«Pronto, Giovanni? Il 13 gennaio è il tuo compleanno e sarebbe stato anche quello di Pantani, che avrebbe compiuto 52 anni. Ti va di fare un pezzo per ricordare il Pirata? Per dirci cosa è stato per te Pantani?». Silenzio.
«Mmm, così a voce? – ribatte perplesso Visconti – lasciatemi del tempo, ci voglio pensare. Anzi, preferisco scriverlo io, perché per un articolo così ci devo pensare. Parole e ricordi devono venire da dentro».
E allora caro Giovanni ecco a te la “penna”. Buona lettura. E buon compleanno a te… E al Pirata.
Un piccolo Pirata
Pantani segna la nascita della mia carriera, ma ne segna anche e soprattutto la rinascita.
Ricordo le battutine dei miei compagni di scuola quando in classe raccontavo che sarei partito per andare a fare delle gare in Toscana. Mi dicevano ridendo: «E chi sei, Pantani?». Chiaramente non lo ero, ma non sapete che brividi avevo nel sentirmelo dire. Io che sono nato il suo stesso giorno, il 13 gennaio. Io che ho cominciato a masticare pane e ciclismo con le sue imprese.
Che Marco sia un mito lo dimostra il fatto che tutt’ora le battutine dei miei ex compagni di scuola siano sulla bocca dei ragazzini. Il Pirata lo conoscono tutti, non sarà mai dimenticato ed io oltre a non dimenticare la sua grandezza non scorderò mai ciò che involontariamente ha fatto per me in quella bellissima tappa del Giro d’Italia 2013, la quindicesima frazione per la precisione.
Anni ’90, ecco Marco Pantani da Cesenatico che subito fa impazzire tutti e diventa il Pirata La prima gara di Visconti, qui inizia il sogno che andrà di pari passo con i trionfi di Pantani
Anni ’90, ecco Marco Pantani da Cesenatico che subito fa impazzire tutti e diventa il Pirata La prima gara di Visconti, qui inizia il sogno che andrà di pari passo con i trionfi di Pantani
Ecco la paura
Vi spiego un po’ come sono andate le cose per farvi capire le straordinarie coincidenze di quel giorno, IL MIO GIORNO.
Appena un anno prima, proprio nella quindicesima tappa del Giro 2012, vissi il mio giorno più brutto. Senza “girarci intorno” cominciarono le mie crisi di panico. Sono in fuga, la fuga buona che poi va in porto con Rabottini vincitore. Ad un certo punto smetto di pedalare. Sento che mi manca l’aria, non respiro.
Mi strappo la maglia. Piango. Ho paura. Mi assiste il medico di gara, ma non riesce a tranquillizzarmi. Così mi fermo da una parte letteralmente terrorizzato. Salgo in ambulanza e chiedo, anzi ordino, di mettermi la maschera dell’ossigeno.
Faranno fatica i medici e gli infermieri a convincermi, dopo non so quanto tempo, a toglierla e che sarei stato bene. Io non ci credevo. Avevo paura. Me la sono fatta addosso su quel lettino… e non è solo un modo di dire.
Inizia così un calvario lungo un anno esatto. Un anno dove ormai le crisi le aspettavo. Sapevo quando sarebbero arrivate, ma ogni volta era la stessa paura di non farcela. Ripeto, un anno…
Un uomo solo al comando: Visconti sfida la bufera sul Galibier Su quella stessa salita, 15 anni prima, Pantani andò a prendersi la maglia gialla. Anche quel giorno tempo da lupi
Un uomo solo al comando: Visconti sfida la bufera sul Galibier Su quella stessa salita, 15 anni prima, Pantani andò a prendersi la maglia gialla
Sul Galibier come Pantani
Sì, perché poi succede che alla 15ª tappa del Giro d’Italia 2013 scatto sul Moncenisio all’inseguimento di Pirazzi, Rabottini ed altri corridori. Scatto e rimango “a bagnomaria” tra il gruppo e la fuga. Sento che arriva di nuovo la crisi e così è. Smetto di pedalare quasi rassegnato, ma poi la salita finisce. Riesco a fare un sospiro e a ripartire.
Scatto ancora sul Telegraphe e questa volta rimango da solo. Davanti a me solo la montagna di Marco, il Galibier e solo due minuti circa di vantaggio dal gruppo della maglia rosa, Nibali.
Nevica e tutto è così incredibile. Un anno dopo, ugualmente nella tappa numero 15, mi ritrovo in fuga verso un’impresa (in apertura la foto di questo trionfo, ndr) ed è ancora più incredibile che al mio inseguimento ci sia solo Rabottini, colui che un anno prima vinse proprio nel giorno della mia crisi. Rabottini non ce la fa. Il gruppo maglia rosa recupera, ma non troppo. L’ultimo chilometro è un misto di gioia, di rabbia, d’incredulità.
Penso che sto vincendo sulla salita di Marco. Marco che è nato il mio stesso giorno. Marco che ha dato il “la” alla mia carriera. E’ Marco che mi dà di nuovo una spinta e non una spinta per vincere la tappa, ma per vincere le mie paure. Per ripartire.
Ecco Tonina
La sera di quella giornata pazzesca, ecco anche le prime parole al telefono con Tonina (la mamma di Pantani, ndr) grazie ad un amico in comune.
Da lì nasce un rapporto particolare con lei che mi chiede sempre come sto. Mi dice che tifa per me da dietro le quinte. E’ arrivata a dirmi che se si è riavvicinata al ciclismo ed è tornata al Giro a vedere una tappa è stato solo per me.
Poche settimane fa l’ho risentita. Anzi, l’ho rivista in videochiamata. Il mio amico Davide Lombardi l’ha incontrata a Firenze e insieme hanno deciso di chiamarmi per un saluto.
Un’emozione grande perché TONINA E’ MARCO che non molla. E’ Marco che ancora lotta contro tutto e tutti. E tutti lo vogliamo ancora rivedere vincitore.
Ecco, questo è il mio Pantani.