Ricardo Scheidecker, l’uomo in più per la Tudor Pro Cycling

08.03.2023
7 min
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Ci sono persone che non vedi, grazie alle quali le squadre si trasformano in gruppi vincenti. Per questo, al momento di dare vita al Tudor Pro Cycling Team, Fabian Cancellara ha chiamato Ricardo Scheidecker, con cui aveva lavorato ai tempi della Leopard-Trek. Il portoghese però era già impegnato con la Quick Step-Alpha Vinyl, in cui svolgeva il ruolo di Technical&Development Director e inzialmente ha declinato l’invito. Era lì da sei anni, quelli in cui la squadra è diventata il Wolfpack, ottenendo alcuni fra i risultati migliori della sua storia, fra cui il primo grande Giro.

Ricardo viene da Lisbona, ma vive fra l’Italia, Lussemburgo, Portogallo e Svizzera (foto Tudor Pro Cycling Team)
Ricardo viene da Lisbona, ma vive fra l’Italia, Lussemburgo, Portogallo e Svizzera (foto Tudor Pro Cycling Team)

Dietro le quinte

Ricardo non parla con i giornalisti e non ha account social. E’ uno tosto: una sola parola e lavorare dietro le quinte, ma questa volta ha fatto un’eccezione. Perché alla fine ha lasciato la squadra di Lefevere? E come si fa a far decollare una squadra appena nata?

«Con Fabian – racconta in questi giorni alla Tirreno – sono amico da sempre, da quell’anno in cui abbiamo lavorato insieme alla Leopard. Lui è uno di quelli di cui ho sempre tenuto il numero di telefono, perché si è creata negli anni un’amicizia importante, basata sul rispetto e la riconoscenza reciproca. Mi ha sempre detto che il giorno in cui avesse fatto una squadra, sarebbe venuto a prendermi. Io però ero nella Quick Step. Gli ultimi sei anni sono stati i migliori della storia, forse migliori anche di quando c’erano Museeuw e Boonen. Per questo inizialmente gli ho detto di no.

«Quando però alla fine del 2022 mi sono reso conto che non avrei più potuto portare altro valore al team, ci ho riflettuto e ho accettato la nuova sfida. Non è stato facile lasciare quel gruppo di amici, ma adesso che ho conosciuto bene la realtà Tudor, dico che sarei stato uno stupido a non accettare l’offerta».

Il team svizzero ha bici BMC, abbigliamento Assos e auto Mercedes: scelte al top (foto Tudor Pro Cycling Team)
Il team svizzero ha bici BMC, abbigliamento Assos e auto Mercedes: scelte al top (foto Tudor Pro Cycling Team)
Cosa facevi alla Quick Step?

Erano già un grande gruppo, ma gli mancavano la struttura, il metodo e il modo di mettere insieme i vari caratteri. Serviva qualcuno capace di fare da collante e io lo so fare. Alla fine dei conti, non sono un gestore. Non ho studiato alla Bocconi, come diceva il “Brama” per prendermi in giro. Ma alla fine siamo riusciti a ottimizzare il valore delle persone, spingendo tutti a dare di più. E qui alla Tudor si dovrà fare più o meno lo stesso. Sono felice di aver trovato un management capace di confronti costanti.

Siete partiti da zero?

Ho cominciato il primo ottobre e in questi cinque mesi abbiamo fatto tantissimo. Fabian ha investito nelle persone attorno ai corridori prima di investire nei corridori e questa è una cosa intelligentissima. Poi c’è Tudor. Li ho conosciuti a novembre, siamo andati a visitarli. Ecco perché dico che sarei stato uno stupido a rifiutare…

Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team. E’ stato lui a chiamare Ricardo Scheidecker
Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team. E’ stato lui a chiamare Ricardo Scheidecker
Perché?

Sono delle persone superlative. Degli uomini d’affari, logicamente, ma di un serietà, una classe, una riservatezza e una fiducia che non ho mai conosciuto nei 12-13 che faccio questo lavoro. Neanche quando eravamo alla Saxo Bank, che con Riis erano una cosa sola. Qui c’è il potenziale per arrivare lontanissimo. Se facciamo le cose per bene, saremo riconosciuti per la nostra competenza. 

Che cosa ti ha chiesto Fabian?

Data la serietà del progetto, voleva l’esperienza di qualcuno che avesse gestito il dipartimento sportivo di una squadra importante. Fabian conosce le mie caratteristiche umane. Sa che persona sono e io so che persona è lui. Mi ha detto che, dovendo crescere un passo per volta, sarei stato un asset fondamentale nella costruzione della squadra e specificamente del dipartimento sportivo.

Froidevaux è campione svizzero 2022, ha 24 anni. Lo scorso anno ha vinto anche la Serenissima Gravel
Froidevaux è campione svizzero 2022, ha 24 anni. Lo scorso anno ha vinto anche la Serenissima Gravel
Quanto è cambiato il Fabian manager rispetto al campione?

Questa è una bellissima domanda. La sua essenza non è cambiata. E’ un uomo buono e di grande umanità. Umile a 360 gradi, di un altruismo veramente agli antipodi dell’egocentrismo che si potrebbe immaginare dopo una carriera come la sua. Fabian Cancellara è un’icona dello sport: in Svizzera c’è Federer e poi c’è lui. L’avevo lasciato 13 anni fa e ovviamente siamo invecchiati entrambi, ma lui è veramente maturato… benissimamente. Si può dire? Magari è una parola che non esiste, ma rende l’idea.

Dove è nata la tua esperienza?

Ho smesso di correre nel 1996 e sono andato a fare il meccanico per la Federazione portoghese. Ho sempre assorbito quel che riguarda il ciclismo, perché è una grande passione. Nel 2000 ho lasciato la nazionale. Pur essendo praticamente astemio, sono stato per cinque anni nel marketing delle bevande alcoliche. Nel 2005 sono tornato al ciclismo accanto al direttore tecnico del Giro del Portogallo e altre corse internazionali. Poi sono entrato all’UCI, dove ho guadagnato un enorme bagaglio amministrativo e la comprensione delle dinamiche politiche del ciclismo. Finché sono stato chiamato per costruire la Leopard-Trek di Flavio Becca.

Pellaud è uno degli acquisti di quest’anno: era alla Trek-Segafredo, non ha resistito al richiamo svizzero
Pellaud è uno degli acquisti di quest’anno: era alla Trek-Segafredo, non ha resistito al richiamo svizzero
Con quale ruolo?

Facevo due lavori. La parte amministrava/finanziaria e un ruolo di raccordo con tutti i partner tecnici. E lì è cominciato il mio collegamento con la parte sportiva. Quando poi dopo due anni c’è stata la fusione con RadioShack, non mi identificavo più col progetto e sono andato via senza un lavoro. A giugno mi chiamò Riis. I budget erano chiusi, credo abbia fatto uno sforzo economico anche a livello personale per ingaggiarmi. Non mi scorderò mai di lui, è stato una persona molto importante nella mia vita e mi dispiace che non sia più nel mondo di ciclismo. Da Bjarne ho imparato tantissimo, lo spirito di squadra e tutto quello che poi ho portato con me alla Quick Step.

E adesso alla Tudor?

Io non sono bravo in niente, ma so capire le persone, la loro essenza, le capacità e le loro debolezze. Lo stesso studio che faccio su me stesso per dare il massimo, lo applico con gli altri. Questo è il segreto e credo che sia uno dei miei ruoli fondamentali, che non è scritto da nessuna parte, ma che per me è la priorità.

Reichenbach è uno degli uomini di esperienza. E’ pro’ dal 2013, nel 2019 è stato campione svizzero
Reichenbach è uno degli uomini di esperienza. E’ pro’ dal 2013, nel 2019 è stato campione svizzero
Sei uno che ha portato delle regole o inizialmente hai osservato?

Ho osservato. Lascio lavorare le persone, soprattutto se, come in questo caso, arrivano da ambienti e storie diversi. Solo pochi hanno già lavorato insieme. Per cui ora sono nella fase di conoscenza, poi alcune cose andranno raddrizzate e altre continueranno così. Si tratta di adattare persone diverse, perché il risultato sia positivo. Io non ho problemi ad adattarmi, ma soprattutto ad aspettare. Credo nelle persone e le loro capacità, solo che avendo provenienze diverse, vanno accompagnate perché si integrino al meglio. E poi probabilmente andranno indicate, regole, matrici, processi e procedure nel modo più veloce, perché sennò la barca non va nella direzione giusta. Il mio concetto è dare fiducia a tutti, per avere in cambio la loro. 

In questi primi mesi, segui la squadra o fai lavoro d’ufficio?

La squadra esiste nelle corse. Per cui in inverno abbiamo fatto tanto lavoro di ufficio e sulle varie piattaforme tecnologiche. Poi sono stato a entrambi i training camp, cosa che prima non facevo: stavo pochi giorni e andavo via. L’ultimo giorno del ritiro di gennaio, siamo andati in galleria del vento con cinque corridori. Cerco di essere presente il più possibile perché la squadra possa funzionare al meglio.

Tom Bohli, qui alla Tirreno, ha 29 anni e in precedenza ha corso alla BMC e poi alla Cofidis
Tom Bohli, qui alla Tirreno, ha 29 anni e in precedenza ha corso alla BMC e poi alla Cofidis
Si punta a crescere?

L’investimento sulla struttura tecnica è quella che permette ai corridori di crescere, con la speranza di attrarne in futuro anche alcuni di spessore, anche perché offriamo un servizio di alta qualità. Abbiamo bici BMC, abbigliamento Assos, tutti nostri partner sono al top. Siamo una professional con la mentalità della WorldTour. Faccio spesso l’analogia con la Alpecin degli ultimi anni, che per attività e risultati non si è mai discostata troppo dal livello WorldTour. Che è cresciuta e ha smesso presto di essere solo la squadra di Van der Poel. 

La struttura c’è.

Non abbiamo l’assillo della vittoria, ma vogliamo l’unione e l’aggressività in corsa. Poi le gambe faranno quello che possono, però dobbiamo essere uniti e dobbiamo dimostrare carattere. Questo è l’investimento per creare la nostra base, la nostra identità.