Cronoscalate in vista: setup e pacing. L’analisi di Pinotti

18.06.2025
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Il ritorno delle cronoscalate, lo sforzo massimo. Si dice che chi primeggi in questa disciplina sia il più forte in assoluto. Il Tour de France propone una cronoscalata e anche il Tour de Suisse ne propone una, anche se nel Paese dei Quattro Cantoni questa disciplina è già più in voga: anche l’anno scorso era presente. Tuttavia, essendo quella del Tour la “prova regina”, la tappa elvetica assume un significato ancora più importante.

I tecnici, fra cui Marco Pinotti, coach di riferimento per la Jayco-AlUla, possono trarne indicazioni preziose. Ecco allora un viaggio tecnico con l’ingegner Pinotti per approfondire queste due cronoscalate che stanno per arrivare.

Marco Pinotti ex corridore, ingegnere e coach della Jayco-AlUla, è stato uno dei cronoman migliori degli anni 2000
Marco Pinotti ex corridore, ingegnere e coach della Jayco-AlUla, è stato uno dei cronoman migliori degli anni 2000
Marco, quanto è importante quest’anno la crono elvetica in ottica Tour de France, considerando che sono molto simili?

Quella di Emmetten, in Svizzera è un filo più dura, è una cronoscalata pura. Come dislivello siamo lì, ma forse è un po’ più corta, perché quella di Peyragudes, in Francia, ha una prima parte più semplice. Lì la salita vera inizia dopo 3,85 chilometri: non è pianura, c’è un po’ di su e giù, ma è una sezione veloce. In Svizzera invece si sale quasi subito e la strada diventa anche stretta.

Almeida, parlando del Tour de Suisse, ha detto che userà la bici da strada con il casco da crono.

Anche noi pensiamo alla bici da strada, ma il casco da crono non lo userei. Non credo abbia una grande influenza in termini aerodinamici, perché conta di più la dissipazione del calore. Se farà caldo, meglio il casco tradizionale.

Che dati si acquisiscono, soprattutto in ottica Tour de France? Parliamo non solo del singolo atleta, ma anche di squadra, pacing, materiali…

Si raccolgono dati preziosi sulla capacità del corridore di mantenere un certo piano di potenza. Le condizioni saranno simili, ma non identiche: la crono del Tour arriverà dopo 12 tappe, quella svizzera dopo una settimana. E poi nel frattempo può succedere di tutto. Però è un test: raccogli dei dati sui quali poi perfezioni il pacing per la volta successiva. Se sai che il corridore può mantenere un certo wattaggio per X minuti, quello diventa il punto di partenza per il Tour.

Come si scelgono i materiali per una cronoscalata?

La prima cosa è stimare la velocità media. Poi: quanto dura la crono? E con quella durata, quanta potenza può esprimere il corridore? A quel punto metti insieme potenza e durata, valuti la velocità stimata con una bici e con l’altra. Crei una matrice di dati e scegli quella che ritieni più efficiente.

Chiaro…

Nel caso della cronoscalata svizzera la scelta è piuttosto scontata: la velocità media non sarà alta. In quella francese, con una prima parte più veloce, si possono valutare soluzioni diverse.

Anche il cambio bici?

Abbiamo valutato anche quello. Con il nostro corridore (presumbilmente Ben O’Connor leder della Jayco-AlUla, ndr) siamo andati sul posto, abbiamo fatto prove con una bici e con l’altra e alla fine abbiamo definito un setup. In Svizzera quel setup non ci sarà (come dicevo sono simili ma non uguali), però testeremo il pacing. Ho fatto delle stime e vedremo se sono troppo ottimistiche o pessimistiche. Poi bisogna considerare anche la quota: al Tour si superano i 1.500 metri e qualche watt in meno “balla”.

Esiste uno split di velocità media oltre il quale conviene passare alla bici da crono?

Sì, esiste. Sopra i 25 all’ora si può andare con la bici da crono, perché l’aerodinamica fa la differenza. Sotto i 20 è meglio la bici da strada. Tra i 20 e i 25 c’è una zona grigia da interpretare. La discriminante è la velocità media e la capacità del corridore di spingere con una bici o con l’altra.

Immaginiamo quindi che conti anche la capacità del corridore di usare la bici da crono in salita ed esprimere gli stessi watt…

Con la bici da crono sei molto più schiacciato. L’inclinazione del busto è diversa rispetto alla bici da strada. In salita, su strada, hai i gomiti più rilassati, dritti o semi dritti, e respiri in modo più naturale. Uno potrebbe preferire la bici da crono, ma poi bisogna pensare che su quella strada il corridore si allena ogni giorno con la bici normale. La scelta dipende anche da quanto tempo puoi dedicare ad abituarti a pedalare in salita con la bici da crono.

Quindi qualcuno potrebbe aver passato più tempo del solito sulla bici da crono anche in salita?

Sì, ma attenzione. C’è una crono veloce anche all’inizio del Tour, quindi devi mantenere una posizione efficiente per quella prova. Come dicevo, nella crono del Tour i primi 3,8 chilometri sono veloci, ma nella parte in salita si viaggerà tra i 22 e i 24 all’ora, in assenza di vento. Quindi siamo in quella “zona grigia”.

Ultimamente si vedono rapporti enormi, come il 68 anteriore. In una cronoscalata si può usare la bici da crono con rapporti tradizionali?

Sì, certo. Entrambe le crono in questione non hanno pendenze estreme. Anche se quella del Tour, nell’ultimo chilometro, presenta un tratto al 18 per cento. Con un 42 o 40×34 ci si sta dentro benissimo. Anche perché quello al 18 per cento è lo sprint finale. Al massimo si può pensare a una monocorona per alleggerire la bici: magari una 48-50 davanti, tanto dietro ormai ci sono i 34-36.

La soluzione del monocorona sembra essere molto gettonata. Ricordiamo (in foto) il plateau da 52 denti che Vingegaard utilizzò nella tappa di mezza montagna alla Tirreno 2024
La soluzione del monocorona sembra essere molto gettonata. Ricordiamo (in foto) il plateau da 52 denti che Vingegaard utilizzò nella tappa di mezza montagna alla Tirreno 2024
Marco, ti piacevano le cronoscalate?

Sì, ne ho fatte tante. Ne ricordo una a Oropa in cui andai bene. Una a Nevegal nel 2010, sempre al Giro. Un’altra da neoprofessionista, alla Settimana Bergamasca sul Selvino.

E quando uno è cronoman, lo è anche nelle cronoscalate?

Come pacing sì, assolutamente. Io ad esempio, in quelle del Giro, sono arrivato due volte nei primi dieci, ma non ero uno dei migliori dieci scalatori. Lo scalatore ha bisogno del cambio di ritmo, dell’avversario… cose che in una cronoscalata non servono. Anche se poi oggi è diverso, si corre col power meter, sono tutti più consapevoli di quello che devono fare, però resta (anche) un gioco mentale. La capacità di stare al limite per tanto tempo è una qualità da cronoman. Lo scalatore spesso ha bisogno di un riferimento davanti.

Riguardo ai setup: sulle posizioni si ritocca qualcosa?

Visto che le pendenze medie delle due salite sono attorno all’8 per cento, non farei modifiche eccessive. Si può pensare di accorciare l’attacco manubrio se si usa la bici da strada, per respirare meglio. Se invece si usa quella da crono, qualche modifica è più probabile: magari si può alzare la base d’appoggio delle protesi anche di due centimetri, sempre per migliorare la respirazione.