Terza e ultima puntata del nostro viaggio con Moreno Argentin. Nella prima tappa abbiamo parlato delle insidie della categoria juniores. Nella seconda, ieri, della difficoltà nello scegliere fra classiche e Giri. Oggi il focus si sposta sui mondiali.
L’incompiuta
In tre anni, il veneziano infilò tre podi consecutivi. Terzo nel 1985 al Montello. Primo nel 1986 a Colorado Springs. Secondo nel 1987 a Villach. Poi, proprio agli albori della sua colossale stagione delle classiche e complice l’ascesa di corridori come Fondriest e Bugno, mollò la presa sulla gara iridata.
«Il mondiale per me è stato a lungo un’ossessione – sorride Moreno – un’incompiuta. Finalmente nel 1986 siamo riusciti a raddrizzare il tiro e conquistarlo e a quel punto non si è mollato, ma le sensazioni sono state altre. Ovviamente quando lo raggiungi è come toccare il cielo con un dito».
Ci pensava Martini
Alfredo Martini è stato il cittì della nazionale dal 1975 al 1997 e ha condotto alla maglia iridata Gimondi, Moser, Saronni, Argentin, Fondriest e per due volte Bugno e tornò accanto a Franco Ballerini per le vittorie di Bettini e Ballan.
«Durante l’anno ci correvamo contro uno con l’altro – dice Moreno – quindi Alfredo Martini aveva un grande ruolo. Con il suo carisma ci faceva ragionare. Se magari venivamo da una litigata in una gara che si era svolta una settimana prima, quando arrivavamo a tavola o in una delle riunioni che Alfredo organizzava, ci faceva trovare la ragione. E alla fine correvamo sempre per quelli che ci garantivano maggiore efficienza».
Compagni/avversari
Era una grande Italia quella fra gli Ottanta e i Novanta e spesso, come nella miglior tradizione azzurra, i nostri si correvano contro.
«E così è stato anche per me – conferma Moreno – ai mondiali del 1986 a Colorado Springs. Dovevo guardarmi dagli avversari più forti che avevo in casa. Perché al mio mondiale Saronni ha fatto terzo e Visentini usciva dal suo grande Giro d’Italia. Avevamo corridori molto importanti in squadra e uno dei motivi per cui mi sono mosso con tanto anticipo, con quella fuga precoce, è stato anche questo. Per mettere in condizione i miei compagni/avversari forti di proteggermi anziché inseguirmi».