Puccio: «Per fare il regista bisogna essere portati»

09.03.2023
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Capitano in corsa, direttore sportivo in gruppo, road capitan, regista… chiamatelo come volete, ma il corridore cui il direttore sportivo dà “le chiavi” della squadra è sempre affascinante. Implica acume tattico, lucidità, gambe chiaramente, e anche personalità. Tutte qualità che risiedono in Salvatore Puccio, che tra l’altro non è alla Tirreno in quanto sta aspettando il suo primogenito, Tommaso.

«E’ questione di ore. Per questo ho “barattato” la Tirreno con il Catalunya. La squadra è stata gentile. Mi hanno detto loro di restare a casa vicino a mia moglie». 

Più volte abbiamo coinvolto il corridore della  Ineos Grenadiers per parlare di gregari e di squadra, stavolta vogliamo un suo parere su quanto visto in Francia alla Challenge Anthony Perez. Senza radioline, i direttori sportivi parlavano con i ragazzi e loro eseguivano.

Vi abbiamo detto per esempio, come Tommaso Bambagioni, eseguiva ciò che Gianluca Oddone dall’ammiraglia e Andrea Bardelli da bordo strada gli dicevano. E lui riportava ai compagni. Ma allo stesso tempo si muoveva lui stesso in gruppo in base a ciò che vedeva.

Ebbene, Salvatore questo ruolo s’impara oppure bisogna averlo nel Dna?

Si può anche migliorare, ma devi esserci portato sin da ragazzino. Devi vedere la corsa. Avere lucidità e intelligenza. E in questo ruolo il vero fenomeno era Chris Froome. 

E cosa faceva il vecchio Chris?

Lui aveva sempre tutto sotto controllo. Magari era proprio Chris che, in corsa, faceva il “giro dei ragazzi” e ci chiedeva come stavamo. E se qualcuno era stanco gli diceva di staccarsi… se si poteva. Oppure se sapeva che il giorno dopo quel corridore gli sarebbe potuto essere utile, gli diceva di mollare gli ultimi 30 chilometri.

Da ragazzini magari a questo non ci si arriva, ma qualcosa si può fare?

Premetto che per me da ragazzini il road capitan non dovrebbe esserci, perché tutti dovrebbero avere le stesse possibilità. Se ti metti a tirare per gli altri, quando passi professionista? Poi però mi rendo conto che oggi il livello è ben più alto anche tra i giovani e che si ricorre a certe cose. Ma lo vedo anche dalle interviste di questi ragazzini: «Oggi ho lavorato per…». «Abbiamo fatto il forcing su quella salita».

Regista esperto e gregario dalle gambe buone, un corridore come Puccio (al centro) è prezioso anche per la nazionale
Regista esperto e gregario dalle gambe buone, un corridore come Puccio (al centro) è prezioso anche per la nazionale
Una bella differenza rispetto al tuo ciclismo?

Sì, ai miei tempi quando avevi la gamba, andavi… e via. Eri superiore e poche tattiche. Oggi hanno strumenti e materiali al top. Io mi allenavo con un “vecchio Polar” che una volta funzionava e tre no!

A quando risalgono le tue prime gare da capitano in corsa?

Tra gli under 23, eravamo un po’ più organizzati. C’erano le prime radioline. Però ricordo che già la Vangi di Ulissi tra gli juniores correva più da squadra, ma non la mia. Oggi invece il road capitan si usa molto. Deve prendere delle decisioni soprattutto se c’è una fuga fuori. Deve decidere se andare a tirare, se ignorarla o se magari mettere un uomo a dare una mano.

E da quando hai iniziato a farlo tra i pro’?

Dopo il terzo o quarto anno, adesso di preciso non ricordo, ma non prima. Non prima perché sono arrivato con i piedi per terra e a noi giovani non davano certi ruoli. Non è come oggi che i ragazzini passano, sono subito leader e ti mandano anche dietro a prendere l’acqua!

Oggi sei uno dei registi più esperti. Il fatto stesso che sia stata la Ineos a dirti di restare a casa in vista della tua imminente paternità e non sei stato te a chiederlo, la dice lunga sulla tua personalità e la tua importanza nel team. Da ragazzino invece com’era Salvatore Puccio in gruppo?

Da piccolo ero scaltro, vincevo tanto. Vedevo la corsa e riuscivo a muovermi nel momento giusto. Ero in una squadra piccola ed ero abituato a fare da solo. E in qualche modo anche questo è stata una scuola. Se vuoi emergere ti devi svegliare. Se poi avevi la gamba era anche più facile. E io avevo spesso la gamba.

Giro 2020, tappa di Camigliatello: Ganna e Puccio in fuga. Pippo tira e Salvatore (dietro) lo invita a mollare. Scelta che si rivelerà vincente
Giro 2020, tappa di Camigliatello: Ganna e Puccio in fuga. Pippo tira e Salvatore (dietro) lo invita a mollare. Scelta che si rivelerà vincente
Negli juniores, la categoria che abbiamo visto noi, non ci sono le radioline. E’ dunque più difficile fare il regista? O magari è più facile perché la tattica è quella decisa prima del via e basta?

Sicuramente con le radioline è più facile per certe cose, come comunicare con l’ammiraglia o cambiare le carte in corsa, ma in realtà è tutto diverso. Ricevi tante informazioni e se non le ricevi dalla radio le vedi sul computerino che con le mappe impostate prima della corsa ti mostra il punto pericoloso, dove inizia la salita… Il discorso semmai è che queste informazioni ce le hanno tutti. E tutti prima del punto pericoloso vogliono stare davanti. Così si va più forte. Il ruolo del regista è capire quando andare davanti, perché poi risalire il gruppo non è facile.

Quindi, ricapitolando, per essere un buon regista bisogna esserci portati, cavarsela da soli sin da ragazzini e accumulare esperienza tra i pro’. C’è una volta in cui grazie alle tue dritte siete riusciti a vincere?

In generale nelle corse italiane. Perché alla fine le strade te le ricordi, le riconosci e quindi riesci a muoverti bene e a far muovere bene la squadra. Per esempio ricordo quando Ganna vinse a Camigliatello Silano.

Raccontaci!

Quel giorno eravamo in fuga entrambi. Pippo stava bene e tirava il triplo degli altri. Allora gli ho detto che se eravamo in fuga era anche perché da dietro “decidono” così. E quindi una volta preso un buon vantaggio era inutile che continuasse a tirare in quel modo. «Tieniti le forze per quando il gruppo aumenterà nel finale». Così ha fatto e infatti sull’ultima salita volava.