Visconti, come è cambiato il ciclismo con i social network?

24.08.2021
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I social network hanno cambiato il modo di vivere dei corridori, creando sempre più distanza nei rapporti tra di loro e sempre più vicinanza con un mondo fittizio, quello virtuale. Un mondo che a volte restituisce immagini un po’ illusorie, non sempre così vicine alla realtà e nelle quali c’è una buona dose di apparenza.

Facendo un paragone, “il nuovo mondo” a volte sembra richiami i tempi del far west, dove tutto è permesso e non ci sono regole univoche. A dirci come stanno veramente le cose ci pensa Giovanni Visconti, in forza al team Bardiani-CSF Faizané dal 2021, e che vanta un passato (ma anche un presente) da grandissimo corridore.

Primoz Roglic che consulta il cellulare in un momento di relax (foto Jumbo Visma)
Primoz Roglic che consulta il cellulare in un momento di relax (foto Jumbo Visma)
Come è cambiato il ciclismo con i social?

Innanzitutto è cambiato il rapporto tra i corridori perché prima c’era una sorta di menefreghismo rispetto a quello che faceva l’altro. Adesso invece è diventata una lotta a chi fa più chilometri in bici. Da qui nasce anche la questione dei giovani che vogliono simulare quello che fanno i professionisti, perché oramai basta guardare i vari social network come Strava e Instagram per vedere in che modo si allena un pro’. Questo spinge i giovani a fare sempre di più: un allievo fa quello che dovrebbe fare uno junior, uno junior fa quello che dovrebbe fare un under 23 ed ecco che l’under 23 fa quello che dovrebbe fare un professionista. Bruci le tappe e questo non va bene. Il neoprofessionista non esiste più perché alla fine i giovani fanno i professionisti sin da subito, anche a causa di questo fenomeno di emulazione.

Ti è mai capitato sui social di leggere commenti brutti su di te?

Certo, questo aspetto può essere un pro e un contro. Perché nel momento in cui vai forte e vinci, tutti ti fanno sembrare un eroe e ti riempiono di complimenti. Se poi però le cose non vanno come dovrebbero andare ti arrivano molte critiche ed insulti, a volte anche pesanti. Se il corridore è un po’ debole caratterialmente può rischiare di deprimersi. Ti faccio un esempio: in questo momento anche io sono un po’ fragile a livello mentale, nonostante abbia trovato il mio ambiente ideale, però non è stata una stagione facilissima per me. L’altro giorno dopo aver postato sui social una foto della mia bici ho ricevuto un commento di cattivo gusto: «Se questa è la bici che ti ha fatto andare così forte quest’anno siamo a posto». E vi dico che ci sono rimasto un po’ male. Anche perché non posso mettermi di spiegare a tutti cosa mi è successo quest’anno.

Un sorridente Lorenzo Fortunato impegnato in una conversazione (foto instagram)
Un sorridente Lorenzo Fortunato impegnato in una conversazione (foto Instagram)
Cosa ti è successo?

Ho avuto dei problemi fisici e adesso stiamo facendo alcune valutazioni, con lo staff della squadra, per valutare quando sarà il momento giusto per tornare alle corse.

I giovani del gruppo come vivono l’aspetto dei social?

I giovani adesso hanno molte persone che li assistono: il preparatore, il nutrizionista, il massaggiatore. Insomma sono guidati al 100%, ma quando vai al di fuori di questo, non c’è qualcuno che ti aiuti a non sprofondare. Ad esempio un altro fattore che sta subendo in modo pazzesco l’influenza dei social è quello dell’alimentazione. Tutti vogliono essere sempre più magri e appena un corridore fa 200 chilometri, si pensa subito di fare di più per superarlo.

Sono più i contro che i pro…

Assolutamente! L’altro giorno ero insieme a Paolo Bettini e abbiamo ricordato quando negli anni passati andavamo a mangiare durante le corse a tappe. Erano momenti quasi di festa, di spensieratezza. Adesso ti contano anche i cucchiaini di marmellata che metti sulle fette biscottate. Pesano tutto. Ultimamente per sdrammatizzare ho pubblicato una storia su Instagram in cui mettevo il cornetto con la crema sulla bilancia. Prima c’era più libertà, anche per mangiarsi una fetta di pane e Nutella. Ora queste cose non le fai più, soprattutto perché vedi che gli altri non le fanno e ti lasci condizionare.

Il rapporto virtuale con l’altro diventa quasi una schiavitù?

Sì, ma durante le corse a tappe la cosa migliore sarebbe proprio quella di non utilizzare i social network. Forse la squadra potrebbe vietare di farlo, anche se la vedo dura.

Il cellulare è diventato uno strumento dal quale difficilmente ci si stacca (foto Instagram)
Il cellulare è diventato uno strumento dal quale difficilmente ci si stacca (foto Instagram)
Si sprecano molte energie?

Tantissime! Spesso sbaglio anche io ad utilizzarli in modo eccessivo, sebbene io sia uno dei superstiti che cerca ancora di fare gruppo insieme agli altri, di scherzare un po’. Non sarebbe meglio starcene insieme a chiacchierare anziché guardare i cellulari? Invece sul bus tutti sono incollati al telefono e a tavola idem. L’utilizzo spietato del cellulare, in generale, ha rovinato lo stile di vita della gente. Quando ho iniziato a correre da professionista c’era meno stress, meno sofferenza. Oggi accade qualcosa dall’altra parte del mondo e la notizia ci mette un secondo per arrivare sui social.

Cosa si potrebbe fare secondo il tuo punto di vista?

Oggi c’è un punto di riferimento per qualsiasi cosa. Per l’alimentazione, per la biomeccanica, per i massaggi. Io dico che adesso è arrivato il momento di inserire anche uno psicologo all’interno di un team che aiuti i corridori a sostenere il peso eccessivo che si accumula “sulle spalle” e soprattutto nella testa. I social, secondo me, fanno più male che bene. Alla fine quando fai qualcosa di bello e passi un momento spensierato dovresti condividerlo solo con la famiglia, con gli amici. Perché dobbiamo far vedere a chiunque le cose belle che ci capitano, tramite i social network?