Puccio è l’uomo dietro le quinte, quello cui i direttori sportivi della Ineos-Grenadiers chiedono sempre un parere, sapendo che non sarà banale. Quando Salvatore è arrivato al traguardo, il personale della squadra si è messo in fila per abbracciarlo, sapendo quanto abbia lavorato lontano dalle inquadrature. Così quando si avvicina alla transenna, il suo è il sorriso di chi ha fatto bene il suo mestiere.
Ti aspettavi di arrivare a un giorno dalla fine messo così?
Dopo la sfortuna di Thomas ci siamo reinventati. Non abbiamo pensato alla classifica. Tao era lì, poteva fare la sua top ten. E’ giovane, era tutta un’esperienza. Dopo, piano piano, ogni giorno ricevevamo il numero della macchina che scalava uno ad uno. Mancavano dieci tappe ed eravamo la macchina numero dieci. Così scherzando ci siamo detti che saremmo arrivati secondi o primi.
E i giorni passavano…
Finché a Piancavallo, Tao è andato fortissimo e ci è arrivata l’ammiraglia numero tre e a quel punto abbiamo iniziato a crederci. Comunque abbiamo mantenuto la stessa tattica. Andavamo in fuga, per noi era importante vincere tappe in questo Giro. Ognuno ha avuto la sua chance. Ma nel giorno dello Stelvio qualcosa è cambiato.
Che cosa è cambiato?
Rohan Dennis ha iniziato a fare cose da paura. Non lo scopriamo né lo abbiamo inventato noi. Uno che ha vinto due mondiali… Magari è partito piano a inizio Giro, poi è cresciuto e oggi addirittura ha fatto terzo. Sono contentissimo e poi sul bus c’è un’atmosfera stellare. Siamo rimasti in sei, ma siamo sei amici, non sei compagni di squadra.
Un clima inedito per voi?
Abbiamo sempre avuto un grande leader. Con Froomey, Geraint Thomas, c’era da stare super concentrati. Stavolta ci siamo ritrovati qui con Tao che ha sempre lavorato per gli altri e si può giocare la sua occasione. E’ stato diverso. Però non volevamo dargli nemmeno lo stress di pensare di dover vincere per forza. Lui stava tranquillo, noi andavamo in fuga e la pressione non c’era. Alla fine ha dimostrato di essere stato il più forte.
Ti mangi le mani per il secondo posto di Vieste?
Un po’ sì (sorride, ndr), ma Israel ha corso bene. Alla fine erano in due. Sarebbe stata una bella ciliegina sulla torta, però lo sport è così.
E’ la Ineos dei giovani…
Ne abbiamo tanti e poi il ciclismo di adesso è pieno di giovani rampanti. C’è il cambio generazionale, è normale. Io sono considerato il vecchio. A casa mia moglie mi dice che sto invecchiando, però ho seguito questa strada di gregario dall’inizio. Ho l’età giusta, ho 31 anni, posso ancora dare qualche consiglio a questi sbarbatelli.
Che cosa significa giocarsi il Giro in una crono?
Abbiamo due cronoman fortissimi tra i favoriti della tappa e speriamo che Tao riesca a dormire stanotte. Non è facile pensare che ti giocherai il Giro. Si vince dopo la linea, ancora non si è vinto niente, però noi siamo contenti per quello che abbiamo già fatto, l’atmosfera, la passione che ci abbiamo messo in tutto. Per lui è tutto un di più, farà la sua crono. Non parte svantaggiato e non ha niente da perdere.
Poteva guadagnare più tempo, credendoci da subito?
Era arrivato per aiutare. Forse nella prima crono gli hanno detto di non rischiare e di fare una tappa pulita per il vento. Forse lì poteva guadagnare qualcosa. Ai Laghi di Cancano ha perso perché Hindley aveva dietro il compagno che prendeva la rosa. Oggi è stato Tao a non tirare, avendo dimostrato di essere il più forte di tutti. Il ciclismo in fondo è uno sport semplice.
Se ieri aveste corso normalmente oggi ci sarebbero stati distacchi maggiori?
Di ieri si dovrebbe parlare a lungo, ma non adesso. Andiamo a Milano, la strada è lunga.