«En este momento solo siento felicidad». Egan Bernal si confida dopo l’arrivo. I suoi occhi ridono sotto la visiera del cappellino della Ineos-Grenadiers e dentro la sua prima maglia rosa.
Dall’inizio del Giro d’Italia il colombiano sta correndo da vero leader e con grande convinzione. La squadra gli sta vicino, lui è sempre davanti… sembra un corridore esperto. A volte hanno persino sprecato, Egan e i suoi compagni. Ma non oggi.
Come una crono
«Abbiamo corso come avevamo pianificato stamattina. Abbiamo fatto una crono nel finale – dice Moscon dopo l’arrivo – io dovevo fare il mio lavoro proprio così. Intanto mettiamo nel sacco una vittoria di tappa. E’ un bel segnale, ma le vere montagne devono ancora arrivare. La maglia rosa che ci interessa è quella di Milano. Oggi era importante guadagnare il più possibile e ce l’abbiamo fatta».
Proprio Moscon è stato autore di un vero capolavoro. Nel tratto sterrato di Campo Felice, su quella che d’inverno è una pista da sci, il trentino ha fatto qualcosa di eccezionale. Ha rintuzzato i fuggitivi e soprattutto ha letteralmente frantumato il gruppo. Erano in cinque quando è partito Bernal.
Questa scena l’avremmo dovuta vedere due anni fa probabilmente, quando il colombiano doveva far rotta sul Giro. Invece eccolo adesso. Sulla sua tenuta non tutti scommettono. Su Egan pende il “quid” della schiena. Quello spessore sotto la scarpa lo fa pedalare bene, ma ci dice anche che di sicuro qualcosa c’è. E lui stesso solo 48 ore fa ha ammesso di sentire dolore alla schiena, aggiungendo: «E le grandi salite non sono ancora iniziate».
Intanto “Eganito”, come è già stato ribattezzato sul palco, non ha perso un colpo. Si è mostrato il più forte ogni volta che la strada saliva e se vogliamo è sembrato anche in crescendo. Il finale di oggi non era durissimo, ma sono andati davvero forte. E forse per chi è scalatore puro come lui questo è un segnale ancora più incoraggiante.
In maglia rosa
«Mi dicono: “Hai vinto il Tour e tutto deve essere facile o scontato” – racconta Bernal – ma non è così dopo il brutto Tour dell’anno scorso. Ci sono tanti corridori a lottare. Per ora sto bene, la squadra lavora compatta. Anche oggi i ragazzi hanno fatto un lavoro eccezionale.
«Volevo fare il Giro da sempre, da quando sono passato professionista nel 2016. Sapete che sono molto legato all’Italia, l’ho detto anche dopo la vittoria del Tour. Indossare la maglia rosa è un onore, anche se fosse per un solo giorno. Ma non voglio guardare troppo avanti».
E su quest’ultimo punto il campione di Zipaquira glissa un po’. Dice di volersi godere la giornata e il primato, ma in realtà alla classifica ci pensa chiaramente. Non può non essere così. Sia per le sue caratteristiche, sia per le sue qualità, sia per la squadra in cui corre. Che però sia davvero felice è vero. Dopo l’arrivo era commosso: «La maglia rosa è un sogno».
Razzo Bernal
E poi basta vedere quanto e come ha spinto nel finale. Ad un certo punto, dopo che era già scattato, ha messo il 53 sprigionando una grande potenza. E lo si è capito quando Ciccone, che aveva provato a tenerlo, ha dovuto sedersi. In una frazione di secondo ha perso cinque metri, segno evidente di due velocità molto differenti. E poi ha spinto fino all’ultimo metro, tipico di chi pensa alla classifica.
«Non ho esultato – conclude Bernal – perché ero troppo concentrato a spingere e perché non sapevo se davanti ci fosse ancora qualcuno».
E che venisse su forte, ce lo conferma anche Bouwman, che era davanti con Bouchard. «Quando ai 300 metri Bernal mi ha passato sembrava un razzo!».