Il grande talento Joshua Tarling entra nel “pool” di atleti DMT

15.11.2023
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Il campione europeo a cronometro, il talentuoso e giovane (appena diciannovenne!) gallese Joshua Tarling (in apertura con Federico Zecchetto), è entrato a far parte della prestigiosa famiglia di atleti e corridori professionisti sponsorizzati da DMT, brand dell’azienda manifatturiera Diamant che anche in virtù di questo importante accordo si conferma un riferimento per quanto riguarda la produzione di calzature da ciclismo.

DMT, che ha fatto del connubio tra pregio stilistico e prestazioni ottimali il proprio tratto distintivo, ha conquistato nel tempo una sempre più ampia “community” di entusiasti corridori, dai dilettanti ai professionisti, fino a campioni del calibro di Elia Viviani, Juan Ayuso e Tadej Pogacar. Per questi ultimi, DMT ha disegnato e realizzato esclusive calzature su misura, suggellando un accordo che, come dichiarato dal “product creator” del brand, nonché ex velocista professionista, Nicola Minali, vuole andare oltre la semplice collaborazione economica, mirando a creare una vera e propria fidelizzazione tra atleta e prodotto

Questo il modello speciale realizzato da DMT per celebrare il successo europeo a cronometro di Tarling
Questo il modello speciale realizzato da DMT per celebrare il successo europeo a cronometro di Tarling

Un’annata da incorniciare

Conquistato dal design e dalla qualità delle stringate DMT alla scorsa Tirreno-Adriatico, Tarling, dopo un’eccellente stagione con la Ineos Grenadiers, ha ricevuto la propria, personale calzatura personalizzata nel corso di una recente visita in azienda, rimanendone letteralmente entusiasta. Il modello, una scarpa con lacci bianca dalle sfumature blu, presenta i dettagli delle stelle di campione europeo a cronometro, volte a celebrare i prestigiosi traguardi raggiunti dal corridore, classe 2004, in questa annata di debutto con i grandi del professionismo mondiale.

Campione europeo contro il tempo a Drenthe, nonché detentore del titolo nazionale britannico nella stessa categoria, Tarling ha anche ottenuto la medaglia di bronzo nel prestigioso mondiale di Glasgow, condividendo il podio con autentici giganti del calibro di Remco Evenepoel e Filippo Ganna.

Il giovane della INEOS si è aggiunto alla già grande famiglia di DMT: qui la firma con Federico Zecchetto
Il giovane della INEOS si è aggiunto alla già grande famiglia di DMT

In attesa della prossima stagione, e degli importanti appuntamenti agonistici, su tutti le Olimpiadi di Parigi 2024, Tarling si è dichiarato onorato di poter indossare calzature così graficamente pregevoli e performanti a lui dedicate, nonché impaziente di poterle sfoggiare nelle gare in programma, augurandosi che possano essere di auspicio per un’annata ancora più sorprendente.

DMT

Battiti alti e watt bassi: la ripresa di Puccio dopo le ferie

09.11.2023
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Le vacanze per i ciclisti sono finite, è ora di tornare ad allenarsi, è il momento dell’anno in cui gli atleti ritrovano la loro fedele compagna: la bicicletta. Ripartire è sempre difficile, soprattutto se per un mese si è stati, meritatamente, a riposo. Ma quanto è complicato per un ciclista ripartire? Che sensazioni prova una volta tornato in sella? Come si ritrova familiarità con il gesto atletico? 

Salvatore Puccio, classe 1989, è alto 1,82 per 68 chili. Al Giro d’Italia 2013 , vestì la maglia rosa dopo la vittoria di Sky nella cronosquadre
Salvatore Puccio, classe 1989, è alto 1,82 per 68 chili. Al Giro d’Italia 2013, vestì la maglia rosa

Puccio racconta

Queste domande le abbiamo poste a Salvatore Puccio, il 34enne in forza alla Ineos Grenadiers ci dice come affronta lui la ripresa invernale. 

«Ho ripreso da una settimana – racconta Puccio da casa – e come tutte le volte che mi trovo a ripartire soffro tanto, forse ogni anno di più. Sembra che la bici non sia la tua, che la posizione in sella sia sbagliata. Però è una sensazione normale, alla fine per un mese hai abituato il tuo corpo a fare altro, i muscoli hanno lavorato in maniera diversa. Hai camminato un po’ di più, oppure hai pulito il garage, o semplicemente sei rimasto fermo. Insomma, il fisico reagisce diversamente rispetto a quando sei nel pieno della forma».

Dopo i primi giorni di ripresa Puccio inserisce qualche lavoro ma nulla di particolare, per fare fatica ci sarà tempo in ritiro
Dopo i primi giorni di ripresa Puccio inserisce qualche lavoro ma nulla di particolare, per fare fatica ci sarà tempo in ritiro
In questi primi dieci giorni di allenamento che cosa hai fatto?

Le prime uscite vai a sentire le sensazioni del tuo corpo, pedali in maniera blanda, decidono le gambe quanto allenarsi, un’ora e mezza, massimo due. Una cosa è certa, mi ritrovo ad essere davvero “leggero” sui pedali. Vado alla ricerca della pianura, anche perché pedalare in salita diventa controproducente. Ora se trovo del vento contro mi sembra di pedalare sul Muro di Sormano! (dice con una risata, ndr). 

Che cosa guardi nelle prime uscite, qualche dato lo sbirci?

Solamente i battiti, che cerco di tenere sempre al medio. Anche per questo non vado a cercare le salite, per tenere i battiti bassi ora come ora dovrei andare molto piano in salita e non avrebbe senso. 

La condizione si costruisce giorno per giorno, per essere performanti durante tutto l’anno
La condizione si costruisce giorno per giorno, per essere performanti durante tutto l’anno
Meglio riabituare il corpo a pedalare a certe velocità, seppur controllate…

Esattamente. In questi giorni se vado a pedalare con qualche amico amatore, che solitamente mi sta a ruota tutto il tempo, sono io a dirgli di andare piano. Potrei seguire il suo ritmo, ma sarebbe troppo alto per la ripresa che devo fare e per gli obiettivi che ho. 

Che obiettivi hai?

Riabituarmi al gesto della pedalata e mettere tanto fondo, quindi Z2 (sempre parlando di frequenza cardiaca per il momento, ndr). Se dovessi mantenere un livello più alto entrerei in condizione troppo presto, mi ritroverei ad andare forte alle prima corse di stagione, ma non avrei la condizione per essere costante per tutto l’anno

Nelle prime uscite Puccio guarda i battiti e non la potenza: è il cuore che comanda lo sforzo
Nelle prime uscite Puccio guarda i battiti e non la potenza: è il cuore che comanda lo sforzo
Cosa fondamentale, visto il lavoro che devi fare in gruppo. 

Sì, io sono un corridore che in corsa deve tenere per tante ore una velocità costante. Per me è importante allenarmi, fin dai primi giorni, a far stare il mio fisico in quel range di sforzo. E’ come costruire una casa: si mettono dei pilastri solidi e poi si costruisce il resto.

Quando inizi a “costruire” il resto? Mettere qualche salita o fare lavori specifici?

Più si avvicina il primo ritiro della stagione, più aumenta l’intensità degli allenamenti. Questo perché poi quando siamo tutti insieme ognuno ha una condizione differente e se si è troppo indietro si rischia di fare l’intera giornata con il cuore in gola. Per evitare di fare troppa fatica in ritiro aumento il ritmo e porto le uscite a tre ore. Nell’uscita magari inserisco anche una salita fatta in Z3. 

Puccio è alla Ineos da 13 stagioni e con il rinnovo arriverà a 15, la sua esperienza è fondamentale
Puccio è alla Ineos da 13 stagioni e con il rinnovo arriverà a 15, la sua esperienza è fondamentale
Nel corso degli anni il tuo metodo di allenamento è cambiato?

L’età incide un po’, ma nemmeno troppo nel mio caso. Quello che fa tanta differenza nell’entrare in condizione è il peso. Io, rispetto ad uno scalatore di 55 chilogrammi, ci metto più tempo a “riaccendere” il motore. Prima facevo qualcosa in palestra, ma ora no, ho notato che se non la curi tutto l’anno non serve a molto. Ma la palestra, in particolare, è utile a chi deve fare dei lavori specifici, come gli sprinter. 

Di recente hai rinnovato con Ineos per altri due anni, ti aspettano almeno altre due preparazioni invernali…

Sono qui dal 2011, conosco tutti e conosco il metodo di lavoro. A fine carriera non mi sarei sentito pronto per delle nuove sfide. In squadra conosco il mio lavoro ed anche io sono consapevole di cosa posso dare. Alla Ineos riesco a mettere in campo tutte le mie qualità, cosa che da altre parti non sarebbe possibile. 

Allora buona ripresa.

Grazie e ci vediamo sulle strade!

Tosatto alla Tudor Pro Cycling, grosso colpo di mercato

29.10.2023
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Matteo Tosatto lascia la Ineos Grenadiers e va al Tudor Pro Cycling Team. Sapevamo della proposta già da marzo, ma i tempi erano prematuri e non era detto che il trevigiano avrebbe accettato. Lui per primo, rispondendo a qualche messaggio a fine Tour, aveva ammesso che altre tre squadre lo avevano cercato, ma che la decisione non l’avesse ancora presa.

Tosatto è salito sull’ammiraglia della squadra britannica nel 2017 e l’ha condotta alla maglia rosa con Froome nel 2018, Tao Geoghegan Hart nel 2020 e Bernal nel 2021. Nei due anni successivi, il 2022 e 2023, sono venuti invece i secondi posti di Carapaz e Thomas. Lavorando con Dario Cioni, il trevigiano è diventato uno dei riferimenti del gruppo italiano. Un tecnico di valore internazionale, che ha messo bene a frutto i 20 anni da professionista con tecnici e manager come Giancarlo Ferretti, Patrick Lefevere, Luca Guercilena e Bjarne Riis. Gli stessi che, fatto salvo Lefevere, ha incontrato sulla sua strada Fabian Cancellara, che lo ha voluto fortemente nel suo nuovo progetto.

Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos

L’autunno ha il sapore di quando si cambiava squadra e bisognava liberare i cassetti e la mente per le nuove dotazioni. Matteo è appena tornato da una settimana in Svizzera, vissuta con gli atleti e con il management della squadra. Un’immersione che gli ha confermato la bontà della scelta e l’impegno della sfida raccolta.

Come mai il direttore sportivo di una squadra come la Ineos a un certo punto decide di cambiare?

Era arrivato il momento giusto, secondo me. Si potrebbero dire tante cose, ma forse è meglio non farlo. Diciamo che era il momento giusto di cambiare. Devo solo dire grazie al Team Sky e Ineos perché mi hanno offerto un posto di lavoro nella squadra numero uno al mondo. Più di così non potevo desiderare. La Tudor non era l’unica opzione, si sono fatte avanti altre squadre, ma loro hanno portato proposte molto interessanti. Li guardavo già da un po’, non solo perché ho mantenuto degli ottimi rapporti con “Cance” e con Ricardo (Scheidecker, head of sport del team svizzero, ndr). Di solito si parlava di ciclismo in generale, ma quando abbiamo affrontato più decisamente il loro progetto, mi hanno coinvolto e mi hanno fatto la loro proposta. Non ho dovuto pensarci troppo, in realtà…

Come ti hanno convinto?

Mi hanno presentato il progetto, che è un gran progetto. Ho notato subito che non ragionavano sul futuro prossimo, ma a lunga scadenza. Mi hanno illustrato quello che pensano, come vogliono affrontare il ciclismo. E la cosa più importante, a parte gli sponsor solidi e la prospettiva lunga, è la loro filosofia. Vogliono fare ciclismo dando una precisa impronta di squadra. Senza guardare cosa fanno le altre. La Tudor ha la propria idea di ciclismo e la porta avanti, dal marketing alla scelta dei corridori, passando per la tattica.

Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Perché prendere Tosatto?

Potrei dire per il rapporto umano che so creare tra direttore e coach, fra direttore e corridore. Penso che abbiano visto questo. Non abbiamo parlato di tattiche, ma del valore umano, di competenza e consapevolezza. Di ciclismo ne ho visto tanto. Gli ultimi sei anni e mezzo in una grande squadra, lavorando sempre con campioni, mi hanno aiutato tanto. Poi diciamo che con Ricardo ho lavorato quando era in Saxo Bank e poi Tinkoff e mi conosce bene. Con Cancellara abbiamo corso insieme. Secondo me loro hanno messo come primo punto la persona. Non le qualità, ma la persona.

E’ stimolante il fatto di entrare in un progetto ancora in fase di lancio?

La squadra è nata nel 2023, il prossimo anno farà uno step in più. Mi hanno chiamato per fare parte del progetto, dandomi tanta fiducia. Vado come direttore sportivo, però sono dentro a tante altre cose, come ad esempio la scelta dei corridori. E proprio questo coinvolgimento mi ha spinto a dire sì, il fatto di sentirmi al centro del progetto. Questa per me è la cosa fondamentale. Alla Ineos stavo bene, ma ero un direttore come tutti gli altri. Ottimo gruppo, però dal mio punto di vista tante volte noi direttori non eravamo coinvolti al 100 per cento dalla squadra, che magari è strutturata in modo diverso. La Tudor mi ha fatto davvero una grande proposta.

Quando sono cominciati i contatti?

Il primo incontro c’è stato a febbraio, ancora prima del loro debutto. Ci trovammo per caso con Ricardo a una corsa e venne fuori una chiacchierata. E lui mi propose subito di rimanere in contatto, perché voleva che andassi con loro. Poi abbiamo continuato a sentirci, ma per rispetto della Ineos, la decisione l’ho presa dopo il Tour de France. 

Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
E la Ineos ha provato a trattenerti oppure hanno preso atto e ti hanno stretto la mano?

Sono inglesi, un po’ freddi. Ho lavorato per un po’ di anni con Rod Ellingworth, gli ho manifestato le mie intenzioni, ma non ha provato a convincermi. Qualcuno di quelli più vicini ha provato a chiedermi se fossi sicuro e mi ha invitato a pensarci bene, però è come quando da corridore senti il bisogno di cambiare squadra per trovare nuovi stimoli. E questo è un nuovo stimolo.

Ti dispiace lasciare il gruppo italiano?

Noi italiani puntiamo sempre sul gruppo, ma non sono riuscito a portare del tutto questa mentalità. Mi dispiace lasciare gli italiani. Penso allo staff, come a Puccio e Viviani, ma anche a Ganna. Se penso che quando Pippo era arrabbiato alle corse in cui io magari non c’ero, mi chiamava a casa per fare due parole… Sai, è bello che un campione come Ganna voglia confrontarsi su come è andata una corsa o come affrontare quella del giorno dopo, per cui dispiace perdere quel tipo di rapporto. Lui sa benissimo tante cose. E mi ha detto: «Toso, la carriera è tua. Mi dispiace perché ci troviamo bene insieme, però se questa è la tua scelta, è giusto che la porti avanti».

Come hai visto Cancellara padrone del team rispetto a com’era da corridore?

Prima cosa, lo vedo super preparato e questo mi ha stupito. “Cance” da corridore era garibaldino, spavaldo. Adesso è sempre così, sta allo scherzo ed è sempre combattivo. Però nel lavoro, ho trovato una persona molto matura per la sua età. Con le idee non chiare, ma chiarissime sul da farsi. Una cosa che mi ha stupito è che non pensa a come sarà l’anno prossimo, ma è già con la testa al 2025, pensando a cosa fare meglio. E’ molto preparato. In questo primo ritiro, abbiamo fatto come sempre il fitting per abbigliamento e bici, le prime visite mediche e tutti i programmi. E poi, in stile Bjarne Riis, ha previsto due giorni e mezzo di “survival camp”. Quando gliel’ho chiesto, mi ha risposto: «Io ho fatto la scuola di Ferron (Giancarlo Ferretti, ndr), la scuola di Bjarne e la scuola di Guercilena. Non è che copio, semplicemente ho avuto la fortuna di aver avuto questi tre maestri e prendo il meglio di quello che mi hanno dato e che possa funzionare».

Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Prossimi passi? Ritiro a dicembre?

Andiamo in Spagna, dalla fine della prima settimana fino circa al 20. Due settimane e poi ancora un ritiro a gennaio nello stesso posto e poi si inizia a correre. Aspettiamo gli inviti perché essendo una squadra Pro Continental dobbiamo essere invitati. Il programma è buono, sappiamo già più o meno dove andremo, ma finché non abbiamo le conferme non possiamo dire niente. Abbiamo anche dei buoni atleti e questa è la cosa fondamentale.

Ne sono arrivati di buoni, vero…

E’ arrivato Matteo Trentin e anche Alberto Dainese. Mayrhofer dalla Dsm e anche Storer dalla Groupama. Hanno voglia di fare e abbiamo qualche giovane svizzero buono. Serve avere pazienza, credere nel progetto e non avere fretta. Se a febbraio o marzo non si vedono ancora risultati, dobbiamo essere consapevoli che si tratta di un progetto a lungo termine.

Come ti hanno accolto i colleghi dell’ammiraglia?

E’ la prima volta che cambio squadra da direttore, però anche parlando con Ricardo ho percepito che il fatto che arrivi dalla Ineos mi vale il loro rispetto. Mi guardano con un occhio di riguardo. Mi piace poter diventare un riferimento. Questo porterà a grandi responsabilità, ma ho scelto Tudor perché sono pronto per prenderle. Credo nel progetto e, come abbiamo ripetuto nei giorni scorsi, le cose andranno fatte per gradi.

Leonard, il canadese bambino che gioca tra i grandi

21.10.2023
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NANNING – Michael Leonard passa il tempo prima delle partenze seduto da solo, interagendo un minimo con i compagni di squadra (in apertura con Viviani alla firma dell’ultima tappa al Tour of Guangxi). Sbarbato e giovanissimo, probabilmente timido, si sta facendo le ossa alla Ineos Grenadiers, viaggiando spesso nella coda del gruppo nella prima corsa WorldTour della carriera.

La prima volta che lo incontrammo fu nel 2022 in Toscana, all’indomani della Sanremo. Correva con il Team Franco Ballerini e batté Sciortino nella classica di apertura degli juniores, intitolata al campione toscano. Ci raccontò di aver contattato il diesse Andrea Bardelli dopo averli visti correre sul Lac Leman e ci presentò i genitori, Peter e Jill, venuti dal Canada per seguirlo nel debutto della carriera in Europa. Di lì a un anno, Michael sarebbe passato alla Ineos Grenadiers, per una di quelle scelte che lasciano inizialmente perplessi, ma che necessitano solo di tempo per avere i necessari riscontri.

E’ il 20 marco del 2022: Michael Leonard vince l’apertura toscana degli juniores
E’ il 20 marco del 2022: Michael Leonard vince l’apertura toscana degli juniores

Nel 2023 con Tosatto

La sua prima stagione nel WorldTour si chiuderà con 41 giorni di gara, fatti di corse fra i professionisti e anche alcuni appuntamenti fra gli U23, come il Tour de l’Avenir ed entrambi i mondiali di categoria. Il miglior risultato dell’anno è stata la vittoria dei campionati canadesi U23 a cronometro, ma spicca anche il 9° posto nella crono della Settimana Coppi e Bartali. Niente male per un ragazzo che ha compiuto 19 anni alla fine di marzo. La Ineos Grenadiers non ha un devo team, probabilmente lo avrà a partire dal 2024, perciò il giovane canadese è stato affidato alle cure di Matteo Tosatto.

«Ho sempre voluto far parte di una squadra del WorldTour – ammette – ma sicuramente è un’esperienza diversa rispetto a quella di stare nel team Franco Ballerini. La Ineos è stata molta accogliente e di supporto e mi ha permesso di progredire fortemente, ma passo dopo passo. Mi sto davvero divertendo».

Dopo il 10° posto nella crono U23, ai mondiali di Glasgow Leonard si è ritirato per una caduta
Dopo il 10° posto nella crono U23, ai mondiali di Glasgow Leonard si è ritirato per una caduta
Hai firmato che avevi ancora 18 anni, c’era un po’ di tensione?

Ero spaventato, assolutamente. Ero nervoso, ma penso sia normale avere pressione quando vieni qui. Se vieni supportato, la stessa pressione ti consente di migliorare. Penso di aver imparato molto su chi sono come corridore e anche sui modi migliori per prepararmi. Quindi sono entusiasta che il prossimo anno prenderò tutti questi insegnamenti e li metterò finalmente in pratica.

Hanno sempre parlato di te come di un atleta con ottimi valori: questi numeri danno fiducia in se stessi?

Penso che se sai di avere determinati valori di potenza, sai anche che magari non ti staccheranno all’inizio della gara. Ma ovviamente fare il corridore è molto più di quello che si vede da un test di potenza. E’ altro che determina dove finisci in gare come questa.

Hai avuto momenti difficili durante la stagione?

Assolutamente, ma penso che sia normale e penso che anche quelli ti permettono di crescere. Ci sono stati anche giorni in cui mi sono sentito forte. Ma sai, un giorno va bene, il giorno dopo soffri un po’ di più. E penso che anche questo sia normale.

Il Tour of Guangxi è stato la prima gara WorldTour di Leonard: ha aiutato i compagni e fatto fatica
Il Tour of Guangxi è stato la prima gara WorldTour di Leonard: ha aiutato i compagni e fatto fatica
Gare del livello del Tour of Guangxi sono alla tua portata?

E’ difficile saperlo, visto che ci sono stati perlopiù arrivi in volata. I 4 minuti che ho perso in salita sono tanti, ma devo riconoscere che certe accelerazioni non sono ancora nelle mie gambe.

Dove vivi? Qual è la tua base?

Sono ad Andorra e conto di restare lì. E’ fantastico per l’allenamento, mi trovo bene. Però non escludo neppure di tornare a lavorare per qualche periodo in Toscana. Il mio direttore sportivo di riferimento finora è stato Tosatto, ma col fatto che va via inizierà a seguirmi Cioni, che già segue altri giovani come Tarling. E Cioni vive in Toscana nelle zone in cui ero con la Franco Ballerini

Durante l’inverno tornerai in Canada?

Il progetto è questo e poi a dicembre andrò in ritiro con la squadra a Mallorca e lì vedremo quale sarà il mio programma per il 2024. Spero di avere prestazioni di livello più alto e di conseguenza possa partecipare a corse di maggior valore.

Alla Coppi e Bartali uno dei migliori risultati di stagione: il 9° posto nella crono finale
Alla Coppi e Bartali uno dei migliori risultati di stagione: il 9° posto nella crono finale
E’ cambiata la vita da quando sei professionista?

Sicuramente, ma si tratta sempre di svegliarsi ogni giorno, andare ad allenarmi e poi venire alle gare. Lo schema è molto simile, sono cambiati l’attenzione ai dettagli nell’allenamento e nell’alimentazione, e soprattutto la quantità di lavoro che per forza è superiore.

I tuoi genitori sono più venuti in Europa per seguirti?

Quest’anno non lo hanno fatto. Nel 2022 vennero a Mallorca e passammo insieme il Natale.

Qual è il tuo sogno di corridore?

Mi piacerebbe essere in testa nelle gare più importanti. Un sogno semplice, un po’ meno semplice sarà realizzarlo…

Alla Ineos c’è già l’erede di Ganna: si chiama Tarling

30.09.2023
8 min
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Alla vigilia dei mondiali di Stirling, la città alle porte di Glasgow in cui si sono corse le crono, Dario Cioni venne a dirci che avrebbe seguito Tarling e di guardarlo con attenzione. Bastò aspettare poche ore per applaudirlo sul terzo gradino del podio, con tanto di investitura da parte di Ganna. Filippo disse infatti di non essere particolarmente stupito del risultato e che quando il giovane avrà perso quei 4-5 chili di troppo, diventerà davvero un brutto cliente.

Tarling è quel ragazzino di Aberareon, sulla costa occidentale del Galles, che lo scorso anno a Wollongong vinse il mondiale crono degli juniores e poi fu fatto passare alla Ineos Grenadiers. A distanza di 40 giorni dal podio scozzese, il giovane britannico (ha compiuto 19 anni il 15 febbraio) ha vinto il campionato europeo della cronometro, con il passaggio intermedio della vittoria al Renewi Tour. A questo punto Cioni è diventato un interlocutore obbligato. Che cosa sapeva già quel giorno di agosto? Glielo abbiamo chiesto, anche perché giusto due giorni fa di Tarling aveva parlato anche Elia Viviani, indicandolo come uno dei giovani che più ama imparare dall’esperienza dei grandi.

Lo scorso anno a Wollongong, Tarling ha vinto il mondiale juniores della crono. Classe 2004, è alto 1,94 per 78 chili
Lo scorso anno a Wollongong, Tarling ha vinto il mondiale juniores crono. Classe 2004, è alto 1,94 per 78 chili
E’ davvero così attento?

Su alcune cose sì, su altre c’è un po’ più da lavorare, tipo la disciplina in allenamento. Però al momento, su tutto quello che riguarda la cronometro è una spugna.

Si era visto subito che potesse già essere vincente nei pro’?

Sì, avendo notato che durante l’anno è anche migliorato. Nella crono di Besseges, la prima gara da professionista, ha fatto secondo dietro Pedersen. In pratica ha confermato subito non solo la sua predisposizione, ma il fatto che potesse essere competitivo. E poi comunque ha vinto il campionato nazionale, la crono al Renewi Tour e ha vinto l’europeo. Ha fatto secondo dietro Ganna al Vallonia… Insomma, è tanta roba, perché ha fatto anche terzo al mondiale. E’ entrato subito nell’elite dei cronometristi. Io pensavo che sarebbe arrivato al livello dei migliori entro un paio d’anni, che avrebbe potuto vincere in qualche gara minore, ma ad esempio che non fosse ancora in grado di ben figurare nello scontro diretto con Kung. Invece al mondiale è arrivato terzo alla presenza di tutti i più forti, mentre all’europeo ha vinto. Mancavano Remco, Roglic e Ganna, però c’erano diversi specialisti, quindi penso che si sia guadagnato subito un posto fra i primi 5-6 al mondo.

Quando una squadra come la vostra prende un ragazzo così giovane, in che modo lo gestisce, non avendo un devo team?

Il suo caso forse è particolare, perché a inizio stagione ha corso un pochino più rispetto ai programmi. Ad esempio ha fatto la Parigi-Nizza che non era prevista. Ha fatto il UAE Tour che non era previsto, però per l’inizio di stagione andava bene. Si sono aperte un paio di porte per partecipare a queste corse, per fargli fare l’esperienza, ovviamente senza mettere nessuna pressione. Però poi, per esempio, dopo la Parigi-Nizza è stato alle classiche con la squadra per tutto il tempo, ma ha fatto solo un paio di gare e poi ha avuto un periodo più tranquillo.

A Sluis, seconda tappa del Renewi Tour, Tarling ha vinto la crono
A Sluis, seconda tappa del Renewi Tour, Tarling ha vinto la crono
Comunque un calendario importante.

Ma non troppo intenso. Si è cercato di dargli un mix fra gare in cui poteva fare esperienza e gare in cui magari provare a fare risultato, come il Renewi Tour, dove eravamo andati proprio con l’intenzione di vincere la crono. Idem al Vallonia, ma lì era difficile vincere perché c’era Filippo. Anche i campionati nazionali erano un obiettivo prestazionale legato alla crono. E’ una specialità in cui si sente a suo agio, invece non è mai stato messo un obiettivo relativo a una corsa a tappe.

Ha dovuto lavorare tanto per la posizione oppure gli viene naturale?

Questa posizione è il frutto di un lavoro fatto l’anno scorso da junior in vista dei mondiali. Lo avevamo guidato sia da un punto di vista biomeccanico sia aerodinamico. Quest’anno il primo intervento l’abbiamo fatto la settimana prima degli europei, ma proprio aggiustamenti minimali in galleria del vento. Qualcosina è cambiato, ma pochi dettagli, tant’è che si è adattato subito alla nuova posizione. E’ uno che trova facilmente la posizione, perché fin da allievo la sua passione è sempre stata la cronometro. In Inghilterra c’è la cultura dei ritrovi che organizzano la domenica, in cui fanno gare a cronometro sulle 10 miglia, 20 miglia, 30 miglia e 40 miglia. E lui ha partecipato spesso.

Che cosa intendevi parlando di disciplina in allenamento?

Ha un grosso margine di miglioramento da quel punto di vista, per questo stupisce la sua prestazione a cronometro. Secondo me questo margine è maggiore su strada che a cronometro, perché essendo lo sforzo più breve ma intenso, va bene per il suo modo attuale di allenarsi. Non fa volume, uno degli obiettivi per l’anno prossimo è aumentare. Al momento è nella fascia super bassa di volume rispetto ai compagni di squadra, però non lo vedo come un male, anzi.

Tarling ha vinto l’europeo dei professionisti a 19 anni, dopo il bronzo ai mondiali
Tarling ha vinto l’europeo dei professionisti a 19 anni, dopo il bronzo ai mondiali
Una scelta dettata dai 19 anni?

Non necessariamente. Trovi il giovane che vuole fare 5-6 ore, lui invece no. E’ più facile che faccia qualcosa in meno che qualcosa di più. Bisogna lavorare anche sulla struttura degli allenamenti perché ancora non è precisissimo nell’esecuzione. E poi c’è il discorso del peso, un’altra di quelle cose per cui dico che ha margine.

Dove vive Tarling?

Ad Andorra, infatti seguirlo in allenamento è la parte più complicata. Tendenzialmente per vederlo cerco di andare alle gare dove corre anche lui, anche se ad Andorra abbiamo un altro coach che può seguirlo in certi allenamenti. Però bisogna che impari un po’ anche lui, perché l’allenamento è per il loro bene, non per il mio. E questo è un altro dei miglioramenti che vogliamo ottenere l’anno prossimo da lui.

Quando è con Ganna cerca di rubargli il mestiere?

Fra i due non c’è una grossa differenza di età. Pippo dice che è il suo corridore preferito, quindi secondo me se ci passa tempo insieme e lui guarda quello che fa Filippo, impara tanto. Però non è neanche che ti sfinisca di domande.

E’ vero secondo te che Tarling diventerà una minaccia per Ganna?

Secondo me fra qualche anno saranno pari. Poi starà a chi si adatta meglio alle novità tecniche, a chi sarà più bravo. Entrambi hanno margine, mettiamola così. Sulla crono Tarling è già okay, ai massimi livelli. Se fosse allo stesso livello su strada, avrebbe molto meno margine. Invece nella crono è già molto spinto, perché comunque la posizione è buona, il materiale è buono, l’esecuzione è buona. Capisce molto bene anche tutta la strategia di pacing. E’ molto preciso anche lui nelle ricognizioni, una cosa che ha in comune con Filippo. A cronometro ha molto meno margine rispetto alla strada.

Il 2024 di Tarling sarà ancora prevalentemente incentrato sulla crono?

Siccome sarà l’anno olimpico, la crono per lui può essere un grosso obiettivo, quindi sarà una priorità. La squadra è d’accordo con questa scelta e comunque questo non esclude un certo miglioramento su tutto il resto. Però dal punto di vista della performance, il lavoro sarà concentrato sulla cronometro. E alla luce di questo dovremo valutare il calendario e qui il discorso è strano.

Perché strano?

Perché quest’anno c’è stata una prima parte di stagione dove si faceva fatica a trovare le crono. Poi nella parte finale, quasi tutte le gare ne avevano una, anche un po’ a sorpresa. Ci sono state corse che storicamente non hanno mai avuto una crono, che invece l’hanno inserita. Per me è un bene, sono favorevole alla crono in una corsa di 5 giorni.

Al Renewi Tour, Tarling ha vinto la crono, ma sul Muur ha pagato con 9’47” di ritardo
Al Renewi Tour, Tarling ha vinto la crono, ma sul Muur ha pagato con 9’47” di ritardo
Può diventare un corridore da classiche come Ganna oppure ha altri sviluppi davanti a sé?

E’ più leggero di Pippo (78 chili, contro gli 83 di Ganna, ndr), ma può scendere ancora. Per cui se mi diceste che fra 5-6 anni si proverà a fare classifica in una corsa a tappe, anche un grande Giro ma con il percorso giusto, non mi stupirei, anche se dobbiamo ancora vedere come recupera nelle corse a tappe. Una Tirreno fra qualche anno secondo me potrebbe essere alla sua portata. Mentre Filippo ha dimostrato di essere più veloce. Anche a Joshua piacciono le classiche, però non so se diventerà uno specialista.

Forse è troppo giovane perché si possa dirlo?

Probabilmente. Se uno pensa dov’erano Wiggins e Thomas alla sua età, è più facile fare un percorso simile al loro con Joshua che con Filippo. Lo vedrei tenere bene sulle salite fino al 7-8 per cento. Quest’anno, per esempio, al UAE Tour non è andato male. Ha fatto il suo lavoro di supporto, però nella prima tappa di salita, che era pedalabile, si è difeso bene.

Cosa farà nel prossimo inverno?

La stagione finirà ora in Croazia e poi farà la Crono delle Nazioni, perché potrà partecipare assieme al fratello minore, che corre anche lui. Ci sarà tutta la famiglia, che è molto presente, quindi sarà un obiettivo, ma anche una festa. Poi probabilmente dovrebbe staccare subito. Quello che si sta considerando è il discorso della pista. Nelle categorie giovanili l’aveva praticata, quest’anno invece l’aveva lasciata da parte con il cambio di categoria. Però ha partecipato agli europei U23 e ha fatto terzo nell’inseguimento individuale e hanno vinto quello a squadre. Ora si sta valutando di reinserirla e se questo va in porto, comincerà al Tour Down Under, in modo poi da partecipare alla Coppa del mondo in Australia.

Alla CRO Race, Tarling ha festeggiato la vittoria di Viviani
Alla CRO Race, Tarling ha festeggiato la vittoria di Viviani
Avendo l’obiettivo olimpico?

Le convocazioni non sono state ancora ufficializzate, però per il discorso delle quote limitate, avere corridori che fanno molte discipline può essere utile. Bisognerà solo valutare il suo livello rispetto agli altri. Per il resto, io ho sempre sostenuto l’utilità della pista anche in proiezione della strada. Lui si era un po’ allontanato, probabilmente ora si sente un po’ più a suo agio. E intanto la Federazione inglese osserva. Visto però che avevo ragione e valeva la pena seguirlo?

Geoghegan Hart saluta la Ineos e si prepara a un nuovo inizio

28.09.2023
4 min
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Tao Geoghegan Hart (foto Instagram in apertura) a fine stagione lascerà la sua “casa” ciclistica: la Ineos Grenadiers. Il britannico si trasferirà alla Lidl-Trek, una squadra che da quando ha cambiato nome, e sponsor, si è mossa tanto nel prendere nuovi corridori. Tao ha 28 anni, cambia squadra in quello che è sempre stato il periodo di maturazione per un ciclista professionista

Una decisione che merita un approfondimento, per questo abbiamo cercato di capire di più parlando con il suo procuratore: Joao Correia. Ex corridore portoghese che da qualche anno rappresenta alcuni dei corridori più importanti del gruppo con la sua agenzia Corso Sports, fra cui Almeida e Pedersen. Correia ha una vita “divisa” in tante parti del mondo: Stati Uniti, Portogallo e Italia. Quando si trova da noi sta in Toscana, dove ha un B&B con il quale organizza viaggi legati alla bici per i turisti stranieri, in particolare americani. 

Buongiorno Joao, innanzitutto, come procede la riabilitazione di Geoghegan Hart?

Ha terminato la settimana scorsa, è stata lunga: più di 3 mesi di lavoro per tornare in bici. A breve riprenderà a pedalare su strada e metterà nel mirino la preparazione verso la prossima stagione. Da quando abbiamo capito che nel 2023 non avrebbe più corso si è deciso di guardare al futuro. La squadra gli ha dato una grande mano, nonostante a fine stagione si saluteranno ha avuto un ottimo appoggio.

2024 che vede un grande cambiamento per l’appunto, cosa c’è dietro?

Dietro questa divisione c’è l’ambizione, che ogni corridore ha, di voler provare qualcosa di nuovo. Avere degli stimoli diversi fa bene agli atleti. In estate c’erano stati dei colloqui con la Ineos ma non tutto era chiaro, per esempio il ruolo che Tao avrebbe avuto. Lui vuole essere un uomo da grandi Giri, un leader. Non un capitano unico, perché nel ciclismo moderno è impossibile, l’abbiamo visto con la Ineos.

Ultima tappa del Giro, Almeida terzo: al centro Joao Correia, a destra il suo socio Ken Sommer (foto Fizza/UAE Emirates)
Ultima tappa del Giro, Almeida terzo: al centro Joao Correia, a destra il suo socio Ken Sommer (foto Fizza/UAE Emirates)
Quando è caduto al Giro, fratturandosi il femore, la Ineos aveva Thomas come “seconda punta”.

Esatto. Si sono invertite le parti rispetto al 2020, quando Geoghegan Hart vinse il Giro. A quell’epoca cadde Thomas e lui fu l’uomo di classifica, quest’anno è stato il contrario.

Allora com’è si è arrivati alla volontà di cambiare?

Tao ha un obiettivo: il Tour de France. Gara che ha disputato solamente una volta, nel 2021, in supporto a Carapaz e Thomas. Ormai è arrivato ad un’età in cui deve dire “ho vinto un grande Giro, ora ci voglio puntare in alto”.

Il cammino è proseguito lineare fino al Tour of the Alps, vinto da Tao
Il cammino è proseguito lineare fino al Tour of the Alps, vinto da Tao
Pensi che sia maturo per farlo?

Quest’anno al Giro d’Italia stava davvero bene, lo si è visto alla cronometro di Cesena. Lui è uno scalatore, quando un corridore del suo tipo fa una cronometro a quel livello vuol dire che sta molto bene. 

Com’è nato il contatto con la Lidl-Trek?

Ho un grande rapporto con Luca Guercilena, grazie al fatto che un mio corridore, Mads Pedersen, corre per loro. Così parlando con lui è uscita questa occasione ed è stato tutto molto veloce. La Lidl-Trek stava cercando un uomo per fare classifica nei grandi Giri e l’occasione era importante. Ci sono anche altri profili (Ciccone su tutti, come detto dallo stesso Guercilena, ndr). 

Al Giro, Geoghegan Hart aveva sorpreso tutti a crono fin dal primo giorno di Giro a Ortona
Al Giro, Geoghegan Hart aveva sorpreso tutti a crono fin dal primo giorno di Giro a Ortona
Geoghegan Hart ha corso sette anni con la Ineos: un corridore britannico in una squadra britannica, il cambiamento si farà sentire?

Non penso proprio. Tao è un ragazzo che sa stare molto bene in contesti internazionali, si trova a proprio agio a contatto con culture e lingue diverse. Quando è in Spagna parla spagnolo con grande disinvoltura e ha una speciale connessione con l’Italia. Ha un modo di pensare multidimensionale. 

Il cambiamento gli farà bene quindi?

Quando si cambia si assumono nuove responsabilità. Ora deve focalizzarsi sul recupero e fare un buon inverno, poi vedremo dal 2024 cosa succederà.

Viviani ha ancora fame: prima di Parigi, vuole il Giro

27.09.2023
7 min
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La vittoria è tornata un anno dopo. L’ultima volta per Elia Viviani era stata ugualmente alla CRO Race, sul traguardo di Zagabria nel 2022. Nel mezzo, una stagione da 55 giorni di corsa (più la pista), che hanno dipinto del veronese un ritratto di luci e ombre, a metà fra l’ambizione che resta alta e la necessità di incastrarsi in un programma che non sempre ha avuto la forma da lui desiderata.

Il 7 febbraio, le candeline sulla torta sono state 34 e per la prima volta Viviani ha festeggiato il compleanno da uomo sposato. Tutto nella sua storia di uomo e di atleta fa pensare a una dimensione ormai stabile, con il prossimo obiettivo olimpico al centro di una carriera che di medaglie olimpiche ne ha già due, accanto alle 88 vittorie su strada. Eppure la sensazione è che nei suoi occhi ci sia ancora l’inquietudine di chi ha altro da dimostrare.

Ieri a Sinj, prima tappa della CRO Race, Viviani ha vinto la prima del 2023. Non esultava dalla CRO Race 2022
Ieri alla CRO Race, Viviani ha vinto la prima del 2023. Non esultava dalla stessa corsa del 2022
Partiamo da ieri, che effetto fa vincere dopo un anno di digiuno? 

Quando vinci a settembre, un po’ di paura di passare l’anno a digiuno ti viene. Sapevo che era un buon periodo, perché guardando indietro dopo qualche anno sono tornato competitivo ad Amburgo e Plouay. Insomma, erano segnali sul fatto di essere in condizione e competitivo con gli altri. Questo era già un bel punto per me, con il programma di fine stagione che potrebbe permettermi di risollevare il bilancio. Adesso c’è il Croazia e mi hanno aggiunto il Gree-Tour of Guanxi, in Cina, perché evidentemente la squadra vede delle possibilità per me.

Neppure quest’anno hai corso un grande Giro: in qualche misura questo ha inciso sulle prestazioni e sui risultati?

Sono due anni che non ne faccio, un po’ conta. Al Giro, Cavendish ha dimostrato di aver saputo vincere una tappa e per giunta quella di Roma. Saltare una grande corsa a tappe ti fa mancare qualcosa a livello fisico, ma ti toglie anche delle belle occasioni, che i corridori con qualche anno di corsa nelle gambe riescono a cogliere. Le cose sono due. Può esserci un dominatore e allora le vince tutte lui. Oppure c’è il momento in cui le volate non sono più così caotiche e i corridoi che le fanno sono quei 4-5 che sono arrivati in fondo e quelle diventano occasioni per centrare vittorie prestigiose.

Ai mondiali hai detto di voler fare più corse in pista. Questo significa che nel 2024 la strada sarà in secondo piano?

Il punto di quello che ho detto al mondiale riguardava il fatto tattico. Mi sono reso conto che faccio tanti errori nelle prove di gruppo. E’ vero che con le gambe puoi raddrizzare un buon omnium nella corsa a punti finale. Però è vero che se lasci troppi punti per strada, puoi lottare per una medaglia arrivando da dietro. Oppure, come è successo a me quest’anno, magari non la prendi. Quindi non si tratta di un fatto di preparazione, perché ormai abbiamo un buon sistema per arrivare pronti alle gare. Invece devo correre per leggere meglio i movimenti, gli attacchi, questi aspetti qua.

Glasgow, mondiali pista. Viviani si avvia al bronzo dell’eliminazione: la bici gliela porta Bettiol
Glasgow, mondiali pista. Viviani si avvia al bronzo dell’eliminazione: la bici gliela porta Bettiol
Andranno bene le Sei Giorni?

No, in realtà. Le Sei Giorni danno la gamba, ma si fanno prove diverse. Devo correre degli omnium, per cui stiamo guardando qualche gara di Classe 1, come quella di Grenchen a dicembre. E poi probabilmente nell’anno olimpico, per me sarà meglio fare tutte le Coppe del mondo e le gare di livello per arrivare bene a Parigi. L’obiettivo è arrivare pronto per la stagione su strada e quella su pista, fra marzo e aprile.

Ti aspetta un inverno molto intenso?

Finendo tardi e con la previsione di cominciare presto, l’inverno passa veloce. Torno dalla Cina il 18 ottobre. Probabilmente ridurrò lo stacco, perché ho visto che con gli anni le quattro settimane cominciano a essere troppe da ricostruire. Per cui ne farò due senza far niente, ma già nella terza qualcosina riprenderò. Quindi sarà un inverno corto, mettiamola così.

Sfogliando l’album delle tue foto, ultimamente sono più quelle in maglia azzurra che in maglia Ineos: come mai?

La verità è che anche agli europei, c’è stato un gruppo che ha girato bene. Tra le nazionali di pista e strada riesco sempre a dare qualcosa in più, a trovare me stesso. Qualcuno dice anche che essere andato all’europeo mi ha permesso di vincere subito qua al Croazia. Forse è vero. Vestire la maglia azzurra è speciale e quando non si portano risultati, anche se hai corso bene come domenica, ci rimaniamo male anche noi. La maglia azzurra è sempre stata qualcosa di speciale per me, una seconda squadra. Quando ho bisogno di correre, come è successo al Matteotti, so che posso chiamare e loro sono pronti. Questo per me è una certezza.

Agli europei di Drenthe, per spiegazione di Bennati, Viviani ha corso come riferimento per Ganna
Agli europei di Drenthe, per spiegazione di Bennati, Viviani ha corso come riferimento per Ganna
Sei stato con Villa l’artefice del rilancio della pista, sei andato agli europei per supportare Ganna. ti senti un po’ il… papà del gruppo azzurro?

Un po’ sì. Ho visto ragazzi con cui durante la stagione non ho tanto a che fare, come Mozzato e Sobrero, che apprezzavano che io fossi lì. Abbiamo parlato tanto: della stagione, di qualche gara, di diversi aspetti. Non solo Pippo, che è come un fratello, ma anche gli altri. Mi ha fatto piacere vedere che erano contenti, che in quei tre giorni di ritiro hanno cercato di prendere qualcosa da me. E’ bello essere un punto di riferimento, far capire cosa vuol dire vestire la maglia azzurra ed essere tutti per uno. Perché comunque per essere convocato fai dei risultati, quindi è normale che l’ambizione personale ce l’abbiamo tutti. Eppure in quei giorni tutti devono essere a disposizione di uno o due. Ovvio che non sia facile, quindi è una cosa che mi rende orgoglioso.

I giovani ascoltano?

Non sono così rari quelli che lo fanno, ma non sono neanche tanti. Alcuni arrivano e sono loro a spiegarti come vanno le cose. Non ricevono molto, forse non gli interessa. Invece ci sono delle eccezioni e mi fa piacere vederle anche in squadra. Tarling ad esempio è uno di quelli curiosi, vuole imparare, è un bambinone. Ad altri non interessa.

Hai parlato delle tue ambizioni. Dopo gli anni d’oro alla Quick Step alla Cofidis non ha funzionato e sembra che tu le abbia riposte da qualche parte. Non vorresti più un Morkov a tirarti le volate?

Ho provato a prendere Morkov fino a pochi giorni fa, l’ambizione c’è assolutamente. La questione è che è tutta una catena. Vincere fa ritrovare confidenza a me, ma fa anche capire al team e ai corridori che sono con me che valgo ancora un aiuto. Vincere significa che so ancora fare il mio e questo porta ad aumentare gli obiettivi. Se il prossimo anno parto dall’Australia, dalla corsa di Cadel Evans che per me è sempre stata una bella gara, potrei già avere un cerchiolino rosso a inizio stagione. E da lì, è tutta una catena che ti porta a puntare più in alto. Come Amburgo…

Sui social, Viviani ha commentato il tanto tempo dall’ultima vittoria. Intanto è salito a quota 88
Sui social, Viviani ha commentato il tanto tempo dall’ultima vittoria. Intanto è salito a quota 88
Non ti ha stupito?

Per tanti è stata una sorpresa, ma non per me. Per me Amburgo era un obiettivo, così pure Plouay, che mi sono sempre piaciute. Plouay era un po’ proibitiva con 4.000 metri di dislivello, eppure sono arrivato nei dieci. E’ stato un segnale. Quindi le ambizioni ci sono e sono alte. Devo essere sicuro di avere un buon programma. Vorrei assolutamente essere al Giro d’Italia, per me è importante anche per Parigi. Prima delle Olimpiadi ho sempre fatto il Giro e so che è qualcosa in più a livello fisico. Ma non lo farei solo per Parigi, ma anche perché mi manca correre una corsa a tappe di tre settimane, sia fisicamente che come ambizione. Vincere al Giro sarebbe qualcosa di più speciale ancora.

Forse in questa nuova Ineos, che non si capisce quale mercato stia facendo, potrebbero aprirsi un po’ di spazi anche per il velocista al Giro, no?

Sicuramente la Ineos Grenadiers è in un momento di costruzione e il lavoro è incentrato sul cercare l’uomo che vince il Tour. L’obiettivo rimane quello di qualche anno fa, quindi andare al Tour con i migliori e provare a vincere. Riuscirci è una questione abbastanza complicata, per cui se si decide di andare in Francia con tutti i più forti, al Giro più che alla Vuelta ci sarà spazio per il velocista. In Spagna si va con il pieno di scalatori per correre ai ripari. Sì, sono convinto, il Giro per me sarebbe l’opportunità migliore.

“Doppietta” Tour-Vuelta, ora Bernal punta al 2024

22.09.2023
5 min
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Sulle strade di Tour de France e Vuelta, in qualche caso sovrapposte, è tornato a pedalare Egan Bernal. Il corridore della Ineos Grenadiers ha portato a termine la sua personale “doppietta”: 42 giorni di corsa in due mesi, non poco considerando da dove partiva e dalla condizione dimostrata. Il colombiano è tornato ad assaporare l’aria dei grandi eventi e questo non può che fargli bene, donandogli nuove aspettative. 

Di questo parliamo con Matteo Tosatto, suo diesse nel team britannico. Lo intercettiamo in uno dei momenti di vita quotidiana, mentre ha accompagnato la figlia a nuoto. Seduto al bar beve un caffè e risponde alle nostre domande. 

Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica
Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica

Due grandi fatiche

Mettere in fila due grandi corse a tappe è stato un bel modo per rispondere a tante domande. Senza nemmeno aver bisogno di sprecare tante parole, Bernal ha corso, si è messo in mostra e ha terminato entrambe le corse.

«Non l’ho seguito personalmente – racconta Tosatto – per scelte tecniche non ho seguito la squadra al Tour e alla Vuelta. Però in squadra, tra tecnici, ci sentiamo tutte le settimane. In più ci siamo confrontati anche con l’allenatore di Bernal. Quindi qualche dettaglio sulla sua condizione lo abbiamo».

Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Tornare al Tour era il primo obiettivo?

Sì. L’idea era di vederlo all’opera sulle strade della Grande Boucle e poi di trarre le prime conclusioni. In Francia il percorso era molto impegnativo, il fatto di averlo portato a termine ci ha dato una grande soddisfazione. Era importante tornare a queste corse, in vista del recupero totale. 

In corsa cosa doveva fare?

Nella prima settimana, quella corsa nei Paesi Baschi, doveva provare a restare con i migliori. Ha risposto bene, non si è scomposto e alla fine ha concesso solo qualche manciata di secondi. Un primo segnale positivo. 

Con il proseguire delle tappe è uscita la fatica, ma era preventivabile, no?

Assolutamente. Quello che mancava a Egan era mettere insieme tanti giorni di corsa e tanta fatica. Di chilometri ne ha fatti, si è messo a disposizione dei compagni e ha speso tante energie. Insomma, un bel modo di riprendere la mano con le corse importanti.

Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
La Vuelta era già in programma o è arrivata dopo?

L’idea era di vedere come avrebbe finito il Tour e trarre le prime conclusioni. Una volta visto che la risposta di Bernal è stata positiva, la Vuelta è arrivata di conseguenza. Tra l’una e l’altra ha anche avuto modo di tornare a casa, in Colombia, e allenarsi in altura. 

Anche in Spagna era a disposizione di Thomas.

La Vuelta dal punto di vista della classifica non è andata come ci saremmo aspettati. Però ha risposto bene anche in quel caso, fin dalla cronometro a squadre di Barcellona. E’ rimasto con i compagni, un segnale positivo per noi e per lui. 

Alla Vuelta nell’ultima settimana è andato meglio…

E’ arrivato settimo in una tappa, la 18ª, quella vinta da Evenepoel, andando in fuga per 170 chilometri. Riuscire a fare uno sforzo del genere alla fine di un grande Giro è un bel segnale in vista del 2024.

Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Che cosa vi aspettate dalla prossima stagione?

Dall’inverno si avrà un’idea migliore di come sta e del lavoro che ci sarà da fare. Queste due corse a tappe ravvicinate servivano per aiutarlo a sopportare meglio la fatica e avere una migliore gestione dei recuperi. Ci si aspetta che più avanti nel tempo possa fare carichi di lavoro sempre più intensi. 

Potrà tornare a puntare ai grandi obiettivi?

Penso proprio di sì. Fare un inverno tranquillo, dove lavorare tanto e bene, sarà il primo obiettivo. Quando si programma la stagione rientrare bene è più semplice, basta focalizzarsi sugli obiettivi. 

Tornando al 2023, come lo hai visto pedalare?

Sereno. Stava in gruppo e spesso era davanti a tirare. Dalla televisione non si vedono tutti i dettagli, ma erano tutti contenti di lui. Non vale la pena stare a guardare i numeri e i risultati. 

Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Le salite tra Spagna e Francia erano dure, un bel test per lui…

Sicuramente certi sforzi è meglio farli in gara che in allenamento. Mettersi in gruppo e seguire gli altri ti porta a fare più fatica, a mollare meno di testa. Questo finale di stagione gli servirà molto. 

Bernal che dice?

Abbiamo parlato con il suo allenatore. Era contento e soddisfatto. Si è visto un netto miglioramento nello sforzo e nei numeri. 

Correrà ancora?

Non sappiamo. Non credo farà le gare in Italia, c’è qualche corsa in Oriente, ma non credo parteciperà. La miglior cosa per lui è riposare e preparare il 2024.

Cioni traccia la rotta della caccia a Evenepoel

07.09.2023
7 min
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Due crono a distanza di neanche un mese: quella del mondiale e quella di martedì alla Vuelta. La prima vinta da Evenepoel con 12″ di vantaggio su Ganna. L’altra nell’ordine inverso, con 16″ di differenza. Cos’ha di tanto speciale il belga? E come si può contrastarlo se davvero, come si è detto ai mondiali, fisicamente Ganna ha raggiunto il massimo? Proviamo a rispondere con Dario Cioni, responsabile dell’area performance per quanto riguarda Ganna e anche Tarling, il secondo e il terzo del mondiale.

Partiamo dal nemico: perché Remco è così pericoloso per Filippo? 

Perché va forte e ha un’ottima posizione in bici: a crono e su strada. Anzi, su strada fa ancora più differenza, perché se scappa di mano, poi diventa difficile andare a prenderlo. Sicuramente poi, essendo più compatto, ha un miglior coefficiente aerodinamico che, unito ai tanti watt, ne fa una bella gatta da pelare.

Dopo il mondiale è parso che Pippo abbia alzato bandiera bianca: ho fatto il massimo, di più non posso…

Penso che si riferisse alla parte fisica. Magari sul mondiale ci può essere una differenza di lettura dei valori dovuta al fatto che ha usato un power meter diverso rispetto a quello della Vuelta. Potrebbe esserci uno scostamento del 2 per cento, ma anche se così fosse, quest’anno Filippo ha sempre fatto delle prestazioni su un range altissimo. Ai livelli del 2020, quando vinceva sempre, solo che nel frattempo gli avversari sono cresciuti e Remco ha raggiunto uno standard superiore.

Si può fare qualcosa per riprendere vantaggio?

Si sta parlando di livelli di eccellenza, non di mediocrità. E’ chiaro che magari fisicamente con l’età e continuando a fare grandi Giri qualcosa si possa acquistare. E poi ci sono alcune cosine da mettere a posto, prima di tutto sui materiali. Nell’ultimo anno non siamo avanzati così tanto ed è tempo di iniziare a spingere. Su alcune cose non abbiamo fatto innovazione, su altre invece abbiamo continuato a migliorare. Per esempio Pinarello ha fatto il manubrio nuovo, che comunque andava cambiato perché c’è stata l’introduzione della regola dei 14 centimetri.

Secondo te Filippo ha avuto grossi vantaggi da queste nuove regole?

Non quanto pensavamo.

E allora dove si trovano i 12 secondi di Stirling?

Finora con i materiali siamo sempre stati innovatori. Adesso però gli altri hanno visto quello che facevamo e si sono allineati. Perciò va trovato qualcosa di nuovo. La cosa confortante è che con la prestazione di martedì Filippo ha dimostrato che Evenepoel è battibile, anche se la crono della Vuelta non è equiparabile al mondiale. Però Remco sta bene, voleva vincere ed è stato battuto.

Si rischiava che diventasse una bestia nera?

Secondo me è diventato uno stimolo. Alla fine, quando hai fatto tutto il possibile e perdi, c’è comunque il rispetto. Neanche a Pippo piace arrivare secondo, quindi questa rivalità è sicuramente uno stimolo per entrambi. E’ chiaro che difficilmente troverai il modo di migliorare di un 10 per cento, perché tante cose sono state già esplorate. Però ci sono particolari o nuove cose che si troveranno, che magari ci faranno guadagnare l’uno o il due per cento. Sommando tutto, si diventa più veloci.

La radio sul petto di Evenepoel ai mondiali è qualcosa da imitare?

Secondo me era molto borderline. Il fatto che alla Vuelta non l’abbia più usata fa pensare che qualcosa sia successo. Noi siamo per il rispetto dei regolamenti e forse al mondiale non sono intervenuti per non incidere sulla vittoria. Però sarebbe bene che ci fosse chiarezza sui regolamenti, come per la storia dei calzini troppo alti. Si stanno mettendo mille regole, ma se poi non si fanno rispettare, tanto vale non metterle.

A chi spetta nel vostro team il compito di seguire queste innovazioni?

Dipende dai settori. Ad esempio Luca Oggiano è l’aerodinamico, quindi è quello che studia le innovazioni da questo punto di vista. Collabora con chi fa i caschi e il body, con Kask e con Bioracer, mentre prima aveva lavorato a stretto contatto con Castelli. In galleria del vento dirige in prima persona la sessione e qui Ganna deve intervenire per forza. Poi c’è l’aspetto dei materiali, come i copertoncini da usare e quale modello, allora Pippo non serve. E in questo caso entra in gioco Bigham.

Poi c’è l’area della performance, giusto?

Performance e tattica e quello è il terreno di Cioni, il mio. La strategia non è più come una volta, che si partiva, si vedeva come stavi e si decideva il wattaggio da tenere. Adesso parti con un piano ben preciso, con dei wattaggi-obiettivo su ciascun segmento del percorso. Parti da lontano, con lo studio del percorso su VeloViewer. Poi con i modelli meteo, vedi quale saranno le condizioni, in particolar modo la direzione e l’intensità del vento. E poi parti con le simulazioni su quello che può essere il tempo previsto di gara. Questo ti permette di avere una potenza-obiettivo. E in base a questa, distribuirai la potenza nei settori in cui hai diviso il percorso. A Valladolid erano 8, ai mondiali su un percorso più complicato erano 15.

I modelli così elaborati rispondono alla realtà?

Diciamo che fissi dei valori per la salita, per la pianura, per i tratti con il vento in un certo modo… Filippo ha capito il concetto, per cui lui ha la libertà di scegliere il target. E se lo trova limitante, ha la possibilità di alzare il livello. Per me è più importante che capisca il concetto e quali sono i punti dove può spingere di più e quali quelli dove invece deve risparmiarsi.

Nella crono di apertura del Giro a Ortona, il primo colpo subito da parte di Evenepoel e per giunta in casa
Nella crono di apertura del Giro, il primo colpo subito da parte di Evenepoel e per giunta in casa
Qual è un riferimento che difficilmente cambia?

La media finale, che però si basa molto sul suo feedback. Se quella che abbiamo stimato è troppo alta, si fa una tabella più bassa di 10 watt, in modo che possa muoversi in quel range, sapendo che comunque otterrà un certo tipo di prestazione.

Pensando alle Olimpiadi, la preparazione per la crono sarà la stessa?

Non cambierei rispetto a quanto si è fatto. Dopo il mondiale è stato ancora a Macugnaga e la cosa ha avuto nuovamente un effetto positivo. Lassù sono 2.800 metri e ci è arrivato avendo già fatto un blocco di altura ad Andorra, quindi aveva già un adattamento. E’ una formula che con lui sembra funzionare, perché tutte le volte è venuto giù ed è andato forte. Sicuramente la cosa che cambierei l’anno prossimo è non dovere ritirarsi dal Giro e non aver fatto di riflesso il Giro di Svizzera. Secondo me la prima parte della stagione è andata bene, ma non benissimo. 

Dopo la Vuelta ci saranno gli europei?

Deve ancora decidere cosa fare, ci sta pensando, comunque non farebbe la crono, che c’è di mercoledì ed è troppo vicina alla fine della Vuelta. Bennati lo vorrebbe su strada e per come stanno andando le cose, lo vedo sempre più probabile, con un punto di domanda sul Team Mixed Relay.

Il Ganna visto ieri alla Vuelta sull’arrivo di Laguna Negra farebbe davvero comodo a Bennati agli europei
Il Ganna visto ieri alla Vuelta sull’arrivo di Laguna Negra farebbe davvero comodo a Bennati agli europei
Il prossimo inverno sarà in linea con l’ultimo?

E’ ancora presto, anche perché c’è un punto interrogativo sulla Vuelta a San Juan. Però penso a un bello stacco e se lo merita anche. Se uno finisce bene l’anno, ha già un bel vantaggio per ripartire. Per questo l’idea di venire alla Vuelta, una volta ritirato dal Giro, era un must in vista dell’anno prossimo. Non farla sarebbe stato un errore: un grande Giro a stagione deve farlo, forse anche due. Vediamo i percorsi del prossimo anno, il Tour probabilmente non va bene per il programma della pista, ma c’è tutto il tempo per parlarne…