanici affinché gli forniscano subito una bici da crono riportando le sue misure così che possa prenderci confidenza, anche per i materiali. Comunque direi non meno di sette allenamenti al mese con questa bici.

Come detto in precedenza, Matteo è un cronoman puro ma “piccolo”. Non è un Van Aert o un Ganna, ma più un Bernal, un Pogacar, senza però essere un corridore da corse a tappe, almeno per ora. Come si fa in questi casi?

Le differenze di lavoro non sono molto differenti a crono. Diciamo che Roglic e Pogacar forse sono un po’ più pesanti e tengono meglio certi carichi di lavoro. La mia idea però è di non sovraccaricarlo. Come ho detto, su un tracciato piatto come quello di Leuven uno come Sobrero ha difficoltà, meglio un percorso come quello dell’Italiano, anche se era lungo.

E’ chiaro…

Ho analizzato i suoi valori di potenza del Benelux Tour, non erano male, anche se non erano quelli del Giro, ma certo sono più bassi rispetto agli specialisti più pesanti. Però è anche vero che all’interno di un grande Giro sono valori importanti, specie per chi come lui ha mostrato ottime doti di recupero. E ce lo dice il fatto che è sempre andato molto bene nella crono finali. Andò forte a Voldobbiadene, a Milano. E persino in quella inaugurale di Palermo l’anno scorso, segno che sa anche guidare bene la bici da crono.

Moser Hinault 1984

Facciamo un gioco: quali sarebbero le migliori cronocoppie?

09.10.2021
4 min
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Ricordate il Trofeo Baracchi? In calendario dal 1941 al ’91 e dal 1949 con la formula della cronocoppie, era il classico appuntamento di fine stagione del ciclismo internazionale. Alcune coppie sono rimaste nella memoria della gente, come Fausto Coppi che dopo tre vittorie con Riccardo Filippi nel 1957 trionfò con il giovane Ercole Baldini olimpionico l’anno prima, oppure i grandi Altig e Anquetil trionfatori nel 1962, lo stesso Anquetil con Gimondi nel ’68, Moser e Saronni nel ’79, ancora Moser e Hinault nell’84 (foto di apertura) fino all’edizione del ’91, tornata individuale per concludere la Coppa del Mondo.

In Lombardia contemporaneamente si svolgeva il GP d’Europa che è durato un po’ di più, fino al 2000. Nel 1999 lo vinse, insieme all’ucraino Belohvosciks, un giovanissimo Marco Pinotti che ricorda bene quel tipo di corse e che abbiamo quindi chiamato come interlocutore per immaginare un Baracchi contemporaneo, chiedendoci e chiedendogli quali potrebbero essere le cronocoppie migliori sulla base dei campioni attuali.

Marco, non possiamo che partire da Filippo Ganna: con chi sarebbe abbinabile e tecnicamente meglio adattabile?

Non è semplice, perché Filippo ha un fisico imponente e ha bisogno di un corridore di stazza simile: con Rohan Dennis, ad esempio, non si comporrebbe una coppia ben assortita perché Ganna prenderebbe troppa aria. In Italia potrebbe formare una buona coppia con Affini, ma considerando le caratteristiche che aveva il Baracchi, dove si componevano coppie internazionali anche di team diversi, io dico che l’ideale sarebbe vederlo insieme al campione europeo Kung.

Van Aert Evenepoel 2021
Van Aert ed Evenepoel, troppo diversi fisicamente ma soprattutto inconciliabili come caratteri
Van Aert Evenepoel 2021
Van Aert ed Evenepoel, troppo diversi fisicamente ma soprattutto inconciliabili come caratteri
Passiamo a Van Aert ed Evenepoel: sarebbe una coppia possibile?

Per nulla, da ogni punto di vista. Tecnicamente Van Aert è troppo più alto del connazionale quindi faticherebbe molto di più, senza contare che non mi pare che caratterialmente si prendano molto… Si punzecchiano spesso, non c’è affinità, l’ultimo Mondiale lo ha dimostrato, aveva ragione Parsani nel dire che Remco ha corso più per Alaphilippe che per Van Aert. Quest’ultimo lo vedrei bene con Dennis, Evenepoel potrebbe invece fare coppia con Vermeersch, la rivelazione della Roubaix che ai Mondiali U23 ha dimostrato di andar forte contro il tempo.

Stessa nazione ma team diversi anche per Roglic e Pogacar…

Qui il discorso è diverso, sono ben amalgamabili e al di là della normale rivalità sportiva c’è un certo feeling, Pogacar ad esempio ai Mondiali 2020 ha apertamente corso per il connazionale. L’unico problema è che avrebbero bisogno di un percorso con qualche difficoltà tecnica, qualche ondulazione per reggere il passo con grandi passisti alla Ganna o Kung.

Roglic Pogacar 2021
Roglic e Pogacar, rivali che si rispettano, una buona coppia se il percorso è duro
Roglic Pogacar 2021
Roglic e Pogacar, rivali che si rispettano, una buona coppia se il percorso è duro
Proprio Kung come lo vedresti con Bissegger? Due specialisti delle cronometro che vengono dalla pista…

E considerando che le cronocoppie erano sempre su distanze molto importanti, alla lunga potrebbero pagare dazio. Considerando che Kung ha grande potenza e Bissegger un bassissimo coefficiente aerodinamico, direi che potrebbero emergere all’inizio ma rischierebbero di disunirsi con il prolungarsi della corsa.

Torniamo in Italia: Ganna a parte, una coppia Affini-Sobrero sarebbe praticabile?

No, c’è sempre troppa differenza fisica. Affini potrebbe sfruttare meglio le sue caratteristiche con un corridore simile, avrebbe bisogno di protezione fisica quando tocca all’altro tirare. Mattia Cattaneo andrebbe bene, come anche un Alberto Bettiol.

Kung Mondiali 2021
Stefan Kung, forse il più duttile: che coppia farebbe con Filippo Ganna…
Kung Mondiali 2021
Stefan Kung, forse il più duttile: che coppia farebbe con Filippo Ganna…
Coppia danese, uno specialista puro e un grande passista: Bjerg-Asgreen…

Questa è davvero una coppia che mi piace, due atleti alti, adattissimi alle sfide contro il tempo e pienamente amalgamabili, anche sulle lunghe distanze. Rischierebbero di sbaragliare la concorrenza…

Chiudiamo in casa Deceuninck Quick Step con Cavagna e Almeida…

No, qui di ripresenta il problema visto con gli svizzeri. Cavagna è adatto a crono molto piatte, Almeida è troppo leggero per gare lunghe e senza asperità. Cavagna potrebbe andar bene con uno come Asgreen, rimanendo nel team, Almeida forse potrebbe ottenere di più con Cattaneo.

Team Relay 2021
Ganna davanti a Sobrero e Affini: la differenza è evidente, in una crono lunga serve maggiore coesione fisica
Team Relay 2021
Ganna davanti a Sobrero e Affini: la differenza è evidente, in una crono lunga serve maggiore coesione fisica
E Pinotti con chi avrebbe fatto coppia?

Sicuramente con Dennis, sarebbe stato l’ideale per le mie caratteristiche…

Ti piacerebbe un ritorno di una manifestazione di questo genere?

Nel calendario attuale non c’è posto, anche considerando come era la gara, una sorta di passerella finale della stagione. La cronocoppie però ha un suo perché e a dir la verità io la vedrei bene inserita nel team relay: la formula attuale dei Mondiali ed Europei, con 3 atleti-gara di fatto esclude molte nazioni che faticano a trovare tre atleti di pari valore tecnico e fisico. Abbinando due coppie credo che ci sarebbe più partecipazione e anche più incertezza.

Milano Sanremo 2005, Alessandro Petacchi

Nel 2022 mondiale veloce? Petacchi cittì. L’idea di Malori

28.09.2021
4 min
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Giovedì scadono i contratti dei tecnici federali. La storia è nota. Nonostante l’elezione del nuovo presidente della Federazione avvenuta il 21 febbraio, per non sconvolgere lo svolgimento delle Olimpiadi, degli europei e dei mondiali, si è deciso di prolungare il rapporto con i cittì sino alla fine di settembre. Così, nonostante alcuni scivoloni di cui si poteva fare anche a meno, sono arrivati i successi di Tokyo, quelli di Trento, quelli di Bruges e quelli di Leuven.

Nel frattempo fiorivano i nomi di coloro che a vario titolo sono stati sentiti dal presidente per rivestire il ruolo di tecnico dei professionisti, alle… dipendenze di Roberto Amadio, nominato nel frattempo responsabile di tutte le nazionali. Prima Fondriest. Poi Pozzato. Ora Bennati. I nomi si rincorrono e forse anche per le sue doti in volata, pare che l’aretino sia in vantaggio nell’arrivo a tre. Ma sarà poi un arrivo a tre o nel frattempo le consultazioni sono andate avanti?

Secondo Malori Pozzato poteva essere cittì a Leuven, avendo corso tanto al Nord e nella Quick Step
Secondo Malori Pozzato poteva essere cittì a Leuven, avendo corso tanto al Nord e nella Quick Step

Malori getta il sasso

E allora succede che mentre si parlava di crono e campioni e malgrado quello che hanno detto vari tecnici fra cui Bettini e Cassani, Adriano Malori s’è zittito un attimo e ha fatto una domanda.

«Ma è proprio necessario – ha chiesto – che il commissario tecnico sia soltanto uno?».

Sul momento ci ha spiazzato. Ma siccome in questa fase storica è bene avere le antenne dritte e la capacità di intercettare il cambiamento, abbiamo voluto approfondire il suo punto di vista.

Che cosa intendi?

Non facciamo nomi se non per qualche esempio, ragioniamo soltanto. A capo di tutto c’è Amadio, questa è l’unica cosa sicura. Facciamo allora che lui è il direttore generale e poi a seconda dell’evento sceglie il tecnico di riferimento?

Vai avanti.

Punti su personaggi che nella loro carriera sono andati forte in eventi simili o hanno guidato la loro squadra in modo vittorioso. Ad esempio, per il mondiale di Leuven, seguendo il discorso potevano starci Ballan che ha vinto il Fiandre o Pozzato che ha corso nell’ambiente Quick Step e sa come si muovono.

Amadio, fra Scirea e Amadori, è il team manager delle nazionali: sarebbe lui a scegliere i cittì
Amadio, fra Scirea e Amadori, è il team manager delle nazionali: sarebbe lui a scegliere i cittì
Anche Bartoli ha vinto il Fiandre, anche Tafi…

Non andrei troppo indietro nel tempo, perché il ciclismo cambia in fretta. Ad esempio il prossimo anno è per velocisti? Chiamiamo Petacchi. Serve gente che abbia corso in questo stesso ciclismo. Chiaro che non glielo dici alla fine, ma all’inizio dell’anno, in modo che possa fare le sue osservazioni, valutare gli uomini e formare il gruppo. Un commissario tecnico a tutti gli effetti.

Cassani non lo ha mai vinto da corridore, ma ha pur portato a casa un secondo posto e quattro europei.

Perché ha avuto la fortuna o è stato bravo a formare un gruppo di ragazzi che corrono insieme sin da quando erano dilettanti e sono amici, fra loro c’è un’unione naturale. Ai mondiali non si è visto lo stesso.

Per le crono, Malori vedrebbe benissimo Pinotti come cittì per le crono
Per le crono, Malori vedrebbe benissimo Pinotti come cittì per le crono
Bettini ha vinto due mondiali da corridore, ma non li ha vinti da tecnico…

Bettini si è trovato l’incarico fra capo e collo per la morte di Ballerini. Nel 2011 il mondiale era per velocisti e una regola impediva a Petacchi di partecipare. A Valkenburg non aveva il corridore adatto. E a Firenze, senza la caduta Nibali vinceva di sicuro.

E nella crono come si fa?

Non serve cambiare ogni anno, basta chiamare uno competente. Uno come Pinotti, secondo me. Che ha imparato dai migliori e poi ha fatto il tecnico di specialità alla BMC. Almeno io farei così…

La (tesa) vigilia iridata del cronoman ce la racconta Pinotti

18.09.2021
5 min
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Questa è una giornata particolare per i cronoman che domani dovranno prendere parte alla prova iridata contro il tempo. E’ particolare perché è una vigilia di grande evento. Perché nella crono sei da solo con te stesso e non hai modo di scambiare neanche una battuta con un compagno, come potrebbe essere in una corsa in linea. Ed è particolare ancora di più in quanto la gara contro il tempo degli elite apre il mondiale.

Come si vivono queste fasi? Cosa passa nella testa di un cronoman?

Ganna e Sobrero in ricognizione ieri sulle strade del mondiale belga
Ganna e Sobrero in ricognizione ieri sulle strade del mondiale belga

Le risposte dagli allenamenti

Proviamo a capirlo con Marco Pinotti, ingegnere sì, ma anche ex cronoman dalla sensibilità sopraffina. Ed è proprio Pinotti a segnalarci che questa attesa è un po’ diversa dai soliti mondiali.

«Il fatto che apra la kermesse iridata è insolito – spiega il tecnico della BikeExchangeDi solito i pro’ avevano più tempo per entrare nell’atmosfera iridata con la loro crono che era al mercoledì. Guardavi le gare degli altri, rivedevi il percorso con gli occhi dei compagni di nazionale…

«Di solito non si hanno dei veri confronti. Si arriva al mondiale senza troppi parametri, stavolta invece quasi tutti sono freschi della prova continentale. E sanno qualcosa sia degli avversari che di loro stessi. Normalmente, 7-10 giorni prima, a seconda delle possibilità, facevo una sorta di prova generale. Mi mettevo con il passo che volevo portare in gara e facevo una sessione completa. Magari non tutta insieme, per non affaticarmi troppo».

Pinotti e Nibali alla scoperta della crono dei mondiali del 2006
Pinotti e Nibali alla scoperta della crono dei mondiali del 2006

La prova del percorso

Un elemento chiave alla vigilia di una crono tanto importante è la prova del percorso. Cosa che non si fa tanto alla vigilia vera e propria (oggi), quando si pensa che ormai tutto sia okay, ma nei giorni precedenti. E una buona prova percorso aiuta anche a stare tranquilli il giorno prima del via. Pinotti ci racconta di prove complicate, fatte sul bagnato, ricognizioni fatte mesi prima e di percorsi invece scoperti quasi sul “momento”.

«La cosa più importante è focalizzare il percorso, avere in mente la prova che dovrai fare. Io ripassavo tutto mentalmente, era un qualcosa che facevo spesso. E’ importante fare la prova col percorso chiuso, specie se ci sono tratti cittadini, altrimenti non ti rendi conto bene di come possa essere. E serve anche un pizzico di fortuna. Per esempio, ricordo la ricognizione di Salisburgo 2006: pioveva. Facemmo la prova col bagnato, ma poi in gara fu asciutto e si fecero tutt’altre velocità. In questi casi vai anche un po’ di esperienza per trovare i settaggi di gomme e rapporti».

Marco ricorda anche percorsi visti mesi e mesi prima e di mondiali non fatti. Come gli accadde proprio a Verona. 

«Lì ci andai a marzo, ma poi non presi parte a quel mondiale. Anche nel 2006 feci mesi e mesi prima una ricognizione sul percorso. Eravamo io, il tecnico Callari e un giovanissimo Nibali. Era piena estate e più o meno già si sapevano i nomi che avrebbero portato».

Per Pinotti era molto importante conoscere bene il percorso e focalizzarlo mentalmente
Per Pinotti era molto importante conoscere bene il percorso e focalizzarlo mentalmente

Sonnellino scaccia-tensione

Ma la vigilia è gioco di tensioni. L’attesa cresce e, soprattutto se si è in odore di medaglie, non è facile tenere a bada le energie nervose.

«Io per esempio – continua Pinotti – dopo l’ultima sgambata sul percorso chiuso con la bici da crono cercavo sempre di fare un pisolino al pomeriggio. E poi cercavo di non pensarci più, altrimenti arrivavo “scarico” al via, sfinito sul piano nervoso. 

«I battiti sulla rampa di lancio? Eh – sorride Pinotti – quelli erano tra i 100 e i 105, un po’ per la tensione e un po’ perché si era finito il riscaldamento pochi minuti prima, di solito 10′-15′ al massimo. Ma ci sono state volte in cui si era anche a 130 pulsazioni perché si era scesi dai rulli proprio a ridosso della partenza. E’ una tecnica anche quella. Si arriva in soglia prima e si spende qualcosa in meno».

Ganna saluta e intanto il meccanico alle spalle sistema la sua bici durante la ricognizione. Sono gli ultimi ritocchi
Ganna saluta e intanto il meccanico alle spalle sistema la sua bici durante la ricognizione. Sono gli ultimi ritocchi

La sgambata con la bici da strada

Infine uno sguardo alla tecnica. Si lavora ancora su posizioni, bici, scelte tecniche?

«In teoria no. Soprattutto per la posizione: si presume che un cronoman sia a posto prima di un mondiale. Non tocchi nulla in tal senso. Semmai c’è giusto qualche discussione finale con i tecnici sulla scelta dei rapporti. Che poi ai miei tempi si trattava di scegliere il 55 o il 54, non c’erano i 56, i 58… Si poteva vedere la pressione delle gomme. Ma di fatto era tutto pronto».

Talmente pronto, che Pinotti, la mattina del via amava fare una sgambata… con la bici da strada. 

«Vero. Se nei giorni prima usavo solo la bici da crono, la mattina del via facevo 45′-un’ora con la bici da strada: un po’ per sciogliermi e un po’ perché non volevo rischiare nulla. Non volevo nessun guaio meccanico sulle due bici che avrei usato al pomeriggio (quella che ci avrebbe corso e quella di scorta sull’ammiraglia, ndr). E anche i meccanici erano tranquilli».

Ma che fine hanno fatto le ruote basse tra i pro’?

01.08.2021
6 min
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Probabilmente è più elevata la possibilità di vedere un ufo che un corridore professionista utilizzare delle ruote basse o per meglio dire a basso profilo. E’ un paragone un po’ forzato ma neanche tanto. Questa tipologia di ruota era la sola che c’era fino ai primi anni ’90 (lenticolare esclusa) e adesso invece è praticamente sparita.

I team le hanno in dotazione, ma non c’è corridore che le voglia. Alcuni neanche in allenamento. Come mai?

Alla base di questa sparizione c’è senza dubbio l’evoluzione dei materiali. Il carbonio, il materiale che domina al 99,9 per cento anche nelle ruote, è sempre più leggero e più performante. Questo ha ridotto moltissimo le differenza di pesa fra una ruota bassa e una alta. Quei 400 e passa grammi di differenza ormai si notevolmente ridotta (spesso meno di 200 grammi). E il peso sulla ruota conta più che su altre parti della bici. Il rapporto, secondo l’ingegner Marco Pinotti, è di uno a tre. Un etto in più sulle ruote ne vale tre sul telaio. E’ l’effetto della massa rotante ad amplificarlo.

La bici moderna: telaio e componenti “aero”, ruote alte e freni a disco
La bici moderna: telaio e componenti “aero”, ruote alte e freni a disco

Peso giù, profili su

Contestualmente sono anche aumentate le velocità medie e si è investito moltissimo sull’aerodinamica. Gli studi, anche empirici e non solo in galleria del vento, hanno mostrato come un cerchio più alto e più largo (cosa che si è potuto fare con una certa facilità con i freni a disco) penetri meglio nell’aria. Un cerchio con tali caratteristiche crea meno turbolenze. Senza contare che la ruota, nel suo complesso, è anche più comoda.

«Io – spiega proprio Pinotti – oggi non avrei dubbi. Anche a fronte di una bici che pesa un chilo di più prenderei quella con le ruote più alte. Basta una pendenza del 5,5 per cento e una velocità di 20 chilometri orari per colmare questo gap. L’alleggerimento dei materiali di fatto ha tagliato fuori queste ruote. Potrei montarle giusto in una cronoscalata, ma una crono estrema.

«Oggi si riesce a stare sui 7 chili anche con le bici con freno a disco e una ruota a profilo medio (35-40 millimetri, ndr). Con i freni tradizionali proprio non hai problemi e anzi tocchi il limite dei 6,8 chili».

E in effetti oggi è considerata bassa una ruota da 35 millimetri. Sotto non se ne vedono. Se pensiamo che Bernal ha scalato il Giau con delle Shimano Dura Ace da 60 millimetri, si capisce bene l’intero discorso. E uno scalatore come è noto non ama portarsi dei grammi in più.

Il parere dello scalatore 

E noi abbiamo chiesto allo scalatore per eccellenza, Domenico Pozzovivo. Tra i primi ad usare il profilo differenziato anteriore e posteriore: 35 millimetri davanti e 50 millimetri dietro.

«Io non uso più le ruote basse e il motivo è semplice: si è esasperato il concetto di aerodinamica e dell’efficienza a certe velocità. Alte velocità che fa soffrire il profilo basso. E poi visti i pesi che senso avrebbe mettere dei piombi alle bici come una volta e perdere in aerodinamica? E poi quando ti abitui ad una certa ruota che è reattiva e rigida non torni indietro. Per me è anche un aiuto psicologico alle alte velocità».

Pozzovivo racconta che in allenamento a volte le usa, o quelle basse, o quelle a medio profilo.

«Beh, in corsa gareggiamo su asfalti che sono perfetti o quasi, in allenamento non è così e una ruota bassa è più comoda, tanto più per me con il mio problema al braccio.

«Se le monterei in una cronoscalata estrema tipo Plan de Corones? No, perché non avrei le sensazioni che vorrei: cioè una bici rigida e reattiva. Troppo diverse le sensazioni che ho quando si spinge. Sarà che quando mi alzo sui pedali sono tutto buttato in avanti e con la ruota bassa non sento la bici al top».

Infine “Pozzo” fa un paragone interessante con il passato. Le prime ruote alte facevano una sorta di effetto pendolo. Quando ti alzavi sui pedali all’inizio la bici quasi non si muoveva lateralmente, “era dura”, poi all’improvviso “cadeva”. «Vero questa sensazione c’era, a ben ricordare. Ma con i nuovi materiali questo effetto brusco non c’è più. Il movimento è più progressivo ed equilibrato».

Il parere del passista

A fare da contraltare a Pozzovivo abbiamo coinvolto il suo opposto, Fabio Sabatini, passistone veloce dai tantissimi watt.

«Oggi fai quasi fatica a vedere le ruote a medio profilo. Hanno ormai lo stesso peso delle altre ma con un’aerodinamica più efficiente e anche una migliore scorrevolezza (dovuto anche la fatto che il mozzo è “più vicino” al cerchio, ndr).

«Da passista poi non mi è mai capitato di rimpiangere quelle a basso profilo. Pensate che io non le uso neanche in allenamento. Un po’ lo ammetto anche per un fatto estetico! Ma soprattutto perché devo abituarmi a fare le volate e a spingere forti in certi momenti, quindi preferisco farlo con un determinato set che poi “riconosco” in gara. Senza contare che ti ci abitui nelle discese, fatto non secondario. Perché comunque quelle con il profilo alto sono un po’ più “complicate” da gestire. Quelle basse sicuramente pieghi di più… ma tanto non le usi».

Sabatini ricorda quando “il Nieri”, come dice lui da buon toscano, saldava i raggi delle ruote a basso profilo che erano destinate alla Parigi-Roubaix, proprio per renderle più rigide e al tempo stesso più robuste. Ma con l’alto profilo non si rischia un “eccesso di rigidità”, almeno per le corse sul pavè?

«No, io credo che a fare la differenza sia il copertone e non il cerchio. E oggi con una copertura da da 28 millimetri non hai problemi. Poi con l’arrivo del disco il basso profilo è scomparso del tutto, almeno per noi pro’ Le ultime che ho usato sono state le Mavic Ksyrium ai tempi della Liquigas e comunque erano già un po’ profilate, 32 millimetri. Sono passati 10 anni da allora. E poco dopo, in Quick Step, Specialized ci spingeva ad usare quelle con profili più alti».