Chris Anker vive ancora nelle parole di chi gli ha voluto bene

22.09.2021
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Le strade nella campagna fra Bruges e il mare sembrano dipinte. Casette senza recinzioni. Alberi e zone in ombra lungo i canali. Cavalli e mucche che trascorrono placidamente il tempo. Eppure, per un motivo che sarà difficile decifrare, sabato in questo quadro idilliaco di pace e verde, Chris Anker Sorensen ha perso la vita mentre era sulla bici che, pur avendo smesso di correre, portava sempre con sé.

«Amico dolce, premuroso e talentuoso – scrive Brian Nygaard su Twitter, addetto stampa alla Saxo Bank – è insopportabile pensare che non ci vedremo mai più. Eri sempre lì per tutti gli altri, anche quando stavi facendo le cose più belle per te stesso nella tua vita e nella tua carriera. Riposa in pace, Chris Anker Sorensen. Non c’è consolazione, solo amore».

Sorensen infreddolito nella postazione di commento della Roubaix (foto Instagram)
Sorensen infreddolito nella postazione di commento della Roubaix (foto Instagram)

Gregario col sorriso

Vinse la tappa del Terminillo al Giro d’Italia del 2010. Raramente gli riusciva di alzare le braccia, pur essendo uno di quelli sempre all’attacco, quando non aveva da aiutare il capitano. Quella volta staccò Simone Stortoni e Xabi Tondo, altro gregario dal sorriso che l’anno dopo avrebbe incontrato una fine anche peggiore. Nel 2008 invece era arrivato da solo a La Toussuire, nel Delfinato vinto da Valverde su Cadel Evans.

Però sapeva far vincere e nella Saxo Bank in cui corse gli anni migliori, non mancarono le occasioni di fatica per condurre il capitano al successo. Come alla Vuelta 2014 al fianco di Contador e il Tour del 2010, quello vinto da Contador sulla strada e poi passato a Schleck per la squalifica dello spagnolo.

E Chris Anker Sorensen era sempre pronto agli ordini di Riis, con il suo sorriso sempre in faccia. Danese che sapeva anche lasciarsi andare al confronto del ben più gelido team manager

Alla Vuelta del 2014 ha lavorato sodo fino alla vittoria della maglia rossa di Alberto Contador
Alla Vuelta del 2014 ha lavorato sodo fino alla vittoria della maglia rossa di Alberto Contador

La casa a Lucca

Il dolore ha viaggiato subito sui social e ha riportato alla memoria altre storie identiche. Un uomo giovane che stava vivendo la sua passione e lascia a casa una moglie e due bimbe.

«Penso proprio alle sue bimbe – racconta Pino Toni, che di Sorensen fu a lungo l’allenatore – perché mia figlia faceva loro da baby sitter. Aveva comprato casa fuori le mura di Lucca, una bifamiliare col suo giardino intorno. La moglie aveva preso l’aspettativa dal lavoro per seguirlo in Toscana, poi quando finì di correre decisero di tornare in Danimarca. Io l’ho conosciuto che era già in Toscana e so che mi riteneva un amico. Di noi toscani aveva preso il gusto di mangiare, ma essendo un corridore alle dipendenze di Bjarne Riis non era il tipo che esagerava. Non faceva chissà quale vita fuori dalla bici, stava tanto in famiglia. Avevamo legato molto, per come si può legare con un danese».

Bennati e l’altro Sorensen

Ricorda Daniele Bennati, che con Sorensen ha corso quattro anni, che si era così radicato in Toscana da aver preso anche delle sfumature dell’accento.

«Assieme a lui – ricorda Daniele – abbiamo vinto la Vuelta del 2014 con Contador. Era uno di quei corridori che un capitano vorrebbe averse sempre, Alberto compreso. Dio solo sa quante borracce e quanti chilometri in salita gli toccò tirare, mentre Tosatto e io facevamo il lavoro in pianura. Sabato ero nel Chianti alla partenza della Gran Fondo Gallo Nero e c’era anche Rolf Sorensen, il “biondo”. Era distrutto. Il fatto era appena successo. Doveva andare anche lui in Belgio per commentare i mondiali e raccontava che la tv danese avrebbe lasciato ai suoi uomini la possibilità di scegliere se andare o fermarsi qualche giorno per assorbire il dolore».

La sua bici anche al Tour, per pedalare sul circuito dei Campi Elisi (foto Instagram)
La sua bici anche al Tour, per pedalare sul circuito dei Campi Elisi (foto Instagram)

Guida per i giovani

L’altro giorno il vincitore danese della cronometro under 23, Johan Price-Pejtersen, ha parlato di Chris Anker come di un’ispirazione per i giovani ciclisti danesi.

«E lui proprio con i giovani dava il meglio – ricorda ancora Pino Toni – perché riusciva a spronarli in modo incredibile. Ricordo che mi trovai a fare il direttore sportivo da solo nel Giro di Polonia del 2013 che partiva dal Trentino. E ricordo che grazie a lui riuscimmo a prendere la maglia di leader con Majka in cima al Pordoi, dove finiva la prima tappa. Chiaro che dei morti si parla sempre bene, ma lui era bravo davvero. L’ultima volta che l’ho visto, eravamo alla Vuelta del 2019 e mi fece un’intervista sui sistemi di navigazione delle ammiraglie».

I corridori danesi che finora hanno brillato ai mondiali del Belgio hanno rivolto una parola al gioviale gregario di 37 anni che proprio per raccontare meglio i percorsi delle cronometro che sarebbe iniziate di lì a poche ore, nella mattinata di sabato 19 settembre aveva deciso di percorrerne in bici i chilometri. In un bel mattino fresco di sole, che annunciava ignaro un’altra giornata meravigliosa…