ROMA – Marc Cavendish è tornato Cannonball… Trionfo su via dei Fori Imperiali e urlo liberatorio. Quanto l’ha cercata Cav questa vittoria. Quanto ha lottato per ottenerla. Noi avevamo titolato: Cavendish, manca solo Roma… e lui ci ha risposto coi fatti.
Il corridore dell’Astana-Qazaqstan si schiaccia sul manubrio come ai vecchi tempi. Esce dalla semicurva che porta verso Piazza Venezia in ottima posizione e quando Milan scatta sulla sinistra, lui fa la sua volata. Da solo. Potente. Solo Cav e la linea d’arrivo.
I tempi sono perfetti, i rapporti sono ideali… c’è “solo” da buttare sui pedali la forza con velocità. E Cavendish lo sa fare bene. Riassapora le vecchie sensazioni.
Lavoro di squadra
I compagni dell’Astana si abbracciano dopo l’arrivo. Cristian Scaroni è quasi stritolato dall’inglese.
«Ci credeva tantissimo – racconta Scaroni, ancora col fiatone – oggi ci ha chiesto di stargli vicino, di aiutarlo. Lo abbiamo tenuto coperto per tutta la corsa, che poi non è stata così banale. Il nostro ruolo era di fargli evitare le “frustate”… perché c’erano tante curve e tanti rilanci.
«E noi l’abbiamo fatto… per quel che abbiamo potuto. Lo abbiamo tenuto davanti fino all’ultimo giro. Poi non avendo un vero ultimo uomo è stato Gianni Moscon a stargli vicino nei chilometri finali».
«A quel punto – spiega proprio Moscon – Cav si è un po’ arrangiato. Io e Luis Leon Sanchez abbiamo cercato di supportarlo fino all’ultimo chilometro. Però oggi Marc ci credeva proprio, perché un campione ci crede sempre. Con la classe riesce a fare cose che gli altri non possono. Esserci riusciti quest’oggi a Roma è stupendo».
Dalle Alpi…
Ma questa vittoria non nasce oggi al via dell’Eur. E’ frutto di un lungo lavoro, portato avanti con pazienza in questi mesi, da quando in extremis questo inverno è approdato nel team turchese. Tante corse, tanti ritiri, ma mai – neanche una volta – l’idea di mollare.
Sulle Alpi, Cavendish ha fatto il vero capolavoro. Il giorno del Bondone – tra l’altro appena 24 ore dopo aver annunciato il ritiro a fine stagione – eravamo a bordo strada sul Santa Cristina, prima dura ascesa di giornata. Ebbene, Marc era passato ultimissimo e staccato. Dietro di lui c’era il fine corsa e un compagno a scortarlo.
In quel frangente il rischio di finire fuori tempo massimo era davvero elevato. Lui pedalava scomposto. Sudava. La bocca era aperta. Poi quando è iniziata la discesa – lo stavamo seguendo in auto alle spalle del fine corsa – è sparito. E’ sceso come un folle e una volta a valle con l’aiuto di altri compagni che lo attendevano è riuscito a riacciuffare un drappello.
A Roma
Una fatica immane e infatti il giorno dopo a Caorle proprio non andava, nonostante non ci fosse neanche un cavalcavia.
Ma è qui che è emerso il campione. L’uomo esperto. Si poteva pensare che le cose sarebbero andate solo peggio e invece Marc ci ha messo del suo. Ha gestito al meglio le energie. Ha “accarezzato” i tempi massimi e si è presentato a Roma agguerrito come non mai.
«Verissimo – va avanti Scaroni – In questo Giro lo abbiamo aiutato. Ha sofferto molto in salita, ma lo ha fatto sempre pensando a questa tappa».
La perla di Thomas
Marc voleva assolutamente finire il Giro d’Italia. Voleva accumulare fatica, magari ritrovare anche il peso ideale, perché ha un altro obiettivo: il record assoluto di tappe al Tour e staccare persino Eddy Merckx.
«Questa vittoria – ha detto – mi dà fiducia per la prossima corsa, qualsiasi essa sia. Ho sofferto molto in questo Giro. Come molti altri corridori, anche io sono stato male. Vedevo gente andare a casa di continuo. Ma volevo andare avanti
«Stamattina detto ai ragazzi che si poteva fare: “Abbiamo una chance, dobbiamo coglierla”. Vincere qui è speciale. L’Italia è la mia seconda casa. Questa è una vittoria anche per loro e per la squadra».
Ma se tutto questo è vero, è vera anche quella che dalla tv sembrava un’impressione: l’aiuto extra di Geraint Thomas. E’ stato il leader della Ineos Grenadiers a scortarlo nella posizione migliore.
«E’ vero – dice Cavendish – Geraint mi ha aiutato. Ad un certo punto mi ha visto là davanti e mi ha detto: “Ehy Cav, vieni”. Sono 25 anni che lo conosco. “G” è quello che posso definire un amico vero. Ieri ha perso la maglia rosa e oggi eccolo…. un grande».