Record dell’Ora: cosa è cambiato fra Ganna e Moser?

03.10.2022
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Che cosa è cambiato da quel 23 gennaio del 1984, quando Francesco Moser realizzò il fantastico 51,151 che aprì una nuova era nella caccia al record dell’Ora? Francesco era uno dei più forti cronoman al mondo e vantava anche un titolo mondiale dell’inseguimento. Probabilmente meno pistard, ma indubbiamente più stradista di Ganna, riuscì a costruire attorno al suo tentativo un supporto scientifico estremamente all’avanguardia rispetto ai tempi. Un certo tipo di approccio allo sport fu pianificato in quelle settimane e ancora oggi è alla base della preparazione dei corridori contemporanei.

Dopo aver parlato delle peculiarità del gesto atletico, delle doti da allenare e dell’apporto della tecnologia, con Andrea Morelli riprendiamo il discorso avviato stamattina e proseguiamo il nostro viaggio nel record dell’Ora, che sabato prossimo a Grenchen sarà tentato da Filippo Ganna.

Il tentativo di record dell’Ora di Ganna si svolgerà nel velodromo svizzero di Grenchen (foto Rubner)
Il tentativo di record dell’Ora di Ganna si svolgerà nel velodromo svizzero di Grenchen (foto Rubner)
Perché Moser, che era un cronoman e vinceva gli inseguimenti, si è fermato a 51,151? Che cosa è cambiato in questi 40 anni?

L’evoluzione tecnologica ha portato un grosso vantaggio. Questo è difficile tradurlo in quanti chilometri in più. E’ difficile da spiegare. Ganna è un fuoriclasse. Stiamo parlando di uno specialista della cronometro che ha comunque dei valori di potenza che probabilmente ha solo lui. Quindi è un fuoriclasse paragonabile a quello che poteva essere Moser ai suoi tempi, ma l’evoluzione dei materiali gli dà dei vantaggi innegabili. E poi c’è tutta la parte legata all’evoluzione della scienza dell’allenamento.

Spieghiamo.

Di solito si parla del consumo di ossigeno per gli scalatori che vincono le corse a tappe e siamo intorno agli 85-90 ml/min/kg, addirittura anche sopra. Pero non dobbiamo dimenticare che se ragioniamo in dati relativi, il cronoman è svantaggiato. Se faccio un calcolo di questo tipo su uno come Ganna, magari mi viene che lui ha “solo” 70-75 ml per chilo di consumo di ossigeno. Badate bene, questa è una valutazione che sto facendo io ad occhio. Però se teniamo conto del consumo in litri assoluti, uno così è un atleta con una cilindrata paragonabile a quella di un V12. Ha magari 5,8-6 litri di consumo in litri al minuto, quindi di conseguenza una potenza sia alla soglia che massima elevatissima.

Francesco Moser e la bici utilizzata per il record dell’Ora di Messico 1984
Francesco Moser e la bici utilizzata per il record dell’Ora di Messico 1984
Non abbiamo i dati di riferimento sul consumo di ossigeno o test effettuati ai tempi di Moser.

Infatti si possono fare delle stime, dato che non c’erano i misuratori di potenza. Era diverso anche come approccio. In più rispetto ad allora sono stati fatti dei grossi passi avanti sulla tecnologia per esempio nella riduzione della resistenza al rotolamento, partendo dalla bici e passando per la pista. Basti pensare che in determinati competizioni si sia aumentata la temperatura della pista per ridurre la resistenza al rotolamento. Si utilizzano pneumatici che come dimensioni e struttura sono molto diversi rispetto al passato. Quindi puoi risparmiare 10-15 watt di resistenza al rotolamento e guadagnarne 10-12 di potenza a parità di posizione. Si lima dove si può e alla fine si hanno grosse differenze. Sono cambiate anche le superfici di scorrimento. Ci sono tante variabili da considerare.

Moser andò a Città del Messico, Ganna a Grenchen: la pista conta tanto?

Perché vanno a Grenchen e non in quota ad Aguascalientes, per esempio? La quota porta ad avere un vantaggio aerodinamico dovuto a condizioni legate alla densità dell’aria quindi a parità di posizione vai più veloce. Ma devi trovare la quota corretta perché vi è per lo stesso motivo una diminuzione della massima potenza aerobica. E quindi la tua potenza di soglia cala. Devi trovare il compromesso giusto in termini di quota e aver ragionato bene anche su problematiche logistiche. Quindi ci sono varie condizioni, tante cose da valutare quando si fa un approccio a questo tipo record. Quando siamo stati a Grenchen con Trek-Segafredo per Ellen Van Dijk (il 23 maggio 2022, l’olandese ha percorso 49,254 chilometri, ndr), abbiamo potuto vedere che è una delle piste più veloci disponibili attualmente, quindi la scelta non è stata casuale o per questioni di sponsor.

E’ giusto dire che le metodiche di allenamento dei corridori di oggi discendono da quelle di Moser?

La scienza dello sport in parte è nata lì, con l’Equipe Enervit di cui facevano parte Aldo Sassi ed Enrico Arcelli. Varie tecniche di allenamento come la forza/resistenza sono state sviluppate proprio per questo tipo di prestazione. Naturalmente i mezzi a disposizione erano diversi. C’era il primo cardiofrequenzimetro, non esisteva il misuratore di potenza, però non si era così a conoscenza di come l’allenamento potesse ottimizzare la prestazione. Probabilmente in quel periodo si fece il massimo per ottimizzare la performance di Moser, così come oggi tutta l’evoluzione nella teoria dell’allenamento, nell’utilizzo della potenza e le strumentazioni ci permettono di monitorare l’atleta in allenamento piuttosto che durante i test specifici. Tutto questo sicuramente ha portato la possibilità di influire in modo più preciso e importante sulla prestazione, altrimenti non ci sarebbe stata tutta questa evoluzione.

C’è un corridore che hai seguito che avrebbe potuto provare il record?

Penso che l’atleta che probabilmente avrebbe potuto fare il record dell’Ora e non l’ha fatto è stato Fabian Cancellara. Non l’ho seguito direttamente io, però con Luca Guercilena, che era il suo allenatore e un caro amico, se n’è parlato spesso, anche perché un pensiero al record era stato fatto. Io ho lavorato con il team e con Fabian su diverse cronometro per il discorso test, posizione e legato al “pacing” in corsa, come stiamo facendo dall’anno scorso con Trek-Segafredo e mi sembra che Fabian per le caratteristiche che aveva, era un atleta assimilabile a quello che è il Ganna attuale. Probabilmente lui avrebbe potuto fare un record dell’Ora coprendo una distanza importante, che magari poi sarebbe stato battuto, questo non lo discuto…

Cancellara ha chiuso la carriera con l’oro della crono a Rio: il record dell’Ora è stato a lungo alla sua portata
Cancellara ha chiuso la carriera con l’oro della crono a Rio: il record dell’Ora è stato a lungo alla sua portata
La preparazione dell’Ora si concilia con la preparazione di un mondiale crono?

Certo, è conciliabile ed in parte è quello che è stato fatto. Per esempio penso al record dell’Ora di Ellen Van Dijk della Trek-Segafredo che è stato fatto prima del mondiale, ma in piena preparazione per lo stesso. Non credo che Ganna, che a mio avviso è il miglior crono man al mondo, anche se ha avuto una piccola debacle al mondiale in Australia, abbia sbagliato la preparazione. Certamente arriva da una stagione molto lunga in cui ha raccolto tantissimi importanti risultati e mantenere questo livello di prestazione per tutta la stagione non è semplice. Ci possono essere diversi motivi legati al risultato al mondiale, ma sono sicuro che arriverà all’appuntamento al top.

La prima parte dell’articolo è stata pubblicata stamattina

Sei giorni all’assalto di Ganna: domande all’esperto

03.10.2022
6 min
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Meno di una settimana al record dell’Ora di Ganna. Lo staff Ineos Grenadiers sta per diffondere il programma di sabato 8 ottobre, quando nel velodromo svizzero di Grenchen, Pippo assalterà il primato dell’ingegner Daniel Bigham, stabilito il 19 agosto sulla stessa pista in 55,548 chilometri.

Nei giorni del mondiale, Cioni ci aveva anticipato parte del discorso. E così, in attesa di vivere la serata di Ganna e aspettando che oggi alle 14 si sollevi il velo sulla bici che userà, ci siamo rivolti ad Andrea Morelli, Direttore scientifico del Centro Mapei: la struttura creata nel 1996 da Giorgio Squinzi e affidata ad Aldo Sassi, che nel 1984 prese parte alla fantastica Ora messicana di Moser. Con Andrea avevamo già parlato di cosa succede dopo un’ora nel fisico dell’atleta, questa volta invece partiamo da più lontano. Abbiamo suddiviso questo interessante viaggio in due parti: la seconda sarà pubblicata oggi alle 17.

Che cosa significa fare il record dell’Ora? Perché è così difficile? E il fatto che Bigham sia riuscito a battere tutti i mostri sacri del ciclismo, da Merckx e Moser, vuol dire che la tecnologia lo ha reso più accessibile?

Perché è così difficile stabilire quel record?

E’ difficile perché è una prestazione di lunga durata, ma non lunghissima. E quindi devi essere in grado di mantenere un elevato livello di potenza per un tempo abbastanza lungo. Se pensiamo al modello fisiologico della prestazione ci si avvicina alla cosiddetta potenza di soglia o FTP. Questo significa produrre la massima potenza possibile per un’ora e stare a cavallo tra soglia e fuori soglia col pericolo di oltrepassare quel limite in cui l’equilibrio tra produzione e smaltimento di acido lattico può portarti velocemente ad esaurimento. Per definizione la soglia anaerobica è un’intensità che un’atleta allenato riesce a mantenere per 45-60’.

Quindi?

Il problema è che devi alzare il più possibile la tua soglia per spostare il punto in cui l’acido lattico inizia ad accumularsi. A seconda della tabella di pacing (andatura, ndr) che viene scelta, a volte questo limite è molto piccolo. Non devi rischiare di partire troppo forte perché accumuleresti troppo acido lattico e andresti incontro ad esaurimento precoce e saresti obbligato a rallentare nel finale. Ma dall’altra parte non devi partire troppo lento, perché poi dovresti accelerare nel finale quando anche altre componenti di fatica saranno già al limite.

Un equilibrio tanto delicato?

Sì, perché a questo livello di specializzazione il limite oltre il quale l’equilibrio si “rompe” è piccolo. Se lo oltrepassi la produzione di lattato supera lo smaltimento e quindi inizi ad accumularlo. Poi la fatica è comunque “multifattoriale” (nella scienza dello sport spesso si usa questo termine per includere fattori che non si conoscono ancora completamente, ndr) che comunque spingono l’atleta a rallentare.

C’è grande differenza fra una crono di un’ora e girare per lo stesso tempo in pista
C’è grande differenza fra una crono di un’ora e girare per lo stesso tempo in pista
C’è tanta differenza fra l’Ora e una lunga crono?

Un atleta come Ganna, o comunque uno specialista della cronometro è abituato al mal di gambe. Ha una grande sensibilità ed è abituato a questo tipo di sforzo. Però il problema è che anche una cronometro lunga come quella di un mondiale è diversa dal pedalare in pista per un’ora a tutta. Su strada trovi differenti condizioni, una curva, un tratto in discesa, un falsopiano oppure una salita e quindi la potenza subisce variazioni. In pista devi cercare di stare sempre concentrato e fare traiettorie migliori è fondamentale.

Perché?

Il fatto di disegnare traiettorie ottimali, giro per giro è fondamentale per la distanza finale. Perdi “meno” metri. Stare in posizione aerodinamica, spesso con poca visibilità, comunque controllando le traiettorie nelle curve rende la pista molto stressante. E a questo si aggiunge la fatica che nel finale si fa sempre maggiore. Quindi non è solo una questione di pedalare sotto sforzo un’ora. Magari qualcuno pensa che rispetto ad un tappone con 4-5.000 metri di dislivello non sia nulla ma si sbaglia, dal punto di vista fisiologico e mentale sei al limite.

Andrea Morelli è responsabile per il ciclismo presso il Centro Mapei Sport
Andrea Morelli è responsabile per il ciclismo presso il Centro Mapei Sport
Tutti rispondono allo stesso modo?

No. Ogni atleta ha caratteristiche specifiche di resistenza e di capacità anaerobica lattacida ed alattacida. Quindi magari uno ha una soglia leggermente più bassa, ma una capacità anaerobica lattacida maggiore e quindi è in grado di lavorare fuori soglia più di un altro. Ma resta il fatto che per questo tipo di prestazione è fondamentale avere una potenza aerobica ed una soglia elevata per allontanare il momento in cui cominci ad accumulare fatica e sei costretto a rallentare.

E’ importante conoscere la pista?

Tantissimo. Ganna arriva da anni di lavoro sia per la cronometro sia per la pista. Quindi la gestione del carico di lavoro, che è sempre un po’ delicata perché sei sempre al limite ed è facile sbagliare – facendo un po’ troppo quando stai bene e troppo poco magari quando non lo sei – per lui non è un problema. Ma tecnicamente in pista è uno dei migliori. Penso che sia uno dei pochi che possa spostare ulteriormente in alto il record dell’Ora.

E’ vero come ha detto Bigham che ormai il record è solo aerodinamica?

No, secondo me Bigham ha comunque dimostrato di essere un atleta forte. Poi magari nel suo caso potremmo dire che fare il record dell’Ora non coincida col vincere anche cronometro su strada, questa è una cosa diversa. Sicuramente essendo un ingegnere aerodinamico ha lavorato nei minimi particolari per ottimizzare la sua posizione, ma credo che anche dal punto di vista atletico abbia dovuto lavorare molto. Come del resto credo sia stato fatto con Ganna.

Si è subito detto che il tentativo di Bigham fosse un test in vista del record di Ganna (foto Ineos Grenadiers)
Si è subito detto che il tentativo di Bigham fosse un test in vista del record di Ganna (foto Ineos Grenadiers)
Di certo Pippo non partirà senza avere riscontri precisi…

Il lavoro fatto sia in galleria del vento sia nell’ottimizzazione della posizione in generale e dei materiali nel suo caso sarà spinto al massimo. Tutte le cose sicuramente sono state analizzate nei minimi dettagli, ma questo nulla toglie al record di Bigham. Certamente lavorando dal punto di vista aerodinamico il vantaggio c’è, però non mi aspetto che Bigham rispetto a Ganna abbia un coefficiente di penetrazione aerodinamica del 30-40 per cento migliore e quindi copra una differenza di potenza così elevata. Quando vai a ottimizzare la posizione di un atleta già specialista, vai sempre a ricercare margini minimi, del 2-3 %. Arrivare al 5 sarebbe manna dal cielo.

Quindi il vantaggio aerodinamico non trasforma un ingegnere in un campione.

Si lavora sempre su piccoli margini. Non è che parti da una posizione da strada e la trasformi in una da crono e per magia riesci a risparmiare il 20-30 per cento di potenza. Stiamo parlando di posizioni già ottimizzate. Non penso che Bigham partisse da una posizione a cronometro in cui è riuscito a limare il 15 per cento. Probabilmente partiva già da una buona posizione e poi ha lavorato per migliorarla, ma anche sulla potenza e la tenuta. Perché è naturale che devi avere potenza elevata per fare queste velocità, ma devi anche essere in grado di mantenere questa velocità per molto tempo.

La seconda parte dell’articolo sarà pubblicata oggi alle 17

Tutte le strade che portano all’Ora: Cioni apre la porta

20.09.2022
7 min
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Cioni si aggira discreto come sempre nell’area box del mondiale, con gli occhi che scannerizzano il mondo e il sorriso educato. Ne approfittiamo e gli chiediamo di fare due chiacchiere sul record dell’Ora di Ganna, di cui è allenatore dai primi passi nel team Ineos Grenadiers. Pertanto, approfittando di un tavolo al sole che mitiga le raffiche di vento australiano, proviamo a collegare i puntini del discorso.

Cioni si intrattiene con Baffi e Cornacchione, massaggiatore e meccanico Ineos ora in azzurro
Cioni si intrattiene con Baffi , massaggiatore Ineos ora in azzurro
Facciamo un passo indietro, quando nasce il progetto Ora legato a Pippo?

E’ stato la conseguenza del fatto che da pistard si è trasformato in un cronoman. Per cui abbiamo pensato che l’Ora fosse una sorta di Olimpo in cui potrebbe trovare posto.

Non doveva provarlo dopo un grande Giro?

L’idea era di attaccarlo dopo il Tour. Però va preparato in un certo modo anche a livello tecnico e non avevamo il tempo di fare tutto. Se vuoi curare tutto per bene, lo devi comunque studiare e a fine luglio abbiamo capito che non ci sarebbe stato lo spazio per i test necessari.

Il record di Bigham è stato funzionale al tentativo di Ganna?

Bigham ha fatto un lavoro di test. Fa parte del team del record di Filippo, però è solo un componente, come ce ne sono molti altri. Lui si è occupato del materiale della bici. Il fatto che poi abbia provato e centrato il record è stata una cosa sua. Lo avrebbe fatto indipendentemente da Filippo, tant’è vero che mentre noi pensavamo a una data, lui è rimasto nella sua. Alla fine lui aveva solo questo, mentre con Ganna si sta provando a incastrare il record dell’Ora fra la stagione estiva e quella della pista.

Gli studi di Bigham saranno utili a Ganna, ma il suo record è stato fatto in autonomia (foto Ineos Grenadiers)
Gli studi di Bigham saranno utili a Ganna, ma il suo record è stato fatto in autonomia (foto Ineos Grenadiers)
Che cosa serve?

Tempo per fare tutti i test sul materiale, che possono essere le ruote, la bici, alcuni componenti. Però sono test oggettivi, che quindi in parte possono essere fatti da qualcun altro.

Perché l’8 ottobre?

Per avere il tempo di fare i test e salvare i mondiali su pista. Una parte di prove le abbiamo già fatte dopo il Tour a Montichiari, una parte la faremo dopo. Alcuni materiali li avevamo già provati a maggio in galleria. La bici non era pronta, perciò ci abbiamo lavorato nell’ultimo mese. E c’è una parte invece dedicata ad alcune prove e alcune definizioni tecniche che verranno fatte nell’arco dei 10 giorni precedenti

Sembra tutto molto compresso…

Se il mondiale non fosse stato fuori dall’Europa, potevamo anche andare su una data diversa. A dire la verità, avevamo anche valutato di farlo in Australia. Avevamo trovato una pista, ma le condizioni meteo del periodo non sarebbero state ideali. Poi abbiamo pensato anche a Tokyo, però il discorso è rientrato perché sarebbe stato difficile fare test pre-evento, se non nell’immediato. Ci abbiamo pensato molto a Tokyo, però alla fine abbiamo dovuto mollare la presa. Quindi l’unica opzione rimasta era tornare in Europa.

Secondo Cioni, il passo falso nella crono è dovuto a un giorno storto. La riprova domani nel Team Relay
Secondo Cioni, il passo falso nella crono è dovuto a un giorno storto. La riprova domani nel Team Relay
Perché Grenchen?

E’ la pista più veloce che abbiamo in Europa. Il problema è che non si può fare durante la settimana, perché c’è il mondiale in vista e in quella pista si allena la nazionale svizzera. Ecco perché siamo arrivati al sabato. La domenica sarebbe troppo avanti, perché con la qualificazione del quartetto il mercoledì successivo, non ci sarebbe abbastanza recupero. Dispiace che sia stata vista in modo negativo e non potenzialmente come un grande evento anche per l’Italia. Comunque si correrà a un orario diverso (si parla di prima serata, ndr) e Filippo in ogni caso non avrebbe fatto il Lombardia. 

Quale sarà il suo programma dopo il Team Relay di domani?

Prima c’è da recuperare dal viaggio, arrivando a casa venerdì. Dovrà riprendere il fuso italiano, quindi i primi giorni saranno più un mini break mentale. Poi da lunedì prossimo iniziamo a lavorare, abbiamo due settimane finalizzate sull’Ora, con alcuni lavori mirati invece al campionato del mondo pista.

Tu sei un uomo Ineos, però sei soprattutto il coach di Pippo e con Villa segui anche il discorso della preparazione per la nazionale: non ti sembra che a livello di grandi appuntamenti, Pippo sia un po’ troppo sollecitato?

Il problema di Pippo è che ha vinto così tanto, che se non vince è già un risultato mediocre e se non fa podio è un disastro, senza andare a vedere che dietro ci possono essere altri motivi. Però questo è Pippo. Gli piace, ci tiene alla maglia della nazionale, è sempre orgoglioso di portarla. Dà sempre il massimo, magari a volte dovrebbe essere un pochino più egoista, ma non sarebbe più lui. Quindi è chiaro che sarebbe facile puntare a un appuntamento solo, ma lo troverebbe limitante. La pista è dove è nato. La pista è comunque funzionale a ciò che deve raggiungere. Magari fra qualche anno si cambierà obiettivi e non sarà più così utile, però al momento la pista è centrale anche a livello di allenamento.

Il Team Relay agli europei di Trento 2021 è stato funzionale ai mondiali di Bruges, poi vinti da Ganna
Il Team Relay agli europei di Trento 2021 è stato funzionale ai mondiali di Bruges, poi vinti da Ganna
Quindi non vedi un eccesso di attività di alto livello?

Prendiamo gli europei dell’anno scorso, che sulla carta si potevano evitare. In realtà sono stati un passo di avvicinamento al mondiale, perché erano una settimana prima. Potevamo fare solo la crono, però alla fine si decise di fare anche il Team Relay perché erano ravvicinati e formavano un bel blocco di lavoro in vista del mondiale della crono.

Bigham ha detto che il suo record, ottenuto con i pochi watt di cui dispone, dimostra che l’aerodinamica è cruciale. Pippo ha il motore, si può immaginare un record sensazionale?

Bisogna vedere che cosa si intende per sensazionale. Se pensano 60 chilometri, allora no. Se parliamo di misure meno esagerate, allora sì. Abbiamo una tabella di cui parleremo poi, ma non proveremmo se non pensassimo di poterlo battere. 

Come ci arriva Pippo, secondo te dal punto di vista della condizione?

La condizione c’è e secondo me la crono di domenica scorsa è stata una giornata storta. Lo capiremo con il Team Relay di domani. E se fosse qualcosa di diverso da una giornata storta, bisognerà capire cosa non ha funzionato. Però personalmente sarebbe una grossa sorpresa.

La bici sarà la stessa di Bigham o sarà già in carbonio?

Sarà ugualmente in alluminio e non so se sarà la base per una in carbonio (la sensazione è che sappia tutto, ma non possa dirlo, ndr). E poi la presenteranno più avanti, meglio non dire cose. Il resto dei materiali è simile, ma non identico. Il body di Pippo sarà diverso, perché in un’ottica di personalizzazione, quello che è andato bene a Bigham non va bene per Ganna. Quello che userà in pista è in linea con quello che già usa su strada. Il casco sarà quello che usa già. Ci saranno i copertoncini, le stesse ruote di Bigham perché erano un progetto unico. Diciamo che Bigham è stato il tester del materiale sviluppato per Filippo. E invece a livello suo, il materiale che userà era stato pensato per il record dell’Ora, ma l’ha usato anche al Tour.

Body e casco utilizzati al Tour erano già frutto della ricerca sull’Ora
Body e casco utilizzati al Tour erano già frutto della ricerca sull’Ora
Il rapporto è stato scelto?

No, abbiamo due possibilità e bisognerà verificare la possibilità di montarlo. Diciamo una con il 14 e una con il 15.

Davanti il 60 o il 63?

Molto di più…

Altro non dice, un po’ perché alcuni dettagli sono da studiare e un po’ per obblighi di riservatezza comprensibili in una squadra così e prima di un evento di questa portata. Ineos sta trattando una partnership con la Rai per la messa in onda. Il castello è enorme e poggia tutto sulle spalle di un solo uomo. Speriamo che ancora una volta siano spalle da gigante.

Puccio e il racconto di quei 120 chilometri con Bernal

11.09.2022
7 min
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Un Giro d’Italia vinto insieme e tanti chilometri da fare uno a fianco all’altro per centrare nuovi obiettivi. Salvatore Puccio è uno dei gregari per eccellenza della Ineos Grenadiers e nel maggio 2021 ha aiutato il suo capitano Egan Bernal a conquistare la tanto bramata maglia rosa che è andata a fare compagnia alla gialla conquistata nel 2019.

Quest’anno, l’asso colombiano che va pazzo per l’Italia voleva tornare in Francia per provare a indossarla ancora una volta, ma il tremendo incidente di gennaio ha stravolto i suoi piani. Scongiurate conseguenze più gravi, Bernal ha ricominciato da capo e finalmente ad agosto è tornato a riattaccarsi il numero sulla maglia, partecipando al Giro di Danimarca.

La scorsa settimana, tra la Costa Azzurra e la Riviera dei Fiori, il trentatreenne siciliano ha riabbracciato l’amico Egan e ci siamo fatti raccontare come procede il recupero del talento sudamericano in vista del 2023.

Un allenamento in Costa Azzurra ha permesso a Puccio di valutare la condizione di Bernal
Un allenamento in Costa Azzurra ha permesso a Puccio di valutare la condizione di Bernal
Salvatore, innanzitutto come stai?

Questa settimana sono tornato un po’ a casa in Umbria e, oltre a pedalare, ho finalmente rivisto familiari e amici con un po’ più di calma. Sono ad Assisi dal 2012 e mi trovo bene qui. La stagione è quasi finita per me, faccio le ultime due gare la settimana prossima, Giro di Toscana e Coppa Sabatini, poi si pensa all’anno nuovo. Dovevo fare la Vuelta, ma poi la squadra ha optato per compagni più giovani: siamo tanti, in 32, ma era giusto questa volta che facessero un po’ di esperienza quelli che ne hanno meno.

La scorsa settimana hai pedalato con Egan Bernal. Come l’hai visto, dato che tanti tifosi non aspettano altro che tornare ad applaudirlo a bordo strada?

Dovevo uscire con lui da inizio luglio, perché dopo il campionato Italiano sono rimasto a Monaco quasi due mesi e mezzo. Non ci siamo beccati perché lui prima era in Andorra per un ritiro in altura, dopo ero alle gare io. Per cui gli ho scritto un giorno e siamo riusciti a organizzare. Io dovevo fare anche poco, ma quando lui mi ha scritto che voleva fare una bella distanza gli ho detto: «Dai, vengo». 

Così il 1° settembre vi siete sciroppati 120 chilometri fianco a fianco con circa 1.600 metri di dislivello, sconfinando anche in Italia. 

Sì c’era anche Brandon (Rivera, ndr), che è un altro ragazzo molto simpatico, per cui ci siamo divertiti. Mi faceva piacere rivedere Egan perché era da un annetto che non lo vedevo, pur sentendolo per telefono. Che dire, l’ho visto bene, poiché sappiamo tutti che l’infortunio è stato importante. Non è stato facile perché aveva tante ossa rotte e varie complicazioni, però in quella giornata l’ho trovato tranquillo e sono molto ottimista. Secondo me può tornare a grandi livelli. Ha talento, è giovane, secondo me può far bene. Anche Brandon si era rotto la clavicola a inizio anno, ma lui è tornato molto prima alle corse e abbiamo corso insieme il Tour of the Alps e qualche allenamento. Invece Egan era davvero da tanto che non lo vedevo e mi ha fatto piacere ritrovarlo in sella. 

Bernal è ripartito, lanciando segnali altalenanti. La caduta al Danimarca ha suggerito prudenza
Bernal è ripartito, lanciando segnali altalenanti. La caduta al Danimarca ha suggerito prudenza
Cosa ci dici di Egan?

Non voglio essere di parte, ma io stravedo per lui. E’ uno di quei fenomeni a cui viene tutto facile. C’è chi si deve allenare come noi comuni mortali e poi c’è gente come Egan, Evenepoel o Pogacar, che hanno quel qualcosa in più. Sono nati per andare in bici e vincere

Tu ne hai aiutati tanti a vincere, basta ricordare anche il Giro d’Italia con Chris Froome come accaduto con Egan. Che cosa scatta nella testa di un campione dopo una brutta caduta?

Egan l’ho visto molto motivato, con una gran voglia di tornare a correre su palcoscenici importanti. Fosse stato per lui, sarebbe rientrato anche qualche mese prima, solo che visto qualche problema al ginocchio, ci voleva l’okay dei dottori della squadra, per cui il debutto è slittato di una ventina di giorni. Lui si sentiva pronto, ha voglia di ritornare e lo vedi anche in allenamento.

Vi ha tirato il collo?

Quel giorno lì abbiamo fatto un bel giro dalle parti di Baiardo e Perinaldo: borghi splendidi. Lui voleva fare un giro ancora più impegnativo col Col de Turini, ma quella mattina dava brutto tempo in Francia, quindi abbiamo optato per l’Italia. Dopo essere saliti in quei posti, siamo scesi da Dolceacqua e allungato un po’ sulla zona francese, per arrotondare sulle quattro ore e mezza

Oramai quelle strade le conoscete tutte.

Sono dieci anni che sono lì, per cui sia la parte francese sia quella ligure la conosco come le mie tasche. La Francia ha un asfalto migliore, mentre in quella ligure è un po’ da rivedere, altrimenti i percorsi mi piacciono più in Liguria.

Hai rivisto l’Egan dei giorni migliori?

Abbiamo fatto un passo normale, senza lavori specifici, però lo vedi subito la differenza tra i campioni e i meno campioni: il talento è un’altra cosa.

Una sosta l’avete fatta?

In allenamenti così ci fermiamo sempre a metà per mangiare qualcosa, prendere un caffè o rilassarsi un attimo. Lui prende sempre il cappuccino, ne va matto. Poi parla bene la nostra lingua, è un italiano adottato ed è stato bello perché in quel giorno lì, in tanti l’hanno riconosciuto per strada. Anche a Verrandi, una salita un po’ sconosciuta dietro a Dolceacqua, un furgone con 3 operai l’ha acclamato. Gli ho detto: «Vedi, io vengo qui quasi tutti i giorni, ma riconoscono solo te!».

Prima del rientro in Danimarca, Bernal aveva rifinito la preparazione ad Andorra, sottoponendosi a sedute pesanti (foto Twitter)
Prima del rientro in Danimarca, Bernal aveva rifinito la preparazione ad Andorra (foto Twitter)
Vi siete sentiti spesso mentre era infortunato?

Lui parla bene italiano, quindi magari con noi ha un rapporto ancora più profondo, però in realtà è abbastanza socievole con tutti. Ha un bel carattere e penso che si veda bene anche dall’esterno.

Dunque, per i Grandi Giri del 2023 c’è anche lui nella sempre più fitta mischia o meglio procedere per gradi?

Io lo spero, perché sarebbe l’ideale per lo spettacolo e per chi segue il ciclismo anche in tv. Una bella sfida tra Vingegaard, Bernal e Pogacar penso che la sognino un po’ tutti: sono i tre più forti in salita. Ci sono poi anche altri talenti come Evenepoel, ma penso che loro tre abbiano dimostrato di avere quel qualcosa in più come scalatori, per cui sarebbe bello vederli battagliare al Giro o al Tour. Più atleti di alto livello ci sono e meglio è per il ciclismo e per chi lo ama. Dalle prime gare si vedrà subito se ha recuperato al meglio oppure no. Tra Tirreno e Parigi-Nizza avremo il polso della situazione: nel ciclismo non ti nascondi mai e devi subito dimostrare di poter stare coi migliori in salita, non esiste tatticismo, lo si è visto anche con Evenepoel sin dai primi giorni di Vuelta.

Tutti lo aspettano.

Egan se lo merita, è stato proprio sfortunato. A differenza di Chris (Froome, ndr), può recuperare molto più velocemente perché lui è giovane. L’età ha inciso tanto nel caso di Froome. Poi, mi ricordo ancora oggi che quando sono andato a trovarlo in ospedale non pensavo che tornasse a correre, lo dico in tutta franchezza. Solo i campioni di quel livello hanno la testa per rimettersi in sella.

Puccio avrebbe voluto fare la Vuelta come nel 2021, ma la squadra ha mandato avanti i più giovani per fare esperienza
Puccio avrebbe voluto fare la Vuelta come nel 2021, ma la squadra ha mandato avanti i più giovani per fare esperienza
Com’è Egan da capitano in corsa e che ricordi hai del Giro vinto insieme?

Lui è molto sicuro di sé e i giorni che stava bene ce lo diceva via radio. Quando senti il tuo capitano che ti dice: «Oggi sto bene», cerchi di dare ancora di più di quello che hai e ti carica a dismisura. Ci dava quel 20 per cento in più e l’ha dimostrando attaccando diverse volte al Giro. Un carattere diverso rispetto a Chris, che invece era più tattico e studiava maggiormente la corsa, passo per passo. Egan, invece, è istintivo: «Sto bene, attacco».

Sai già i tuoi piani in vista della nuova stagione?

Abbiamo un primo ritiro a metà ottobre a Nizza, dopodiché dei programmi di gara si parlerà a dicembre. Egan penso che lo vedrò prima, appena torno su a Monaco. 

Obiettivi per il 2023?

Io di solito sono nel gruppo del Giro, visto che sono italiano e sono ormai tanti anni che lo faccio. Il Tour mi stuzzicava a inizio carriera, ma adesso non ci penso neanche più: è sempre stata una lotta continua da noi in squadra.

Carapaz fa il bis, Evenepoel incassa e fa gli scongiuri

03.09.2022
4 min
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«Avessi avuto al Giro, una gamba come questa…». Mentre spingeva a più non posso sui pedali, in quella che più che una scalata è stata un arrembaggio verso il traguardo di Sierra de la Pandera, Richard Carapaz ripensava all’esito della corsa rosa, di quel penultimo giorno quando gli scatti di Hindley (finito mestamente dietro in Spagna) e soprattutto la tattica vincente della Bora Hansgrohe lo avevano mandato in crisi.

Alla Vuelta si è tornato a vedere l’ecuadoriano che lo scorso anno ha portato a casa il titolo olimpico, che al Tour era stato l’unico vero antagonista, anche se soccombente di fronte a Pogacar.

Seconda vittoria di tappa per Carapaz, con il redivivo Lopez e Roglic arrivati a 8″
Carapaz Pandera
Seconda vittoria di tappa per Carapaz, con il redivivo Lopez e Roglic arrivati a 8″

Trasformazione in una settimana

In due settimane Carapaz si è trasformato. Quando era partito per la Vuelta, doveva essere il leader della Ineos, uno dei pretendenti al trono di Roglic, ma le prime tappe non sono andate perché la forma ancora non c’era. Le gerarchie in casa Ineos Grenadiers sono presto cambiate, si corre in favore del giovanissimo Carlos Rodriguez e Carapaz si è messo alle sue dipendenze. O forse no?

«Sono partito per la Vuelta con altri obiettivi – affermava all’arrivo della 12esima tappa, vinta per distacco a Penas Blancas – ma è anche vero che vincere una tappa ha sempre un bel sapore. Sulle salite lunghe sto rapidamente guadagnando la forma migliore e il fatto di essere fuori dalla lotta per le prime posizioni mi favorisce. Posso vincere correndo in maniera intelligente».

Ancora un tentativo di fuga per Filippo Conca, sempre più protagonista alla Lotto Soudal
Ancora un tentativo di fuga per Filippo Conca, sempre più protagonista alla Lotto Soudal

La prima crisi per Evenepoel

A Sierra de la Pandera Carapaz ha sfruttato l’attacco di Sanchez, andandogli dietro e poi recuperando uno a uno i fuggitivi di giornata (tra cui il bravissimo Conca) non solo andandosi a prendere la vittoria, ma scatenando un pandemonio alle sue spalle. Roglic ha preso spunto per andargli dietro, Evenepoel ci ha provato e mal gliene è incolto, andando incontro alla sua prima vera crisi della Vuelta con 48” ceduti allo sloveno. Gli resta 1’49”, ma anche tante incognite soprattutto sapendo che la tappa successiva è quella dell’arrivo a Sierra Nevada, dopo una salita che sembra non finire mai…

«Non è stata una buona giornata – ha dichiarato il belga al traguardo – non sentivo delle buone gambe. In fin dei conti ho ancora un buon gruzzolo, ma ho anche dolori muscolari. Credo sia normale, domani cercherò di sopravvivere, la situazione non mi preoccupa più di tanto».

Perché dicevamo di Rodriguez? Perché il giovane iberico ha pagato l’attacco di Carapaz, ma è stato bravo a salire sul suo passo, a recuperare su Evenepoel e precederlo di 20″. E’ chiaro che se vorrà salire ancora di classifica, dovrà considerare che Carapaz fa un’altra corsa, tesa ora alla conquista delle vittorie di tappa che, agli occhi dei responsabili della Ineos, hanno sempre un gran valore.

Una giornata difficile per la maglia rossa Evenepoel, che diceva di temere particolarmente Sierra Nevada…
Una giornata difficile per la maglia rossa Evenepoel, che diceva di temere particolarmente Sierra Nevada…

E intanto Rodriguez scalpita…

Quando aveva chiuso vittorioso a Penas Blancas, Carapaz aveva già dato appuntamento a Sierra Nevada. Quell’ascesa, che porta a oltre 2.500 metri di quota, gli piace particolarmente. L’aria è rarefatta, esattamente com’è abituato a respirare quando si allena dalle parti di casa sua. Intanto però si è messo in tasca un’altra vittoria e fa capire che gli altri potranno pure scornarsi per il successo finale, ma quel traguardo lo sta aspettando…

D’altronde Tosatto, diesse della formazione inglese, era stato molto chiaro sulle sue aspettative, già prima che il sudamericano andasse all’attacco e tagliasse per primo al traguardo di Sierra de la Pandera: «Sarebbe l’ideale se Richard vincesse un’altra tappa e Rodriguez recuperasse quanto basta per salire sul podio».

E’ pur vero però che in una Vuelta che si rimette così in discussione e che è incentrata sulle incognite intorno alla terza settimana di Evenepoel, che non ha mai vissuto in un grande giro, Rodriguez ha tutto il diritto di guardare in alto.

Rodriguez in maglia bianca di miglior giovane. Arrivo con Mas, Evenepoel è dietro
Rodriguez in maglia bianca di miglior giovane. Arrivo con Mas, Evenepoel è dietro

L’eredità dell’ecuadoriano

Che cosa farà allora Carapaz? E’ il grande interrogativo della tappa domenicale, 152,6 chilometri da percorrere con la salita finale che caratterizzerà gli ultimi 22 e soprattutto con la sua prima parte con rampe già durissime.

Chi vuole disarcionare il belga della Quick Step Alpha Vynil potrebbe farlo proprio dall’inizio. Chissà allora che i due targati Ineos non facciano gioco di squadra, in fin dei conti Carapaz, con già in tasca il contratto del prossimo anno con la EF Education EasyPost vuole onorare fino all’ultimo quello in essere e magari lasciare un’eredità attraverso il “giovane allievo”…

Pinarello Dogma F: presentate le nuove colorazioni 2023

02.09.2022
4 min
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La prossima stagione commerciale è oramai alle porte, e per moltissimi bike brand il periodo che stiamo attraversando è importante per cominciare a svelare qualche novità in ottica 2023. Per Pinarello, ad esempio, “l’anno che verrà” sarà anche quello di un rilancio importante dell’offerta colori di Dogma F, il modello top di gamma proposto sul mercato dallo storico brand trevigiano. E questo importante “upgrade” cromatico riguarderà l’introduzione di nuovi nuovissimi colori, in aggiunta ai tre confermati dalla stagione precedente. 

Il telaio Dogma F è stato presentato nel giugno del 2021 per consentire agli atleti del team INEOS Grenadiers di gareggiare ai massimi livelli. E proprio da quando Dogma F ha introdotto questa novità sono arrivati tanti successi: tra cui grandi classiche e medaglie olimpiche – incluso l’oro di Carapaz nella prova in linea – senza considerare podi nei grandi Giri e la vittoria alla Parigi Roubaix di quest’anno. Nella sua prima stagione commerciale, Dogma F è stato il telaio dei record per Pinarello segnando un crescita del 25% rispetto al suo predecessore. L’introduzione appena annunciata delle nuove colorazioni renderà senza dubbio la gamma ancora più ampia e completa rispetto a quella precedente…

La nuova linea di colorazioni di Pinarello ha preso il nome “Electro”
La nuova linea di colorazioni di Pinarello ha preso il nome “Electro”

Cromie “elettriche”

La nuova linea di colorazioni Pinarello per Dogma F – denominata Electro – è nuovamente il frutto della grande ricerca della stessa realtà veneta nel proporre colori davvero unici e inimitabili. I nuovi Electro Violet, Electro Blue, Electro Lime ed Electro Orange si caratterizzano per tridimensionalità e lucentezza che si esalta particolarmente con la luce naturale. La grafica Fade, che ha avuto un enorme successo con il lancio di Dogma F la scorsa stagione, viene inoltre aggiornata con l’aggiunta di due nuovi colori: Midnight Venice e la nuovissima Racing Green. Anche la linea con grafica Cut viene ampliata attraverso l’aggiunta di due varianti colori di assoluto successo: Summit White e Summit Red. 

I colori della passata collezione che vengono invece confermati anche per il 2023 sono l’Onyx BOB, il Crystal White e il Midnight Blue. Inoltre, anche la colorazione replica del team INEOS Grenadiers sarà disponibile per la vendita

L’aerodinamica, il peso, la geometria, lo spessore e le forme dei tubi, la scelta della fibra di carbonio: ciascun singolo elemento gioca un ruolo fondamentale nella creazione della bici perfetta. Trovare l’equilibrio rappresenta una vera e propria arte, e a quest’arte Pinarello dedica da sempre anima e corpo per il raggiungimento della perfezione…

Una forza commerciale

Cicli Pinarello – la cui guida è affidata ad Antonio Dus, Amministratore delegato e socio – propone sul mercato biciclette che ambiscono a rappresentare un’assoluta avanguardia tecnologica e prestazionale per quanto riguarda il settore. I prodotti Pinarello sono commercializzati in oltre cinquanta Paesi nel mondo tramite una rete di 700 punti vendita specializzati tra cui quattro “flagship store” di cui tre monomarca: a Treviso, Londra, Manchester e New York. 

Il fatturato 2021 è stato di 65 milioni di euro, mentre i mercati principali sono Stati Uniti, Italia, Regno Unito e Giappone. La maggior parte dei Paesi Europei sono seguiti dalla sede di Treviso, mentre negli USA ed in Gran Bretagna sono presenti due filiali di proprietà. 

Nel 2021 i mercati principali per Pinarello sono stati: USA, Italia, Regno Unito e Giappone
Nel 2021 i mercati principali per Pinarello sono stati: USA, Italia, Regno Unito e Giappone

Presso il quartier generale di Treviso sono impiegate 90 persone. Il gruppo completo “conta” a livello mondiale 150 collaboratori diretti e circa 600 dedicati a tempo pieno presso partner esterni, con una significativa presenza di risorse dedicate ad attività di Ricerca&Sviluppo di nuovi prodotti e del marchio stesso.

Pinarello

Cambio della guardia al Team Ballerini: l’insolito addio di Bardelli

27.08.2022
5 min
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Il Team Franco Ballerini, squadra juniores toscana, perde un direttore sportivo e ne trova un altro. Esce Andrea Bardelli, subentra Luca Scinto (in apertura con il team al Tour du Lac Leman in Svizzera). La notizia era da un po’ nell’aria e in sé fa scalpore conoscendo la passione che Bardelli ha sempre messo nella squadra. Un po’ per il nome di Franco e un po’ per aver sempre raccontato i corridori quasi come figli suoi. Da Stoinic a Svrcek, passando per Iacchi e più di recente Michale Leonard, promettente talento canadese in orbita Ineos Grenadiers.

Marzo 2022, Michael Leonard vince la gara di apertura, dedicata a Franco Ballerini
Marzo 2022, Michael Leonard vince la gara di apertura, dedicata a Franco Ballerini

Questioni personali?

Intercettiamo Bardelli durante una pausa dal lavoro e capiamo dalle sue esitazioni che, qual che ne sia la ragione, parlarne è faticoso.

«Per me è sempre stata una passione – dice – perché il mio vero lavoro è in una ditta di servizi a Firenze. Faccio le mie otto ore, non rischio di annoiarmi. E sto pianificando il futuro, perché dal ciclismo non esco di certo. Di solito le squadre del Sud cercano appoggio al Nord, stavolta potrebbe essere il contrario. Posso dire che ultimamente ho avuto un periodo difficile per un problema di salute di mio padre. Perciò ho preferito fare un passo indietro. Figurarsi, finiscono i matrimoni, poteva finire anche questo. Però mi è costato…».

Il passo indietro di Bardelli è avvenuto circa due mesi fa, in occasione della caduta di suo padre (foto Luccarini)
Il passo indietro di Bardelli è avvenuto circa due mesi fa, in occasione della caduta di suo padre (foto Luccarini)

Un nuovo progetto

Bardelli è stato a lungo uno dei nostri interlocutori nel mondo complesso degli juniores e non è un mistero che abbia in giro un ottimo credito. Ricordiamo il messaggio con cui proprio Leonard, colpito dal modo di lavorare del Team Ballerini, gli chiedeva di correre con lui in Toscana. Per cui, pur rispettando la sua voglia di non uscire dai limiti, qualche domanda abbiamo provato a fargliela. Nell’ambiente si dice che starebbe lavorando a un accordo con la CPS Professional, la squadra campana di Clemente Cavaliere, che ha già collaborato con la Hopplà-Petroli Firenze, in cui coinvolgere il gruppo ligure già in orbita al Team Ballerini. Ripiego o progetto precedente?

Il Team Ballerini alla Eroica Juniores, vinta nel 2021 con Svrcek e fatale a Leonard: caduto e fratturato
Il Team Ballerini alla Eroica Juniores, vinta nel 2021 con Svrcek e fatale a Leonard: caduto e fratturato
Che cosa è successo?

Non ero tranquillo. A un certo punto è entrato Luca (Scinto, ndr) e non si può dire che mi disturbasse. Però ho capito che sarebbe stato difficile convivere. E’ una squadra con cui avevo preso l’abitudine di andare all’estero, provando a farci vedere. E sono orgoglioso alla fine di aver portato Svreck alla Quick Step e Leonard alla Ineos. Alla base di tutto c’è aiutare questi ragazzi a trovare un posto, ma è chiaro che per farlo servono soldi.

Perché mollare?

Un po’ per il discorso di mio padre, che adesso per fortuna ne sta uscendo. Un po’ perché non mi sentivo più nel progetto. Non ho abbandonato i ragazzi. Ho sempre avuto carta bianca e nessuno si è mai lamentato. Abbiamo tirato fuori dei bei corridori e devo dire grazie a Citracca per l’attività che mi ha permesso di fare. Incluso la squadra di allievi. Servono soldi, siamo d’accordo, ma anche passione.

Si dice che per il prossimo anno, Bardelli starebbe lavorando a un nuovo progetto juniores fra Liguria e Campania
Si dice che per il prossimo anno, Bardelli starebbe lavorando a un nuovo progetto juniores fra Liguria e Campania
Va bene, ma perché mollare?

Sono andato un po’ fuori dal seminato, per due mesi non sono stato tranquillo e ho deciso di staccare, per quello che rappresenta la maglia con quel nome sopra. Non volevo tornare indietro e non parlo di vittorie, ma di immagine di una squadra in cui i corridori chiamavano per venire.

E’ vero che fra i problemi ci sarebbe stato proprio il passaggio di Leonard alla Ineos?

Michael è venuto qui scrivendomi un messaggio, senza procuratore né altro. Quando lo feci testare da Pino Toni, che ci ha sempre aiutato, vennero fuori dei numeri clamorosi. La notizia si è sparsa e si sono avvicinati dei manager, fra cui Piscina che collabora con Acquadro. Ma se anche ci fossero stati altri agenti interessati, l’obiettivo non è fare l’interesse del ragazzo?

Scinto con Sivok e Leonard, al Tour du Lac Leman dove nacque il contatto fra il canadese e il team
Scinto con Sivok e Leonard, al Tour du Lac Leman dove nacque il contatto fra il canadese e il team
C’era il progetto di portarlo alla Corratec?

Quello che so è che a un certo punto è intervenuta la sua famiglia e hanno deciso. Lui addirittura avrebbe voluto fare un anno da U23, ma gli hanno assicurato che lo inseriranno gradualmente, con 20 corse e un programma adeguato.

Capito il discorso, ma qualcosa non torna.

Non è il momento per dire altro, va bene così. Non voglio creare problemi. Il nome Ballerini significa troppo per me, ricordando Franco e la Sabrina che c’è dietro alla squadra. E comunque li ho lasciati in buone mani. Lo Scinto è stato professionista e sa fare il direttore sportivo. E’ un diesse esperto, questo lo sappiamo tutti.

L’Ora (non) per caso dell’ingegner Bigham, supplente di Ganna

20.08.2022
5 min
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«Certo che avrei preferito che il mio record l’avesse battuto Ganna. Di tanto in tanto ci scambiamo messaggi e sono convinto che presto anche Pippo lo farà. Bigham lavora per lui. Eventuali margini accumulati in questo tentativo di record verranno applicati a lui. Libereranno Filippo sulla pista come un toro infuriato e secondo me non finirà lontano dai 60 chilometri. Ma al netto di tutto questo, tanto di cappello per Daniel. So chi è, in fatto di aerodinamica non ha eguali. Lavora su questo 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana…».

Victor Campenaerts ha commentato così su Het Nieuwsblad il nuovo record dell’Ora stabilito ieri da Daniel Bigham (in apertura nella foto Ineos Grenadiers), precisando che non proverà a riprenderselo. Dice di essere diventato ormai un altro tipo di corridore e che ci berrà sopra. Non subito però, aspetterà ottobre…

Campenaerts aveva stabilito con 55,089 il suo record il 16 aprile 2019 in Messico
Campenaerts aveva stabilito con 55,089 il suo record il 16 aprile 2019 in Messico

La svolta tecnologica

Si dice che Eddy Merckx, uno dei più grandi di sempre se non il più grande, dopo aver stabilito il record dell’Ora il 25 ottobre del 1972, scese di sella stravolto e disse che non ci avrebbe provato mai più. Dodici anni dopo, Moser riscrisse la letteratura scientifica per stabilirlo a sua volta. Ieri Bigham era certamente sfinito, ma la sensazione è che la tecnologia abbia reso la sfida molto meno destabilizzante. Soprattutto considerando che si sarebbe trattato di un tentativo di ripiego. Avrebbe dovuto provarci Ganna, ma visto il rifiuto del grande piemontese, pare che la Ineos Grenadiers abbia mandato avanti il suo ingegnere. Il quale, sconosciuto e ben preparato, ha percorso 55,548 chilometri: 459 metri più di Campenaerts, 6,11 chilometri più di Merckx. Tanto di cappello, come dice il belga… spogliato.

Nel 1972 Merckx batté il record a Città del Messico con 49,431
Nel 1972 Merckx batté il record a Città del Messico con 49,431

«Mi sentivo davvero bene – ha commentato – ho corso di gran lunga la mia Ora migliore. Ero in anticipo rispetto al primo rilevamento previsto, ma mi sentivo bene e ho continuato. E’ stato davvero divertente ed è davvero strabiliante come è andata. Devi rimanere fisso su qualcosa e io mi sono concentrato su respirazione e posizione della testa. Sapevo che finché fossi stato in grado di controllare quelle cose, tutto il resto sarebbe stato a posto. Poi si sarebbe trattato solo di spingere il più forte possibile».

Ingegnere e ciclista

Chi sia Daniel Bigham è singolare da ricostruire. Britannico come Wiggins, il cui record di 54,526 fu… usurpato nel 2019 da Victor Campenaerts, Bigham ha sempre frequentato il mondo del ciclismo, sia pure in tanti modi diversi.

Il tentativo di Bigham è stato poco seguito per via del nome non troppo noto (foto Ineos Grenadiers)
Il tentativo di Bigham è stato poco seguito per via del nome non troppo noto (foto Ineos Grenadiers)

Classe 1991, non ha mai avuto le doti e forse neppure la determinazione per diventare un professionista, tanto da essersene fatto presto una ragione. Nella scala delle sue priorità, lo studio ha presto preso il sopravvento ed è stato così che Bigham si è laureato in ingegneria alla Oxford Brookes University. Si sarebbe incanalato tutto nella direzione della preparazione accademica, se il giovane britannico non avesse scoperto il triathlon. E visto che vinse la prima gara cui prese parte e non aveva la benché minima intenzione di rinunciare ai suoi studi, si mise in testa di unire l’utile al dilettevole. Va letto in questa ottica lo stage svolto presso il team Mercedes di Formula Uno, con un’applicazione particolare sugli studi in galleria del vento.

Dalle auto alla bici

Dalle monoposto da gara alla bicicletta il passo è stato breve, se non altro per il tipo di approccio. Così che al momento di discutere la sua tesi di laurea, Bigham si è rivolto alla bicicletta, studiando i modelli da cronometro e le posizioni più redditizie che un atleta può adottare in sella. 

Missione compiuta: il record dell’Ora torna in Gran Bretagna (foto Ineos Grenadiers)
Missione compiuta: il record dell’Ora torna in Gran Bretagna (foto Ineos Grenadiers)

La chiusura del percorso universitario ha portato anche al cambio di sport: addio triathlon, Bigham è tornato al ciclismo, puntando su pista e crono, con la maglia della continental Ribble Weldtite Pro Cycling. Nel 2018 ha partecipato alla Coppa del mondo di Minsk e ha vinto il quartetto dell’inseguimento a squadre. Mentre passando alla crono individuale, ai mondiali di Bruges dello scorso anno ha colto il 16° posto, lasciandosi dietro colleghi come Bjerg e il nostro Sobrero.

Fra Jumbo e Ineos

Però i suoi studi tengono banco più dei suoi mezzi atletici e diverse squadre si sono rivolte a lui per lo sviluppo delle loro bici da cronometro. Con chi ha collaborato? Anche con la Jumbo Visma di Van Aert e Vingegaard. Attualmente però il suo impegno è quasi a tempo pieno con la Ineos Grenadiers. C’è lui dietro lo studio del tentativo di Ganna, che evidentemente era ben più avanzato di quanto si fosse capito.

Bigham ha battuto Campenaerts per 459 metri (foto Ineos Grenadiers)
Bigham ha battuto Campenaerts per 459 metri (foto Ineos Grenadiers)

Al posto di Ganna

Filippo avrebbe dovuto attaccare il record di Campenaerts a Grenchen, in Svizzera. Bigham aveva già pianificato tutto fin nei minimi dettagli. Ma Ganna è uscito dal Tour troppo stanco anche solo per pensarci e a quel punto la Ineos avrebbe spedito in pista lo stesso Bigham. E come abbiamo visto, le cose sono andate bene, malgrado una preparazione relativamente breve. Con buona pace di Eddy Merckx. E con la grande curiosità di capire quanto potrebbe percorrere Ganna, se e quando deciderà di provarci.

«Il cambiamento rispetto ai tentativi precedenti – ha detto – è stato il pieno supporto da parte della Ineos Grenadiers. Non solo per l’attrezzatura, ma anche la fisiologia, il gesto e anche gli interventi nutrizionali e di allenamento. Mi hanno reso la vita molto più semplice, ho solo dovuto venire qui ed esibirmi».

16 agosto 2022: riparte Bernal. Facciamo il punto con Cioni

16.08.2022
6 min
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«L’obiettivo – dice Cioni – era che Egan Bernal tornasse in gruppo, a essere un corridore. Tanto tempo a lavorare senza correre è stato pesante. Non è tornato alle corse da una lunga attesa, ha lavorato duro. Il fatto di averlo al Giro di Danimarca è il raggiungimento di un obiettivo. Parliamo di un corridore che prima puntava al Tour e adesso punta a tornare se stesso».

Un lungo viaggio

Il comunicato stampa è uscito ieri. Egan Bernal riprende a correre oggi dal Danimarca (in apertura, foto Twitter). L’equipe medica del team Ineos Grenadiers ha valutato che il momento sia arrivato.

«Quando ripensi a dove si trovava Egan solo otto mesi fa – ha dichiarato Rod Ellingwort, team principal della squadra britannica – è incredibile i progressi che ha fatto. Ha mostrato al mondo la vera forza del suo personaggio e ha dimostrato una notevole grinta nel tornare alla preparazione. Siamo ancora in viaggio con Egan, ma rientrare in gruppo al Giro di Danimarca è una pietra miliare significativa e duramente guadagnata. Il recupero a lungo termine di Egan è guidato e continua a essere guidato dal nostro programma di supporto medico e fisico. L’intera famiglia Ineos Grenadiers è orgogliosa e felice per Egan. La sua determinazione e applicazione permetteranno ora di vederlo tornare nel mondo delle corse, che desiderava da così tanto tempo».

Con questa locandina, il team Ineos Grenadiers ha annunciato il rientro alle gare
Con questa locandina, il team Ineos Grenadiers ha annunciato il rientro alle gare

Cosa c’è oltre le dichiarazioni ufficiali? A che punto si trova effettivamente Bernal? Lo abbiamo chiesto a Dario Cioni, uno dei coach del team, attualmente in Danimarca con la squadra per seguire proprio il rientro del colombiano.

Era previsto che rientrasse in Danimarca? Si era parlato della Vuelta Burgos e addirittura della Vuelta…

Il rientro era programmato. Magari non era stato ancora scelto il nome della corsa, ma ci è saltato un corridore per la Danimarca e si è valutato che fosse arrivato il momento. Non sono io ad allenarlo. La Vuelta era decisamente prematura, ma si sa che gli organizzatori tirano acqua al loro mulino. Burgos invece era stata valutata.

Come sta Egan?

Ovviamente non posso parlare per l’aspetto medico, c’è uno staff per quello. Non so come potrà muoversi in corsa. Ci sono corridori che con il numero sulla schiena vedono rosso, ma sono certo che già esserci e confrontarsi con il resto del gruppo, fare chilometri sia importante. Puoi allenarti bene quanto vuoi, ma lo stress della corsa è un’altra cosa. Diciamo che il Giro di Danimarca sarà uno stress test per vedere se Egan sia davvero pronto.

Cinque ore di lavoro, oltre 2.000 metri di dislivello: si lavora sodo (foto Twitter)
Cinque ore di lavoro, oltre 2.000 metri di dislivello: si lavora sodo (foto Twitter)
Lo hai visto in allenamento? Che impressioni ti ha dato?

Sembra non abbia avuto niente. E’ ben in equilibrio, simmetrico. A occhio nudo non si riesce a dire se abbia ancora da recuperare tono muscolare. Anche perché è magro e longilineo, non parliamo di un atleta che abbia masse muscolari importanti.

Detto questo, i campioni non hanno mai tempi di recupero normali…

Esatto, fanno cose che per una persona normale sono inimmaginabili. Quando si è rialzato, l’auspicio era che tornasse a correre prima di fine stagione e ha un po’ anticipato i tempi. Bisogna stare con i piedi per terra, ma certo una persona normale magari sarebbe ancora in piena rieducazione.

Bernal ha rifinito la preparazione ad Andorra, sottoponendosi a sedute pesanti (foto Twitter)
Bernal ha rifinito la preparazione ad Andorra, sottoponendosi a sedute pesanti (foto Twitter)
Chi ha preso la decisione di farlo rientrare?

C’è stata sicuramente la valutazione dei medici, ma è stato Rod Ellingworth a fare la sintesi di tutte le opinioni e a prendere la decisione.

Hai parlato di tenere i piedi per terra…

Lo so che con un corridore del genere le attese sono sempre alte. Però è anche vero che nonostante abbia lavorato duro, Egan si ritroverà a confrontarsi con un gruppo di corridori che gareggiano dall’inizio della stagione. Per cui va bene essere soddisfatti per il suo rientro e capisco che per lui possa essere una ricompensa.

La testa fa la differenza?

Con certi campioni è determinante. Si era messo in testa di tornare e c’è riuscito. Quello che verrà sarà da scoprire. Averlo in corsa è comunque un successo.

Il ritorno alle gare di Bernal non è stato una passeggiata: sono stati giorni duri (foto Twitter)
Il ritorno alle gare di Bernal non è stato una passeggiata: sono stati giorni duri (foto Twitter)

Cinque tappe veloci

Il Danimarca sarà il terreno perfetto per rientrare. L’unica parvenza di salita ci sarà il quinto giorno, nella Give-Vejle, la tappa più nervosa:126,5 chilometri con tanti strappi dalle pendenze anche importanti, che verosimilmente decideranno la classifica. Anche volendo, Bernal non sarà chiamato a particolari duelli troppo severi. Se poi vorrà mettersi alla prova, la sua indole non gli permetterà di voltarsi dall’altra parte se e quando la corsa si accenderà.

«Dopo quello che mi è successo a gennaio – ha detto – questo è il momento che stavo aspettando: correre di nuovo con i miei compagni di squadra. Non posso spiegare abbastanza quanto siano stati duri per me gli ultimi otto mesi, sia fisicamente che mentalmente. Quel giorno e il viaggio che ho intrapreso da allora saranno per sempre parte di me. E’ qualcosa che non dimenticherò mai».