Remco o Wout? Per chi fa il tifo il Belgio?

25.09.2021
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Remco Evenepoel o Wout Van Aert? Il tifo del Belgio ciclistico (e non solo) è letteralmente spaccato a metà. Tuttavia l’ago protende per uno dei due e, almeno per il momento, a spuntarla è Wout Van Aert. Vederlo in azione tra la sua gente è stato emozionante anche per noi. Il giorno della crono quando si stava scaldando davanti al bus del Belgio c’era davvero il mondo. Cori quando è arrivato Evenepoel, cori e applausi quando è arrivato Van Aert.

Per farci gli affari loro, abbiamo chiesto ai colleghi giornalisti belgi chi è il più amato tra i due? E perché?

Van Aert ed Evenepoel al campionato nazionale 2021. Con lo loro Theuns (nel mezzo)
Van Aert ed Evenepoel al campionato nazionale 2021. Con lo loro Theuns (nel mezzo)

Wout avvantaggiato dal cross 

«Sicuro che il più amato è Wout – dice Guy Van den Langenbergh dell’Het Nieuwsblad – ha maggiore visibilità da più tempo. Ha vinto tantissimo nel ciclocross e questo lo rende molto popolare. E resta molto aperto ai suoi fans, molto semplice. Non è cambiato. Remco invece deve ancora cercare il suo cammino, sta crescendo sia come corridore che come persona. Ma non è allo stesso livello di Wout. Lui c’è sempre: d’inverno, d’estate, in primavera… sempre al centro dei media, è spontaneo. Remco non è così spontaneo in tal senso. Wout ha un’altra immagine: è sposato, ha dei figli, non li nasconde al pubblico. E questo piace…

«Remco è molto conosciuto tra i supporter del ciclismo, Wout è conosciuto da tutti, anche da mia madre che ha 84 anni. E per lei Wout è una star, Remco è un ciclista. Sembra che Remco sia sul piedistallo? Beh, se tutti gli dicono che il più forte corridore del mondo, che vincerà il Tour… poi è normale che a 21 anni non abbia sempre i piedi per terra».

Merckx ha detto che Remco correrà per sé e non per la squadra: cosa ne pensa Guy? «Io non credo. A Tokyo si è detto che il suo attacco prima del Mikuni Pass fosse sbagliato, in realtà è perché non ce la faceva visto come è andata. Ha cercato di fare qualcosa. Piuttosto ricordiamoci che due anni fa ad Harrogate ha aiutato Gilbert a rientrare. Non può permettersi un errore del genere per ottenere il supporto di tutto il Belgio, per guadagnare credito verso il gruppo, verso il cittì, i compagni… Magari attaccherà perché dovrà “aprire il finale”».

Tante scritte sull’asfalto del circuito di Leuven per Wout…
Tante scritte sull’asfalto del circuito di Leuven per Wout…

Differenze e similitudini

«Sono due tipi differenti – ribatte Joeri De Knopp dell’Het Laaste Nieuws – Remco ha un carattere più impulsivo, il suo modo di fare, di reagire (come abbiamo visto anche a Trento con Colbrelli)… non tutti lo amano. E’ il carattere di un ragazzino. I tifosi che amano Van Aert sono di più. Ma chi ama Remco lo ama al 100%. Wout nella sua carriera ha già avuto tanti successi, mentre Evenepoel deve iniziare a costruire di fatto la sua carriera».

Ma forse in questa minor popolarità di Evenepoel c’è lo zampino della caduta al Lombardia dell’anno scorso, un incidente che di fatto ha bloccato la sua crescita. Remco sembrava lanciato alle stelle. Come se all’improvviso si fosse rotto l’entusiasmo intorno a lui.

«Può essere, ma attenzione – riprende De Knopp – Remco ha tantissimi supporter: dalle Fiandre Occidentali a quelle Orientali, nel Limburgo, in Vallonia… Piuttosto quell’incidente gli ha dato popolarità per tutto quello che ha dovuto fare successivamente per tornare al suo livello: il dolore, la fatica, la rinascita… Ma anche Wout ha vissuto qualcosa di simile, dopo la caduta al Tour de France due ani fa. No, io credo che la differenza tra i due la faccia il loro carattere. Wout è più grande, corre da più anni, ha già costruito la sua immagine. 

«Se Remco si rende conto di questa differenza di popolarità? Eh… lui è come è. Non credo che voglia essere il personaggio principale. Certo, ha un passato diverso. Ha giocato a calcio, è stato anche all’estero e ha tirato fuori spesso questa storia. Ma ripeto, la grande differenza, come ho detto, la fanno i due caratteri».

Il Fans Club di Evenepoel R.EV 1703, uno dei più grandi
Il Fans Club di Evenepoel R.EV 1703, uno dei più grandi

I club di Remco…

La differenza di età e soprattutto il ciclocross sono i motivi che anche secondo Ann Braeckman, freelance per diverse testate e sempre in prima linea nel ciclismo, segnano il solco fra Van Aert ed Evenepoel.

«E’ difficile comunque dire il perché di questa differenza di popolarità – dice la giornalista – Wout corre da più tempo e ha vinto tre mondiali nel ciclocross. Si batte sempre: in salita, nel cross, a crono e dà sempre tutto. Inoltre i suoi duelli con Van der Poel lo hanno aiutato. Remco, invece, è giovane. E’ la nuova star, pedala da neanche cinque anni. Non ha lo stesso carattere. Ha fatto delle cose per le quali in Belgio non c’è troppa abitudine, se sei un ciclista… Lui giocava a calcio in Olanda e nelle Fiandre hanno detto subito: che lì non erano modesti, non parlano bene in pubblico e quindi ha ripreso tutto ciò da lì. E’ chiaro che è meno popolare. Ma per me non è così grave che Remco abbia certe uscite. Alla fine ha 22 anni e già tanta attenzione mediatica».

Resta il fatto che domenica a Bruges quando è arrivato Evenepoel c’è stato un boato, ma quando è arrivato Van Aert è letteralmente esplosa la piazza.

«E’ anche vero però che Wout è arrivato dopo e si stava giocando l’oro. Inoltre consideriamo che da quelle parti, Fiandre Occidentali, il ciclocross è molto popolare e ci sta che abbia molti supporter. Ma Remco per esempio ha molti fans club. Ne ha uno grandissimo che è venuto a Trento con 42 persone. Ha un vero marchio, R.EV 1703: 1703 è il Cap di dove abita e R.EV 1703 è anche la targa della sua auto. Van Aert, invece, ha i tifosi, ovunque… magari anche lui ha dei club. Posso dire che nelle gare di cross si vede tanta gente che ha le sue maglie. 

Infine una considerazione sulla gara di domani e su come potrà correre il giovane rampante. «Non credo comunque che domenica Remco correrà a modo suo – conclude Ann – Se per qualche suo sbaglio il Belgio non dovesse vincere sarebbero guai: avrebbe molto da perdere».

Backstedt e Schmid gemelle diverse. Che sfida tra le junior

25.09.2021
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Se non fosse che ieri ha vinto un italiano, Baroncini chiaramente, l’arrivo più teso di questi mondiali fiamminghi è stato quello che (forse) meno ci si aspettava, almeno sin qui. La gara juniores femminile infatti ha riservato una gran bella corsa: un epilogo emozionante, grazie a Zoe Backstedt e Kaia Schmid. E anche diversi spunti tecnici.

Partenza nella fresca, per non dire freschissima, mattina di Leuven. Tra le vie di questa splendida cittadina piena di giovani (c’è una grande università) domina ancora l’ombra, tanto il sole è basso e nascosto da palazzi e chiese. A fianco alla griglia di partenza le ragazze man mano tolgono gambali e mantelline. I quadricipiti tremano, un po’ per il freddo e un po’ per la tensione.

Antipodi in testa

Dall’infinità di scatti (e cadute), già prima di metà gara escono queste due atlete. In pratica la più piccolina, la Schmid, e la più possente, la Backstedt, del lotto partenti. Quando passavano davanti ai box e le vedevamo pedalare la differenza era netta. Veramente agli antipodi. Anche nei dettagli extraciclistici: coda sciolta per l’inglese, coda legata per l’americana.

Scherzi a parte: due atteggiamenti diversi. Ed è stato questo a colpirci. Inglese molto grintosa, sempre a smanettare col cambio, spesso con lo sguardo rivolto all’indietro e anche molto generosa. Americana impassibile. “Mono passo”, seduta, calma, serafica… salvo poi scoprire che è un vero peperino. E anche molto abile nella guida. In diverse svolte aveva guadagnato dei metri preziosi.

E proprio per questo, sinceramente pensavamo che tentasse l’affondo sull’ultimo strappetto, visto che ci si arrivava abbastanza veloci (anche se nell’ultima tornata si stavano controllando). E visto che lo si attaccava con un tornante secco a sinistra. Ogni volta in quel punto guadagnava dei metri. Inoltre, due giorni fa, in ricognizione l’avevamo vista provare lo strappo due volte. Una delle quali pianissimo, come se volesse studiare centimetro per centimetro quel “trampolino di lancio”.

Il podio: Zoe Backstedt (prima), Kaia Schmid (seconda), Linda Riedmann (terza)
Il podio: Zoe Backstedt (prima), Kaia Schmid (seconda), Linda Riedmann (terza)

Fuggitive pistard

Entrambe sono però due atlete dallo spunto veloce e hanno un certo feeling con il ritmo. Entrambe hanno più che assaggiato la pista. La Backstedt è primatista nazionale dell’inseguimento, la Schmid ha vinto l’eliminazione ai mondiali juniores del Cairo. Semmai si poteva temere sulla sua tenuta. Resistenza che, al contrario, è uno dei cavalli di battaglia della possente inglese, tra l’altro figlia del grande Magnus, professionista dal 1996 al 2012.

«Quando l’ho vista davanti ero sicura che la Backstedt potesse partire da lontano – ha detto Francesca Barale a fine gara – Anzi, pensavo che l’avrebbe staccata. Peccato perché ho capito subito che quello poteva essere un attacco buono».

E in effetti Zoe ci ha provato come dice Francesca. Rischiando tra l’altro di mandare all’aria la fuga, qualora la Schmid avesse smesso di collaborare. Cosa che ci poteva stare.

Sprint cortissimo

Invece alla fine è stato sprint. Ognuna sapeva il fatto suo. Inglese in testa e americana dietro. Il problema però è che sul piano della potenza pura, non ci sarebbe stata storia. Zoe avrebbe vinto lo sprint per distacco. L’americana stando a ruota, l’ha costretta a guardare dietro. E non si è mossa fino all’ultimo. Ha cercato, con furbizia, di portarla più vicino possibile al traguardo. Di fare una volata corta. E ci è riuscita. Lo sprint non sarà durato più di 80 metri e alla fine ha perso per meno di mezza ruota. Fosse partita ai 200 metri ci sarebbe stato il buco.

«Sono contentissima – dice la Backstedt a fine gara – dedico questa vittoria alla mia famiglia. Ho tagliato la linea del traguardo e mi sono detta: sei campionessa del mondo! E’ un sogno. Come mi sentivo? Davvero bene, il secondo posto nella crono lo conferma. E non è stata una sorpresa essermi ritrovata così avanti, ma da qui a vincere…».

E poi c’è lei, Kaia. L’americana ha letteralmente conquistato la sala stampa. Simpatica, con la battuta pronta, la 18enne di Boston è quasi più felice dell’inglese, almeno stando al tono squillante della voce. 

«Vengo dal freestyle con gli sci – dice Kaia – e l’approccio ad una gara ciclistica è del tutto diverso. Nello sforzo, nell’impegno mentale… Ma io cerco sempre di divertirmi. Pensavo a questi mondiali già tre settimane fa quando ero al Il Cairo in pista». E da qui si capisce anche la sua abilità nella guida. Un qualcosa che non era dovuto solo alla pista.

Azzurre cadute, ma battagliere

Meno di un minuto dopo le due protagoniste, ecco arrivare il resto del mondo, di cui fanno parte anche le prime azzurrine: Eleonora Ciabocco (nona) e Francesca Barale (14ª).

«E’ stata una corsa molto difficile da interpretare perché piena di cadute – dicono praticamente in coro – Il gruppo si è selezionato subito al secondo giro proprio per le cadute. Si è spaccato in due e siamo rimaste indietro. A quel punto abbiamo sprecato tante energie per rientrare. E quando sono andate via loro due è stato il momento proprio in cui noi eravamo rientrate. A quel punto però a non ne avevamo per stargli dietro. Poi abbiamo fatto il possibile per cercare di ottenere un terzo posto in volata, ma è andata così».

Rudy Project per Colbrelli: un Nytron da record

25.09.2021
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Rudy Project ha voluto omaggiare Sonny Colbrelli con una livrea speciale sul casco Nytron. Il disegno celebra i due titoli vinti quest’anno dal campione bresciano. Sulla parte frontale è presente la bandiera europea replica della maglia, che rappresenta la vittoria recente avvenuta al campionato europeo di Trento. Segue la bandiera italiana a ricordare la maglia tricolore conquistata a Imola nel campionato dominato dal lombardo sulle strade protagoniste del mondiale 2020

Il Nytron già usato da Colbrelli porta su di sé i colori d’Europa e il tricolore italiano
Il Nytron già usato da Colbrelli porta su di sé i colori d’Europa e il tricolore italiano

Bandiere e simboli

Il casco è già stato indossato da Colbrelli nelle gare di avvicinamento al campionato mondiale di Leuven che correrà domani. Simboli che hanno appagato il ciclista del Team Bahrain-Victorious che commenta così: «Sono super contento di questo casco, mi piace davvero che ci sia tanto bianco e come hanno posizionato la bandiera italiana e quella dell’europeo. Me lo sono sentito subito mio e ne conoscevo già la comodità perché già in tutte le corse usavo questo modello in particolare».

Una dedica speciale dell’azienda di Treviso alla straordinaria stagione che Sonny sta vivendo a suon di vittorie e titoli

Performance e sicurezza 

Ultimo arrivo nella collezione Rudy Project, il casco Nytron integra performance aerodinamiche straordinarie con un design compatto ed estremamente filante. Il dispositivo è stato sviluppato e ingegnerizzato in galleria del vento, con il supporto degli esperti di aerodinamica di Swiss Side che hanno effettuato test di Fluidodinamica Computazionale (CFD).

Campionati europei 2021, Sonny Colbrelli vince a Trento indossando il suo Nytron tricolore
Campionati europei 2021, Sonny Colbrelli vince a Trento indossando il suo Nytron tricolore

La struttura è composta da quattro calotte In-Mold che assicurano protezione e capacità di assorbimento urti massimi. Nytron, oltre a rispettare i requisiti standard di legge, supera anche i test previsti dal protocollo sperimentale sviluppato dal gruppo di lavoro CEN (European Committee for Standardization). Questo protocollo misura la capacità di assorbimento di energia del casco in caso di impatti obliqui, in cui vengono valutate le forze e le accelerazioni rotazionali presenti negli incidenti reali.

Il protocollo di test “WG11” adottato da Rudy Project si basa sul valore denominato BRIC (Brain Injury Criterion): un algoritmo che definisce la probabilità di subire infortuni al cervello dopo un impatto. Questo valore, affinché il test sia superato, deve essere inferiore a 0,68. Nytron ha ottenuto un valore BRIC medio di 0,24 e rappresenta quindi un notevole sviluppo per quanto riguarda il tema della sicurezza dei caschi. 

L’aspetto estetico non deve far passare in secondo piano sicurezza e ventilazione del Nytron
L’aspetto estetico non deve far passare in secondo piano sicurezza e ventilazione del Nytron

Ventilazione e comfort 

Un pregio di Nytron è sicuramente la ventilazione, che lo rende un casco particolarmente innovativo nella categoria dei caschi aero road. Il posizionamento delle 15 prese d’aria e dei canali di circolazione interni al casco assicurano una areazione senza pari consentendo all’atleta di beneficiare di una performance migliore per le sfide su strada, triathlon e a cronometro. L’elmetto protettivo è dotato del sistema antiscalzamento regolabile RSR 10 con rotellina per incrementare comodità e sicurezza grazie alla struttura avvolgente e alla possibilità di regolare il casco sia in altezza che in larghezza per trovare sempre la misura più adeguata.

Prezzo, colori e taglie

Il modello Nytron ha un prezzo di 199,90 euro ed è disponibile in 3 colori: nero, rosso e bianco. Per un peso di 250 grammi le taglie selezionabili sono: S-M (55-58 cm) e L (59-61 cm).

Azzurri magistrali. L’oro degli under 23 è arrivato così…

25.09.2021
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Semplicemente magistrali. Perfetti. Gli azzurri di Marino Amadori hanno corso il mondiale U23 senza errori. Non solo per la vittoria di Baroncini. Sono stati sempre attenti. Sempre nelle prime posizioni. Davanti nei momenti cruciali. Hanno corso… bene. Hanno rispettato le consegne del cittì e i fondamentali di questo sport. Compattezza, umiltà, cattiveria agonistica, lucidità, forza, acume tattico.

Ci sono due fotogrammi simbolo, a nostro avviso.

Il primo. A 20 chilometri spaccati dal termine, quando davanti c’era ancora Luca Colnaghi, gli azzurri si spostano su un lato della strada e confabulano qualcosa. In quel momento la corsa non è nel vivo: di più! C’è tensione, adrenalina, tanto più che si pedala nel circuito cittadino.

Il secondo. All’imbocco dello strappo in cui è scattato “Baro”, ben quattro azzurri piombano davanti per prenderlo in testa. Il gruppo era allungato. Era il momento X. E loro c’erano. A quel punto la sensazione che stesse per accadere qualcosa di grande era forte. Ci sono venute in mente le parole di Filippo della vigilia («Lo strappo ai -6 può essere decisivo») e il finale della Coppa Sabatini in cui ha mostrato una super condizione. Sarebbe partito: sicuro.

Marino Amadori con Filippo Zana. Dopo alcune fasi in cui è rimasto composto, finalmente anche il cittì si è lasciato andare ai sorrisi
Marino Amadori con Filippo Zana. Dopo alcune fasi in cui è rimasto composto, finalmente anche lui si è lasciato andare

Capitan Zana

A richiamare tutti sull’attenti è stato Filippo Zana, che dal cittì ha ricevuto le chiavi della squadra. Negli ultimi tre chilometri ha chiuso persino sulle mosche.

«Diciamo di sì dai – ammette col sorriso il corridore della Bardiani Csf Faizanè – la cosa più importante è aver portato a casa la vittoria. A volte mi sono un po’ arrabbiato. Però penso sia servito a spronare i ragazzi e a riportare l’attenzione giusta. Perché? Perché certe volte eravamo un po’ in ritardo su alcune azioni. Si poteva fare meno fatica.

«Se poi si hanno le gambe e tutti hanno le gambe è più facile. Abbiamo corso da squadra e sono davvero contento: per la maglia, per noi, per Amadori, per “Baro” che è davvero un bravo ragazzo».

Parola Colnaghi e Coati

Una grossa fetta di questo successo spetta poi a Luca Colnaghi. Luca è entrato in un attacco che per lunghi tratti poteva anche essere buono. 

«A me piace aspettare le volate – dice Luca Colnaghi – ma mi sono ritrovato in questo gruppetto. Quando sto bene seguo l’istinto e l’istinto mi ha detto di provarci. E’ stato il punto chiave della corsa credo, perché così ho potuto dare il mio contributo e la squadra si è potuta risparmiare un po’». 

Qualche istante dopo ecco che in zona mista sfila dietro di lui l’altro Luca, Coati. Lui è il più pacato e forse tra i più freschi in volto degli azzurri.

«Siamo partiti con un solo obiettivo – dice il corridore della Qhubeka Continental – vincere. E ce l’abbiamo fatta. All’inizio pensavo venisse fuori una corsa un po’ più dura nel giro grande. Ma non è stato così, poi Colnaghi è entrato nella fuga e ci ha permesso di stare sulle ruote. Il resto… lo ha fatto Filippo!».

Michele Gazzoli, soddisfatto, parla con i preparatori del Centro Mapei, Matteo Azzolini (a sinistra) e Andrea Morelli (al centro)
Michele Gazzoli, soddisfatto, parla con i preparatori del Centro Mapei, Matteo Azzolini e Andrea Morelli

Gazzoli l’altra cartuccia

Dopo essere scesi dal palco, in quanto anche vincitori della Coppa delle Nazioni, man mano gli azzurri arrivano ai nostri microfoni. Ormai la folla si è dileguata e il cielo inizia ad farsi scuro su Leuven. Non per noi italiani, non per gli azzurri. 

«Oggi abbiamo dimostrato chi è la nazionale italiana U23 – dice Michele GazzoliE’ tutto l’anno che corriamo da padroni e infatti abbiamo vinto la Coppa della Nazioni e questo è frutto di un grande lavoro di squadra. Abbiamo dato un grande spettacolo. Cosa ci ha detto Marino prima del via? Di essere una squadra. Sapevamo cosa dovevamo fare: vincere! C’era solo una soluzione. Sapevamo quali erano i punti importanti. Sapevamo come muoverci e con chi muoverci. E sapevamo che Baro sarebbe partito lì. Io mi dovevo tenere pronto eventualmente per la volata finale.

«Ho mancato il podio per 50 metri. Sono partito un po’ troppo presto, ma va bene così. L’importante è aver preso la maglia». 

Marco Frigo in azione. Lui divideva la stanza con Baroncini e da un mese in pratica “vivevano” insieme
Marco Frigo in azione. Lui divideva la stanza con Baroncini e da un mese in pratica “vivevano” insieme

Frigo: amico prezioso

Infine, lo abbiamo tenuto per ultimo, anche se è stato tra i primi con cui abbiamo parlato, c’è Marco Frigo. Marco è stato colui che ha fatto le veci del cittì quest’inverno quando è venuto a provare il percorso su richiesta di Amadori. E’ stato compagno di stanza di Baroncini e vero uomo squadra in corsa: attento, generoso… Spesso Marco resta nell’ombra, ma ieri soprattutto è stato un grandissimo.

«Su un percorso così l’esperienza alla Seg (squadra olandese in cui milita, ndr) si è fatta sentire – racconta Marco – e l’ho messa a disposizione dei miei compagni. Perché su un tracciato del genere è importante non solo risparmiare energie fisiche, ma anche mentali. Già nel trasferimento e nella prima parte di gara ci sono state tante cadute. Per questo stare davanti è stato fondamentale. E si è visto. Baroncini nel finale è stato palesemente il più fresco ed è riuscito a concretizzare. E un ulteriore riprova è il risultato in volata degli altri (senza sprinter, ndr): segno che abbiamo corso bene».

«Vero io sono in camera con lui – riprende Frigo – Ma non solo qui. E’ dall’Avenir praticamente che siamo insieme. Che dire: è un ragazzo davvero bravo. Se la merita. In camera era un paio di giorni che parlava di questa azione. Mi diceva sempre: quello è il punto giusto. Poi stamattina (ieri per chi legge, ndr) abbiamo guardato la gara degli juniores insieme e lì è dove ha attaccato il norvegese. Quindi è come se avesse avuto la prova che quel che diceva fosse giusto. Era la mossa da fare. In questi giorni abbiamo anche riguardato le corse che passavano da queste parti per vedere come prendevano i muri.

«Come l’ho tenuto tranquillo? Filippo è tranquillo di suo! Una cosa che mi piace di lui è che crede tanto in sé stesso. Era convinto che se avesse attaccato lì sarebbe andato all’arrivo. E ha avuto ragione».

Balsamo allo sprint, “Bastia” libera, “Longo” e Cavalli sui muri

25.09.2021
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Se con le junior è tutto più incerto, perché il gruppo ha meno riferimenti e la capacità di prestazione non permette grossi giochi di squadra, quando parla del mondiale delle donne elite, dei suoi muri, del vento e delle rivali, il discorso di Dino Salvoldi si fa più dettagliato.

«Quando giovedì abbiamo rifatto il sopralluogo – dice – abbiamo avuto la conferma che il percorso di per sé non è troppo impegnativo. L’esito della corsa sarà condizionato da due fattori. Uno è l’Olanda e l’altro è il meteo e non è detto che non siano legati fra loro. Se c’è vento nella prima parte, le olandesi sono capaci di trarne vantaggio. Se riescono a crearsi la superiorità numerica, poi dovranno solo scegliere chi mandare all’attacco. Per questo il nostro piano A è arrivare in volata con quello che resterà del gruppo».

In caso di sprint, sarà Confalonieri a tirare la volata a Elisa Balsamo
In caso di sprint, sarà Confalonieri a tirare la volata a Elisa Balsamo
Resti dell’idea che la deputata a fare lo sprint sarà Elisa Balsamo?

Direi proprio di sì.

Quindi Longo Borghini servirà soltanto per tenere cucita la corsa?

Niente affatto, perché di sicuro nel tratto dei muri attaccheranno e a quel punto lei e Marta Cavalli, le due ragazze con la miglior predisposizione per i dislivelli, dovranno entrare negli attacchi e non collaborare. Poi dovranno fare delle valutazioni. Vedere quante sono, chi sono e quali i rapporti di forza. Poi dovranno guardare indietro per capire cosa fa il gruppo. E se valutano che ci siano le condizioni per andare via, potranno anche collaborare.

Se non va via la fuga?

Immagino un gruppetto di 25-30 ragazze con italiane, tedesche e belghe che vorranno tenere la corsa per arrivare in volata. Ma dobbiamo stare svegli. Se va via un’olandese e prende 15 secondi, è finita. A meno che non trovi accordi sempre difficili da fare. Loro si caricano a fare la differenza, corrono a questo modo e se vedono il vantaggio, sono capaci di tenerlo. Solo loro possono fare la corsa, senza Olanda non c’è selezione. 

E se si arriva in volata c’è una tattica?

Lo schema è che a tirarla sia Confalonieri. La volata va fatta da destra verso sinistra, con l’ultima che si sposta al centro, ma non prima degli ultimi 150 metri. Forse anche oltre, perché prima la strada tira.

Cavalli sui muri del circuito esterno, Balsamo per la volata: il piano è chiaro
Cavalli sui muri del circuito esterno, Balsamo per la volata: il piano è chiaro
E la Bastianelli?

Le ho lasciato carta bianca fino alla campana. Può entrare nelle fughe e se riuscisse ad andare via bene, a noi farebbe solo piacere visto che è velocissima. Al momento della campana, tutti per la Balsamo ed eventualmente per la stessa Bastianelli se Elisa non stesse bene. In assoluto sono divise per coppie.

Coppie?

La prima fase sarà affidata a Cecchini e Guazzini. Poi ci saranno le due ragazze per i muri. Bastianelli libera, infine Confalonieri e Balsamo. Mi sarebbe piaciuto far correre Barbara Guarischi, che sa fare bene l’ultima in volata e viene da una grnade stagione, ma si corre soltanto in cinque e ho dovuto fare delle scelte.

Con le junior siamo in piena terra di nessuno?

Sarà una gara di ripartenze, non si vedranno azioni scriteriate, perché nessuna squadra è in grado di organizzarsi e inseguire. Per cui sarà fondamentale tenere le posizioni. A Trento sono state bravissime, supplendo con il gioco di squadra la differenza di individualità. Per come corrono, potrà esserci indistintamente un arrivo solitario, un gruppetto di 3-5 ragazze come pure il gruppo compatto.

Le junior puntano su Basilico e Ciabocco
Le junior puntano su Basilico e Ciabocco
E noi con chi ce la giochiamo?

Con Basilico e in seconda battuta con Ciabocco, seguendo con attenzione alcune ragazze. Linda Riedmann, la tedesca che ha vinto l’europeo. Ivanchenko, la russa che ha vinto la crono qui a Bruges. E forse la Backstedt, anche se il percorso non le si addice molto. Noi ci saremo, vedrete che ci faremo valere…

Baroncini iridato! E’ andato tutto secondo i (suoi) piani

24.09.2021
4 min
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«Sono emozionatissimo. E’ un sogno che si avvera. Un sogno che avevo da quando ero bambino», anche in conferenza stampa la tranquillità di Filippo Baroncini non viene meno, neanche mentre indossa la sua fresca e scintillante maglia iridata. E’ caduto, si è rialzato come se niente fosse. E ha ripreso per la sua strada, che nella sua mente era ben chiara.

Si vedeva che stava bene. La sua Cinelli scorreva via facile, facile. E quando nella svolta a destra che introduceva nel penultimo strappo le quattro maglie azzurre erano in testa, abbiamo capito che a 100 metri dalla fine del tratto duro avrebbe dato la zampata violenta, di cui ci aveva parlato anche Amadori.

Finalmente la gioia vera. Dopo il 2° posto di Trento stavolta è oro. Baroncini succede a Battistella l’ultimo iridato U23 (nel 2019)
Finalmente la gioia vera. Dopo il 2° posto di Trento stavolta è oro. Dopo Battistella (2019), ecco Baroncini

Tutto secondo i piani

La zampata l’ha data. Si è voltato e ha visto aprirsi il buco. Merito del tanto lavoro e della tremenda rifinitura della Coppa Sabatini, dove è stato quarto a ruota di gente da WorldTour.

Ieri lo avevamo visto arrivare lungo ad una curva, quella che introduceva nello strappetto finale a 1.700 metri dall’arrivo. Nel pomeriggio ci avevamo anche parlato. E ci aveva confermato, come ha fatto oggi in conferenza stampa, che stava provando l’azione decisiva. Vincere come aveva visualizzato e come ci si aspettava non è da tutti. E’ da campioni veri. Da uomini freddi... ma non nel cuore.

«Devo ringraziare la squadra che mi ha permesso di non prendere troppa aria e di stare coperto – dice il neoiridato – l’attacco di Luca Colnaghi ci ha fatto risparmiare energie preziose per il finale. Sì, è vero. Ieri stavo provando l’attacco di oggi. Era così che volevo fare. Era importante fare le curve forte».

E poi a dire il vero un po’ voleva anche evitare di arrivare allo sprint, memore di quanto successo a Trento pochi giorni prima.

Filippo, re di tranquillità 

Tranquillità: è questa la parola chiave di questo ragazzo? A quanto pare sì. Suo papà Carlo riesce ad abbracciarlo poco dopo essere sceso dal podio. Con lui c’è anche il… suocero Gianfranco, che si commuove. La sua Alessia invece non si è sobbarcata i 1.200 chilometri dall’Emilia Romagna a Leuven.

«E’ vero – ammettono i due – è molto tranquillo. Riesce a trasmettere serenità anche a casa». Talmente tranquillo che per qualche istante, dopo esserci goduti la sua azione da manuale, abbiamo temuto che mandasse tutto all’aria perché negli ultimi 100 metri ha praticamente smesso di pedalare. Il teleobiettivo inganna è vero, ma un sospiro lo abbiamo lanciato… e non solo noi.

«No no… – ride Baroncini – me lo sono goduto quel finale. Ho visto che ero solo. A quel punto ero tranquillo e l’ho lasciata scorrere».

Amadori premonitore

Ma intanto è bella l’atmosfera che si respira a Leuven. Una vera gioia. Un’altra medaglia, un altro oro. Dall’Italia sono arrivati tifosi e diesse. C’è persino il direttore del Giro U23, Marco Selleri, il quale dice che se la sentiva.

Ma il più commosso è Gianluca Valoti. Il suo diesse alla Colpack Ballan se lo abbraccia, abbraccia anche a noi. Ha la voce tremolante. Così come Rossella Di Leo, la team manager. 

Amadori è chiamato a gran voce dai suoi ragazzi sul podio. Perché tra le altre cose gli azzurri hanno vinto anche la Coppa della Nazioni. E’ un vero trionfo. Ogni curva disegnata al millimetro, ogni unghia mangiata. Anche Marino sapeva bene chi aveva sotto mano. «Baro è in grado di fare un attacco violento finale», ci aveva detto il cittì. E così è stato. E adesso la festa può iniziare…

Hagenes, vikingo spaziale. Ma i piccoli azzurri crescono

24.09.2021
6 min
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La strada si infila a sinistra e s’impenna nel budello, quando Hagenes molla una botta così secca da stordire anche Gregoire. Il francesino con la puzza sotto al naso che l’aveva battuto agli europei, adesso balbetta. Dietro c’è una caduta, alle spalle del norvegese però s’è già lanciato Dario Belletta. La strada sale, il muro diventa all’improvviso uno Stelvio. Dura tutto pochi secondi, ma la fatica li rende interminabili. E mentre Hagenes continua a spingere potente, dietro l’italiano si arrotola su un rapporto troppo leggero. E’ il momento in cui il cuore dice basta. Belletta si sfila, da dietro risale il francese. Se c’è un errore che l’azzurro si rimprovera ora che la corsa è finita è non averlo agganciato subito. Gregoire si allontana e gli ultimi sette chilometri diventano una crono individuale. Hagenes macina pedalate come lastre di ghiaccio, sarà il primo norvegese della storia a centrare l’iride juniores.

Belletta ha ceduto ad Hagenes ed è stato a lungo in lotta per il podio
Belletta ha ceduto ad Hagenes ed è stato a lungo in lotta per il podio

Promesso alla Jumbo

Hagenes è biondo, ha il sorriso stampato sul volto e la maglia iridata illumina la scena intorno, nella stanza in penombra nella quale lo incontriamo. Guai dire che abbia vinto per caso, dato che nel 2021 si è portato a casa le due Coppe delle Nazioni (Ungheria e Corsa della Pace) e altre vittorie sparse. Non a caso, insomma è nell’orbita della Jumbo-Visma Development.

«Dopo Trento sono diventato matto per una settimana – ammette – e quando sono arrivato qui ho pensato che non avrei voluto un arrivo in volata. Meglio arrivare da solo, anche se non è mai bello avere vantaggio perché dietro i rivali cadono. A Trento ho sbagliato io una curva, oggi è toccato ad altri. Il piano era di attaccare in quel punto e semmai alla volata avrebbe pensato un compagno. La prima fuga ho dovuta inseguirla. Poi ho dovuto chiudere un buco da solo, sono rientrato e mi sono preparato per l’ultima salita.

«Ho festeggiato tanto, porterò a lungo con me questo ricordo. Ma è solo un titolo juniores, non mi sognerei di passare subito pro’. Sono felice dei segnali che ho dato, ma preferisco fare passi graduali, non mi sento pronto. Ho fatto risultati fra gli juniores, di là è un’altra cosa».

Alla partenza Oioli e Bruttomesso erano due degli osservati speciali
Alla partenza Oioli e Bruttomesso erano due degli osservati speciali

Quaranta metri

Belletta lo incontriamo subito dopo l’arrivo. Con i capelli scompigliati sotto il casco e lo stesso spirito di quando vinse il Gran Premio della Liberazione, dedicando poi la vittoria a Silvia Piccini. Guarda in faccia e parla chiaro.

«Ho dato veramente tutto quello che avevo – dice – ogni singola parte. Quando il norvegese ha attaccato, stavo letteralmente morendo sulla bici. A quel punto ho visto il francese passarmi e ho pensato di resistere ancora un po’. Ma era lì, lì, lì… Purtroppo l’unico rammarico che posso aver avuto è stato non agganciarlo subito, però ho dato tutto.

«Non è arrivato il risultato – aggiunge – alla fine sono mancati 40 metri sull’ultimo strappo. Sono un primo anno, è tutta esperienza. Volevo regalare un posto d’onore a questa maglia, alla mia Nazione. Sapevo che stavo bene, Manuel (Oioli, ndr) stava bene, ci siamo parlati durante tutta la gara. Era inutile aspettare in due la volata. Uno doveva andare all’attacco e l’altro proteggerlo. E nel caso fosse stato ripreso, quello che era in gruppo avrebbe dovuto fare la volata. E’ stato divertente, il percorso mi piaceva tantissimo: dentro e fuori, su e giù. Sono molto felice. Sembrava quasi il Liberazione, per un attimo ci ho quasi creduto. Però complimenti al norvegese che oggi ne aveva davvero di più…».

Oioli ha sprintato, cogliendo il settimo posto, dopo il quinto di Trento
Oioli ha sprintato, cogliendo il settimo posto, dopo il quinto di Trento

Trento alle spalle

Oioli veniva dal quinto posto di Trento e dalle due vittorie del Lunigiana. E non è stato per caso ritrovarselo davanti nella fuga.

«Non posso dire di non essere soddisfatto – dice Oioli, poggiandosi alla trensenna – ho fatto di tutto per mandare in porto l’attacco di Dario. Perché so che se lo merita, è un mio amico ed è molto veloce. Purtroppo ha fatto un po’ fatica nel finale e ci sta perché è un primo anno. Il mondiale è stato davvero duro e quando lo abbiamo ripreso, io ero un po’ stanco perché avevo chiuso tanti scatti. Ho provato in volata ed è venuto un settimo posto. Una top ten nel mio primo mondiale. Non male. In più, secondo me la cosa più importante è che mi sono davvero divertito.

«A Trento non stavo per niente bene, mentre oggi ero a posto e me la sono goduta molto di più. E poi è stata una gara completamente diversa, qui c’era un percorso pieno di curve, super tecnico, dove abbiamo fatto più di 44 di media. E’ stata una giornata completamente pancia a terra, non ho mai tolto il 52. Sinceramente mi sono divertito molto di più oggi. Ha fatto selezione il ritmo, non abbiamo mai mollato. Se aggiungi questo al percorso pieno di curve e strappi… All’ultimo giro, mi sono girato ed eravamo rimasti 30-40 senza salite. Un termometro di quanto sia stata dura la gara».

Belletta, il racconto di una corsa… morendo sulla bici
Belletta, il racconto di una corsa… morendo sulla bici

Sfortune azzurre

Bruttomesso racconta che si sentiva bene, pur in una corsa per lui durissima, ma che a un giro e mezzo dalla fine, gli si è incastrata la catena sul 14 e ha dovuto fermarsi per disincastrarla.

«Ho perso quei 40 secondi e basta – aggiunge – non stavo malissimo, avrei potuto giocarmela. Sono soddisfatto, un campionato mondiale con capita sempre e indossare l’azzurro è già un traguardo, dopo una stagione stupenda. Venire al mondiale è stata la ciliegina sulla torta». 

Chi non è riuscito davvero a dire la sua e tantomeno a divertirsi è stato Samuele Bonetto, caduto a 77 chilometri dall’arrivo. Dice che il corridore davanti a lui si è ribaltato facendo tutto da sé e che non ha potuto evitarlo. Ha fatto un capitombolo e nel ricadere si è storto un po’ il ginocchio.

«Ma poteva andare peggio – dice – mi dispiace che sia andata così e che non abbia potuto aiutare la squadra. Il dolore passerà…».

Per Hagenes il mondiale è il sugello su un super 2021: ora Jumbo-Visma Development
Per Hagenes il mondiale è il sugello su un super 2021: ora Jumbo-Visma Development

Svolta De Candido

La chiusura è per De Candido, finito nell’occhio del ciclone dopo le parole dure al termine degli Europei di Trento.

«Hanno corso da Dio – dice questa volta – a me interessa che corrano così e poi il risultato prima o poi arriverà. Logico che se avessimo avuto più fortuna, se non ci fossero state la caduta di Bonetto e il problema alla catena di Bruttomesso, le cose sarebbero state diverse, ma con i se e con i ma…. Sono orgoglioso, perché hanno corso davvero bene. Non c’è da recriminare niente. Siamo stati quelli che hanno fatto la corsa. La fuga è partita grazie a Belletta, abbiamo un ragazzino di primo anno che saprà farsi valere. Un corridore con tenacia e caparbietà. Fa anche pista ed è campione del mondo dell’eliminazione e questo bisogna metterlo in evidenza. E’ un ragazzino che fa tutto molto bene».

Capsule Collection Santini per i 100 anni dei Mondiali

24.09.2021
3 min
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I Campionati del Mondo di ciclismo entrano oggi nel vivo con le prove su strada, quelle sicuramente più affascinanti e di maggiore interesse per tutti gli appassionati. I vincitori di tutte le gare, cronometro comprese, avranno l’onore di indossare per un anno intero la maglia più bella del mondo, quella tutta bianca con l’iride in orizzontale che anche quest’anno sarà realizzata da Santini. Una collaborazione davvero felice quella tra l’azienda italiana e l’UCI che dura dal 1988.

Un secolo di Mondiali

L’edizione 2021 è davvero speciale sotto diversi aspetti. La rassegna iridata si disputa infatti nelle Fiandre, una regione che vive in stretta simbiosi con il ciclismo. Quest’anno poi i Campionati del Mondo compiono 100 anni e Santini ha deciso di celebrare la ricorrenza con una collezione ad hoc che include una maglia uomo e una donna con i nomi di quanti, uomini e donne, hanno saputo conquistare il titolo mondiale su strada e una ulteriore maglia Limited Edition con dettagli oro.

La maglia uomo vuole rendere omaggio alle leggende del ciclismo. Per questo ha incisi tutti i nomi dei ciclisti che hanno conquistato il titolo mondiale nella prova su strada tra il 1921 e il 2020. Sarà come indossare l’albo d’oro iridato.

Allo stesso modo la versione femminile riporta i nomi delle campionesse che hanno scritto il proprio nome nell’albo dei mondiali. Entrambe le maglie sono realizzate con una combinazione di tessuti in micro-rete estremamente traspiranti e leggeri e con maniche dal taglio al vivo. La maglia da donna presenta naturalmente un taglio adatto al corpo femminile. Il prezzo consigliato al pubblico è di 100 euro.

Un’edizione limitata

Santini ha pensato anche a chi desidera avere un ricordo davvero unico realizzando una versione speciale della maglia di Campione del Mondo. E’ proposta in edizione limitata e numerata di soli 1.000 pezzi per festeggiare il centesimo compleanno dei Mondiali su strada. Ogni maglia è numerata e impreziosita da dettagli oro come la zip, l’etichetta sul fianco, che riporta anche il numero della maglia, e quella ricamata al centro delle tasche posteriori che racconta questo secolo di storia.

Santini conferma la propria attenzione all’ambiente. La maglia è infatti interamente realizzata in Polartec® Power Dry Recycled, tessuto derivato da filati provenienti da PET riciclato. Disponibile per l’acquisto sul sito www.santinicycling.com e in selezionati negozi in tutto il mondo, è confezionata in una scatola da collezione. Il prezzo consigliato al pubblico è di 150 euro.

Santinicycling

Amadori: «I miei ragazzi non hanno paura di prendere aria in faccia»

24.09.2021
4 min
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Poche ore al via del mondiale Under 23. Il cittì Marino Amadori si stringe attorno ai suoi ragazzi. L’Italia qui a Flanders 2021 presenta una gran bella formazione. Corridori di sostanza, quasi tutti molto veloci: Filippo Baroncini, Michele Gazzoli, Marco Frigo, Luca Colnaghi, Luca Coati e Filippo Zana.

«Pronti? Siamo nati pronti», scherza il cittì romagnolo. Segno che l’umore è buono. Così come il meteo, è velato ma non piove, cosa da non sottovalutare quando si viene da queste parti a sfidare belgi, olandesi e compagnia bella.

Marino Amadori a colloquio con Frigo durante lo scorso Giro U23. La costruzione di questa nazionale è partita da lontano
Marino Amadori a colloquio con Frigo durante lo scorso Giro U23. La costruzione di questa nazionale è partita da lontano
Marino, che nazionale schieriamo?

Tanta gente veloce. Quasi tutti a dire il vero ad eccezione di Zana e Frigo. Ma di sicuro è tutta gente che non ha paura di prendere aria nei denti, perché servirà prenderla.

Come è andata la ricognizione di ieri?

Abbiamo visto sia il circuito cittadino che quello fuori, che chiamano Flanders, e come si sapeva non è un circuito facile. Per me è molto tecnico. Ci sono strade strette e larghe, tante curve. Quello cittadino è molto tecnico. La cosa che ho notato ieri è che come arrivi in cima agli strappi è tutto scoperto e il vento si fa sentire. Oggi le previsioni lo davano anche più forte. Sarà spettacolare…

Tu avevi già visto il percorso?

Di persona no. Dovevo venire, ma per un motivo e l’altro non è stato possibile. Però c’era Marco Frigo che era da queste parti. Ho chiesto a lui di fare il sopralluogo. Lui ha fatto l’intero percorso dal chilometro zero alla fine. E’ stato bravissimo nella descrizione e nei dati riportati. Certo, il circuito cittadino col traffico aperto non lo ha visionato al meglio, ma le sue informazioni sono state preziosissime.

Che corsa ti aspetti?

Una corsa nella quale può succedere di tutto da un momento all’altro. Per questo ho portato gente che non ha paura di prendere aria. E gente in forma. La nazionale è stata costruita con questo criterio. I ragazzi sono stati scelti in base a chi era più in forma.

Per Amadori gli scollinamenti degli strappi potrebbero essere decisivi, soprattutto in relazione alle condizioni del vento
Per Amadori gli scollinamenti degli strappi potrebbero essere decisivi, soprattutto in relazione alle condizioni del vento
I rivali: chi temi di più? Sempre i norvegesi in pole position?

No, per me i favoriti sono gli olandesi. Hanno quel ragazzo, Olav Kooij, che corre con la Jumbo-Visma WorldTour. Lui vinse una semitappa alla Coppi e Bartali l’anno scorso. E anche il compagno Marijn Van Der Berg è veloce. Ma in generale il lotto partenti fa paura. Belgio e Norvegia non sono da meno. E non sottovaluterei neanche la Spagna con Ayuso.

Anche qui! Vedi bene lo spagnolo anche su un percorso così veloce?

Ragazzi, se questo è venuto al mondiale non è per cambiare aria. Con tutti questi strappi può correre in modo aggressivo come è solito fare. Per me ha la mentalità giusta e come ho detto può succedere di tutto da un momento all’altro e uno così ci può stare bene. E poi lo abbiamo visto all’Europeo come è andato. E quel percorso non era durissimo…

E i nostri come stanno?

Bene. Baroncini soprattutto. E’ motivato, il percorso gli si addice e lo “zampellotto” finale suggerisce azioni di forza che lui ha nelle corde. Ma come detto sono tutti abbastanza veloci i miei ragazzi. Certo, ci sono 3-4 velocisti almeno che sono più forti dei nostri. E vedo parecchia gente che già corre nel WorldTour…

Anche noi potevamo portare gente del WorldTour…

E chi porto Bagioli che corre con i grandi? E’ un discorso ampio. Che va programmato per tempo. Servono ragazzi motivati. Zana per esempio per gli appuntamenti con la nazionale si è sempre fatto trovare super pronto, anche mentalmente. Io ho letto della polemica sul perché non fosse stato portato Tiberi, ma non bisogna pensare che con lui avremmo vinto di sicuro. Non dico che sia sbagliato portare gli atleti del WorldTour, ne vale anche la loro crescita, ma bisogna fare queste valutazioni e le eventuali programmazioni a bocce ferme. E valuteremo a tempo debito con tutti gli interessati e in base a quelli che saranno i regolamenti Uci. Regolamenti che sembra possano ricambiare. Vedremo per il prossimo anno.