Manlio Moro, la pista nel Dna e una freccia in più per Villa

02.11.2021
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A fare 4’10”509 nell’inseguimento individuale ci riescono in pochi al mondo. Farlo a 19 anni è qualità per pochissimi. Di sicuro lo è per Manlio Moro. Il friulano di Azzano Decimo, Pordenone, ai recenti mondiali su pista di Roubaix ha stupito tutti. Anche se stesso.

«In effetti non mi aspettavo di andare così forte – racconta Moro – A Roubaix mi aspettavo di migliorare il mio tempo, ma se penso che ad inizio anno avevo fatto 4’18”… Se avessi corso contro me stesso mi sarei ripreso… e anche staccato! E poi nella seconda metà della stagione mi ero anche rotto il polso. Ero caduto nella tappa dello sterrato all’Adriatica-Ionica. Credevo fosse tutto perduto, invece se guardo il lato positivo mi sono riposato. Diciamo così…».

Manlio Moro e Marco Villa durante una fase dei recenti mondiali di Roubaix
Manlio Moro e Marco Villa durante una fase dei recenti mondiali di Roubaix

La pista nel Dna

Manlio è un vero appassionato della pista. Lui ha iniziato a correre seguendo le orme di papà Claudio, un amatore ma con la bici nel sangue. Le prime gare le ha fatte da G4 e la pista di Pordenone è diventata presto il suo parco giochi. D’altra arte non può essere che così per chi da bambino ammirava le imprese di Wiggins sul parquet. 

«Fino agli allievi ci ho girato sempre. Da juniores di primo anno non ci sono più andato. Poi alla Borgo Molino, al secondo anno, con il diesse Cristian Pavanello abbiamo detto: proviamo a fare l’inseguimento individuale. C’erano gli italiani e ci siamo andati. Da quel momento la fiamma è tornata forte. Ho visto che andavo anche bene, che ero arrivato in nazionale ed eccomi qui».

Pensate che rischio se Pavanello e la sua squadra non lo avessero rimesso in pista. Pensate che talento che avremmo perso. E sì perché un ragazzo del genere è un’altra freccia pregiata nell’arco di Marco Villa.

E’ quella competizione interna che aiuta nella crescita del movimento e che porta altri talenti. Si innesca un circolo virtuoso.

Il ritorno in pista al secondo anno da juniores: subito tricolore nella sua Pordenone (foto Instagram)
Il ritorno in pista al secondo anno da juniores: subito tricolore nella sua Pordenone (foto Instagram)

Un posto da titolare

E Moro in quel quartetto ci vuol stare. Ci punta.

«Certo che sogno un posto da titolare! E’ un mio obiettivo di sicuro. So che ci devo lavorare, fare altre gare e crescere ancora. Per ora con i ragazzi ho girato in allenamento. Mi aiutano ad inserirmi. Ganna mi dà parecchi consigli, ma anche Milan e lo stesso Consonni e Viviani. Sono migliorato nei cambi, nella fluidità dei gesti. Riesco a spingere rapporti più duri. Ma più giri e più migliori, anche nella tecnica».

«La mia posizione preferita? Behn, quando sono con gli under 23 il quarto. Faccio il Ganna! Ma se un giorno dovessi far parte del quartetto titolare credo che sarebbe difficile togliere quel posto a Pippo. E allora dico il terzo, anche se c’è Milan, perché Jonathan è anche molto veloce, più veloce di me e sa fare bene la partenza. Lui la soffre meno, è più esplosivo».

Massima concentrazione prima di scendere in pista e dare tutto in poco più di 4′: l’essenza dell’inseguimento
Massima concentrazione prima di scendere in pista e dare tutto in poco più di 4′: l’essenza dell’inseguimento

“Ladro” appassionato

E allora con Moro facciamo una sorta di gioco e gli diciamo di “rubare” una caratteristica ad ognuno dei ragazzi del mitico quartetto di Tokyo.

«A Pippo ruberei le gambe nei tre giri finali. A Milan la determinazione e la voglia di crescere. A Lamon l’esplosività e a Consonni la grinta. Simone ha una testa… dove non arriva con le gambe ci arriva con la grinta».

Non è mai banale Moro nelle sue risposte. Non è un super chiacchierone, ma argomenta bene ciò che dice. Merito della passione.

«Non saprei dire cosa mi passa per la testa quando sono in pista e spingo a tutta. Il bello per me è che sei tu da solo contro il tempo e quindi contro te stesso. Fare il quartetto per me è un sogno. Ho un debole per questa specialità. Mi piace così tanto che mi sembra di non fare fatica, anche se poi se ne fa tanta».

L’assolo alla Coppa Città di Bozzolo
L’assolo alla Coppa Città di Bozzolo

Sull’asfalto con la Zalf

Manlio è alto 190 cm per 78 chili. Il suo profilo ricorda quello di Milan. Anche lui molto alto, anche lui giovanissimo e anche lui friulano. Due veri gioielli della nostra nazionale. Le Olimpiadi già ce le ha in testa e per certi aspetti parla già da veterano. E’ un ragazzo serio. Pensate che ha fatto una scuola professionale nella quale si è specializzato nella lavorazione del legno.

Per quanto riguarda la strada, Manlio corre nella Zalf. Quest’anno ha anche vinto una corsa, la Coppa Città di Bozzolo.

«Sono consapevole che la strada è un’opportunità in più – conclude Moro – la pista aiuta la strada e la strada aiuta la pista, le cose che alleni da una parte ti servono dall’altra. Il mio obiettivo è provare a passare professionista su strada, anche se per adesso non ho avuto offerte. Ma io farò del mio meglio per riuscirci».