Un viaggio curioso nei pensieri di Ganna

28.01.2023
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In vacanza dopo il mondiale su pista, Pippo Ganna era sparito dai radar. Il 2022 era iniziato a febbraio con l’Etoile de Besseges e si era chiuso il 14 ottobre con l’oro iridato nell’inseguimento individuale. Nel mezzo 67 giorni di corse su strada, il primo Tour, gli europei della crono a Monaco, i mondiali australiani, il record dell’Ora e l’argento del quartetto ugualmente ai mondiali.

Lo abbiamo ritrovato in Argentina, di buon umore, pronto per ripartire e senza più gli occhiali, spariti dopo l’intervento.

Contento di aver ripreso o si stava meglio in ferie?

Ho fatto 5 settimane e mezza di vacanza quest’anno, alla terza ero già in palestra a fare spinning per sudare, perché non riuscire a sudare non mi dava le endorfine che mi servivano, quindi ero un pochettino arrabbiato (sorride, ndr). Diciamo che siamo una categoria cui manca ogni tanto fare lo sforzo. Ti manca fare la fatica, ne hai bisogno. Magari uno da fuori pensa che sei stupido a essere in vacanza e pensi ad allenarti. Ma se mi vedo con la pancia, non riesco a guardarmi allo specchio, quindi era più uno star bene, mantenere la forma. Poi a casa ho ricominciato con i primi blocchi. Ero in ritiro con il team, facevo fatica in salita, mi staccavano e mi aspettavano in cima. Però non me ne vergogno, non era mica la prima corsa di stagione…

Ganna e i bambini: i piccoli tifosi argentini lo hanno cercato ogni giorno
Ganna e i bambini: i piccoli tifosi argentini lo hanno cercato ogni giorno
Infatti quella la stai facendo adesso.

Siamo qua e sono felicissimo della scelta. Ho fatto anche il punto con Dario (Cioni, ndr), ero indietro di circa 32 ore rispetto all’anno passato. Ho fatto l’operazione agli occhi che ha inciso. Ho lasciato una buona settimana di allenamento, vorrà dire che entrerò in condizione una settimana dopo, ma non credo che cambierà qualcosa.

Potrebbe essere un problema per gli europei di febbraio?

No, perché quelli sono sforzi brevi e intensi che ormai ho nelle gambe. Qui ho sofferto un po’ le ore, che mi erano mancate in una settimana fra viaggio e qualche problema di stomaco. Però nei giorni scorsi, quando s’è potuto siamo tornati in bici dopo la tappa e abbiamo preso un’altra mezz’oretta in più di allenamento, che è servita e servirà per il per il futuro. Stiamo lavorando bene.

Qual è stato il giorno più bello del 2022?

Eh, quando è finito il Tour (sorride, ndr). Finalmente ero tranquillo, non dovevo più limare, finalmente potevo rilassarmi un attimo. Come debutto è stato pesante, devo essere sincero. E sapendo poi che è stato il Tour più tirato della storia, ho capito perché ero stanco, perché partivo la mattina e sapevo già di avere mal di gambe. Non è stato bello.

Subito gli europei, poi le classiche, il Giro e i mondiali: tutto in sette mesi. Hai un programma già super definito?

Fino a metà stagione sarà una corsa a tappe continua. Questi europei, l’ho detto a Marco (Villa, ndr), li farò per i punti della qualifica olimpica, quindi arriverò su per fare il quartetto, poi tornerò a casa per concentrarmi sulla strada e stare anch’io un attimo più tranquillo. Perché il 14 riparto per l’Algarve e da lì diretto in altura. Poi Tirreno, Sanremo e classiche. Di nuovo altura e Giro. Mi hanno chiesto quanti giorni sia fuori casa, forse faccio prima a dire quanti giorni ci sono (ride, ndr).

Perché ti piace così tanto la pista?

Per la fatica e la sicurezza che puoi avere in pista. Per il gruppo che si è formato. E per l’ambiente che si crea nelle competizioni. Su strada, li vedi passare: schiocco di dita ed è finita la gara. In pista, hai le 3-4 ore dove vivi la gara fino alla fine. Il bello della pista è quello, che riesci a seguire la corsa in ogni minimo particolare. Per quanto anche la televisione possa farti vedere una corsa in linea, ma non è mai come viverla dal vero.

A gusto tuo, è meglio fare quattro ore su strada o quattro ore di lavoro in pista?

Quattro ore su strada. Quattro ore su pista non le consiglio. Le ho fatte, ma non le consiglio (ridacchia, ndr).

Alcuni colleghi, ad esempio Wiggins, hanno vinto le loro Olimpiadi e poi hanno mollato la pista. A te lo hanno consigliato…

Ci sono le Olimpiadi. Poi alla fine, quando vinci le Olimpiadi, sono tutti lì. Facciano quello che vogliono, a me ormai…

Invece il mondiale come lo vedi? Tu in teoria potresti fare una marea di specialità.

In teoria, ma il calendario è troppo fitto e devi fare delle scelte, che probabilmente ricadranno sul quartetto e sulla crono. Forse il calendario del mondiale è fatto così anche per simulare una futura Olimpiade, vediamo come sarà questa formula e le scelte da fare.

La tua ambizione è la stessa in pista e su strada? 

Sì, ogni volta che metto il numero sulla schiena non lo faccio per partecipare e a 10 chilometri dall’arrivo tirare i remi in barca. Lo faccio per esserci fino al finale. In supporto per il team o se ho carta bianca, per fare la mia corsa.

La Vuelta a San Juan per Ganna è stata l’occasione per recuperare ore e fare ritmo
La Vuelta a San Juan per Ganna è stata l’occasione per recuperare ore e fare ritmo
Senti di dover guadagnare un po’ di sicurezza su strada? Ad esempio per la Roubaix?

Più che sicurezza, parlerei di esperienza. Sapere dov’è il miglior momento per attaccare, dov’è il miglior momento per andare avanti. Faremo delle ricognizioni prima della Roubaix, anche per studiare questi aspetti. Tra sfortuna e mille inghippi, devi essere bravo a reagire. Forse l’anno scorso l’ho fatto con un po’ troppa cattiveria, quindi devo essere capace anch’io a stare più tranquillo in certi frangenti e magari risparmiare, perché nel finale torna tutto. Con il team ho la massima libertà, il massimo supporto. Vedremo cosa faremo in avvicinamento anche di questa gara.

Strada e pista sono due mondi diversi oppure comunicanti?

Il mezzo è abbastanza simile, ma sono mondi completamente diversi. Credo la pista sia un po’ più leggera. L’aria che si respira non ha troppi stress, quelli li ha Villa (ride, ndr). Invece su strada è come avere un fucile puntato con un bel tabellone grosso e rosso dietro di te. Quindi appena sbagli qualcosa, sono tutti pronti a puntare il dito.

Qual è la cosa più bella che ti sei portato via dal record dell’Ora?

Forse il calore della gente. Perché non si può dire che sia stata una bella gara, soprattutto negli ultimi 15 minuti. Ricordo il mal di gambe e al sedere. Però potendo rifarla, la farei uguale e forse più forte. So cosa mi aspetta ora. Potrei magari… Non lo so, non ci penso, non voglio pensarci. 

Nella tappa di ieri all’Alto del Colorado, Ganna ha aiutato Bernal poi ha preso per sé il secondo posto
Nella tappa di ieri all’Alto del Colorado, Ganna ha aiutato Bernal poi ha preso per sé il secondo posto
La fatica ha un buon sapore?

Non la fai con piacere, ma perché sai che serve. Non so a chi piaccia far fatica, devi essere un po’ autolesionista. Più di una volta sei a fare i lavori intensi, dove devi essere veramente vicino al limite, senti le gambe che bruciano, il cuore a tutta, il fiato corto e ti viene da rialzarti. Però dici: «No, mi serve. Perché quando sarò in quella situazione in gara e soffrirò allo stesso modo, sarò pronto, sarò là». Se non lo fai in allenamento, in gara molli.

L’ultima, poi ti lasciamo andare: come lo vedi Egan?

Bene da vicino, da lontano faccio ancora un po’ fatica (ride, ndr). Dopo l’intervento agli occhi devo ancora abituarmi a un modo diverso di vedere, in bici devo prenderci la mano, ma ci vedo benissimo. Tornando a Egan, sembra felice. Lo vedo felice, è tornato se stesso un anno dopo.

Sprint per pochi a Barreal: Gaviria infila Sagan e Ganna

26.01.2023
5 min
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Pare che Barreal sia il più antico insediamento umano in questa parte dell’Argentina. Da qui i primi nativi si sarebbero poi spinti lungo il corso del Rio San Juan. Il villaggio è vivace e attende lo sprint. All’orizzonte la vetta del Mercadero spunta col suo carico di neve: è la seconda cima della Cordigliera, misura 6.700 metri. La prima è l’Aconcagua a quota 6.962.

Bernal fa le prove

Il gruppo si è spaccato presto. Il primo gran premio della montagna ha messo le ali a Bernal, che ci aveva preannunciato l’attacco stamattina alla partenza.

«Non c’è stato un giorno in cui ho capito di essere tornato – aveva detto – è tutto parte di un processo che va ancora avanti. Non ho dolore quando pedalo, riesco a fare tutti i movimenti. E non vi nascondo che prima dell’Alto del Colorado di venerdì, potrei cercare qualche conferma».

Prima il suo gruppetto, dunque, poi l’azione massiccia di Movistar, Total Energies e Ineos e dietro i velocisti sono andati a fondo. Il gruppetto che si avvia allo sprint è forte di una quarantina di unità ed è chiaro che a giocarsi la volata saranno uomini come Gaviria e Sagan.

Si va verso la Cordigliera delle Ande: la neve in alto e qualche guado in basso
Si va verso la Cordigliera delle Ande: la neve in alto e qualche guado in basso

Allungo di Ganna

Solo che sul più bello, mentre il pubblico si appresta ad applaudire lo sprint, dalla testa del gruppo attacca Filippo Ganna. La squadra gli ha dato libertà e dopo aver verificato che tutto fosse a posto per Bernal, il gigante piemontese prova la stoccata. 

«Egan ha provato ad anticipare per fare un test prima del Colorado – racconta – così siamo rimasti nel primo gruppo. Mano a mano che si andava verso l’arrivo, ci siamo detti che se non ci fossero stati attacchi, avrei provato io nel finale. Finora sono sempre stato a disposizione, oggi ho avuto carta bianca. La Total Energies e la Movistar hanno tenuto alta l’andatura per non fare rientrare le squadre dei velocisti e sul traguardo mi hanno battuto due corridori con la “c” maiuscola. Sono contento del podio, è stato il primo arrivo in volata dopo aver aiutato Elia negli sprint dei giorni scorsi. Mi piacerebbe fare bene anche nella generale, ma sul Colorando ci saranno corridori più leggeri, sono troppo lontano da loro in salita».

Strategia Gaviria 

Ganna attacca e sebbene non abbia ancora le gambe dei giorni migliori, guadagna quel tanto che basta per dare la sveglia a Sagan e Gaviria, che ha lo sguardo laser e quando esulta lo fa come chi ha ritrovato qualcosa che mancava da troppo tempo. 

«Stamattina – racconta il colombiano – la mia idea era di fare gruppetto e arrivare placido al traguardo. Poi il gruppo si è rotto e Lastras mi ha dato via libera. Ho deciso di provare per arrivare a uno sprint meno affollato. Abbiamo fatto cinque minuti al top e ha funzionato. Il morale di quelli dietro è andato a picco e siamo riusciti ad arrivare.

«Pippo ha attaccato – prosegue – e io sapevo che se guadagnava un metro, ciao. Però è stato un signore, non mi ha chiuso contro le transenne e correttamente ha fatto la sua linea. Se ci avesse sorpreso, ci sarebbe stato un podio diverso».

L’esultanza col telefono è per Gaviria il modo di ringraziare Movistar
L’esultanza col telefono è per Gaviria il modo di ringraziare Movistar

Movistar famiglia

Sul traguardo, Gaviria ha mimato il gesto di una telefonata e poi è andato a fermarsi in fondo alla strada. Sulla sua maglia nera e blu gli aloni del sudore hanno fatto capire il caldo che ha colpito oggi i corridori.

«Il gesto del telefono? Da quando ho firmato il contratto – racconta Gaviria – mi è venuta in mente questa esultanza. E’ stato il modo per ringraziare Movistar per essersi fidata di me. Oggi hanno fatto un ottimo lavoro. Sono felice di essere qui, con questi giovani che stanno dando tutto per me. Il progresso che vedo in loro è molto importante e la volontà che hanno mi ha dimostrato che vogliono fare bene le cose e che sono felici di imparare qualcosa di nuovo. Meritavano che dessi il massimo per ottenere una vittoria.

«Questa squadra è come una grande famiglia e mi hanno accolto in modo incredibile sin dal primo ritiro di ottobre a Pamplona. Questo mi rende molto felice e mi fa dare un po’ più di me stesso negli allenamenti e anche a tavola, perché sono particolari che tornano».

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Ganna e Northwave: rinnovano fino al 2028!

13.01.2023
3 min
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Squadra che vince non si cambia. Northwave ha rinnovato per altri cinque anni il proprio accordo di sponsorizzazione e collaborazione con Filippo Ganna, che continuerà così a supportare il marchio fino alla stagione 2028 (!) nello specifico sviluppo delle calzature per il ciclismo. L’estensione di questa partnership per un periodo di tempo così lungo dimostra ancora una volta il profondo legame tra l’azienda veneta e il cinque volte campione del mondo: un sodalizio nato dalla volontà di unire e concentrare le forze mettendo in gioco ancora per molto tempo l’esperienza pluriennale di entrambi.

Non solo una semplice sponsorizzazione, dunque, ma un vero e proprio progetto volto a trovare insieme, stagione dopo stagione, il prodotto e le soluzioni tecniche che più soddisfano le esigenze di ciascun praticante ciclista. Come avvenuto nel corso delle ultime sette stagioni, Filippo “Top” Ganna lavorerà a stretto contatto con il reparto R&D di Northwave per contribuire allo sviluppo dei nuovi prodotti alto di gamma della collezione: come le nuovissime Extreme Pro 3, la massima espressione in termini di prestazioni e design nel campo delle calzature road/corsa di Northwave.

Da sinistra, Federica Piva, CEO Northwave, assieme a Filippo Ganna e a Gianni Piva che del brand NW è il fondatore
Da sinistra, Federica Piva, CEO Northwave, assieme a Filippo Ganna e a Gianni Piva che del brand NW è il fondatore

Ricerca, sviluppo e design

«Siamo davvero orgogliosi – ha commentato Gianni Piva, il fondatore di Northwave – di avere un campione del calibro di Filippo Ganna ancora nella nostra squadra. Siamo stati accanto a lui a Tokyo nel 2021 quando ha vinto la medaglia nell’inseguimento a squadre insieme al quartetto azzurro, e poi durante il Giro d’Italia, così come quando lo scorso ottobre ha stabilito il nuovo record dell’Ora. Ma siamo soprattutto orgogliosi che anche lui supporti ciò che facciamo e che riponga grande fiducia in Northwave: averlo al nostro fianco ci dà la carica per affrontare con grinta le stagioni che ci attendono».

Il nuovo modello ExtremePro3
Il nuovo modello ExtremePro3

Fondata da Gianni Piva nel 1971, il quartier generale è a Montebelluna (la provincia è quella di Treviso), Northwave progetta e realizza calzature e accessori per lo snowboard (questi ultimi sotto il marchio Drake) e per il ciclismo. Grazie ad una filosofia che si concentra sulla ricerca dell’innovazione, della qualità, di un’estetica raffinata e di uno sviluppo sostenibile, nel corso dei decenni Northwave e i suoi prodotti si sono legati a sportivi di grande successo, tanto nel mondo degli sport invernali quanto in quello del ciclismo, affermandosi nel tempo come uno degli attori di maggior successo nel panorama delle calzature sportive.

Northwave

Team Colpack e pista, da Ganna a Napolitano

01.12.2022
5 min
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Il primo fu Ganna, sbarcato dalla Viris-Maserati dove l’attività su pista non era troppo considerata. Pippo arrivò al Team Colpack nel 2016 e per far capire che la pista fa bene alla strada, vinse il GP Laguna in Istria il giorno di San Valentino, la Roubaix U23, una crono, l’europeo dell’inseguimento e a fine stagione il primo mondiale. Quando la neonata UAE Emirates andò a prenderselo e si portò via anche Consonni, Ravasi e Troìa, per l’accordo che c’era fra la Colpack e la Lampre Merida da cui la squadra araba discendeva, il team bergamasco proseguì con quel progetto pista, tenendo Lamon e Giordani, cui di lì a un anno si sarebbe aggiunto Davide Plebani.

Marzo 2016, debutto italiano per Ganna che ha già vinto il GP Laguna in Istria
Marzo 2016, debutto italiano per Ganna che ha già vinto il GP Laguna in Istria

«Partì davvero tutto da Pippo – ricorda Gianluca Valoti, tecnico del team bergamasco – perché fu allora che prendemmo quel gruppo eccezionale di atleti, che erano anche dei grandi amici. Abbiamo sempre tenuto qualche pistard e adesso prenderemo anche un crossista, che dal 2023 ha detto di voler provare su strada».

Quaranta e Napolitano

A partire dal 2022 la Colpack ha tesserato Davide Boscaro e Daniele Napolitano. Il primo ha vinto il quartetto e l’eliminazione al campionato europeo U23, il secondo ha preso il bronzo della velocità a squadre agli europei elite di Monaco ed è arrivato alle semifinali nel keirin, guidato da Ivan Quaranta che prima di essere chiamato in nazionale, era uno dei tecnici della Colpack.

La differenza fra i due è che Boscaro corre anche su strada e ha portato a casa due vittorie (Gran Premio della Battaglia e GP San Bernardino), mentre Napolitano su strada non ci andrà mai. E forse per questo la scelta di tesserarlo è ancor più apprezzabile.

«Ci ha chiamato Quaranta – racconta Valoti – e ci ha chiesto se poteva interessarci tesserarlo e abbiamo detto di sì. Lo vediamo poco, per le foto e la presentazione e mi pare un bravissimo ragazzo. Mi fa quasi paura (sorride, ndr), per quanto è grosso. E vedendo le foto con i pesi che avete pubblicato, ho capito anche perché. I campionati italiani quest’anno si sono fatti a Torino, quindi vicino casa sua, per cui ha avuto l’appoggio della nazionale. Villa aveva organizzato la trasferta per gli azzurri e Quaranta si è aggiunto».

Il supporto azzurro

Pur rilevando che quest’ultima suona come un’anomalia (ai campionati italiani si dovrebbe andare con la propria società e non con la nazionale), è un fatto che il supporto per questi specialisti sia molto aumentato negli ultimi tempi e permetta loro di fare attività.

«A differenza di quando avevamo Ganna, Consonni e Lamon – conferma Valoti – per cui spendevamo un sacco di soldi, ora si capisce che in Federazione qualcosa è cambiato. Vedo Boscaro, per esempio. A dicembre vanno in ritiro a Calpe, poi lo portano a correre a gennaio e da lì farà gli europei. Rispetto a prima sono più seguiti».

Forse per questo, anche Minuta troverà una squadra per il 2023. Il tesseramento non comporta grossi obblighi. La nazionale arriva in supporto sgravando alcune società da impegni certamente gravosi. E così il sistema pista ha ripreso il largo, con il silenzioso benestare di tutti gli altri.

Un anno di imprese con gli occhi di Bennati

30.11.2022
7 min
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Dopo un paio d’ore di bici a ragionarci su, Bennati si fa vivo al telefono. Gli abbiamo chiesto di parlare delle imprese 2022 che gli sono rimaste negli occhi e il tecnico azzurro si presenta puntuale all’appuntamento con il suo elenco, anticipato nel frattempo con un messaggio.

Il finale di stagione è popolato di famiglia, alcuni impegni ufficiali, qualche pranzo con gli amici di sempre e la bici. A breve a Milano si farà un punto della situazione e poi sarà tempo di programmare il 2023.

Strade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistata
Strade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistata

Pogacar a Siena

La prima impresa che merita un pensiero è la vittoria di Pogacar alla Strade Bianche. Era il 5 marzo, lo sloveno ha tagliato il traguardo dopo 51 chilometri di fuga.

«Ero lì a vederla – racconta Bennati – con l’auto nel vivo della corsa. E’ stata un’impresa che solo lui poteva fare, una distanza esagerata. Solo lui o magari Evenepoel. Sono azioni che ti vengono perché non ti rendi conto, a me non è mai capitato. Ti viene da pensare che quelli dietro non andassero così forte e magari è vero che inizialmente, visto anche il vento, non lo hanno inseguito tanto forte.

«Non è stata un’azione come quella di Van der Poel alla Tirreno dell’anno precedente, perché quella volta fu proprio Tadej a voler bene all’olandese. Van der Poel ha dei fuorigiri impressionanti, ma non è tanto calcolatore. Pogacar invece difficilmente sbaglia. Credo però che certe imprese saranno sempre più difficili da fare. Le prime volte chi insegue calcola male i tempi, adesso invece li tieni a tiro e non lasci tanto spazio. C’è da dire che i 184 chilometri di gara della Strade Bianche hanno aiutato, fossero stati 250 forse sarebbe stato diverso».

Sanremo, 19 marzo: Matej Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la Classicissima
Sanremo, 19 marzo: Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la Classicissima

La Sanremo di Mohoric

La Sanremo di Mohoric è la seconda impresa del 2022 che Bennati ha messo in memoria, colpito dalla lucidità e dalla forza dello sloveno.

«L’idea di usare il reggisella telescopico – dice il toscano – è stata geniale, però magari avrebbe vinto lo stesso. Non credo che abbia fatto la grande differenza grazie a questo. Ha vinto perché oltre a essersi preso dei grandi rischi, aveva anche tante gambe. Per vincere non poteva che fare a quel modo. Tirare le curve al limite e poi spingere forte. Lui usa abitualmente il 55 o il 56 anche su strada…

«Non è stata una vittoria come quella di Nibali del 2018, perché Vincenzo si era avvantaggiato in salita, con un’impresa di quelle che si vedevano vent’anni fa. Mohoric sapeva che l’unica soluzione era attaccare nella discesa del Poggio, perché non ha la sparata di Vincenzo. Ha scelto il momento. Ha rischiato due volte di cadere. Una volta ha preso una canaletta di scolo e se fosse caduto nell’ultima curva, non so come sarebbe finita. Ma evidentemente era scritto che la Sanremo dovesse finire così».

I quattro italiani del Giro

La terza tappa di questo viaggio nella stagione secondo il “Benna” è composta dalle vittorie di tappa italiane al Giro d’Italia, proprio nel momento in cui si sparava a zero sul ciclismo italiano.

«Visto che non avevamo ancora centrato grossi successi – dice Bennati – sono state quattro vittorie importanti. La prima, quella di Dainese un po’ a sorpresa, ha dato l’attacco. Poi è venuto Oldani, che ha battuto Rota a Genova. Quindi Ciccone a Cogne e Covi sul Fedaia. Da tifoso, mi hanno colpito tutte. Da commissario tecnico, alla vigilia di un europeo veloce come quello di Monaco, la vittoria di Dainese è stata una bella boccata di ossigeno. Certo, anche lui deve fare un salto di qualità per dare delle garanzie, ma la sua vittoria è stata una bella cosa».

Così Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugno
Così Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugno

Il tricolore di Zana

Il quarto momento è la vittoria di Zana al campionato italiano, anche se il vincitore non era ancora un grosso nome.

«E’ giusto parlarne – dice Bennati – perché la maglia tricolore merita considerazione, allo stesso modo in cui è stato giusto portarlo al mondiale. Filippo era un po’ in calo, ma la corsa che ha vinto è stata bella e importante. Il prossimo anno passa in una WorldTour e deve fare uno step importante in avanti, per capire dove potrà arrivare. Spero che possa fare il Giro e far vedere la maglia tricolore».

Kuss andatura
La vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suo
Kuss andatura
La vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suo

Il Tour di Vingegaard

Il Tour di Vingegaard rientra tra i fuori programma meno attesi. «Tutti si aspettavano Pogacar – dice Bennati – invece è stato un bel Tour. Combattuto con tattiche non sempre comprensibili. Penso all’ultima crono di Vingegaard, che forse avrebbe potuto alzare il piede dall’acceleratore e invece stava per finire contro un muro. A volte fare due calcoli può essere utile. Se Pogacar non fosse andato alla caccia di ogni traguardo, avrebbe vinto nuovamente lui. Ma di una cosa sono certo, della sconfitta del 2022 faranno le spese i suoi avversari il prossimo anno.

«Comunque Vingegaard è stato bravo a restare sempre coperto nella prima settimana, non l’hai mai visto. E aveva accanto la Jumbo Visma che ha sempre creduto in lui, presentandosi con un organico impressionante».

Wollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciato
Wollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciato

Il mondiale di Evenepoel

Il mondiale di Evenepoel è la sesta finestra di Bennati sul 2022 e questa volta il discorso si fa personale, dato che a lottare per lo stesso traguardo c’erano anche i nostri.

«La cosa sorprendente – dice Bennati – è che tutti sapevano quello che avrebbe fatto, cioè partire da lontano. Remco ha sfruttato tutto nei minimi dettagli ed è un peccato che Rota non gli stesse attaccato, perché aveva la gamba giusta per rimanere con lui. Quando ha provato a inseguirlo all’ultimo passaggio sotto il traguardo, gli era arrivato a 50 metri poi ha dovuto rialzarsi. Magari Remco lo avrebbe staccato al giro successivo, perché mettendosi al suo livello lui ti logora. Infatti secondo me Lutsenko ha sbagliato ad aiutarlo, ma se Rota fosse andato con loro, almeno il podio era assicurato.

«Dopo un po’ ho smesso di pensarci. Ho fatto tesoro del buono e messo via quel che non serve. In proporzione, ci ho messo più tempo a dimenticare i mondiali di Doha…».

Grenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemontese
Grenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemontese

L’Ora di Ganna

Si chiude con il record dell’Ora di Ganna, che Bennati non ha potuto seguire per l’influenza. Il cittì aveva visto Pippo partire dall’Australia alla volta dell’Europa e del tentativo di Grenchen.

«Nonostante tutto quello che era stato detto alla vigilia – racconta – ero sicuro che ce l’avrebbe fatta. E’ stato un avvenimento importante e per lui il coronamento di un sogno. Dopo la delusione del mondiale, ha dimostrato carattere da grande campione».

L’altro Moro lanciatissimo fra Parigi e Roubaix

25.11.2022
6 min
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«Prima di venire a Noto – dice Manlio Moro – avevo fatto un paio di allenamenti, giusto per togliere la ruggine. Sono stato fermo parecchio, quattro settimane complete senza bici e nessun tipo di attività fisica. Ogni tanto andavo a camminare con i cani, giusto perché non ce la facevo a stare tutto il giorno senza far niente. Qua ho iniziato a lavorare, mi sento bene. Stiamo già cominciando a fare dei lavori e come valori sto bene per essere a novembre».

Da un Moro all’altro. Se ieri abbiamo raccontato di Stefano, passato dal gruppo endurance a quello della velocità, oggi siamo con Manlio che idealmente ne ha preso il posto. In realtà il suo arrivo, come quello di Milan due anni fa, ha riscritto gli equilibri del quartetto. E’ stato il suo innesto a spingere Milan verso le partenze, costringendo Lamon agli straordinari per difendere la posizione.

Il sogno mondiale

Moro ovviamente misura le parole, essendo l’ultimo arrivato. I vent’anni compiuti a marzo sono un’assicurazione sul futuro e il contratto con la Movistar per il 2024 gli permetterà di vivere una stagione serena in maglia Zalf Desirée Fior.

«Non mi aspettavo tutto questo – dice il gigante di Pordenone – assolutamente no. Sapevo di poter fare bene. Agli europei under 23 siamo riusciti a vincere il quartetto, mentre nell’individuale, cui punto da sempre, ho fatto ancora terzo. Quest’anno magari proverò a salire un altro gradino, anche se si parte sempre per vincere. E poi al mondiale elite, secondo me era una vittoria solo il fatto di andarci…».

Il ritiro di Noto è venuto dopo 4 settimane senza bici: il 2023 di Moro si dividerà fra la Zalf e la nazionale
Il ritiro di Noto è venuto dopo 4 settimane senza bici: il 2023 di Moro si dividerà fra la Zalf e la nazionale

La bici azzurra

Parliamo seduti sul podio del velodromo di Noto, mentre il sole cala dietro i tetti delle case e porta con sé il tepore del giorno, spalancando la porta al vento freddo di novembre. Moro è entusiasmo allo stato puro. Racconta con stupore, come dall’interno di un’avventura straordinaria.

«Partecipare al mondiale con loro – rimarca – cioè correre con quattro campioni olimpici è stato una cosa immensa. Veramente è sempre stato il mio sogno. Era da parecchio che ci allenavamo insieme, però partire per la gara è stato un’emozione assurda. Ero abbastanza teso e loro sono stati molto bravi. Hanno sempre cercato di tranquillizzarmi. Non me l’aspettavo e forse è stato meglio così. E’ venuto tutto come una sorpresa. Ovvio, ho sempre lavorato, ci ho creduto sin da piccolo. Niente viene per caso e io mi sono sempre impegnato. Ho dato tutto negli allenamenti, nei ritiri. Ero l’unico senza la bici d’oro? Almeno – ride – il pubblico mi riconosceva…».

La vittoria di San Pietro in Gu, da solo, ma con le mani ferite per una caduta ai meno 12 (photors.it)
La vittoria di San Pietro in Gu, da solo, ma con le mani ferite per una caduta ai meno 12 (photors.it)

Fra pista e strada

Nel suo 2022 non c’è stata soltanto la pista. Il tabellino parla di tre vittorie in linea e una crono, oltre alla partecipazione al Giro di Sicilia e alla Adriatica Ionica Race. E se il futuro è alla Movistar, c’è da credere che la pista resterà fra i suoi obiettivi, ma la strada inizierà presto a esercitare il suo richiamo.

«Di sicuro il prossimo anno – dice – voglio organizzarmi meglio. La pista è quella che mi ha dato molte più soddisfazioni, però voglio una stagione senza farmi mancare niente. Essere pronto quando servirà su strada, essere pronto su pista. Ci saranno periodi che farò più strada e altri, magari prima di europei o mondiali, in cui sarò in pista. Con la Movistar non ho ancora parlato. Andrò in ritiro a metà dicembre e probabilmente quello sarà il momento di cominciare. Sono molto contenti di questa mia doppia attività, sto già cominciando a lavorare con loro e tramite i loro preparatori mi stanno già dando dei consigli».

Sogno Roubaix

Friulano come Milan, di due anni più giovane e 4 centimetri più basso (se si può applicare l’adesivo “basso” a un ragazzo di 1,90), anche Moro potrebbe avere nel Dna un certo tipo di classiche. Soprattutto dopo avergli visto vincere due corse per distacco (Gp Sportivi Sestesi e Due Giorni per Alessandro Bolis) e una in volata (Trofeo Menci).

«Le mie corse del cuore – ammette con un sorriso grande così – sono le classiche del Nord. Quelle che hanno i percorsi che mi seducono di più. Ovvio che mi piacerebbe fare bene anche se dovessi partecipare a un grande Giro. Però secondo me le classiche sono una Parigi Roubaix, una Gand… Quelle sono le gare che mi emozionano di più».

Ritorno a Grenchen

Intanto si parla di pista, in un gruppo eterogeneo e variopinto che pedala verso il prossimo ritiro in Spagna e la rincorsa agli europei di Grenchen che si correranno dall’8 al 12 febbraio nel velodromo che alla vigilia dei mondiali lanciò Ganna nel cielo dell’Ora. Manlio c’era.

«Eravamo in tribuna concentratissimi – ricorda – cercando di dargli energia. L’Ora ci è volata, di sicuro a lui un po’ meno. E quando ha tagliato il traguardo, siamo entrati in pista ed è stato stupendo. Siamo un bel gruppo. Ganna e Consonni magari non vengono spessissimo in pista, invece Milan lo conosco da un bel po’ mentre con Lamon ho fatto praticamente tutti i ritiri. Mi trovo bene con loro. Mi hanno accolto e non era scontato, perché magari potevano non curarsi di un giovane appena entrato. Se dovevano correggere, mi dicevano cosa fare e io imparavo.

«E poi c’è Ganna, soprattutto per me un riferimento. Quando sono con lui è proprio un’emozione. L’ho sempre visto in TV, era un mio idolo. Conoscerlo e correrci assieme è stato un’emozione grande, soprattutto nel quartetto averlo dietro non era una cosa semplicissima. Però adesso che ho cominciato a conoscere anche lui, ho capito che sono veramente tutte persone speciali».

Il diario di Cioni: l’Ora che non abbiamo visto (2ª parte)

17.11.2022
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Le ultime parole di Cioni ci hanno riportato al mondiale di Wollongong. Laggiù Ganna ha sentito crescere lo spirito di rivalsa dalle tante critiche, traendone lo spunto per andare verso l’Ora con la determinazione necessaria (in apertura Pippo nell’immagine Ineos Grenadiers/Cauld Photo).

Si aveva la sensazione di due treni paralleli, in attesa dello scambio che li avrebbe portati sullo stesso binario. Se tutto fosse andato per il meglio, l’amalgama sarebbe stata perfetta. Da una parte la grande organizzazione Ineos Grenadiers, dall’altra l’uomo sulle cui spalle poggiava l’intero progetto. Cioni, nel mezzo, avrebbe guidato lo staff performance e allenato il campione. Se il meccanismo si fosse inceppato, si sarebbe rischiato il deragliamento. Del caffè non resta che il ricordo, il discorso va avanti da più di mezz’ora.

Cioni a Montichiari, nei test non si è mai raggiunta l’Ora: non c’era abbastanza tempo (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Cioni a Montichiari, nei test non si è mai raggiunta l’Ora: non c’era abbastanza tempo (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Col senno di poi, il mondiale è stato davvero una giornata storta?

Penso di sì e può aver avuto diverse ragioni, dall’adattamento al fuso, fino alla differenza di temperatura fra il posto in cui l’Italia aveva l’hotel e la zona di gara. Si passava da 5 gradi in alto ai 20 di Wollongong. Di certo, Pippo al mondiale ci teneva. Sarebbe stato il terzo: non una cosa da poco. Nell’approccio era stato tutto in linea, avevamo dei buoni riferimenti. L’unica cosa che si può dire è che non ha mai amato quel percorso. Non per un fatto di tecnica, ma per l’asfalto sconnesso e le tante vibrazioni. Al terzo intermedio sapeva di lottare per nulla e a quel punto se ne è andata anche la voglia di stringere i denti. In proporzione ha digerito meglio la durezza del percorso di Tokyo.

Si torna sull’Ora. Hai parlato di poco tempo per provare: abbiamo in testa i problemi al soprassella che lo hanno fatto calare negli ultimi 10 minuti…

Se decidessimo di rifarlo, quello sarebbe il primo aspetto. Il materiale è buono, ma ci sarebbe qualche dettaglio da approfondire. Non è detto insomma che sia la sella. Per questo, nel suo mondo ideale, Bigham è stato avvantaggiato. Non avendo altre incombenze di calendario, ha potuto fare tutti i suoi test. Fare due o tre prove ti permette di allenare i muscoli, adattarti davvero al tipo di sforzo e di individuare le criticità.

Con la bici pronta e i test fatti, l’UCI ha cambiato le regole: rimandare? No (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Con la bici pronta e i test fatti, l’UCI ha cambiato le regole: rimandare? No (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Nel frattempo l’UCI ha cambiato il regolamento tecnico, consentendo agli atleti di grossa taglia di sollevare il manubrio da crono, chiudendo di più fra mani e testa.

E questo è uno dei motivi per cui il record andava fatto nel 2022. Il discorso della modifica è venuto fuori dopo il Tour e a quel punto si era fissata la data. Si poteva decidere di posticipare, ma non sapevamo se la nuova posizione sarebbe stata più redditizia. Bisognava ripartire con tutti i test in galleria. In più, si sarebbe trattato di vanificare il lavoro di Pinarello. Siamo andati dritti anche per questione di rispetto, ma questo ha significato scatenare polemiche per il giorno. A cose fatte però, sembra che il piano abbia funzionato.

Che cosa ha rappresentato l’Ora per la Ineos Grenadiers?

Siamo andati a Grenchen con uno staff non usuale. C’era la parte marketing in misura importante, ma non hanno mai interferito con l’area tecnica. Io coordinavo la parte performance, fra Ineos, Team Italia e Filippo. Noi eravamo in 3-4. L’Italia aveva Villa, più Giovanni Carini, Fred Morini e Piero Baffi nel mezzo. E’ il team che aveva scelto Pippo.

Cioni spiega che è stato Ganna a chiedere Villa a bordo pista (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Cioni spiega che è stato Ganna a chiedere Villa a bordo pista (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Quando lo ha fatto?

Un anno fa gli chiedemmo chi avrebbe voluto accanto. Parlò subito di Villa a bordo pista e di un meccanico della nazionale. Lo stesso Diego Costa, meccanico alla Ineos, aveva detto che sarebbe stato meglio ci fosse uno esperto della pista. Il nostro staff della performance invece aveva già lavorato con Bigham e sapeva cosa aspettarsi. Ecco, anche in questo è stata importante l’esperienza di Bigham, che di Ore ne ha fatte 4-5 ufficiali e almeno 3 in allenamento. Noi eravamo completamente al buio.

Ci sono stati imprevisti?

Uno che non sa neanche Pippo (sorride, ndr). Uno dei ragazzi della performance il giorno stesso ha preso la bicicletta per verificare che fosse tutto a posto ed è rientrato dicendo che c’era un rumorino nella scatola del movimento. Hanno iniziato a smontarla tutta e stavano impazzendo, quando si sono resi conto che dipendeva da un tappetto di plastica sulla pedivella. Era un check fatto di proposito: meglio sia successo a lui che a Pippo durante il tentativo…

Se il record non fosse venuto al primo assalto o ci fosse stato un problema tecnico, avreste riprovato il giorno dopo?

Non ci abbiamo proprio pensato. Il record si faceva quel giorno a Grenchen, nessun dubbio su questo.

Abbiamo letto delle mille attenzioni su catena e pignone.

La catena aveva girato anche il giorno prima. Per il pignone, invece, Muc-Off diceva che il trattamento ha solo un’ora e 15 minuti di utilizzo. A partire dagli sponsor, ognuno ha fatto la sua parte. Nella scelta dei rapporti è entrato direttamente Pippo. Si sarebbe deciso tutto nella prova del venerdì. Il dubbio era fra il 65 e il 66. Quale sarebbe stato il migliore per quella velocità?

Tu cosa pensi?

Il 65 con cui ha corso forse lo ha salvato nel momento della crisi. Il 66 magari gli avrebbe permesso di mantenere una velocità più costante. Certo nel pacing, Pippo non è stato impeccabile. Ma può darsi che avendo dolore, alla fine non sia riuscito ad esprimersi.

Si direbbe che da questa Ora abbiate imparato quel che serve per fare la prossima…

Impossibile che dalla prima volta non si impari nulla. E’ un’esperienza estrema in un ambiente controllato, in cui sei costretto a tenere una posizione fissa che su strada non riesci a simulare. Da quest’Ora abbiamo identificato una serie di punti dove si potrebbe migliorare.

Oltre a Fred Morini, nello staff c’era anche Piero Baffi, fisioterapista (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Oltre a Fred Morini, nello staff c’era anche Piero Baffi, fisioterapista (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Che tipo di esperienza è stata per te?

Come allenatore non è stato facile. C’erano mille interrogativi ed erano tutti nervosi, mentre io ero super sicuro. Se Filippo aveva detto di volerlo fare, essendo un corridore per cui la testa conta tanto, per me era la garanzia che avrebbe fatto il record. L’ho sempre detto, lo avrei firmato prima. Poi magari sarà battuto, ma chiunque decida di provarci, dovrà investirci molto tempo e molte risorse.

Chi vedi provare con buone possibilità?

Si parla tanto di Kung, io vedo anche Ethan Hayter, che ha quel tipo di attitudine. Evenepoel e Van Aert dovrebbero sacrificare tanto della loro preparazione, perché magari hanno la potenza, ma non l’adattamento tecnico alla pista. E poi soprattutto, chiunque sia il corridore, dovrebbe avere alle spalle una squadra che ci creda. Non tanti farebbero quel che ha fatto per noi Pinarello. Una cosa è certa: non c’era niente di rimediato o adattato. Ganna ha avuto materiale top, con le ruote addirittura costruite per quel telaio.

Sui fogli, i tempi sul giro per la tabella più efficace (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Sui fogli, i tempi sul giro per la tabella più efficace (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Quanto conta l’adattamento alla pista?

Tantissimo. Nella parte finale, anche Ganna che è uno specialista si è un po’ disunito e ha perso quale linea. Immagino che se uno non ha questa attitudine, è un attimo che si disunisca e faccia 200 metri in più.

Ci alziamo che inizia a scurire. Il quaderno è pieno di appunti. Non che lo avessimo mai pensato, ma dal racconto di Cioni appare chiaro che il viaggio di Ganna nell’Ora sia stato molto più lungo di quei 60 minuti. E che le tante polemiche sulla data non si basassero sulla conoscenza dei fatti, quanto piuttosto sul semplice sfogliare il calendario. Come se davvero si trattasse di girare per un’ora fra una corsa e l’altra…

La prima parte

La prima parte dell’intervista a Cioni sul record dell’Ora di Filippo Ganna è stata pubblicata il 16 novembre ed è consultabile a questo link.

Il diario di Cioni: l’Ora che non abbiamo visto (1ª parte)

16.11.2022
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Come è stato che Filippo Ganna abbia deciso di sfidare e abbia poi conquistato il record dell’Ora è il motivo per cui ci troviamo con Dario Cioni in uno dei bar più frequentati di Montelupo Fiorentino. Il tecnico toscano della Ineos Grenadiers è preso dal cogliere le olive in una stagione che sta andando piuttosto bene, ma questo è un giorno di riposo anche per lui. Un pranzo a Lari in mezzo a un’infinità di ex corridori e il pomeriggio con noi. La magica notte di Grenchen è indietro di quasi 40 giorni, ma ci sono altre cose da dire. Ci tiene Cioni, ci teniamo noi (in apertura, Ganna nella foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo).

Cioni ha seguito tutta la preparazione. Qui a Montichiari con un collaboratore (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Cioni ha seguito tutta la preparazione. Qui a Montichiari con un collaboratore (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Quando è nato il progetto?

Dopo il Giro del 2020, quando Moser gli fece la battuta che dopo le tre crono vinte, avrebbe potuto provarci. In quella corsa aveva fatto il salto di qualità, così sulla scia dell’entusiasmo si iniziò a parlarne. Soprattutto dopo il predominio nella crono del Prosecco, lunga 34 chilometri, con quegli strappi per quasi 43 minuti di gara.

Quando provare?

Nel 2021 era impossibile, con le Olimpiadi. E poi comunque c’era da lavorare. Il progetto è nato alla fine del 2020, pensando a materiali e linee guida. Serviva anche tornare alla condizione di quell’anno. Il programma era di vedere come si sarebbe mosso agli europei di Plovdiv 2020, che però non fece a causa del Covid. Già lì probabilmente avrebbe abbattuto il muro dei 4 minuti nell’inseguimento. In ogni caso la macchina era già in moto, con lo studio delle linee di sviluppo. Per questo forse è stato impreciso far coincidere tutto con il record di Bigham. Il progetto Ganna era partito ben prima.

Tutti i test in galleria del vento e poi a Montichiari, piccola base Ineos in primavera (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Tutti i test in galleria del vento e poi a Montichiari, piccola base Ineos in primavera (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Fra 2021 e 2022 è cambiato il fornitore dell’abbigliamento…

Infatti avevamo iniziato a parlarne con Castelli. Lo sviluppo del body da crono si faceva già in modo coerente fra crono e Ora, su velocità vicine a quelle del record. Lo sviluppo si è fatto sui 55 chilometri all’ora, mentre se si fosse ragionato sull’inseguimento si sarebbe dovuto lavorare probabilmente su una velocità di 65 all’ora. Poi siamo passati a Bioracer, con il punto di congiunzione che si chiama Luca Oggiano, un ingegnere aerospaziale che collabora con Ineos. In un primo momento collaborava con Castelli e poi si è spostato a Bioracer.

Ha continuato sulla stessa strada in un’altra azienda?

In pratica sì. Ci ha permesso di continuare a lavorare sugli stessi concetti. Alla fine immagino che in Castelli saranno stati dispiaciuti di non esserci stati sino in fondo. Con loro si continua a lavorare in nazionale, solo che col passare del tempo come Ineos saremo sempre meno informati sui loro studi.

Il calendario tanto pieno di Filippo ha rallentato lo sviluppo?

Abbiamo lavorato molto con la fluidodinamica, Luca sa farlo e anzi per certi versi ha sviluppato lui la tecnologia (Luca Oggiano infatti è Amminstratore delegato di NablaFlow, azienda specializzata in simulazioni fluidodinamiche, che ha curato il progetto di bici, tuta e occhiali, ndr). Era tutto avviato e in linea con le aspettative. Sapevamo che quanto già sviluppato con Castelli funzionava, per cui sul body si è cambiato poco.

Per tutto il resto?

Per il casco è nato il Protone più grande con le alette sulle lenti. Mentre non era previsto che Pinarello tirasse fuori la bici nuova: quella è stata un’evoluzione dell’ultimo momento. Nel 2021 erano tutti al lavoro sulla nuova Bolide Disc, non si sapeva se la bici per l’Ora sarebbe derivata da quella o sarebbe stata un progetto nuovo. Va detto grazie a Pinarello per aver sviluppato tecnologia e bici in così poco tempo, mentre prima eravamo tutti concentrati per completare la bici da crono da portare al Tour.

Luca Oggiano ha seguito lo sviluppo dei materiali: una figura chiave nell’Ora di Ganna (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Luca Oggiano ha seguito lo sviluppo dei materiali: una figura chiave nell’Ora di Ganna (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Perché l’idea di ricorrere alla stampa in 3D?

Non dimentichiamo che in questi ultimi tempi, a causa del Covid non è facile trovare il materiale. C’era il rischio di non poter fare la bici che volevamo, per questo si è ricorso alla stampa. E questo ha permesso a Luca di eseguire il progetto in modo perfetto.

Pippo ha fatto sorridere dicendo che la bici gli è parsa pesante.

Nel record il peso non conta. La bici deve essere super rigida. Magari gli sarebbe servita più leggera nell’inseguimento, ma quando poi l’ha lanciata, è venuto ugualmente il record del mondo.

Giovanni Carini si è preso cura da subito della bici di Ganna (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
Giovanni carini si è preso cura da subito della bici di Ganna (foto Ineos Grenadiers/Cauld Photo)
In che modo entra in scena Bigham?

E’ stato utile per i test. Quando Pippo è salito per la prima volta sulla bici nuova, Bigham aveva già fatto il suo record. Era previsto che provasse, niente di strano. A fine 2021 aveva fatto il record nazionale, più dell’Ora di Wiggins, meno di Campenaerts. Non era stato omologato solo perché non era registrato sulla piattaforma Adams.

A un certo punto è parso però che Pippo abbia messo a frutto il lavoro di Bigham.

Ed è quello che vorrei chiarire con la massima serenità. Bigham era nel gruppo di sviluppo di Ganna, ma non è stato la svolta. Non ha indicato lui come modificare la posizione di Pippo, perché di fatto è la stessa da due anni. Di certo Daniel ha fatto delle personalizzazioni per sé. Ha partecipato allo studio della bici, ma le soluzioni che sono parse interessanti le abbiamo provate su Pippo l’ultimo venerdì del Giro. I lavori sui componenti, bici esclusa, erano finiti a maggio, anche se sono stati svelati al Tour. 

Bigham ha battuto il record di Campenaerts e ha lavorato per Ganna, in un progetto nato molto prima (foto Ineos Grenadiers)
Bigham ha battuto il record di Campenaerts e ha lavorato per Ganna, in un progetto nato molto prima (foto Ineos Grenadiers)
Quanto tempo c’è voluto per convincere Ganna?

In realtà ha detto subito di sì. Quello che invece avevamo sottovalutato è stato il tempo necessario per provare i materiali. Il Tour andava comunque fatto, perché il prologo di Copenhagen e la possibilità di maglia gialla, da conquistare partendo con quella iridata, era superiore al progetto dell’Ora.

Quindi cosa cambieresti?

Tornassimo indietro, non lo metteremmo a fine stagione. Seguiremmo strade diverse per avere un approccio più fresco. Magari all’inizio, usando poi il lavoro del Record per entrare lanciato nella nuova stagione.

Secondo Cioni, il mondiale crono e le critiche che lo hanno seguito hanno dato a Ganna la giusta determinazione per l’Ora
Secondo Cioni, le critiche dopo il mondiale crono hanno dato a Ganna la determinazione per l’Ora
Troppi impegni a fine 2022?

Poco tempo per preparare tutto al meglio, ma devo dire che nel suo cammino per il record, aver fatto il mondiale è stato fondamentale. Certi commenti gli sono bruciati dentro: sul chiudere subito la stagione, sull’aver fallito… E questo ha fatto scattare la determinazione giusta.

La seconda parte

La seconda parte di questa intervista con Cioni sarà pubblicata domani sera alle 19,30. Si parlerà di quello che non si è visto sulla preparazione della bici. Il calo di Ganna negli ultimi 10 minuti. Il team che ha lavorato per il record. E anche di un rumorino sulla bici (di cui Ganna non sa ancora nulla) che ha fatto impazzire i meccanici alla vigilia del Record…

Vittoria, risultati incredibili dalla pista

03.11.2022
4 min
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Sono passate poco più di due settimane dai campionati del mondo su pista di Saint Quentin en Yvelines. Per l’Italia si è trattata di una rassegna iridata davvero positiva con ben 4 medaglie d’oro conquistate grazie ai successi di Filippo Ganna, Elia Viviani, Martina Fidanza e dal quartetto femminile. Se dobbiamo però trovare il trionfatore assoluto della rassegna francese non possiamo fare a meno di indicare il nome di Vittoria Group.

L’oro nell’inseguimento a squadre femminile è una delle medaglie più belle per la nazionale di Villa
L’oro nell’inseguimento a squadre femminile è una delle medaglie più belle per la nazionale di Villa

Numeri incredibili

Per comprenderne appieno il trionfo basta snocciolare alcuni numeri: su 66 medaglie disponibili, ben 58 sono state vinte da atleti che hanno gareggiato con pneumatici Vittoria e A Dugast. Delle 22 medaglie d’oro assegnate al velodromo di Saint Quentin en Yvelines, 18 portano la firma di Vittoria e A Dugast.

Più di 20 squadre nazionali tra cui Australia, Francia, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti hanno fatto affidamento sugli pneumatici in cotone ad alte prestazioni prodotti da Vittoria Group. Complessivamente gli atleti gommati Vittoria hanno conquistato almeno una medaglia in tutte le discipline maschili e femminili.

Tra le nazionali supportate dall’azienda bergamasca c’era anche il Belgio
Tra le nazionali supportate dall’azienda bergamasca c’era anche il Belgio

Partnership giovane e vincente

La collaborazione fra Vittoria e A Dugast è davvero giovane. L’azienda olandese è entrata a far parte di Vittoria Group solamente nel 2021. Stiamo parlando di una realtà leader a livello mondiale nella costruzione artigianale di tubolari in cotone e seta.

I recenti mondiali su pista hanno confermato che siamo di fronte ad una collaborazione vincente, destinata a raccogliere successi anche in futuro grazie all’affidabilità degli pneumatici in cotone realizzati dai due brand. Vittoria ha messo a disposizione delle varie nazionali il Pista Oro mentre A Dugast il Piste Latex.

Pista Oro, esperienza top

Pista Oro nasce dall’esperienza accumulata in pista da Vittoria grazie ai modelli Pista Speed e Pista Control. Il Pista Oro presenta la mescola potenziata con grafene più aggiornata per offrire la massima velocità e affidabilità. La versione speciale dell’innovativa tecnologia della mescola al grafene di Vittoria, specificatamente realizzata per ridurre la resistenza al rotolamento degli pneumatici per applicazioni su pista, è accoppiata alla carcassa in cotone super elastica.

Il cotone rende la carcassa molto flessibile consentendo allo pneumatico di conformarsi al suolo, fornendo una guida più fluida, un rotolamento più efficiente e un migliore grip. Per aumentare la resistenza complessiva del Pista Oro, Vittoria utilizza il filato Corespun, un particolare tipo di filato composto da cotone e fibre di aramide combinate. Inoltre, il profilo slick del battistrada rende il Pista Oro il tubolare più veloce disponibile per le piste in legno.

Sulle 66 medaglie disponibili 58 sono state conquistate da corridori che hanno utilizzato copertoni Vittoria
Sulle 66 medaglie disponibili 58 sono state conquistate da corridori che hanno utilizzato copertoni Vittoria

Piste Latex, velocità e leggerezza

Piste Latex utilizza le tecnologie più avanzate e i materiali migliori per garantire velocità estrema e massima leggerezza. Il battistrada e la carcassa estremamente sottili consentono un’accelerazione ottimale e la minor resistenza al rotolamento possibile. Il battistrada in lattice e il filato di cotone/seta della carcassa offrono prestazioni di guida impareggiabili su piste in legno.

Ernesto Garcia Domingo, Chief Commercial Officer del marchio, ha commentato con queste parole i tantissimi successi ottenuti ai recenti mondiali su pista: «In Vittoria Group lavoriamo duramente per realizzare gli pneumatici per bicicletta più avanzati del pianeta. Siamo molto felici di vedere così tanti atleti vincere con questi pneumatici. Vogliamo ringraziare tutte le squadre nazionali che si sono affidate a Vittoria e A Dugast per la loro fiducia e il loro contributo nel migliorare ogni giorno i nostri prodotti».

Vittoria