Giro in Albania, questa volta ne parliamo con Zhupa

30.12.2024
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Le storie e le vite a volte seguono percorsi impensabili e così accade che un giorno Eugert Zhupa si ritrovi a parlare del Giro d’Italia e della sua Albania. Forse qualcuno ricorderà questo cognome per averlo sentito proprio sulle strade della corsa rosa. Erano gli anni dal 2015 al 2019 e Zhupa vestiva i colori della Neri Sottoli: tante volte in aiuto ai compagni, qualche altra in fuga… un buon corridore.

Arrivato in Italia sin da ragazzo, Eugert viene da Rrogozhine, una cittadina nel distretto di Tirana, situata proprio a metà strada tra la capitale albanese e Valona, proprio nel mezzo delle strade che vedranno passare il giro nei tre giorni della grande partenza. Rrogozhine una zona, come molte in Albania, in cui non si sapeva molto di ciclismo. Come ci aveva raccontato ieri Frassi, il ciclismo in Albania è stato per lungo tempo un fenomeno poco conosciuto. Anche per questo Zhupa è stato un pioniere del ciclismo albanese sul piano internazionale. Ha disputato quattro Giri d’Italia, vinto sette titoli nazionali, di cui tre a cronometro, e si è sempre dimostrato un lottatore.

Sei stagioni da pro’ di cui tre nella Neri Sottoli per Zhupa. Oggi Eugert vive con la sua famiglia in Emilia
Sei stagioni da pro’ di cui tre nella Neri Sottoli per Zhupa. Oggi Eugert vive con la sua famiglia in Emilia
Eugert, partiamo da te, dal tuo ciclismo. Quando ci siamo presentati ci hai detto: «Volevo essere un esempio per il ciclismo albanese», raccontaci.

Negli anni ‘90, quando i primi albanesi sbarcarono in Italia, noi eravamo visti male. I giornali parlavano sempre male degli albanesi e a scuola ero un po’ preso di mira. Allora dissi a me stesso: «Io sarò l’unico albanese di cui i giornali parleranno bene». Con tanti sacrifici sono riuscito a realizzare un sogno che avevo da bambino: arrivare al professionismo e partecipare al Giro d’Italia. E ci sono riuscito.

Come è nata questa passione per la bici?

Nel ’93 mio padre, che era già in Italia, tornò a casa e mi portò una bici. Noi avevamo pochi giochi, c’era tanta povertà a quell’epoca nel nostro Paese. Divenni l’unico del mio villaggio ad avere una bici. Da lì è iniziata quella passione che mi ha portato a sognare di diventare ciclista.

In Albania si dice sempre che si guarda molta televisione italiana. Anche tu vedevi le gare?

Sì, vedevo tutte le gare di bici e sicuramente Marco Pantani è stato quello che mi ha trascinato di più. Crescendo, però, ho capito che le mie caratteristiche erano altre. Guardare il ciclismo in televisione era molto entusiasmante, soprattutto per un bambino come me.

Bellissima questa storia. E adesso, sapere che il Giro parte dall’Albania che effetto ti fa?

Quando correvo, mi sarebbe sempre piaciuto fare una partenza dall’Albania. Ora sono sincero la vedo come una cosa mediatica, legata al turismo, ma comunque positiva. Già nel 2014-2015 dicevo che l’Albania ha dei bei posti per fare delle gare, ma il ciclismo non era, e forse non è ancora radicato. Se lo Stato voleva investire nello sport, avrebbe dovuto farlo prima nella Federazione, sui bambini, sui ragazzi, sulle piste ciclabili e sulla sicurezza e poi con un grande evento. In Albania non c’è ancora una mentalità ciclistica. I primi tempi che andavo ad allenarmi a casa prendevo sassate, la gente non capiva cosa stessi facendo. Mi prendevano in giro con quella tutina…

Però potrebbe essere un inizio avere il Giro d’Italia. Magari qualche bambino si ispirerà e seguirà il tuo esempio.

Lo spero. Ma la Federazione non spinge molto per incentivare i ragazzi a pedalare. Poi sono contento che sia realizzato questo progetto. Spero che il Giro d’Italia possa essere un esempio e spingere più persone a fare sport. In Albania tanti si mettono al bar al mattino e lo sport, soprattutto il calcio, è seguito solo in televisione.

Parliamo un po’ di queste tappe. La tua zona è proprio tra Tirana e Durazzo, giusto?

Sì, l’Albania è piccola e sono strade che conosco bene. E sono belle strade, spesso ampie, dritte. Però se piove sono scivolose, un po’ come le strade del Sud Italia. C’è polvere, sabbia, smog. Speriamo non piova, così si potranno apprezzare i paesaggi in televisione. E saranno paesaggi bellissimi. Immagino gli faranno fare le strade principali, se non addirittura l’autostrada.

Partiamo dalla prima tappa. Dicono che sia impegnativa. È così?

E’ impegnativa, non è affatto impossibile. Immagino che i velocisti puri non faranno la volata, ma arriverà un bel gruppone compatto. Le salitelle nel finale sono veloci. Poi si sa, sono i corridori che fanno la corsa!

E la cronometro a Tirana? Come te la immagini?

Sarà una crono breve, di potenza. Tirana è pianeggiante e ho visto che per gran parte del percorso il tracciato costeggia il fiume. Penso che potrebbe vincerla un Jonathan Milan: è una crono relativamente breve, tutta di potenza. C’è un dislivello, ma è davvero poca cosa. Sì, dico Milan.

Il Trofeo Senza Fine in piazza Skenderbej nel centro della capitale Tirana. Il Giro scatterà il 9 maggio (foto Rcs)
Il Trofeo Senza Fine in piazza Skenderbej nel centro della capitale Tirana. Il Giro scatterà il 9 maggio (foto Rcs)
Parliamo dell’ultima tappa, quella di Valona…

Questa sì che è tosta: 2.800 metri di dislivello in 160 chilometri. Dipenderà molto da come la affronteranno, ma sarà dura. La scalata principale è dura, spesso si va oltre il 10 per cento, e di certo ci sarà una selezione maggiore rispetto alla prima frazione. Anche la discesa è tecnica, ci sono parecchi tornanti…

Tu andrai in Albania a vedere il Giro d’Italia?

Lo spero, magari con un invito dagli organizzatori. Essendo l’unico albanese ad aver partecipato al Giro, sarebbe bello essere coinvolto. Nel 2017-2018 avevo già aiutato RCS e la Federazione albanese per altre iniziative, una crociera cicloturistica che aprisse la strada a questo progetto. Vedremo…

Tornando alla tua carriera, hai disputato quattro Giri d’Italia e diversi Mondiali. Che ricordi hai?

Quando avevo il via libera, mi piaceva andare all’attacco. In generale, potevo fare di più, ma spesso dovevo lavorare per Jakub Mareczko. Era faticoso: tiravi tutto il giorno e il giorno dopo, quando avevi libertà, eri già stanco. Però mi sono tolto qualche soddisfazione.