Derby siciliano. Nibali e Visconti: ricordi, “botte” e pareri

09.01.2022
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Un derby tutto siciliano. In rigoroso ordine alfabetico, ecco i protagonisti del confronto nella mitica formula dell’intervista doppia: Vincenzo Nibali e Giovanni Visconti. Amici, qualche volta anche “nemici”, compagni di squadra, corridori di classe ed entrambi con una tifoseria ben definita.

Le loro sfide sono iniziate da bambini, quando forse neanche sapevano cosa fosse il professionismo. Oggi sono due dei veterani del gruppo.

Corridori internazionali, ma restano sempre un messinese, Nibali, e un palermitano, Visconti. Come dire un pisano e un livornese, un laziale e un romanista. Ecco quindi una lunga serie di domande, alcune anche extraciclistiche, rivolte al corridore dell’Astana Qazaqstan e a quello della Bardiani Csf Faizanè.

Si presenti…

NIBALI: Vincenzo Nibali, nickname Squalo.

VISCONTI: Giovanni Visconti.

Professione?

NIBALI: Ciclista professionista

VISCONTI: Ciclista.

E se non fossi stato un ciclista cosa avresti voluto fare?

NIBALI: Domanda da un milione di dollari! Non lo so neanch’io. Forse meccanico o forse sarei entrato in un Corpo di Stato. A Messina, città di mare, c’è il nautico e mi ispirava. Mio cugino si era iscritto lì. Magari sarei entrato in marina.

VISCONTI: Non ne ho idea. Da bambino quello che mi passava per la testa: fruttivendolo, camionista. Ma dagli otto anni in poi c’è stata la bici e sin da subito sono cresciuto con questa convinzione.

Il primo ricordo che ti lega alla bici?

NIBALI: Ho l’immagine di mio papà che ancora correva. Mi ricordo che stava lavorando su una Colnago, in particolare stava montando i famosissimi freni Campagnolo Delta. Teneva la bici ferma su uno di quei rulli con le ventoline piccole.

VISCONTI: Ho il ricordo della prima gara. Arrivai ultimo, fui battuto persino da una bimba. Mio papà mi prese di nascosto durante la Comunione di mia sorella. Di fatto scappammo da casa! Ricordo che andai a correre con questa biciclettina, una Olmo bianca e azzurra.

Il primo ricordo che hai di Vincenzo/Giovanni?

NIBALI: Me lo indicarono in una gara in Sicilia. Fu il mio compagno di allora Carmelo Materia. Noi eravamo allievi di primo anno e Giovanni di secondo. Carmelo mi disse: vedi, quelli sono i cugini Visconti e vanno fortissimo.

VISCONTI: Io ero junior di primo anno, lui era allievo di secondo e si iniziava a parlare di questo Nibali. Lo andai a vedere al campionato italiano a Palermo. Vincenzo era in fuga da solo. Fu ripreso e poi scattò ancora.

Preferisci una donna in leggins o in minigonna?

NIBALI: Minigonna.

VISCONTI: Jeans! Leggins dai…

Dopo le battaglie nelle categorie giovanili, specie in Sicilia, eccoli protagonisti anche tra i pro’ (qui il Giro 2008)
Dopo le battaglie nelle categorie giovanili, specie in Sicilia, eccoli protagonisti anche tra i pro’ (qui il Giro 2008)
Piatto preferito…

NIBALI: Pizza ma non non so quale, dipende dal menu. Difficilmente prendo la stessa.

VISCONTI: Pizza, in questo momento crudo e gorgonzola.

Il tuo allenamento preferito

NIBALI: La modalità esploratore c’è?! Magari in Mtb.

VISCONTI: Sono i 20”-40”. E’ un esercizio che mi fa fare sempre i miei migliori 10′. E li miglioro durante l’anno. Diventano un po’ il metro per la condizione in base ai watt finali che faccio. I test non mi piacciono, ma approfitto proprio di questi 10′ per ricavarne una Ftp, soprattutto nei primi mesi dell’anno. Tolgo il 10% e viene fuori un dato valido.

Ancora donne: more o bionde?

NIBALI: Non bionde…

VISCONTI: More!

Il giorno in cui hai fatto più fatica?

NIBALI: Vuelta del 2018: avevo un fortissimo mal di schiena. Mi sentivo il Van der Poel della situazione! Non volevo abbandonare la Vuelta per cercare di arrivare bene al mondiale.

VISCONTI: Volta Catalunya 2006. Quel giorno stavo malissimo. Arrivai ultimo, al limite del tempo massimo, staccato quasi di un’ora. Si arrivava ad Andorra. Ero già indietro e vidi il cartello d’inizio salita, pensai: adesso smetto.

La volta che avresti tirato una borraccia a Vincenzo/Giovanni?

NIBALI: Io non ho mai tirato la borraccia a lui, era Giovanni che la tirava a me! Io lascio fare. In questi casi sorrido e faccio arrabbiare ancora di più chi è di fronte a me. Una volta Giovanni era arrabbiato e io gli ridevo in faccia.

VISCONTI: Mondiale di Melbourne. A due giri dalla fine eravamo in fuga in quattro: Boonen, lui, io e un altro che non ricordo chi fosse. Io stavo mangiando, Vincenzo mi chiedeva il cambio ma io non glielo davo. E lui insisteva. Gli avrei tirato il panino più che la borraccia! Ma nei primi anni c’era più competizione tra noi, lui pensava che io mi stessi risparmiando.

La volta che invece vi siete aiutati?

NIBALI: Al mondiale di Firenze. Lui andò in fuga e fu un gran bell’aiuto.

VISCONTI: Al Trofeo Pantani in cui si fece vincere Ulissi. Facemmo 50-60 chilometri in tre e andammo davvero d’accordo. Diego stava attraversando un brutto momento personale e senza neanche troppo accordarci gli lasciammo la vittoria.

Cenetta elegante romantica o avventura wild?

NIBALI: Avventura dai…

VISCONTI: Avventura.

Quel famoso Memorial Pantani 2015, Ulissi tra Visconti e Nibali
Quel famoso Memorial Pantani 2015, Ulissi tra Visconti e Nibali
Cosa pensi del grande volume di attività di Van der Poel e Van Aert?

NIBALI: Van der Poel ha finito l’anno oltre i 30.000 chilometri mi sembra, lo ha messo su Strava. Anche io ne ho fatti 32.000: non mi stupisce. Sicuramente lui fa più gare di me col fatto della Mtb e del cross, ma in quanto a giornate di allenamento siamo lì. Piuttosto mi colpisce il fatto che alla sua età io non facevo quel volume di lavoro. Mi allenavo molto poco. Spesso restavo a dormire quando gli altri si allenavano e vincevo lo stesso. E non lo dico io…

VISCONTI: Inizialmente mi piaceva tantissimo vederli sempre attivi, adesso meno. Con certi ritmi così elevati mi chiedo quanto possano durare. Non so se sia giusto. Magari si bruciano qualche anno di carriera.

Come hai vissuto la sconfitta di Roglic nella famosa crono del Tour di due anni fa? Ti sei immedesimato?

NIBALI: Non mi ha fatto molta impressione. Anche al Giro io l’avevo battuto nella crono finale quando lui invece era dato per favorito a Verona e tutti si preoccupavano. Come non andò fortissimo l’anno precedente sempre nell’ultima a crono del Tour: fu quarto. In pochi ricordano questi numeri.

VISCONTI: Sì, un po’ mi sono immedesimato. Roglic mi è simpatico. E’ un corridore presente da gennaio ad ottobre e non va alle corse per fare numero. In quel Tour ha avuto una giornata storta, che poi storta non è stata visto che non è sprofondato. Il problema è che la sua giornata di “crisi” ha coinciso con quella di gloria di Pogacar.

Dumoulin che lascia e che torna: cosa ne pensi?

NIBALI: È stato tanto assurdo l’abbandono improvviso quanto il suo ritorno. Ma entrambi ci potevano stare.

VISCONTI: Ci può stare. A questi livelli ci vuole la segretaria per fare il corridore con tutti gli impegni che ci sono e tutte le cose che si hanno in testa. Quindi ci sta che abbia avuto un momento di crisi. Beato lui che ha avuto la fortuna di poter mollare e riprendere, mentre altri restano soli.

La squadra del cuore…

NIBALI: Non sono un super tifoso di calcio, un fedelissimo, ma comunque Milan.

VISCONTI: Milan.

Il corridore che ti ha colpito di più tra quelli con cui hai corso?

NIBALI: L’ultimo è Pogacar, ma quello che ho visto e rivisto è stato Alberto Contador.

VISCONTI: Valverde! Sarà che sono stato suo compagno di squadra e di stanza, che è in gruppo da anni… Ma tu vedi che Alejandro è fatto per la bici. Si migliora ogni anno. Gli dicevo che aveva il cervello a forma di bici! Se gli dai un pallone fa ridere, mentre vincerebbe anche con una bici in acciaio che pesa 3 chili di più.

Che differenza c’è tra i neopro’ di adesso e quelli dei vostri tempi?

NIBALI: Si sono accorciati i tempi di crescita dell’atleta. Si può avere il talento che raccoglie subito, ma si rischia anche di perdere quello che ha bisogno di più tempo per emergere. Si rischia di perderlo involontariamente. Gli dicono: aspettiamolo, ma intanto passano gli anni e finisce nel dimenticatoio.

VISCONTI: Io dico che non sono più neopro’. Sono neoprofessionisti da juniores. E quando passano hanno subito le carte in regola per battagliare in testa.

A casa sei ordinato? Katy (moglie di Giovanni)/Rachele (moglie di Vincenzo) vi sgridano!

NIBALI: Mi piace essere ordinato. Se c’è qualcosa voglio trovarla dove penso che sia. A casa ho delle “zone off limits” tutte mie. Come lo spazio per la bici o, soprattutto, la mia officina. Tutti i miei ferri sono molto ordinati.

VISCONTI: Mi sgrida! Non sono proprio disordinato, ma non piace mettere a posto.

Cosa altro ti piace oltre la bici?

NIBALI: Le auto, le moto ma un po’ di meno, in generale i motori. Mi piace viaggiare, anche se di questi tempi è una roba assurda. E mi piace il cibo!

VISCONTI: Ho delle passioni semplici: camminare nel bosco, andare a funghi e la pesca. Tutte cose tranquille che vanno contro il mio carattere focoso da “terrone”. (Mi raccomando scrivi terrone!)

Dinamiche in gruppo: cosa ti piace oggi e cosa ti fa arrabbiare rispetto a 15 anni fa?

NIBALI: Cosa mi piace di oggi: niente! Quello che manca è che non c’è più un senso di rispetto. Un po’ quello che diceva Dario Cataldo nel vostro articolo. Non esiste più la sosta parenti, per esempio. La gara è gara dal primo all’ultimo chilometro. A volte vedi dei leader che scattano a 120 chilometri dalla fine, ma poi il gregario non serve più a nulla. Sono energie buttate al vento. E per quanto puoi fare queste azioni? Non per 10 anni.

VISCONTI: Mi piace che livello si sia alzato e che ci sia questa cura dei particolari grazie ai team WorldTour e anche a qualche professional. Oggi un corridore è un professionista a tutti gli effetti. Non mi piace invece il modo di correre. Per me è troppo schematico e riflette allo stesso tempo la ricerca di questa perfezione. Sembra un ciclismo telecomandato.

La sconfitta più bruciante?

NIBALI: La Liegi (2012, ndr).

VISCONTI: Ho vinto tre campionati italiani, ma ne ho anche persi due. Poteva essere una cinquina storica. Il primo è quello perso quando vinse Simeoni, che andò via nel finale e non era tra i favoriti. Il secondo italiano è quello vinto da Viviani. L’ho perso per un errore di squadra, un’incomprensione con Pozzovivo.

E la vittoria più bella?

NIBALI: Se penso ad un giorno secco: la Sanremo. Il giorno in cui sono andato più forte in assoluto invece è stato il secondo Lombardia che ho conquistato.

VISCONTI: Il primo italiano non lo potrò mai scordare. Fu programmato al dettaglio e tutto andò secondo i piani. Ma l’azione più bella fu nella vittoria della tappa di Vicenza al Giro del 2013.

L’allenamento più lungo che hai mai fatto?

NIBALI: Emirati Arabi, ero con Lars Boom. Dopo la gara, che era di quasi 200 chilometri, ne abbiamo aggiunti altri 120-130 e abbiamo finito a circa 320 chilometri. Lui mi diceva: allenamento buono per Sanremo!

VISCONTI: Fu nei primi mesi dopo il Covid quando ci liberarono. Feci una lunghissima distanza con Lorenzo Fortunato: 270 chilometri. Andammo verso l’Appennino, il Passo della Colla… Sì finì talmente tardi che gli dissi: vado a prendere il sushi e poi torni a casa. Si era fatta ora di cena! Facemmo nove ore.

Ti passa mai qualche canzone per la testa mentre sei in bici? Magari anche in gara…

NIBALI: Una volta capitava anche in corsa, ora no. In gara devi essere attivo tutto il tempo. In allenamento invece può succedere.

VISCONTI: Sì, canto sempre ma non mi viene in mente quale canzone. Cambiano sempre un po’ in base al momento.

L’obiettivo principale di questa stagione?

NIBALI: Non mi sono prefissato un singolo obiettivo.

VISCONTI: Sentirmi bene e godermela, penso di meritarmelo… Non voglio vivere un anno con la nausea come quello appena passato. Voglio divertirmi, poi tutto viene da sé. Adesso sono tornato a fare la fatica quella bella.

Ti è mai passato per la mente di smettere?

NIBALI: Qualche volta sì, ma era dettato più da un momento di rabbia che da una voglia di lasciare tutto vera e propria. Ero stanco dell’ambiente.

VISCONTI: L’anno scorso sicuramente. Ho passato momenti duri e non so come ho fatto a continuare. Ho pensato davvero che non sarei più stato a certi livelli. Alla Settimana Internazionale Italiana in Sardegna durante la terza tappa rimasi staccato dal gruppo. Mi fermai su una salita, non c’era più nessuno e chiesi a un massaggiatore di portarmi via. In quel momento ho pensato davvero di smettere. La squadra mi è stata vicino, mi ha fatto fermare del tutto per un lungo periodo e ho potuto “rimentalizzarmi”. Adesso sto rinascendo.

E infine la domanda delle domande: ma è arancino o arancina?

NIBALI: Per par condicio dico entrambi. La Sicilia è divisa a metà in tal senso. Anzi, in tre quarti di regione si dice arancino e in un quarto dice arancina. A Messina, e più giù a Catania, si dice arancino al ragù. A Palermo arancina con la carne, ma il prodotto è uguale.

VISCONTI: Si dice arancina, punto! Perché sono a forma di arancia, il frutto, non di arancio, l’albero.

Visconti, il ciclismo, il tricolore: una storia d’amore

Giada Gambino
12.12.2021
6 min
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Sono pochi, ormai, i corridori che salgono in sella alla propria bici ogni giorno quasi con la stessa emozione del primo. Sono pochi i corridori che non smettono di lottare dopo tante avversità, tante sconfitte, tante rinunce. Sono pochissimi i corridori che, dopo più di trent’anni nel praticare questo sport, hanno ancora la forza, la voglia e la passione che li muovono a riscattarsi. Difatti di Giovanni Visconti, al mondo, ce n’è uno solo… 

«Mi voglio mettere in gioco ed è quello che sto facendo!», afferma con decisione. «Sto sudando davvero tanto per ritornare alla pari degli altri. Dopo la scorsa stagione che non è andata come speravo sono partito da sotto terra, ma sto lavorando sodo ottenendo dei risultati discreti e voglio essere fiducioso. Sarà davvero difficile! Una vittoria? Ho quasi 39 anni, non mi sento di dire che sono convinto di poter vincere, sono sempre stato abituato a rimanere con i piedi per terra… Prima di tutto voglio far bene, poi per pensare ad una vittoria c’è tempo e non è fondamentale».

Ha vinto il primo tricolore nel 2007, ecco Visconti con Tonti e Boonen sul percorso di Varese 2008
Primo tricolore nel 2007, qui con Tonti e Boonen sul percorso di Varese 2008

Un altro palermitano

Impossibile non riporre fiducia in un compagno come Giovanni: pronto a dare sostegno, il buon esempio e sempre con la voglia di far crescere i giovani al meglio. Un perfetto uomo squadra, che cerca di creare il giusto clima in tutti i modi possibili. 

«Lo scorso anno non mi sento di essere stato davvero utile per la mia squadra – dice – né tantomeno per Fiorelli. Non sono mai riuscito a dargli una mano e mi dispiace, soprattutto per lui. Voglio dare un vero contributo alla mia squadra, non come “figura” perché nel team mi vogliono bene e mi hanno voluto tenere. Voglio essere utile per i risultati sia miei che, soprattutto, dei miei compagni. Posso e voglio fare molto per Fiorelli in primis. Sono contento che dopo di me ci sia un altro palermitano nel ciclismo ad alti livelli».

La maglia tricolore

Questa sarà, forse, l’ultima stagione di un’immensa carriera che ha visto la crescita e la maturazione di un corridore che partendo dalla Sicilia ha pian piano scalato l’Italia indossando diverse maglie, ma quella più importante rimarrà sempre…

«La maglia tricolore! La prima – ricorda – è stata quella che ha dato il La alla mia carriera: l’arrivo a Genova, l’urlo della gente, mio padre, mia moglie che all’epoca non lo era ancora. Ne ho vinte anche di più belle, ma questa per tutto il clima che c’era, per il fatto che sentivo come se fosse predestinata ad essere mia, è quella che probabilmente ricorderò per sempre».

Per i suoi tifosi

La passione e l’amore che si nutre per il proprio lavoro si vede proprio quando, arrivati verso la fine, non si vuole mollare subito tutto. E consapevoli di ciò che potrebbe succedere, si cerca di guardare tutto con una chiave positiva. 

«Al 99 per cento sarà l’ultimo anno – spiega – ma magari può succedere che andrà bene, che la squadra mi vorrà, che mi divertirò così tanto da pensare di continuare. La vedo difficile però! In questo momento sono più stanco di testa che di gambe, il ciclismo è cambiato. Ci penserò quando capirò che sta finendo tutto. Al momento mi sto allenando, sto facendo un inverno come gli altri. Voglio correre, essere vivo nella corsa e non correre per fare numero. Non ambisco per forza ad una vittoria, ma voglio competere per essa. Voglio far felice i miei tifosi, che sono tanti. Se ciò non succederà, forse non finirei nemmeno l’anno, ma non voglio nemmeno pensare a questa possibilità». 

L’umanità smarrita

Il ciclismo è cambiato. E’ più tecnico, pieno di numeri e poca passione. Si è persa la gioia, la felicità e il vero amore per questo sport. La maggior parte dei direttori sportivi pensa al corridore come un robot e non un essere umano. 

«Cosa non mi piace di questo ciclismo? Il ciclismo (fa una risata un po’ amara, ndr )! Si può dire che ho visto l’evoluzione di tre generazioni di questo sport e questa è nettamente diversa dalla prima, in cui era più grezzo, più “ignorante”, con meno numeri. I ragazzi adesso crescono con questa idea, non sanno cosa si perdono, non sanno cosa significhi divertirsi facendo questo lavoro. E probabilmente non gli interessa nemmeno andare oltre i dieci anni di carriera, non gli interessa vivere di ciclismo finché il corpo regge. Naturalmente il ciclismo di oggi è nettamente migliore sotto tanti altri punti di vista, ma l’umanità si è proprio persa».

La mental coach

Il ciclismo è uno sport di testa. Bisogna crederci, bisogna essere tranquilli, non bisogna lasciarsi sopraffare da tutto ciò che, di negativo, ci circonda. 

«Quest’anno mi sono preso una mental coach – dice confermando le parole di Paolo Alberati – e un preparatore che avevo abbandonato da un paio di anni. In questo ciclismo da solo non puoi andare da nessuna parte, hai bisogno di una figura per ogni aspetto. Negli anni passati si viveva con più serenità. La figura di una mental coach adesso è fondamentale».

Al Giro d’Italia del 2008, Visconti ha indossato per otto giorni la maglia rosa
Al Giro d’Italia del 2008, Visconti ha indossato per otto giorni la maglia rosa

In bici con Katy

Per ripartire, a volte, oltre a diversi accorgimenti serve qualcosa di più, qualcosa che tutti cercano nella vita e che, per tutti è fondamentale: l’amore. Ed è proprio grazie a sua moglie che Giovanni ha ripreso gli allenamenti per ritrovarsi e riprendere la forma… 

«Faceva la ciclista prima – sorride – quando ho ripreso gli allenamenti qualche mese fa ho condiviso con lei diverse uscite in bici. E’ stato molto bello, con l’unico problema che è davvero forte e competitiva al massimo (sorride, ndr)».

Visconti, dopo il suo ritiro in Sicilia, partirà a fine gennaio per l’Argentina per riprendere il ritmo e tornare pronto per competere in Italia in gare come il Laigueglia. La corsa dedicata ad Alfredo Martini è quella a cui il siciliano punta e a cui tiene particolarmente da un punto di vista affettivo. L’ultima (forse) stagione del portacolori della Bardiani-CSF-Faizanè sta per iniziare… 

Alberati: ecco perché penso che Giovanni sia ancora vincente

07.12.2021
7 min
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Vedendo la foto di Visconti al lavoro con Paolo Alberati, ammettiamo che un po’ di curiosità c’è venuta. Giovanni aveva lavorato bene con Alessandro Proni, poi il rapporto si era concluso e negli ultimi due anni il siciliano si è allenato da sé, confidando nella propria esperienza. Ma nel ciclismo in cui non si può lasciare nulla al caso e avendo visto il lavoro che Alberati fa già da anni con Fiorelli, anche Visco (che in apertura è ritratto durante la tappa di Sestola al Giro 2021, chiusa al 5° posto) ha deciso di provare.

«Mi ha contattato ad agosto – spiega Alberati, 49 anni – dicendomi che gli avrebbe fatto piacere lavorare con me, ma mettendo subito le mani avanti: se non vuoi, puoi anche dire di no. Io non ho mai avuto rapporti diretti con Giovanni, ma l’ho sempre stimato tanto, perché è sulla breccia da vent’anni e ha sempre dimostrato grande attaccamento al ciclismo. Però una cosa gliel’ho chiesta: verificare che ci fosse la giusta sintonia. Che condividessimo gli stessi punti di vista. Verificato questo, siamo partiti».

Con la sua tesi, Alberati ha fatto luce sul ruolo di Bartali durante la 2ª Guerra Mondiale. Qui con il compianto Ivo Faltoni e Gioia Bartali
Con la sua tesi, Alberati ha fatto luce sul ruolo di Bartali nella 2ª Guerra Mondiale. Qui Ivo Faltoni e Gioia Bartali
Che idea ti sei fatto?

Credo che in questi anni lo scoglio non sia stato solo fisico, a parte l’ultimo in cui ha avuto veri problemi di salute. Giovanni è un gran pensatore, la sua testa è sempre al lavoro. Quando è venuto a Perugia la prima volta, gli ho proposto di lavorare con un mental coach per incanalare i suoi pensieri in una direzione positiva. Inizialmente non è parso molto convinto, ha raccontato che già in passato aveva provato, ma non si era trovato bene. Invece dopo qualche giorno mi ha richiamato, ha detto che avrebbe provato e ha cominciato, trovandosi bene.

Un fatto di convinzione?

Tempo fa eravamo in bici insieme e mi ha fatto vedere una foto in maglia rosa che qualcuno gli aveva mandato. Parlava di sé come se quei traguardi fossero ormai irraggiungibili. Ne ha un’altra in cui è sul podio davanti a Valverde, ma è come se parlasse di sé pensando a un altro. Questa è una cosa positiva nella misura in cui il non essere mai contento gli impedisce di sentirsi appagato, ma diventa un freno se si trasforma nella continua ricerca di conferme.

Da dove comincia il tuo lavoro?

Dall’insegnamento di Alfredo Martini. Di mio sono impulsivo e sbrigativo, ma ricordate cosa diceva Alfredo? Quando sei davanti a un corridore, devi essere rassicurante e convincente. Ed è quello che cerco di fare, prendendo tutto il tempo per spiegare le cose.

Perché si è rivolto a te?

Probabilmente per l’amicizia con Fiorelli, ma anche dall’aver visto che il lavoro funziona e non si riduce a qualcosa di schematico e impersonale. Vanno bene i programmi, ma servono anche elasticità e senso pratico.

Nell’intervista con Giada Gambino, Giovanni ha parlato di cambiamenti nell’alimentazione in bici.

L’altro giorno sono uscito con lui e Fiorelli. Dovevamo fare 4 ore e mezza. Avevamo già scalato Caccamo e tornando verso Palermo, avremmo concluso sul Monte Pellegrino. Dovevano farla piano, anche se in realtà l’hanno fatta a fiamma. Andando verso la salita, gli ho chiesto se avesse mangiato e lui ha risposto che ormai mancava poco, quindi non aveva preso niente. Gli ho risposto che per andare forte sulla salita finale, qualcosa doveva mangiarla. Che lo avrebbe aiutato ad andare meglio, a non finire l’allenamento svuotato, ad avere buone sensazioni e a non arrivare a casa con una fame atavica. Ha provato e alla fine ha ammesso che da questo punto di vista in passato ha sbagliato tanto.

Dice che voleva stare alla larga dai carboidrati…

E’ appena 1,5 chili sopra il peso forma, non ha bisogno di stressare il corpo. E’ rimasto colpito da Supersapiens, il sistema che mostra la variazione della glicemia, che in allenamento si può usare, e ti permette di vedere come il corpo reagisce a un gel, a una barretta e con il passare delle ore.

Monte Pellegrino, salita di due versanti di 8 chilometri nel cuore di Palermo: Visconti, Fiorelli e dietro Alberati a fare la foto
Monte Pellegrino, salita di due versanti di 8 chilometri nel cuore di Palermo: Visconti e Fiorelli
Siete già avanti nel lavoro?

La cosa più difficile è stato convincerlo a riposare sul serio. Voleva rientrare per il Giro di Sicilia, ma era indietro. Gli ho detto che correre sulle strade di casa e prendere legnate lo avrebbe esposto a brutte figure, che si sarebbe portato dietro tutto l’inverno. Dopo un paio di giorni mi ha chiamato e ha rinunciato. Ora è partito con entusiasmo e i risultati si vedono.

In che forma?

A ottobre saliva al massimo fino a 177 battiti. Ora, dopo sei settimane da 18-20 ore di lavoro, è già a 185. Ha detto che quei numeri li faceva da dilettante. Il cuore non sale se sei stanco o se stai male, questa variazione è importante.

Che cosa significa?

Aver riguadagnato elasticità cardiaca è spia del fatto che sta bene, che il fisico è recuperato, più del fatto che l’allenamento ha giovato. Anche perché finora non si è lavorato tanto né forte. Prima dalla soglia in avanti cresceva di 40 watt, ora è già a 100. Quel fuorisoglia è la sua caratteristica, poter fare la differenza quando gli altri sono a tutta. Ma i numeri non sono tutto, vanno mescolati con l’esperienza e con la consapevolezza di essere un corridore importante.

Watt guadagnati tutti in bici?

No, abbiamo ricominciato a fare palestra. Una parte importante di quei watt, anche e soprattutto sull’esplosivo, vengono da lì. Giovanni non riusciva a risalire sopra i 1.000 watt, due giorni fa ne ha fatti 1.147 per 5 secondi.

Esercizi classici?

Stiamo lavorando in modo particolare, con pesi molto alti, una volta alla settimana, ma lo faremo per tutto l’anno. L’esplosività andando avanti con gli anni la perdi, se non la curi con attenzione. Su questo Giovanni è stato molto ricettivo, erano anni che non andava in palestra e il muscolo l’ha sentito. Sulla preparazione muscolare di un atleta maturo, la palestra ben fatta cambia tanto.

Dai numeri comunque si riesce a capire molto…

A dicembre abbiamo fatto un classico test Conconi. Dopo due mesi che sei fermo, non aveva senso fare un test da sforzo di 20 minuti a tutta e neanche di 10. Invece il test Conconi ti porta gradualmente alla soglia e dà risultati attendibili, anche se nel breve periodo. E in quello fatto a dicembre, aveva già 6 watt/kg. Un valore con cui una volta arrivavi davanti in piena stagione, mentre ora è un punto di partenza. Tempo fa con Buitrago ci siamo messi a guardare i valori che aveva alla Vuelta Burgos ed era a 6,9 watt/kg, in gruppo però altri 30 erano messi allo stesso modo. Un’altra volta abbiamo studiato i dati di Wellens su una salita della Vuelta Andalucia. In allenamento aveva rubato un Kom a Valverde, che l’aveva fatto in corsa. E va bene che all’inizio sembra che andassero dietro moto, ma ha pur sempre fatto 7,1 watt/kg.

C’è in corso un’evoluzione della specie?

Giovanni parla spesso dei giovani che ci sono in giro adesso. E’ chiaro che avendo dei super budget, le squadre vanno a pescare i migliori di ogni Continente, per cui in gruppo arrivano solo atleti con grandi motori. Ma anche Saronni e Merckx vinsero da ragazzi come Pogacar ed Evenepoel, le eccezioni ci sono sempre state. Teniamo presente che si tratta di eccezioni. Ma nelle corse di 250 chilometri, quelle del ciclismo più vero che tanto ci piace, l’esperienza e la maturità fisica sono ancora fattori importanti.

Quindi il preparatore Alberati come vede Visconti in questa geografia di fenomeni?

Magari non può arrivare a quei numeri, ma con la sua esperienza e il suo fisico, può raggiungere quei 6,5 watt/kg che gli permetteranno, nei finali delle corse in cui magari sarà in fuga, di giocarsi la vittoria. Per me è ancora un vincente. 

Visconti, la cronaca ora per ora dei giorni di Mondello

Giada Gambino
06.12.2021
4 min
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Il sole e talvolta  qualche nuvola accompagnano gli allenamenti di Visconti che, come ormai usuale in questo periodo, si è ritirato per qualche giorno nella sua Palermo. E’ solo, in totale calma e relax. Le sue giornate iniziano e finiscono in una piccola e graziosa casetta nel cuore di Mondello, un perfetto “locus amoenus” per ritrovare se stessi e ricominciare con tanta grinta. Così Giovanni ci racconta la sua routine palermitana… 

Per Visconti due settimane in una casa di Mondello, concentrandosi soltanto sulla bici (foto Instagram)
Per Visconti due settimane in una casa di Mondello, concentrandosi soltanto sulla bici (foto Instagram)
A che ora ti svegli ?  

La sveglia è alle 8, faccio colazione e alle 9 sono già in sella

Cosa mangi la mattina? 

Faccio una buona colazione, mi sono comprato tutto quello che mi serve: uno yogurt proteico, cereali, qualche fetta biscottata integrale con miele o Philadelphia. E soprattutto un buon caffè… Quello non deve mancare mai! 

Appena esci in bici… 

Mi vedo con Fiorelli. Siamo una bella coppia (ride, ndr), mi trovo davvero bene e il tempo passa velocemente e in maniera piacevole quando ci alleniamo insieme. 

Si comincia con un test: da quest’anno Visconti collabora con Paolo Alberati (foto Filippo Fiorelli)
Si comincia con un test: da quest’anno Visconti collabora con Paolo Alberati (foto Filippo Fiorelli)
Come si strutturano gli allenamenti? 

In questo periodo in media faccio circa quattro ore al giorno, alternando due giorni di lavori e un giorno di scarico. Si fanno lavori di forza, medio, velocità e volate.

C’è qualcosa che porti con te durante gli allenamenti, che non può mancare mai? 

Quest’anno ho cambiato regime e non possono mancare barrette, gel, sali.  

Cosa hai cambiato esattamente? 

A differenza degli altri anni, mi alimento meglio in bici. Il cibo ormai è diventato un argomento importante nel ciclismo. Probabilmente negli ultimi anni mi sono logorato fisicamente sbagliando a non alimentarmi correttamente in allenamento con i carboidrati e gli zuccheri necessari. Magari pensavo di stare bene, di evitare questi cibi che, tendenzialmente, si pensa non facciano bene. Però se prima di arrivare a casa ti viene una crisi di zuccheri, stai male, ti senti senza forze e capisci che bisogna cambiare qualcosa.  

Con Fiorelli a Caccamo, paese con il castello (e il fantasma di Matteo Bonello) a circa 45 chilometri da Palermo
Con Fiorelli a Caccamo, paese con il castello (e il fantasma) a 45 chilometri da Palermo
Ti fermi mai per un caffè ? 

Qui in Sicilia è praticamente impossibile non fermarsi, ma non per un caffè! Entrando nei bar vieni catturato dai dolci tipici e dalla diversa rosticceria. Naturalmente cerco di evitare, ma quando fatico e me lo merito, cedo alla tentazione. 

A che ora rientri?

Per le 14,30. Appena arrivo prendo subito uno shaker proteico e mi faccio la pasta che è sempre il miglior alimento per recuperare. 

Fra cannoli e frutta martorana (a base di pasta di mandorle), la pasticceria siciliana è una dolce tentazione durante gli allenamenti
Fra cannoli e cassatine, la pasticceria siciliana è una dolce tentazione durante gli allenamenti
Come la cucini?

Pasta in bianco, semplice, ma la adoro.  

Quanto è importante l’assunzione delle proteine? 

Nella prima mezz’ora post allenamento è fondamentale per ricostruire il muscolo nel miglior modo.

Dopo pranzo? 

Mi riposo. Qui ho più relax rispetto che a casa su, in Toscana. Mi mancano i miei bimbi, ma essendo questo un vero e proprio ritiro, seppure in parte solitario, mi prendo tutto il tempo necessario per rilassarmi e fare massaggi quando possibile

Il 2021 di Visconti è stato un anno difficile per problemi di salute. C’è grande aria di riscatto
Il 2021 è stato un anno difficile. C’è grande aria di riscatto
La cena? 

Leggera, ho comprato pollo, insalata e acqua. Quando l’indomani devo affrontare una mattinata impegnativa, preferisco mangiare la pasta, per avere una bella scorta di carboidrati per l’indomani.  Dopo di che, nient’altro che relax: guardo un po’ la televisione, un po’ i social e verso mezzanotte vado a dormire. 

Cosa cambia rispetto a quando sei a casa tua? 

E’ un po’ diversa la routine! Spesso mi sveglio alle 6,45 per accompagnare i bambini a scuola, magari salto anche la colazione in quel momento e la faccio quando ritorno in modo da uscire alle 10 in bici, anche perché lì c’è molto freddo. Uscendo tardi in bici, molto spesso salto il pranzo e quindi integro solo con uno shaker proteico e dei carboidrati quando ritorno. Per il resto è tutto molto simile e cerco di dedicare del tempo ai miei figli.

Visconti e gli insoliti messaggi a Colbrelli. Storia di un’amicizia

16.09.2021
5 min
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«Non “muovo” la bici da tre giorni». «Meglio così, anzi spero che all’inizio della gara starai anche male». A lanciare l’allarme è Sonny Colbrelli a pochi giorni dal campionato europeo di Trento, che lo ha poi visto trionfare. A rispondere è Giovanni Visconti, uno dei veterani del gruppo, corridore (e uomo) tra i più sensibili. Uno scambio di messaggi così, che lo stesso siciliano ha poi pubblicato sui social, non poteva certo lasciarci indifferenti.

Perché questa risposta inaspettata? Che poi letta così sembra anche possa esserci maretta tra due, cosa invece diametralmente opposta.

Prima del via degli europei Colbrelli era piuttosto teso. Magari ripensava ai messaggi di Visconti!
Prima del via degli europei Colbrelli era piuttosto teso. Magari ripensava ai messaggi di Visconti!

La premonizione di Visconti

«Perché sarà una cavolata – dice Visconti – ma a me è quasi sempre andata così. Quando stavo male in partenza ho poi avuto delle giornate super. Quelle giornate in cui sei al massimo dal primo all’ultimo chilometro ti capiteranno una volta all’anno, ma neanche. E’ una questione di testa. Magari sei in forma, punti forte, ma a ridosso dell’evento può capitare che tu non abbia più grandi sensazioni. Questo perché sei fin troppo concentrato, sei lì a finirti di testa, sei super convinto. Aumenta la pressione. E fino a che non iniziano i primi chilometri di gara non scarichi il nervosismo».

«Sonny a tre giorni dalla gara non stava bene. Ma perché? Perché era il leader della nazionale, sapeva di essere in forma, sentiva la pressione e ha iniziato a domandarsi: sarò in grado? Gli sono serviti i chilometri iniziali della gara per cancellare tutte queste tensioni».

Visconti vince il Melinda 2009 (davanti a Garzelli) dopo essere stato ad un passo dal ritiro
Visconti vince il Melinda 2009 (davanti a Garzelli) dopo essere stato ad un passo dal ritiro

Dal piede a terra alla vittoria

Visconti più di altri è in grado di tirare fuori prestazioni eccellenti quando la sua testa gira bene e quindi conosce molto bene l’argomento. Lui stesso ammette di aver avuto moltissime esperienze simili a quella di Colbrelli.

«In particolare mi viene in mente un trofeo Melinda (era il 2009, ndr). Dopo 80 chilometri avevo messo piede a terra. No dico: piede a terra… Mi sono fermato urlando. Volevo ritirarmi. Per radio quasi litigai con Scinto. No, basta, continuavo a ripetere. Poi Luca mi ha convinto a ripartire e ho vinto.

«Al contrario, una di quelle giornate in cui sei super dall’inizio alla fine mi capitò nel campionato italiano di Conegliano. Quel giorno “giocavo” con gli avversari, potevo fare tutto quello che volevo. Avrei potuto fare un giro in più. Ecco, quella è stata una di quelle giornate che nella carriera di un corridore capitano due o tre volte».

«Per questo per me stare male a ridosso delle gare a cui puntavo era diventato quasi un rito. Quasi speravo di stare male perché sapevo che dopo 80-100 chilometri mi sarei sbloccato. Altre volte in cui invece mi sentivo bene all’inizio avevo poi paura di spegnermi nel finale e così è successo».

Nel 2011, quando Colbrelli era stagista alla Colnago Csf, ci fu una protesta al Giro di Padania
Nel 2011, quando Colbrelli era stagista alla Colnago Csf, ci fu una protesta al Giro di Padania

Quello schiaffo al Padania

Visconti poi ci parla del suo bel rapporto con Sonny Colbrelli. Un rapporto di amicizia vera. Ma nonostante ciò i due si sono sentiti solo per messaggi vocali via WhatsApp.

«So che dopo la sua vittoria a Trento gli sono arrivati migliaia di messaggi, quindi volevo lasciarlo tranquillo – riprende Visconti – Gli ho scritto solo a mezzanotte e lui mi ha risposto. Ma adesso non voglio disturbarlo troppo e lasciarlo tranquillo. Capisco questo momento che sta vivendo».

«Come nasce questa amicizia? Beh, la nostra conoscenza è tutta da ridere. Eravamo al Giro di Padania in quel giorno in cui ci fu quella protesta. Lui era stagista alla Colnago Csf. Si fece portavoce del gruppo nei confronti del pubblico a bordo strada. Ci andò parlare e per tutta risposta prese uno schiaffone dalla gente! Che ridere. Era un simpaticone, un “pacioccone”… Poi l’amicizia vera è nata dai tempi della Bahrain. Posso dirvi che quando vince lui sono davvero contento. E lo stesso vale per Ulissi».

Tanta umiltà, per Visconti è questo il segreto della crescita di Colbrelli
Tanta umiltà, per Visconti è questo il segreto della crescita di Colbrelli

Parola chiave umiltà

Visconti, nella sua ormai lunga carriera ne ha visti di corridori vincere, crescere e altri sparire. Quindi può dirci perché secondo lui Colbrelli è migliorato in questa misura.

«Credo che sia cresciuto così tanto per la sua umiltà – risponde secco il corridore della Bardiani Csf Faizané – guardate anche quello che è successo al Benelux Tour. Sonny stava per vincere la classifica generale, un suo compagno, Mohoric, lo ha attaccato, ma lui è rimasto a ruota composto. Poteva dare un cambio per chiudere, ma non lo ha fatto… Poi è andata bene, ma pur di non intralciare la squadra era rimasto al suo posto. E quella comincia ad essere una bella corsa, perderla potrebbe dare fastidio. E poi pensateci: lo avete mai visto litigare con qualcuno? Davvero, Sonny è rimasto un bambinone, nel senso buono, non è mai malizioso e questi successi se li merita tutti».

Anche quando le cose non hanno girato al meglio, come quest’anno, Visconti non ha mai mollato
Anche quando le cose non hanno girato al meglio, come quest’anno, Visconti non ha mai mollato

Tensione e cattiveria agonistica

Prima di chiudere, con Visconti ritorniamo sul discorso dello stare male prima di un grande evento. Anche perché per inviare dei messaggi come quelli rivolti a Colbrelli devi essere più che sicuro di ciò che scrivi e pensi. E gli chiediamo se secondo lui è un qualcosa che riguarda pochi corridori o invece è un qualcosa di più comune.

«Io credo – conclude Visconti – che valga per il ciclista in generale. Il corridore è lì che sta facendo una super preparazione, sempre a tutta, anche con la testa. Sente la pressione crescere, la tensione prende man mano il posto della cattiveria agonistica. E quasi si stacca dalla realtà. A quel punto per ritornare in sé stesso lo possono aiutare le prime ore di corsa. Lì i dubbi e le paure vengono cancellati e torna in gara».

Visconti, come è cambiato il ciclismo con i social network?

24.08.2021
5 min
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I social network hanno cambiato il modo di vivere dei corridori, creando sempre più distanza nei rapporti tra di loro e sempre più vicinanza con un mondo fittizio, quello virtuale. Un mondo che a volte restituisce immagini un po’ illusorie, non sempre così vicine alla realtà e nelle quali c’è una buona dose di apparenza.

Facendo un paragone, “il nuovo mondo” a volte sembra richiami i tempi del far west, dove tutto è permesso e non ci sono regole univoche. A dirci come stanno veramente le cose ci pensa Giovanni Visconti, in forza al team Bardiani-CSF Faizané dal 2021, e che vanta un passato (ma anche un presente) da grandissimo corridore.

Primoz Roglic che consulta il cellulare in un momento di relax (foto Jumbo Visma)
Primoz Roglic che consulta il cellulare in un momento di relax (foto Jumbo Visma)
Come è cambiato il ciclismo con i social?

Innanzitutto è cambiato il rapporto tra i corridori perché prima c’era una sorta di menefreghismo rispetto a quello che faceva l’altro. Adesso invece è diventata una lotta a chi fa più chilometri in bici. Da qui nasce anche la questione dei giovani che vogliono simulare quello che fanno i professionisti, perché oramai basta guardare i vari social network come Strava e Instagram per vedere in che modo si allena un pro’. Questo spinge i giovani a fare sempre di più: un allievo fa quello che dovrebbe fare uno junior, uno junior fa quello che dovrebbe fare un under 23 ed ecco che l’under 23 fa quello che dovrebbe fare un professionista. Bruci le tappe e questo non va bene. Il neoprofessionista non esiste più perché alla fine i giovani fanno i professionisti sin da subito, anche a causa di questo fenomeno di emulazione.

Ti è mai capitato sui social di leggere commenti brutti su di te?

Certo, questo aspetto può essere un pro e un contro. Perché nel momento in cui vai forte e vinci, tutti ti fanno sembrare un eroe e ti riempiono di complimenti. Se poi però le cose non vanno come dovrebbero andare ti arrivano molte critiche ed insulti, a volte anche pesanti. Se il corridore è un po’ debole caratterialmente può rischiare di deprimersi. Ti faccio un esempio: in questo momento anche io sono un po’ fragile a livello mentale, nonostante abbia trovato il mio ambiente ideale, però non è stata una stagione facilissima per me. L’altro giorno dopo aver postato sui social una foto della mia bici ho ricevuto un commento di cattivo gusto: «Se questa è la bici che ti ha fatto andare così forte quest’anno siamo a posto». E vi dico che ci sono rimasto un po’ male. Anche perché non posso mettermi di spiegare a tutti cosa mi è successo quest’anno.

Un sorridente Lorenzo Fortunato impegnato in una conversazione (foto instagram)
Un sorridente Lorenzo Fortunato impegnato in una conversazione (foto Instagram)
Cosa ti è successo?

Ho avuto dei problemi fisici e adesso stiamo facendo alcune valutazioni, con lo staff della squadra, per valutare quando sarà il momento giusto per tornare alle corse.

I giovani del gruppo come vivono l’aspetto dei social?

I giovani adesso hanno molte persone che li assistono: il preparatore, il nutrizionista, il massaggiatore. Insomma sono guidati al 100%, ma quando vai al di fuori di questo, non c’è qualcuno che ti aiuti a non sprofondare. Ad esempio un altro fattore che sta subendo in modo pazzesco l’influenza dei social è quello dell’alimentazione. Tutti vogliono essere sempre più magri e appena un corridore fa 200 chilometri, si pensa subito di fare di più per superarlo.

Sono più i contro che i pro…

Assolutamente! L’altro giorno ero insieme a Paolo Bettini e abbiamo ricordato quando negli anni passati andavamo a mangiare durante le corse a tappe. Erano momenti quasi di festa, di spensieratezza. Adesso ti contano anche i cucchiaini di marmellata che metti sulle fette biscottate. Pesano tutto. Ultimamente per sdrammatizzare ho pubblicato una storia su Instagram in cui mettevo il cornetto con la crema sulla bilancia. Prima c’era più libertà, anche per mangiarsi una fetta di pane e Nutella. Ora queste cose non le fai più, soprattutto perché vedi che gli altri non le fanno e ti lasci condizionare.

Il rapporto virtuale con l’altro diventa quasi una schiavitù?

Sì, ma durante le corse a tappe la cosa migliore sarebbe proprio quella di non utilizzare i social network. Forse la squadra potrebbe vietare di farlo, anche se la vedo dura.

Il cellulare è diventato uno strumento dal quale difficilmente ci si stacca (foto Instagram)
Il cellulare è diventato uno strumento dal quale difficilmente ci si stacca (foto Instagram)
Si sprecano molte energie?

Tantissime! Spesso sbaglio anche io ad utilizzarli in modo eccessivo, sebbene io sia uno dei superstiti che cerca ancora di fare gruppo insieme agli altri, di scherzare un po’. Non sarebbe meglio starcene insieme a chiacchierare anziché guardare i cellulari? Invece sul bus tutti sono incollati al telefono e a tavola idem. L’utilizzo spietato del cellulare, in generale, ha rovinato lo stile di vita della gente. Quando ho iniziato a correre da professionista c’era meno stress, meno sofferenza. Oggi accade qualcosa dall’altra parte del mondo e la notizia ci mette un secondo per arrivare sui social.

Cosa si potrebbe fare secondo il tuo punto di vista?

Oggi c’è un punto di riferimento per qualsiasi cosa. Per l’alimentazione, per la biomeccanica, per i massaggi. Io dico che adesso è arrivato il momento di inserire anche uno psicologo all’interno di un team che aiuti i corridori a sostenere il peso eccessivo che si accumula “sulle spalle” e soprattutto nella testa. I social, secondo me, fanno più male che bene. Alla fine quando fai qualcosa di bello e passi un momento spensierato dovresti condividerlo solo con la famiglia, con gli amici. Perché dobbiamo far vedere a chiunque le cose belle che ci capitano, tramite i social network?

Visconti non molla e riparte… dalla Sardegna

04.07.2021
5 min
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Quella 2021 non è stata di certo la migliore stagione di Giovanni Visconti. Almeno sin qui. Il siciliano della Bardiani Csf Faizanè al Giro di Slovenia ha deciso di dare una svolta. Ha alzato il braccio e ha detto stop. 

«Impossibile e inutile continuare così. E in accordo con Roberto Reverberi abbiamo deciso che era meglio fermarsi, resettare tutto e concentrarsi sul finale di stagione».

Giovanni Visconti sulle strade dell’ultimo Giro
Giovanni Visconti sulle strade dell’ultimo Giro

Pit stop ponderato

Ma per capire come si sia arrivati a questo punto bisogna tornare dietro, a dicembre. Ed è Visco stesso a raccontarci tutto. Una sola domanda e il tre volte campione nazionale ci spiega con chiarezza e sincerità tutto quel che gli è successo.

«Come detto, la stagione è andata male sino ad ora e non perché non ci abbia messo impegno, questo proprio no, anche la squadra me lo riconosce. Un impegno che poi non si è limitato solo agli allenamenti ma anche al lavoro con i ragazzi, per fare acquisire loro un’altra mentalità, per fare gruppo.

«Tutto inizia a dicembre con un terribile sfogo di Sant’Antonio che mi ha portato ad avere dei problemi alla tiroide. Questa è un po’ la centralina del motore. Ed è stato un continuo rincorrere la condizione, cercare di riprendersi. Quindi era necessario fermarsi e recuperare. Recuperare anche di testa, perché con tutte quelle batoste prese entri in un vortice che non ne esci più. E così allo Slovenia mi sono fermato. Era inutile andare all’italiano in quelle condizioni e voi tutti sapete cosa significhi per me quella corsa. Non sarebbe stato giusto né per me, né per il team».

Poche gambe, ma tanta grinta: Visco è entrato in quattro fughe al Giro
Poche gambe, ma tanta grinta: Visco è entrato in quattro fughe al Giro

La sofferenza al Giro

Probabilmente senza il Giro d’Italia Giovanni si sarebbe fermato prima. Sapeva e sentiva di non stare bene, ma chiaramente era impossibile non essere al Giro. Lui stesso racconta di una vera sofferenza durante tutta la corsa rosa.

«Ho resistito per orgoglio. L’ho finito per rispetto della fiducia che il team e gli sponsor avevano in me, ma credetemi se vi dico che ho perso due anni di vita. Ho preso quattro fughe, due delle quali anche difficili che neanche io so come ho fatto. Ma i giorni successivi ho rischiato di andare a casa anche se erano tappe di pianura. Ho speso molto, anche mentalmente. E infatti dopo il Giro sono saltato anche di testa. E come detto, in accordo con Reverberi ci siamo fermati. Basta prendere batoste. Lui mi ha detto: se recuperi bene ci sono i tre mesi finali da fare in apnea e se azzecchi una gara vedrai che cambia tutto». 

Visconti (di spalle) ha lavorato molto anche in ottica gruppo. Un qualcosa molto apprezzato dalla Bardiani
Visconti (di spalle) ha lavorato molto anche in ottica gruppo. Un qualcosa molto apprezzato dalla Bardiani

Bardiani, che sorpresa

E così dopo lo stop totale di alcuni giorni Visconti ha fatto i bagagli, ha preso la sua famiglia e se ne è andato in Sardegna. Ma non a prendere il sole in spiaggia…

«Adesso sono due settimane che sono sull’isola. E riprenderò a correre proprio alla Settimana Ciclistica Italiana, aspetterò la squadra qui. Ho ricominciato ad allenarmi bene e ho avvertito anche qualche buona sensazione a livello fisico.

«Vorrei fare un bel finale di stagione per cancellare i mesi scorsi, essere competitivo visti i tanti sacrifici fatti, anche perché la squadra crede in me. Qui ho trovato un ambiente “da Dio”: sereno, umile… Vorrei ripagarlo. Ah se l’avessi saputo prima… I Reverberi sono persone stupende. Tanto che nonostante sia stata una brutta stagione, non scarto l’idea di continuare un altro anno proprio perché mi piace questo gruppo».

Giovanni in Sardegna ha trovato compagnia nei suoi allenamenti
Giovanni in Sardegna ha trovato compagnia nei suoi allenamenti

Niente altura…

Come detto Visconti è in Sardegna. E associando il nome di questa isola all’estate risulta difficile pensare ad allenamenti e sacrifici. E Visco stesso ci scherza su.

«Sono qui dal 30 giugno, può sembrare una cavolata ma io al mare mi rigenero. A me l’altura fa l’effetto opposto. Già quando ero uno juniores videro che non mi faceva bene, anzi. L’ultima volta che l’ho fatta ero in Bahrain Merida e mi rimandarono a casa dopo una settimana. Sono qui con la famiglia. La mattina mi alleno, il pomeriggio mi riposo e guardo il Tour e la sera semmai vado un’oretta in spiaggia.

«E che strade! Bellissime. Ideali per allenarsi. Sto vicino a Golfo Aranci. I percorsi sono duri. Ci sono tante salite brevi, che poi sono quelle che servono a me, soprattutto adesso che è estate. E quando devo fare distanza vado verso il Limbara, una salitaccia! Oppure vado verso Montagneddu».

Giovanni Visconti, Coppa Sabatini 2018
Con il caldo Giovanni va forte, eccolo trionfare nella Coppa Sabatini 2018
Giovanni Visconti, Coppa Sabatini 2018
Con il caldo Giovanni va forte, eccolo trionfare nella Coppa Sabatini 2018

Estate scoppiettante

Il programma di Visconti quindi riprende dal Giro di Sardegna (o Settimana Italiana che sia) e poi?

«E poi c’è solo da correre, le gare non mancano. Intanto ripartiamo da questa corsa che sarà utilissima per completare la preparazione. Anche se non è molto dura va bene per ritrovare un po’ di ritmo gara e un buon colpo di pedale. Anche perché poi ci saranno altri 15 giorni senza corse e ad agosto ci sono tutte le gare che vogliamo in Italia. Ma forse potrei anche fare una o due brevi corse a tappe in Francia».

Aspettiamoci quindi il Visconti battagliero che siamo abituati a vedere. Le corse estive sono le sue. E se tutto è apposto…

Cosa si mette nella borsa del freddo? Ce lo dice Visconti

24.05.2021
4 min
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Quando si apre il Garibaldi e si vede che c’è da affrontare una tappa così vengono i brividi. Forse nel vero senso della parola. Il Giro d’Italia va da Sacile a Cortina d’Ampezzo, è il classico tappone dolomitico con tanto di Cima Coppi (il Passo Pordoi a 2.239 metri di quota). Anche se la tappa è stata modificata e si salta sia il Fedaia che proprio il Pordoi a causa del cattivo meteo. In questi casi ecco che un elemento che può fare la differenza è la mitica “borsa del freddo”.

Cosa ci mette Visconti

Di cosa si tratta? Nei portabagagli delle ammiraglie sopra a ruote e frigo portatili ci sono tante borsette, tipo portascarpe ma un po’ più grandi. Sopra c’è stampato in grande il nome del corridore e dentro c’è la “salvezza”.  Cosa ci si mette? Ce lo spiega Giovanni Visconti, uno dei veterani del gruppo.

«Io cerco di riempirla il più possibile: un completo, doppia mantellina, due smanicati, due paia di calzini, quattro paia di guanti, le scarpe, un casco… – dice il corridore della Bardiani Csf FaizanèSe infatti piove e si ha un momento per cambiarsi è un qualcosa che ti fa “resuscitare”. Tu sei bagnato, completamente intirizzito dal freddo e già il solo fatto d’indossare qualcosa di asciutto migliora completamente la situazione».

Generalmente non ci si mette da mangiare, ma può capitare, come è successo a Visconti di metterci delle maltodestrine, nel caso in cui non ci sia proprio nulla in ammiraglia. «Aiutano a salvarti. Ma davvero questo è un qualcosa in più». Una “precauzione nella precauzione”, insomma.

Il siciliano preferisce partire ben coperto in caso di maltempo
Il siciliano preferisce partire ben coperto in caso di maltempo

Più materiale

In passato c’è sempre stata la borsa del freddo, non c’è una data precisa che ne segna la nascita, ma con il tempo si è evoluta perché si sono evoluti i materiali. Una volta una mantellina faceva molto più volume, adesso questa ed altri capi una volta “chiusi” o “appallottolati” stanno in un pugno. Basta pensare a quando la infilano nella tasca della maglia.

«Sono cambiati i materiali – spiega Visconti – Sono migliorati e c’entra più roba. Certi capi sono anche di moda. Ma la sua utilità resta perché è vero che i capi sono più efficienti, ma dopo tante ore di acqua non c’è nulla che regga. Ti entra dentro».

Quella volta in galleria

Prima Visconti ha detto un qualcosa che non può passare inosservato: «Nel caso in corsa ci si riesca a cambiare…». Ma quindi un corridore si ferma così a lungo? Sì può succedere, è la risposta. Inoltre dobbiamo pensare che, soprattutto in certe tappe come quella di oggi, le telecamere sono puntate sui primi, ma il gruppetto ha tutte altre dinamiche, specie in caso di maltempo estremo. Una breve sosta la si può fare.

«Può capitare che ci si fermi – dice Visconti – che si trovino quei cinque minuti per cambiarsi o farsi cambiare, perché è capitato anche che con le mani gelate sia stato il meccanico o il diesse che ti aiutino a farlo.

«Ricordo un Giro d’Italia (la Lienz-Agordo del 2007, ndr) in cui partimmo sotto la neve. Già dopo poco eravamo tutti completamente fradici, scendevamo da un passo. Iniziò una lunga galleria e iniziammo ad urlare per fermarci. Mettemmo piede a terra. Era uno spettacolo: ammiraglie ferme, cofani aperti e noi corridori a cambiarci del tutto. Era una cosa tremenda, ricordo che frenavo con il polso, tanto le mie mani erano congelate. All’uscita della galleria pioveva ancora, ma almeno eravamo asciutti e ci eravamo un po’ scaldati».

Zoccarato è davvero un cavallo pazzo? Sentiamolo…

03.05.2021
4 min
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«Occhi aperti su Zoccarato – disse Visconti qualche giorno fa – è un cavallo pazzo. Scatta sempre a tutta. Ti fa morire dalle risate. E’ capace di partire a 40 dall’arrivo e di rilanciare in pianura a 60 all’ora. E’ un mulo, in futuro lo vedrei bene alla Deceuninck-Quick Step al Nord».

Un’investitura bella e buona, che non poteva passare inosservata. Abbastanza per suonare alla porta di Zoccarato, padovano classe 1998, che avevamo lasciato lo scorso anno al Team Colpack dopo una stagione interessante e coronata dal terzo posto nel tappone di Aprica, l’ultimo, al Giro d’Italia U23.

«A un certo punto sul Mortirolo ho anche pensato di staccare Pidcock – dice – ma è durato poco. Avevamo ripreso Aleotti che non stava tanto bene e quando l’altro se ne è andato, io ho continuato col mio passo. Tappe di quel tipo, con le salite da fare regolari e con un bel vantaggio da amministrare, possono essere buone per me...».

Con la Iam alla Vuelta Burgos 2019, Zoccarato ha assaggiato il professionismo
Con la Iam alla Vuelta Burgos 2019, ha assaggiato il professionismo
Ma qui il punto è quello che ha detto Visconti: ti ritrovi nella descrizione?

Forse sì (ride, ndr) per il mio modo di correre, sto bene dove c’è bisogno di sprecare energie. Fra i dilettanti in Italia non mi trovavo per questo. C’era da limare tutto il giorno e poi la corsa si risolveva con una fiammata nel finale. Infatti appena sono passato alla Iam, sono bastate 3-4 corse con i professionisti per capire che avevo trovato il mio ambiente.

Sei stato in Svizzera per un solo anno, dopo la General Store e prima della Colpack: che esperienza è stata?

Bella per la qualità delle corse. Sono riuscito a fare un calendario importante, gare con ritmi superiori e un diverso modo di correre in base ai Paesi. In Francia scattavano tutto il giorno, il Spagna si stava sempre in gruppo ma a velocità pazzesche. E’ stata un’esperienza molto utile, ma il mio obiettivo era passare professionista e per questo ho accettato la proposta della Colpack, di cui mi avevano sempre parlato bene. Poi l’anno è stato strano a causa del Covid e di fatto all’estero abbiamo corso pochissimo.

Al Giro d’Italia U23 del 2020, Zoccarato in fuga con Tiberi, Tarozzi e Carboni in maglia verde
Al Giro U23 del 2020, Zoccarato in fuga con Tarozzi e Carboni in maglia verde
Ma al professionismo ci sei arrivato lo stesso.

E mi sento molto a mio agio, anche grazie alla squadra: la Bardiani-Csf. Non ho grosse pressioni, posso fare la mia corsa e quando serve, lavoro per i compagni. Anche questo ti fa sentire importante.

Aver corso in continental ti ha aiutato nell’adattarti al professionismo?

Mi sono inserito meglio e più velocemente. E’ molto importante avere un processo di crescita lento, poter fare prima qualche esperienza fra i più grandi. Oltre a capire come si muovono, inizi a fare dei fuorigiri che da under 23 non faresti mai. Anche soltanto provare a tenere duro nei momenti caldi, ti porta a dare una tantum quel 110 per cento che sarebbe sbagliato rincorrere tutti i giorni.

Che cosa significa che corri come un mulo e che andresti meglio al Nord?

Che non ho mai avuto paura di attaccare e prendere vento. Dipende tutto da quello che vuoi fare. Andare in fuga da pro’ è più facile che da U23, per contro le occasioni di andare all’arrivo non sono tante. La fuga mi piace. Quando ero allievo mi dicevano: «E’ meglio correre facendosi vedere, che stare nascosto ed essere anonimo».

La Strade Bianche è stata per Zoccarato la terza corsa 2021, chiusa in 108ª posizione
La Strade Bianche è stata la sua terza corsa 2021, chiusa in 108ª posizione
Sai che questo modo di essere ti ha apertole porte del Giro al primo anno da pro’?

Sapevo che fosse difficile essere selezionato, anche perché meritarsi un posto è una gara all’interno della stessa squadra. Da inizio stagione ho sempre fatto vedere qualcosa, posso fare comodo con le mie fughe. Il rischio di arrivarci stanchi purtroppo c’è. Non ho mai fatto una corsa così, ovviamente. Mi piacerebbe entrare in una di quelle fughe che fanno fatica a prendere. La paura è fare un giorno da leone e scoprire che il giorno dopo ci sono 200 chilometri con 5.000 metri di dislivello. Diciamo che aver fatto il Turchia e subito dopo la gara in Serbia mi ha permesso di sommare tanti giorni, di avere un piccolo assaggio.

Che cosa hai fatto dopo la Serbia?

Sono tornato a casa e ho recuperato. Ieri ho corso il Circuito del Porto e adesso si prepara la valigia, scaricando un po’ e concentrandomi sull’alimentazione senza pensarci troppo. Non ci crederete, ma l’idea di debuttare al Giro d’Italia già al primo anno è pesante psicologicamente.