Amadio e le squadre nazionali: viaggio fra le nuove scelte

05.03.2025
7 min
Salva

Quando si è trattato di impostare la conduzione tecnica delle nazionali per il prossimo quadriennio, i vertici della Federazione ciclistica italiana hanno valutato le professionalità che avevano in casa e assegnato i nuovi incarichi. L’unico che è rimasto fuori dai giochi e non per sua scelta è stato Daniele Bennati, ma Roberto Amadio dice che la decisione è stata presa dal presidente Dagnoni dopo gli europei su pista e che fino a quel momento era ancora tutto aperto.

Parliamo con il team manager azzurro proprio per spiegare la logica dietro alle scelte e immaginare la traiettoria che porterà le nostre nazionali alle Olimpiadi di Los Angeles 2028. Fra le novità che più stimolano la curiosità ci sono la scelta di Marco Villa come tecnico dei professionisti e quella di Dino Salvoldi alla guida della pista maschile. Da questo snodo passa tutto il resto.

Dino Salvoldi guiderà le nazionali della pista elite e degli juniores (foto FCI)
Dino Salvoldi guiderà le nazionali della pista elite e degli juniores (foto FCI)
Che ragionamento c’è stato alla base?

Partiamo dalla scelta di Salvoldi, che seguirà la pista uomini e terrà gli juniores. E’ stata fatta proprio in funzione del lavoro che ha fatto in questi tre anni e in prospettiva Los Angeles. Un certo ciclo della gestione di Villa sta terminando. Soprattutto nei prossimi due anni, Ganna, Milan e Consonni daranno precedenza alla strada, mentre Salvoldi conosce un ventaglio di corridori, più o meno 8-10 elementi ormai competitivi, con cui lavorare per arrivare al 2028. Poi è chiaro che se Milan, che è il più giovane del vecchio quartetto, dice che gli piacerebbe venire a Los Angeles, benvenga. Lui può fare la differenza e dà la garanzia di lottare anche per la medaglia d’oro.

Salvoldi però terrà anche gli juniores, i ruoli sono compatibili?

Il feedback delle società sul suo lavoro è positivo, quindi credo sia giusto che prosegua. Logicamente avrà dei collaboratori che lo sostituiranno quando gli impegni con gli elite lo terranno lontano, però penso che abbia dimostrato di saper lavorare con professionalità e i risultati si sono visti.

Come nasce l’idea di mettere Villa al posto di Bennati?

Serve per dare continuità al suo lavoro con un gruppo di ragazzi che su certi percorsi sono fra i migliori al mondo. E a livello di cronometro, Villa ha l’esperienza per lavorare bene. Sulla scelta di non confermare Bennati, ne avrete sentite di tutti i colori, però la scelta è stata fatta agli europei su pista, quando il presidente Dagnoni ha preso la decisione finale. Daniele si è sentito preso in giro, ma le cose non sono andate come lui immagina.

E’ stato difficile convincere Villa? Si dice che fosse turbato.

Sicuramente è onorato, però ha il cuore sempre sulla pista, tant’è che l’abbiamo lasciato sulle donne assieme a Bragato. La scelta di Diego ha una logica, perché ha fatto con loro il percorso da Tokyo a Parigi e secondo me il gruppo donne è quello che può arrivare a Los Angeles con grandissime ambizioni. La logica, il filo conduttore del progetto ha come focus l’obiettivo delle prossime Olimpiadi. Per una federazione sono l’evento più importante, visto anche il sostegno che abbiamo dal CONI e da Sport e Salute.

Dopo i grandissimi successi su pista con le nazionali elite e delle donne, per Villa si apre il capitolo complesso e affascinante della strada pro’
Dopo i grandissimi successi su pista con le nazionali elite e delle donne, per Villa si apre il capitolo complesso e affascinante della strada pro’
Il fatto di mettere Villa sulla strada e non scegliere qualcun altro preso dall’esterno, come pure i doppi incarichi di Salvoldi e Bragato può essere conveniente anche dal punto di vista economico?

Ai conti si deve guardare, soprattutto con le novità che ci sono. Si parla di affitti che adesso le Federazioni devono iniziare a pagare a Sport e Salute, di costi che non erano preventivati. Sicuramente risparmiare ci consente di investire sull’attività e sulle squadre nazionali, però la scelta di Marco ha la sua logica e la capiremo nei prossimi anni.

Cosa può portare Villa porti nel mondo della strada?

Nella pista è riuscito ad amalgamare un gruppo di atleti e sarebbe fondamentale ripeterlo sulla strada. Negli anni di Martini, la nazionale si ritrovava con corridori come Moser, Saronni, Baronchelli, Battaglin e tutti gli altri. Alfredo era grande nel creare lo spirito di squadra, che oggi è sempre più difficile. Gli atleti hanno il preparatore, il nutrizionista e la squadra che fa i programmi, è cambiato il modo di interpretare il ciclismo. Serve uno che riesca a tenere un filo conduttore quotidiano e nel giorno della gara sia capace di deciderne l’impostazione. Prima era diverso, c’erano le premondiali e un sistema molto meno complesso.

Invece adesso?

C’è un’evoluzione, un cambiamento veramente impressionante del ciclismo. Al punto che anche la Federazione e i suoi tecnici devono adeguarsi al cambiamento. Ci rimproverano il fatto di non vedere la nazionale correre più spesso in Italia, ma a cosa servirebbe? Con chi saremmo potuti andare oggi a Laigueglia, visto che più o meno i migliori ci saranno tutti con le loro squadre? Abbiamo investito quando si è trattato di far correre i ragazzi della Gazprom rimasti senza squadra, ma la maglia azzurra è importante e non avrebbe senso fare delle squadre solo per rappresentanza

Tornando per un attimo alla pista, finora Villa ha avuto il controllo su tutto. Aver nominato Salvoldi, Bragato e Quaranta commissari tecnici dipende dal fatto che loro sono cresciuti nel ruolo oppure Villa sarà meno disponibile?

Entrambe le cose, perché secondo me Marco non si è ancora reso conto di quale sia l’impegno del tecnico della strada. Però dall’altra parte c’è stata una crescita enorme, sia di Quaranta sia di Bragato, che rimane il responsabile del team performance. In questi tre anni, quel gruppo è cresciuto in maniera considerevole ed è sempre più apprezzato dai tecnici. Hanno capito la necessità di lavorare con una programmazione e Diego ha la visione a 360 gradi delle varie necessità. Per questo avere accanto Villa è una necessità. Con loro due, le donne sono in mani sicure. Sia da un punto di vista di programmazione sia di selezione e attività che faranno.

Non sarebbe la mancanza di risultati, ma i rapporti non più buoni con Dagnoni la causa della mancata riconferma di Bennati (foto Limago)
Non sarebbe la mancanza di risultati, ma i rapporti non più buoni con Dagnoni la causa della mancata riconferma di Bennati (foto Limago)
Mentre Quaranta?

Credo che promuoverlo sia stato giusto e dovuto. Il presidente ha riconosciuto lavoro che ha fatto e che sta facendo con i velocisti. Gli ultimi mondiali e gli europei hanno dato conferma di una crescita di gara in gara. E’ chiaro che avvicinandosi ai vertici mondiali del team sprint, d’ora in poi i progressi saranno meno evidenti, però ci sono. La qualificazione a Los Angeles è un obiettivo fattibile, come ci eravamo prefissati quando siamo partiti.

Sono venute conferme invece per U23 e fuoristrada: non era necessario metterci mano, tutto sommato…

Amadori è un grande conoscitore del mondo under 23, credo sia giusto averlo confermato. Anzi sicuramente è quello che in questo momento di difficoltà nel trovare le giuste come collaborazione con le squadre, può giocare un ruolo decisivo. Quanto alle nazionali fuoristrada, Pontoni ha lavorato in modo molto positivo, lo dicono i risultati. E anche Celestino è arrivato bene alle Olimpiadi e solo a sfortuna ci ha tolto una medaglia con Braidot. Però sta costruendo qualcosa di importante con i giovani e sta portando avanti un bel lavoro.

Poco fa hai detto che se ne sono sentite tante, forse anche troppe: perché non andare più avanti con Bennati?

A Daniele non posso rimproverare niente, ha fatto tutto quello che doveva in modo professionale in rapporto al momento del ciclismo italiano, cui manca un corridore alla Colbrelli, che stava crescendo in maniera importante. Noto che in questo inizio di stagione alcuni nostri ragazzi stanno venendo fiori con il piglio giusto. Parlo di Ciccone al UAE Tour, Tiberi che all’Algarve ha fatto una cronometro veramente bella e anche Piganzoli. I buoni corridori li abbiamo e sono adatti al mondiale del Rwanda. Ma se in un mondiale come quello ti trovi Evenepoel oppure Pogacar, sia su strada sia nella crono che è durissima, c’è poco da programmare. Non parto mai battuto, però la storia ci insegna che quando ci sono di mezzo questi atleti, diventa difficile.

Hai dichiarato che Bennati a un certo punto non fosse più in sintonia con la Federazione, eppure quando si è trattato di lasciare spazio a Viviani nella gara su strada delle Olimpiadi, non ha fatto un fiato.

Io credo che il suo fosse lo spirito giusto, cioè quello di onorare sempre la maglia azzurra, anche se a Zurigo il comportamento dei corridori non è stato proprio così. Sull’aver fatto spazio a Viviani, non posso dire nulla: è stato bravo e alla fine i risultati ci hanno dato ragione. Quando parlo di sintonia con la Federazione, parlo di sintonia col presidente. Più un fatto di rapporti personali che alla fine non c’erano più.