Como-Grenchen-Torino. Il pazzo weekend di Matteo Sobrero si potrebbe sintetizzare così: dal ritiro al Giro di Lombardia dopo aver lavorato per la squadra, alla volata in Svizzera per vedere il “quasi cognato” Filippo Ganna conquistare il record e poi giù di nuovo verso il Piemonte per il raduno con la Bike Exchange in vista della stagione ventura. Oltre a svelarci gli aspetti più umani del marziano Top Ganna, Matteo ha raccontato come la cronometro continuerà a essere una costante per lui, ma non l’unica strada (in apertura durante quella vinta a Verona alla fine dell’ultimo Giro)
Ci racconti il tuo pazzo sabato 8 ottobre?
E’ stata una giornata piena, ma alla fine ne è valsa la pena. E’ stata una grande emozione perché sono riuscito ad arrivare al velodromo che mancava mezz’ora alla fine.
E già il record si stava materializzando…
Esatto, mi sono goduto il meglio dell’Ora: è stato veramente pazzesco.
Da cronoman quale sei, ti ha stimolato? Hai mai pensato, magari un giorno ci provo anch’io?
No, so che ha fatto una prestazione che da battere sarà difficile. Solo con gli anni e lo sviluppo dei materiali sarà poi possibile superare questo record, come abbiamo visto con Wiggins e negli ultimi 10 anni, con l’aumento della velocità media dell’ora. Io non sono di certo uno che potrà mai pensarci: se penso al record dell’Ora, penso a Filippo Ganna. Lui era fatto per uno sforzo così.
Che cosa gli hai detto nel marasma dei festeggiamenti?
C’era tantissima gente e, quando sono riuscito a raggiungerlo, mi ha soltanto abbracciato e ringraziato di essere lì. Ci siamo capiti con uno sguardo.
Hai dovuto fare gli straordinari per arrivare in tempo?
Sono arrivato a fine stagione con le batterie un po’ scariche. Ho fatto parecchia fatica al Lombardia, sul Ghisallo mi sono staccato e ho visto che non sarei riuscito a finire la gara e così mi sono ritirato al passaggio a Como. Ho fatto la doccia, mi sono cambiato e sono partito il prima possibile per arrivare su a Grenchen.
Un record frutto anche dalla voglia di rivalsa dopo la delusione mondiale: te ne ha parlato in Australia?
Eravamo in camera insieme e ho vissuto con lui quei giorni lì. Per un atleta del suo livello, nonostante sia Filippo Ganna, penso sia difficile preparare due grandi appuntamenti come il record dell’Ora e il campionato del mondo con l’obiettivo di riconfermarsi per la terza volta di fila. Penso che con la squadra avessero un po’ l’obiettivo del record e hanno speso di più su quello come energie. Forse fare il mondiale prima del record è servito anche come test per capire che stavano sbagliando su alcune cose e gli ha permesso di affinare la preparazione. Ha rallentato un attimo prima del record e gli è servito.
Ti ha mai confidato le sue paure prima del mondiale?
Quelli che conoscono Pippo sanno che se ti dice che ha il mal di gambe o che non sta bene è perché va fortissimo. In Australia, invece, l’ho visto diverso, non diceva niente, era un po’ preoccupato. Lo vedevi che sentiva la pressione, ma non era al 100 per cento.
E prima del record, l’hai sentito?
No, perché lo conosco e ha già tanti che gli scrivono. L’ultima volta che l’avevo visto era quando si era svegliato alle 2 di notte per andare in aeroporto dopo l’avventura australiana. Mi ha salutato ed è andato via, poi ci siamo sentiti soltanto via messaggio, ma non ho voluto mettergli più pressione oltre a quella che aveva già da tutto il mondo.
Lo sentivi più tranquillo dopo l’Australia?
Pur non sentendo lui direttamente, tramite Lombardi e altri, mi informavo. So che in quelle situazioni ha bisogno di isolarsi.
Quanto lui è stato importante nella tua crescita a cronometro, che ti ha portato persino a batterlo a un campionato italiano?
Lì era il percorso che mi si addiceva parecchio, però sono cresciuto ciclisticamente nella sua stessa scuola juniores con Marco Della Vedova: io ero primo anno, lui al secondo ed era già cronoman. Fare quell’anno lì accanto a lui mi ha fatto appassionare al mondo delle cronometro e da lì è cominciato il tutto. Gli chiedo sempre un po’ di consigli, mi confronto su nuove tecnologie e strategie.
Dunque, continuerai a curare questa disciplina?
Sì, quest’anno però mi ha dato ulteriore conferma che sono un cronoman, però per prove adatte a me, come può essere una crono in una corsa a tappe, ad esempio quella dello scorso Giro a Verona, non da specialista. Non sarò mai un corridore da crono del mondiale. Il prossimo anno, come volevo già quest’anno, voglio confermarmi di più nelle prove in linea.
Pinotti ti definisce un fuoriclasse delle crono: che ne pensi?
Anche quando non sono il favorito o se la crono è piatta, riesco sempre a salvarmi. Le gambe ci vogliono e ci vogliono watt, però la testa conta tantissimo.
Brent Copeland dice che hai margini di miglioramento importanti…
Il secondo obiettivo della stagione era il Giro di Polonia, centrato in parte, perché sono arrivato quarto nella generale, andando un po’ in calando nel finale, non stando tanto bene di salute. Questo è quello che voglio fare anche nel 2023.
Hai già cerchiato qualche corsa in rosso?
Ne stiamo parlando con i direttori sportivi, vedremo. Forse quest’anno sono stato penalizzato dall’infortunio al gomito, mentre l’anno prossimo vorrei cominciare a correre prima per trovare la condizione subito.
La corsa dei sogni?
Il Lombardia. Nonostante non ci sia mai arrivato nelle migliori condizioni, sognare non costa niente.
Lunedì prossimo verrà presentato il Giro d’Italia: si parla di tre prove contro il tempo per attirare Evenepoel, di cui una cronoscalata. Ti stuzzica?
La cronoscalata è un po’ un estremo così come dall’altra parte c’è la crono in pianura. Io mi colloco nel mezzo ed è quello il contesto in cui posso giocarmela di più.
Al di fuori del ciclismo, ci racconti di cosa ti occupi?
Abbiamo venti ettari di terreno, principalmente vigneti, con cinque ettari di noccioleti. Produciamo vino in famiglia: se io e mia sorella continueremo l’attività, saremo la quarta generazione. E’ un grande peso, però se non avessi fatto il ciclista, sarei stato a casa portare avanti l’azienda. Un domani, quando smetterò, mi vedrete lì.