Il nuovo Gaviria riparte dalla Spagna come in famiglia

29.01.2023
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Nel raccontare la prima vittoria in maglia Movistar alla Vuelta a San Juan, Fernando Gaviria ha usato un’interessante serie di parole. Famiglia, passione e fiducia non sono termini scontati nello sport professionistico. Il più delle volte, si risolve tutto nel fare bene il proprio lavoro, in alcuni casi ben pagato, in modo che i conti tornino in termini di vittorie, punti, impegno e obiettivi. Spesso dipende dal modo in cui ti poni, per cui nella stessa squadra qualcuno può trovarsi da Dio e un altro viverla come l’inferno. E’ un fatto però che alla UAE Emirates, Gaviria si stesse spegnendo e che alla Movistar abbia ritrovato gli stimoli.

L’esultanza col telefono è per Gaviria il modo di ringraziare Movistar
L’esultanza col telefono è per Gaviria il modo di ringraziare Movistar

«La squadra – dice il colombiano, 28 anni – è molto importante. Mi hanno accolto bene, sono contento di essere qui. Già dal primo giorno ho sentito un bel clima e questo mi spinge a impegnarmi di più. E’ qualcosa che mi è mancato negli ultimi anni. Non voglio fare confronti, erano circostanze diverse. Adesso ci stiamo divertendo, la squadra ha fiducia ed è contenta. Allora vediamo di continuare così tutta la stagione. Mi hanno chiesto quali corse volessi fare e perché. Gli ho detto la mia, abbiamo ragionato e il calendario è nato da sé.

«Voglio riprovare le classiche. Quest’anno – ammette – sarà difficile perché sono tre anni che non le faccio. Voglio arrivare in un’ottima condizione. Adesso stiamo crescendo, manca di perdere un paio di chili e allenarmi un po’ di più sui lavori specifici, ma siamo in buona condizione. Ho fatto un bell’inverno a casa e anche in Spagna».

Gaviria e Lombardi, che da anni è il suo procuratore
Gaviria e Lombardi, che da anni è il suo procuratore

Torres ultimo uomo

La Movistar, che ha da anni una tradizione legata ai Giri e non certo alle volate, ci sta prendendo gusto. E così ogni giorno il gruppo di corridori volati in Argentina con Gaviria si esercita e impara qualcosa di nuovo.

«E’ bello – sorride Gaviria da dietro il suo barbone – perché loro stanno imparando molto in fretta. Ogni giorno in corsa va un po’ meglio e questo mi fa essere ottimista. Il primo giorno sono riusciti a portarmi sulla ruota giusta, eravamo dietro Jakobsen. I ragazzi vogliono lavorare bene e fare tutto il lavoro per portarmi bene alla volata. Non c’è tanto da spiegargli. Sono cose che si trovano lungo il percorso e loro stanno iniziando a prendere da soli le loro decisioni.

«Non sbagliano tanto. La verità è che hanno un motore enorme, ma ogni tanto sprecano tante energie. Come Torres, che viene dalla pista ed è il mio ultimo uomo. E’ forte, ma deve imparare. Devono capire che la volata non è come in salita, che devi tirare a tutta e basta. Qua si devono gestire le gambe, perché ogni tanto arrivare al traguardo è davvero lungo…».

Nella volata di Barreal contro Ganna, Gaviria si è trovato aperta la strada sulla destra
Nella volata di Barreal contro Ganna, Gaviria si è trovato aperta la strada sulla destra

Debutto al caldo

Secondo chi lo conosce meglio, aver iniziato la stagione dal Sud America dopo gli anni di blackout dovuti alla pandemia gli ha restituito il sorriso, rispetto ai debutti in Europa al freddo che mal digerisce.

«E’ importante – dice – ritrovarsi alla fine di gennaio in una bella corsa, con il caldo e un livello così alto nelle volate. E’ un buon test per arrivare in Europa, il confronto aiuta a capire. Ho avuto le mie giornate di difficoltà, quando non riuscivo a vincere e nemmeno ad arrivarci vicino. Gli altri intanto crescevano, ma credo che alla fine tra noi ci sia un certo equilibrio. La differenza dipende dai comportamenti.

«Quando parti per una volata, prendi subito le transenne, a destra o a sinistra, quasi mai ti trovi in mezzo. Ganna l’altro giorno è stato bravo. Ha lasciato 2 metri fra sé e le transenne e non si è spostato. Si va alla transenna perché se qualcuno vuole passarti, deve prendere tutta l’aria possibile. Per fortuna non ci sono più velocisti che provano a buttarti per terra e, quando succede, è per errore. C’è molto rispetto, ormai siamo tutti amici. Non arriverà più uno sprinter che fa numeri stratosferici. Le volate ormai te la devi giocare ogni volta, contano più la padronanza, la squadra, la bici…».

Una Canyon per amica

Proprio sul fronte della bici, pare che Gaviria sia molto contento della Canyon Aeroad ricevuta in dotazione e montata con lo Sram Red (corona anteriore 41-54): la stessa bici con cui Philipsen e Merlier hanno fatto incetta di vittorie lo scorso anno. Di certo quella utilizzata negli ultimi anni era invece una bici più adatta agli scalatori e meno ai… maltrattamenti dei velocisti.

«Mi trovo molto bene – dice – la nuova bici è comoda, sono felice. Ho scelto le ruote che userò tutto l’anno. Ne abbiamo tante a disposizione, ma ho scelto quelle che mi sembrano più belle (la preferenza di Gaviria è andata alle Zipp 454 NSW tubeless, montate con pneumatici Continental Grand Prix 5000 S TR, ndr). Ho chiesto di poterle avere per tutte le tappe, in tutte le corse dell’anno».

Freccia Welsford, la via più veloce dalla pista alla strada

29.01.2023
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Tutti in attesa di Jakobsen, oppure Bennett e Gaviria, invece dal gruppo è schizzato fuori uno che di volate ne sa parecchio, ma su strada è poco più di un debuttante: Sam Welsford.

Il suo palmares parla di due medaglie olimpiche su pista (argento e bronzo a Rio e Tokyo nell’inseguimento a squadre) e di quattro titoli mondiali sempre su pista (tre volte nel quartetto e l’ultima nello scratch).

Sam Welsford ha 27 anni, è australiano e ha un grande palmares su pista
Sam Welsford ha 27 anni, è australiano e ha un grande palmares su pista

Cerotti e abrasioni

Qui alla Vuelta a San Juan lo avevamo visto tutto bendato nei primi giorni, finito sull’asfalto in malo modo, ma avendolo appena visto strecciare sul traguardo di San Juan davanti a Bennett e Gaviria, la sensazione è che abbia ben recuperato.

«Oggi ha funzionato tutto alla perfezione – racconta nella conferenza stampa subito dopo l’arrivo – la squadra ha lavorato bene ed è una coincidenza divertente il fatto che la tappa si sia conclusa davanti a un velodromo così bello, visto il mio palmares su pista. Avevo studiato il finale, sono molto contento, ma per arrivare allo sprint, la giornata è stata molto dura».

Salite e peso

Un metro e 82 per 79 chili, Welsford ha quadricipiti da chilometrista. Tanto che gli illustri sconfitti non hanno neppure accennato la minima protesta, consapevoli del fatto che se a uno così lasci strada aperta, c’è il rischio che ti infili.

«Ho battuto alcuni dei più forti – dice con un sorriso grosso così – che mi motiva molto. Detto questo, fare volate su pista è completamente diverso che farle su strada. Le velocità forse sono più basse, ma lo sprint in pista è più breve. Qui invece si comincia a sgomitare dai meno 3 chilometri dall’arrivo e per arrivarci devo comunque combattere con il peso, allenarmi sulle salite…».

La notizia del ritiro di Bernal arriva a sorpresa: dolore al ginocchio. Prima del via sembrava tutto normale
La notizia del ritiro di Bernal arriva a sorpresa: dolore al ginocchio. Prima del via sembrava tutto normale

E le classiche?

Le Olimpiadi di Tokyo sono state una parentesi chiusa sulla pista. Da quel momento, Welsford ha firmato il contratto con il Team DSM e ancora adesso ci si chiede quale potrebbe diventare il suo terreno di elezione. Le volate, certo, ma perché escludere le classiche?

L’anno scorso, Welsford ha infatti conquistato il podio alla Scheldeprijs vinta da Kristoff su Van Poppel e pochi giorni prima era stato quarto alla Bredene Koksijde Classic, dietro Ackermann, Hofstetter e Merlier.

«E’ forte – mormora il massaggiatore che lo aspetta – all’inizio aveva qualche problema nello stare in gruppo, ma sul motore non si discute».

Quadricipiti ipertrofici per Welsford che ha sorpreso i rivali in volata
Quadricipiti ipertrofici per Welsford che ha sorpreso i rivali in volata

Se ne sono accorti tutti, Bennett e Gaviria su tutti. Soprattutto il colombiano non se lo aspettava e dopo la riga sembrava contrariato. Eppure anche oggi si conferma la legge dichiarata nei giorni scorsi da Viviani: non c’è più un dominatore assoluto. Le volate si vincono sui dettagli e perché tutti si combinino nel modo giusto, occorre anche un po’ di fortuna…

Sprint per pochi a Barreal: Gaviria infila Sagan e Ganna

26.01.2023
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Pare che Barreal sia il più antico insediamento umano in questa parte dell’Argentina. Da qui i primi nativi si sarebbero poi spinti lungo il corso del Rio San Juan. Il villaggio è vivace e attende lo sprint. All’orizzonte la vetta del Mercadero spunta col suo carico di neve: è la seconda cima della Cordigliera, misura 6.700 metri. La prima è l’Aconcagua a quota 6.962.

Bernal fa le prove

Il gruppo si è spaccato presto. Il primo gran premio della montagna ha messo le ali a Bernal, che ci aveva preannunciato l’attacco stamattina alla partenza.

«Non c’è stato un giorno in cui ho capito di essere tornato – aveva detto – è tutto parte di un processo che va ancora avanti. Non ho dolore quando pedalo, riesco a fare tutti i movimenti. E non vi nascondo che prima dell’Alto del Colorado di venerdì, potrei cercare qualche conferma».

Prima il suo gruppetto, dunque, poi l’azione massiccia di Movistar, Total Energies e Ineos e dietro i velocisti sono andati a fondo. Il gruppetto che si avvia allo sprint è forte di una quarantina di unità ed è chiaro che a giocarsi la volata saranno uomini come Gaviria e Sagan.

Si va verso la Cordigliera delle Ande: la neve in alto e qualche guado in basso
Si va verso la Cordigliera delle Ande: la neve in alto e qualche guado in basso

Allungo di Ganna

Solo che sul più bello, mentre il pubblico si appresta ad applaudire lo sprint, dalla testa del gruppo attacca Filippo Ganna. La squadra gli ha dato libertà e dopo aver verificato che tutto fosse a posto per Bernal, il gigante piemontese prova la stoccata. 

«Egan ha provato ad anticipare per fare un test prima del Colorado – racconta – così siamo rimasti nel primo gruppo. Mano a mano che si andava verso l’arrivo, ci siamo detti che se non ci fossero stati attacchi, avrei provato io nel finale. Finora sono sempre stato a disposizione, oggi ho avuto carta bianca. La Total Energies e la Movistar hanno tenuto alta l’andatura per non fare rientrare le squadre dei velocisti e sul traguardo mi hanno battuto due corridori con la “c” maiuscola. Sono contento del podio, è stato il primo arrivo in volata dopo aver aiutato Elia negli sprint dei giorni scorsi. Mi piacerebbe fare bene anche nella generale, ma sul Colorando ci saranno corridori più leggeri, sono troppo lontano da loro in salita».

Strategia Gaviria 

Ganna attacca e sebbene non abbia ancora le gambe dei giorni migliori, guadagna quel tanto che basta per dare la sveglia a Sagan e Gaviria, che ha lo sguardo laser e quando esulta lo fa come chi ha ritrovato qualcosa che mancava da troppo tempo. 

«Stamattina – racconta il colombiano – la mia idea era di fare gruppetto e arrivare placido al traguardo. Poi il gruppo si è rotto e Lastras mi ha dato via libera. Ho deciso di provare per arrivare a uno sprint meno affollato. Abbiamo fatto cinque minuti al top e ha funzionato. Il morale di quelli dietro è andato a picco e siamo riusciti ad arrivare.

«Pippo ha attaccato – prosegue – e io sapevo che se guadagnava un metro, ciao. Però è stato un signore, non mi ha chiuso contro le transenne e correttamente ha fatto la sua linea. Se ci avesse sorpreso, ci sarebbe stato un podio diverso».

L’esultanza col telefono è per Gaviria il modo di ringraziare Movistar
L’esultanza col telefono è per Gaviria il modo di ringraziare Movistar

Movistar famiglia

Sul traguardo, Gaviria ha mimato il gesto di una telefonata e poi è andato a fermarsi in fondo alla strada. Sulla sua maglia nera e blu gli aloni del sudore hanno fatto capire il caldo che ha colpito oggi i corridori.

«Il gesto del telefono? Da quando ho firmato il contratto – racconta Gaviria – mi è venuta in mente questa esultanza. E’ stato il modo per ringraziare Movistar per essersi fidata di me. Oggi hanno fatto un ottimo lavoro. Sono felice di essere qui, con questi giovani che stanno dando tutto per me. Il progresso che vedo in loro è molto importante e la volontà che hanno mi ha dimostrato che vogliono fare bene le cose e che sono felici di imparare qualcosa di nuovo. Meritavano che dessi il massimo per ottenere una vittoria.

«Questa squadra è come una grande famiglia e mi hanno accolto in modo incredibile sin dal primo ritiro di ottobre a Pamplona. Questo mi rende molto felice e mi fa dare un po’ più di me stesso negli allenamenti e anche a tavola, perché sono particolari che tornano».

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Dalla paura alla vittoria, stavolta spunta Jakobsen

24.01.2023
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Seconda volata alla Vuelta a San Juan e questa volta vince Jakobsen che batte Gaviria. Sono partiti da Valle Fertil e sono arrivati a Jachal dopo 201,1 chilometri, attraverso lande spelacchiate, senza un alito di vento né segnale per i cellulari. Giusto a un certo punto, presso un gruppo sparuto di case, un cartello avvisava che lì si poteva telefonare. Fuga ripresa e poi arrivo in volata.

Vanno così forte che quando passano sull’arrivo non osano neppure alzare le braccia dal manubrio e vanno a fermarsi in fondo alla strada, dove l’asfalto finisce e i massaggiatori li aspettano. Rispetto alle facce rabbiose di ieri, il finale ha ben altro sapore. Solo Jakobsen ha esultato, staccando appena il pugno.

«Ieri ho avuto paura – dice – non volevo cadere. Siamo solo all’inizio di stagione, ma ci sono nove squadre WorldTour e tutti gli sprinter migliori. Andiamo velocissimi, siamo ai livelli di un Tour de France».

Riunione nella notte

Ride Fabio, che si sta riprendendo quel che la caduta del Polonia stava per portargli via. E forse per questo ieri dopo la tappa nella sua squadra erano tutti furibondi. Al punto da pretendere giustizia e correttivi.

«Ieri il finale era molto pericoloso – racconta – per questo la notte scorsa abbiamo parlato con gli organizzatori e ci hanno promesso che oggi sarebbe stato meglio e così è stato. Non ci sono ricette particolari per avere più sicurezza.

«Sarebbe bello che non ci fossero persone nel percorso su cui corriamo, mentre ieri addirittura lo attraversavano. Il gruppo è qualcosa di strano che passa sulle strade ad alta velocità, abbiamo bisogno di poliziotti e transenne che ci guidino. Ieri ho scelto il lato più sicuro per non cadere, ma ho sbagliato strada e perso Lampaert e Morkov. Non volevo cadere, siamo qui per preparare la stagione e vorrei riportare la pelle a casa».

Un treno fantastico

Lo disse a Popsaland, nel corso della presentazione della Soudal-Quick Step: se riesco a lanciarmi nel modo giusto, sono l’uomo più veloce del mondo. E oggi in qualche modo ne ha offerto la prova, anche se Gaviria alle sue spalle è parso in crescita.

«Il nostro treno – spiega l’olandese campione d’Europa – ha iniziato a lavorare al chilometro zero, con Jan Hirt e Pieter Serry che ha fatto la maggior parte del lavoro, tenendo la fuga sotto controllo. E’ una fortuna avere al mio fianco gente così esperta. Poi Remco è passato davanti ai 3 chilometri dall’arrivo ed è stato un onore vedere la maglia iridata sacrificarsi per me. Ha una classe immensa. Ha portato da solo Lampaert e Morkov al finale e quei due sono la combinazione migliore, perché mi hanno lanciato con la velocità giusta. Quando le cose vanno così diventa tutto facile, un po’ meno che dirlo (ride, ndr). Io avevo buone gambe e ho fatto il resto».

A chi si chiede come mai in quella squadra si vinca così tanto in volata, basterà rileggere i nomi e il palmares dei corridori impegnati in questo piccolo sprint argentino.

Morkov e Lampaert hanno pilotato e lanciato Jakobsen nell’ultimo chilometro
Morkov e Lampaert hanno pilotato e lanciato Jakobsen nell’ultimo chilometro

Gaviria di ritorno

Si diceva di Gaviria, che è motivato, magro, sorridente, leggero di spirito e già perfettamente a suo agio con la nuova bicicletta.

«Sono contento per il rendimento della squadra – dice il colombiano – che si è messa a mia disposizione. Stiamo vivendo un cambiamento, a partire da Unzue. Non ho chiaramente un treno a mia disposizione, ma oggi tutti hanno lavorato sodo per prendere la fuga e questo per me è stato importante, perché mi ha fatto sentire la loro fiducia.

«E’ stato uno sprint complicato, ma credo di aver preso la posizione più conveniente. E’ stata una volata veloce, ma non è stata la mia migliore degli ultimi due anni. Se lo fosse stata, avrei vinto…».

Dopo l’arrivo, parlando con Amadio, Fernando raccontava la volata e il suo sorriso lasciava capire che le sensazioni giuste siano ormai sulla via del ritorno.

Alle spalle del podio, Gaviria spiega ad Amadio le dinamiche del finale
Alle spalle del podio, Gaviria spiega ad Amadio le dinamiche del finale

Ogni vittoria è grande

Jakobsen sorride, la paura di ieri è svanita: la vittoria è un balsamo benefico. La maglia di campione europeo rischiara la penombra del tendone sotto cui si svolge la conferenza stampa.

«Mi piace pedalare – dice – mi piace correre. E’ il lavoro dei miei sogni. Due anni fa in quella caduta ho rischiato di perdere tutto e quello che ho vissuto non lo auguro a nessuno. E’ bello essere qui, fare sprint è quel che mi riesce meglio. Ogni volta che vinco dopo quella caduta, per me è qualcosa di speciale».

La tappa è finita, la gente non accenna a sfollare, in questa provincia argentina che si specchia quasi nel Cile. Oltre le Ande che riempiono l’orizzonte, c’è il mare. E’ bello pensare che là in cima, da qualche parte, ci sia un condor che getta lo sguardo verso il Pacifico.

La Movistar cambia pelle: spiega tutto Lastras

21.01.2023
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Pablo Lastras sull’ammiraglia studia l’allenamento del mattino. E’ tutto nel tablet in cui ha caricato i percorsi di gara, anche se poi spiegarlo ai poliziotti in moto che anche oggi devono scortare la Movistar è un’altra cosa. I corridori stanno arrivando alla spicciolata dal garage, nel piazzale ci sono meno tifosi di quanti ce ne fossero ieri. Un cartello nella hall dell’albergo illustra i piani di allenamento delle squadre. La Movistar dovrebbe partire alle 10,30, ma la sensazione è che tarderanno.

L’uscita di Valverde e l’arrivo di Gaviria fanno capire che la squadra spagnola ha cambiato direzione. Fernando è l’uomo da scoprire e per ora appare super entusiasta dell’ambiente e della nuova bici. Il suo arrivo ha comunque spinto il team a cambiare atteggiamento, come ha già raccontato Sciandri all’inizio dell’anno. Ma qui siamo alla prima stretta, domani ci sarà la prima volata e Lastras inizia a sentire la tensione della corsa.

Fernando Gaviria ha 28 anni, colombiano di Medellin. E’ alto 1,80 e pesa 71 chili
Fernando Gaviria ha 28 anni, colombiano di Medellin. E’ alto 1,80 e pesa 71 chili
Com’è avere un corridore come Gaviria in squadra?

Una bella cosa, avevamo bisogno di un corridore così. Dovremo cambiare strategia in corsa, almeno in alcuni giorni. Ovviamente, senza avere un treno. Per una squadra come noi è molto difficile. Abbiamo la cultura dei Giri lunghi, dei Giri piccoli, è questa la filosofia da cambiare. Ma allo stesso tempo Fernando ci ha detto quello di cui ha bisogno.

Di cosa?

Di avere un uomo con lui per gli ultimi 5 chilometri, uno e basta, e quello non abbiamo avuto problemi a metterglielo a disposizione. Il ciclismo cambia. Guardate la Soudal-Quick Step, che ha sempre vissuto con le classiche e gli sprint e ora si ritrova a fare le classifiche dopo la grande vittoria alla Vuelta con Evenepoel. Noi vogliamo cambiare e Fernando ci darà quel cambiamento.

Nella hall dell’hotel Del Bono ogni mattina le squadre affiggono gli orari e i percorsi degli allenamenti
Nella hall dell’hotel Del Bono ogni mattina le squadre affiggono gli orari e i percorsi degli allenamenti
E’ una nuova Movistar quest’anno, senza Alejandro Valverde?

C’è stata una staffetta, che soprattutto l’anno scorso è stata un po’ frettolosa, con la questione della possibile retrocessione. Da fine luglio, tutto agosto, settembre e tutto ottobre, fino al Tour of Langkawi, la squadra ha superato se stessa. E’ questo tipo di impegno ciò che vogliamo.

Prima del Lombardia, Eusebio disse che senza Alejandro si sarebbero aperti spazi per altri corridori.

Totalmente vero. Questa mancanza di Alejandro sarà la stessa di quando se ne è andato Bettini, una similitudine per far capire agli italiani. Ovviamente gli altri corridori devono fare più passi. Siamo stati per tanti anni tutti sotto l’ombrello di Alejandro, anche i direttori sportivi. Con Alejandro le tattiche erano facili, ora dobbiamo avere più creatività per essere più bravi.

Gaviria è arrivato alla Movistar quest’anno, dopo le ultime stagioni alla UAE Emirates
Gaviria è arrivato alla Movistar quest’anno, dopo le ultime stagioni alla UAE Emirates
Avere Alejandro ancora in squadra è un vantaggio per i corridori?

E’ una garanzia totale, per insegnare tutto quello che sa. Alejandro resta una grande star e ora può restituire tutta quella conoscenza alla squadra e allo sport in genere. Sta già facendo tanto con la sua Academy. Ha le sue squadre, mandate avanti da suo fratello, ma a livello professionistico può e deve darci molto. Alejandro è un libro che va letto lentamente, con un bicchiere di buon vino. 

La tua stagione sarà divisa fra uomini e donne?

In questi anni ho cambiato molto, ovviamente, visto che anche il ciclismo femminile è molto forte. Ricevere e restituire. E’ quello che mi ha insegnato Eusebio Unzue e prima di lui Echávarri ed è quello che ho fatto. L’ho fatto inizialmente con la squadra delle ragazze, che ora sono strutturate per andare avanti da sole.

Hai parlato di Echavarri: questa è ancora la sua squadra?

Alla fine le radici non si devono dimenticare, dobbiamo ricordare da dove veniamo. Quindi, c’è una storia da cui veniamo. Il duo José Miguel Echavarri ed Eusebio Unzue. Poi solo Eusebio e ora con lui c’è suo figlio Sebastián. E’ sempre bello avere al comando due persone che si fidano l’uno dell’altro, perché la piena fiducia è la chiave per far funzionare tutto.

Pablo Lastras ha 47 anni ed è stato pro’ dal 1998 al 2015, sempre nella stessa squadra, che da Banesto è oggi Movistar
Pablo Lastras ha 47 anni ed è stato pro’ dal 1998 al 2015, sempre nella stessa squadra, che da Banesto è oggi Movistar
Un’ultima domanda: perché a fine 2021 Villella non è stato confermato alla Movistar?

Non lo so, forse abbiamo preteso troppo da lui. E’ un ragazzo molto bravo, molto serio, laborioso. Non sappiamo cosa sia successo.

Sai che si è ritirato?

Non rimane con la Cofidis? Che peccato…

Lastras scuote il capo. Solleva lo sguardo, come per qualcosa che proprio non si aspettava. I corridori sono arrivati ormai tutti. I poliziotti sono in sella alle moto. Si può partire. Domani inizia la Vuelta a San Juan 2023.

Gaviria alla Movistar, il velocista che mancava

09.01.2023
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Fernando Gaviria riparte dal Team Movistar, per un 2023 che all’alba dei suoi 28 anni vuole essere un riscatto. Maximilian Sciandri, diesse della squadra spagnola, ci spiega i motivi del suo arrivo alla Movistar. Il colombiano è il primo velocista puro che approda alla corte di Unzue.

«E’ il quinto anno che sono alla Movistar – esordisce Sciandri – e l’arrivo di Gaviria è un piccolo grande cambiamento. Non abbiamo mai avuto un velocista, si è sempre puntato sulle corse a tappe».

Sciandri è alla Movistar dal 2019. Nella foto, al Polonia con Juri Hollmann, giovane tedesco del team spagnolo
Sciandri è alla Movistar dal 2019. Nnella foto, al Polonia con Juri Hollmann, giovane tedesco del team spagnolo
Quando vi siete accorti di aver bisogno di uno come Gaviria?

A metà della scorsa stagione, quando ci siamo ritrovati a rincorrere nella classifica del ranking UCI. Se avessimo avuto un velocista avremmo avuto più possibilità di raccogliere punti importanti, Gaviria è uno di quelli che ha la stoccata vincente. 

Come si inserirà in una squadra che ha sempre puntato sulle corse a tappe?

Fernando (Gaviria, ndr) è un velocista atipico, uno che non ha bisogno del treno che lo porta fino ai 300 metri dall’arrivo. Si adatta, la cosa fondamentale sarà portarlo all’ultimo chilometro o poco più avanti nelle posizioni di testa. 

La squadra per la stagione che sta per iniziare è stata presentata poco tempo fa a Madrid
La squadra per la stagione che sta per iniziare è stata presentata poco tempo fa a Madrid
Chi saranno i suoi angeli custodi?

Abbiamo tanti corridori che possono dargli una mano: Aranburu, Erviti, Rojas… Ma anche lo stesso Cortina. Ovviamente bisogna imparare a costruire il treno o perlomeno un’intesa che permetta a Gaviria di mettersi in mostra.

Partirà dall’Argentina, corsa nella quale ha fatto bene in passato.

Sì, ha sempre fatto bene alla Vuelta a San Juan, tra il 2017 ed il 2020 ha vinto ben otto tappe. 

Partire bene fin dalle prime corse è fondamentale, per non trovarsi poi a rincorrere…

Ne abbiamo parlato anche tra membri dello staff durante il ritiro di dicembre. Quando ero in BMC al Tour Down Under arrivavamo con una squadra già competitiva con Porte, Evans o Dennis. Un corridore come Gaviria è in grado di “tirare” la squadra. Quando si parte con il piede giusto si è fatta una buona parte del lavoro…

L’ultima vittoria in una corsa WorldTour per il colombiano risale al Giro di Polonia del 2021
L’ultima vittoria in una corsa WorldTour per il colombiano risale al Giro di Polonia del 2021
Che impressione hai avuto di Gaviria in questi primi giorni insieme?

Siamo stati in ritiro con la squadra, due settimane ad Almeria, e poi abbiamo fatto la presentazione a Madrid. Lo avevo incontrato qualche volta in giro alle gare, ma non ci eravamo mai conosciuti. Mi sembra un ragazzo estremamente serio e con una gran voglia di riscatto.

Anche perché gli ultimi due anni alla UAE Emirates non sono stati dei migliori.

Secondo me dentro stava stretto, nel senso che la UAE ha tanti corridori molto forti ed è difficile trovare il proprio spazio. Qui alla Movistar potrà avere più chance di mettersi in mostra, anche se il suo calendario non lo conosco ancora. So che staremo spesso insieme ma dobbiamo decidere bene a quali corse puntare. 

Lo scorso anno al Giro alcuni buoni piazzamenti gli sono valsi il secondo posto nella classifica a punti
Lo scorso anno al Giro alcuni buoni piazzamenti gli sono valsi il secondo posto nella classifica a punti
Si troverà in una squadra spagnola, cambierà qualcosa?

Da noi potrà avere maggiore empatia, Fernando è un ragazzo che ha una grande personalità. E’ molto carismatico ed ha creato subito un buon feeling con i nuovi compagni.

In ritiro che impressione ti ha fatto?

E’ già ad un buon punto nella preparazione, anche perché tra meno di due settimane sarà in corsa. Abbiamo fatto molte distanze e qualche lavoro specifico, come sprint e dei fuori soglia. A lui piace molto fare allenamento e distanze dietro macchina, è un po’ alla vecchia maniera.

Richeze riparte. Dove va? Non si può dire…

18.10.2022
5 min
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Maxi Richeze non farà il prossimo Giro d’Italia, ma molto probabilmente lo vedremo al Tour. E così l’argentino, che pareva avviato al ritiro, torna in gruppo per rispondere alla richiesta di un amico velocista, che in Francia vuole andarci a tutti i costi. Per orgoglio e per battere un record uguagliato l’anno scorso. E visto che a Richeze non è consentito parlare della nuova squadra fino alla prossima settimana, resteremo nel vago. Anche il post su Instagram del suo futuro capitano è stato rimosso alla svelta.

Ripescato grazie all’intervento di Matxin, al Tour of Oman 2022 aiuta Gaviria a vincere due tappe
Ripescato grazie all’intervento di Matxin, al Tour of Oman 2022 aiuta Gaviria a vincere due tappe

Pensione anticipata

A giugno la UAE Emirates lo ha mandato in pensione. A dire il vero, se non fosse stato per l’insistenza di Matxin, il contratto di Richeze non sarebbe stato rinnovato neppure per quei pochi mesi. Di fatto l’ultima corsa porta la data del 12 giugno: Elfstedenronde Brugge (in apertura il saluto di Keisse). Nel team degli Emirati, Maxi faceva l’ultimo uomo di Fernando Gaviria.

«Avrei smesso per una decisione non mia – dice – e questo un po’ mi scocciava. A metà 2021, Mauro (Gianetti, ndr) mi disse che non mi avrebbe tenuto, anche se Matxin diceva che sarei servito. Per questo non sono andato al primo ritiro. A novembre la conferma: decisione presa. Dove vado? Ho pensato che la mia carriera l’avevo già fatta e sono andato in Argentina, restando però in contatto con Matxin, con cui c’è una bella amicizia. E lui a un certo punto del nuovo anno, mi chiese se mi stessi allenando ancora, perché c’era bisogno di me». 

E’ stato Gaviria a volerlo con sé quando ha lasciato la Deceuninck-Quick Step nel 2020
E’ stato Gaviria a volerlo con sé quando ha lasciato la Deceuninck-Quick Step nel 2020

Ultimo uomo deluxe

Richeze ha 39 anni compiuti a marzo ed è professionista dal 2006, pistard lanciato da Reverberi nella allora Ceramiche Panaria. Ha vinto una decina di corse, fra cui due tappe al Giro e una allo Svizzera, ma la sua vera rivelazione è stata nei panni di ultimo uomo di velocisti come Viviani, Kittel, il giovane Jakobsen e Gaviria, che lo volle con sé quando lasciò la Quick Step per passare alla UAE.

«Così a inizio 2022 – riprende – ho firmato un contratto fino al Giro. Fernando ha vinto in Oman. Ho lavorato per Pogacar quando è servito. C’era tutto per continuare sino a fine anno. Invece a due tappe dalla fine del Giro mi hanno fatto una proposta che non ho trovato giusta. Avevano i loro motivi, non discuto, ma ho deciso di non accettare».

Alla Vuelta del 2019 ha lanciato Jakobsen alla prima vittoria di tappa a El Puig
Alla Vuelta del 2019 ha lanciato Jakobsen alla prima vittoria di tappa a El Puig
E così a giugno ti sei ritrovato a piedi. Cosa hai fatto?

Sono andato in Argentina e ho continuato ad allenarmi, facendo però anche altri sport che mi piacciono come la corsa a piedi e il nuoto. Anche perché non sapevo cosa rispondere a tutti gli amici che mi chiedevano. A luglio ho fatto un po’ di vacanze, finché è arrivata la chiamata di questo amico corridore. Sono stato contento. Per avere la possibilità di chiudere a modo mio e perché, messo tutto sulla bilancia, so di poter andare ancora forte. E così ho preso la decisione.

Come mai ha chiamato te?

Era un bel po’ che parlavamo. Abbiamo sempre corso contro, ma vedeva il mio lavoro. E finalmente adesso correremo insieme. Comunque l’anno l’ho finito con 56 corse in 5 mesi, che non sono poche. Ero un po’ stanco e questo periodo di stacco ci stava bene.

Alla presentazione della Vuelta San Juan 2019, fra Sagan e Cavendish
Alla presentazione della Vuelta San Juan 2019, fra Sagan e Cavendish
Questo corridore misterioso ha a sua volta una grande voglia di riscatto, che inverno ti aspetta per essere all’altezza?

Un inverno più intenso. Ho già iniziato da due settimane. Palestra e poca bici. La preparazione fisica va fatta bene e non voglio esagerare pedalando per trovare poi il giusto entusiasmo. Anche se devo dire che quelle settimane a pedalare senza stress in Argentina me le sono proprio godute. Non escludo di tornare a fare qualcosa in pista, per trovare il colpo di pedale e la condizione senza spremermi troppo.

Motivazioni?

Tante. Ho voglia di riscatto. Questo obiettivo mi carica molto e alla mia età ho bisogno di motivazioni forti. Far parte di questo progetto con l’obiettivo del Tour mi motiva molto.

Nella squadra in cui il corridore misterioso ha già detto di andare corre un giovane velocista italiano, che ha fatto un ottimo 2022…

Lui è forte davvero e qualche volta farà parte del nostro gruppo. Ma stanno costruendo un treno. E’ stato il mio amico a scegliere i corridori, il personale e gli allenatori. In un’intervista, il team manager ha detto che la trattativa è stata come quella per prendere un calciatore. Lui ha tanta voglia di tornare in Francia. Non gli è andato giù non esserci andato quest’anno. Abbiamo entrambi qualcosa da dimostrare.

Alla Tirreno, tirando per Pogacar. L’apporto di Richeze alla squadra non è mai venuto meno
Alla Tirreno, tirando per Pogacar. L’apporto di Richeze alla squadra non è mai venuto meno
Hai pensato a cosa farai quando dovrai appendere la bici al chiodo?

Resterò sicuramente in Europa. Ho dei progetti per lavorare con i giovani in Argentina, per poi portarli qua. Sono arrivato tanti anni fa, il vero ciclismo è in Europa. Ho faticato tanto, perché non sapevo niente. Sembrava quasi che non avessi mai corso. Abbiamo grande potenziale, serve qualcuno che apra la strada. E sono coinvolto anche nel progetto per l’inaugurazione del nuovo velodromo a San Juan, dove si faranno i mondiali del 2025. Non ci arriverò come corridore, ma sono contento di poter aiutare a organizzarli.

Viviani 2022

Intanto Viviani in Ungheria prepara un grande europeo

14.05.2022
5 min
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Alla vigilia della partenza del Giro d’Italia, con Tosatto si era discusso della mancanza di Elia Viviani dal team Ineos Grenadiers al via della corsa rosa. In questi giorni il campione olimpico di Rio 2016 è in Ungheria, proprio da dove il Giro è partito, ma sta gareggiando nella corsa a tappe del Paese magiaro, dove ha sfiorato il successo nella prima tappa.

Con lui abbiamo parlato non solo della sua prestazione al Giro d’Ungheria, ma gettato lo sguardo anche al di là, verso una seconda parte di stagione promettente e verso un Giro che lo vede spettatore quanto mai interessato. Ma partiamo dalle vicende ungheresi: «Nella prima tappa ci sono andato davvero vicino, nella seconda ero con il 54 e quando è stato il momento di cambiare mi è saltata la catena. Nella terza… beh, lasciamo perdere. Devo dire però che la condizione è buona, sono molto contento di come sto andando e di come mi sento».

Viviani Ungheria 2022
Lo sprint della prima tappa al Giro d’Ungheria, con il veneto beffato di un nulla da Kooij
Viviani Ungheria 2022
Lo sprint della prima tappa al Giro d’Ungheria, con il veneto beffato di un nulla da Kooij
Che corsa stai affrontando?

C’ero già stato in Ungheria, ma mi pare che si tratti di una prova di livello più elevato che in passato. Ci sono ben 12 squadre del WorldTour, nelle fughe entrano tutti corridori forti, si vede che i team ci tengono, anche se hanno qui la seconda squadra con i big chi al Giro chi in preparazione per il Tour. Ma per emergere c’è da faticare.

Non ti ha fatto un certo effetto arrivare in Ungheria subito dopo la partenza del Giro d’Italia?

Beh, quando sono arrivato tutto, già dall’aeroporto, parlava del Giro, sembrava tutto rosa… Ma non mi ha fatto un particolare effetto, sapevo già da tempo che non sarei stato al Giro, ero e sono concentrato per vincere, penso solo a star bene e continuare su questa linea che mi pare positiva, seguo i programmi che avevamo stabilito e basta.

Dopo la conclusione di domenica che cosa prevede il tuo programma?

Già da lunedì sarò a Livigno per un altro periodo di allenamenti in altura e vi resterò fino a fine mese, per poi affrontare un giugno impegnativo, partendo da una classica alla quale tengo come la Brussels Classic per arrivare a un’altra prova a tappe, il Giro di Occitania con altre gare nel mezzo. Tutto pensando al campionato italiano che sarà il culmine di quest’altra fascia, a luglio sarò più tranquillo, ma nel frattempo spero di avere chiarezza sugli obiettivi estivi…

Viviani Glasgow 2022
Viviani in Coppa del Mondo a Glasgow dove ha dominato nell’eliminazione
Viviani Glasgow 2022
Viviani in Coppa del Mondo a Glasgow dove ha dominato nell’eliminazione
In che senso?

Devo parlare con Bennati sulla possibilità di affrontare gli europei su strada, vorrei andarci con ambizioni, perché il percorso di Monaco è molto adatto alle mie possibilità. Sono però convinto che uno le proprie aspettative se le debba guadagnare sul campo, per questo voglio parlare col cittì avendo dalla mia risultati. Devo dimostrare di poter essere competitivo.

Quindi a Monaco ti vedremo su strada e non su pista.

L’unificazione degli europei viene a mio svantaggio e non mi piace molto. So che è stato fatto perché il ciclismo fa parte di questa nuova manifestazione polisportiva (gli europei di ciclismo saranno condivisi nello stesso periodo con una decina di altre discipline sportive a cominciare dall’atletica, per andare a formare una piccola sorta di Olimpiade, ndr) ma sinceramente non è qualcosa che mi piace.

Hai 33 anni, hai vinto tanto e hai accumulato una enorme esperienza tenendo sempre un certo equilibrio fra strada e pista: non è che con l’età questo equilibrio pende sempre più a favore della seconda?

Per me è uguale, non è che durante la stagione corra di più su pista. Ho fatto la prima tappa di Coppa del Mondo a Glasgow per poi concentrarmi sulla strada, tornerò alla pista per i mondiali. Il fatto è che la gente giudica in base ai risultati: su pista vinco, su strada faccio secondo, terzo, quarto… Ma non è cambiato niente.

Viviani Europei 2019
Un bel ricordo per Viviani, il titolo europeo 2019 vinto battendo Lampaert
Viviani Europei 2019
Un bel ricordo per Viviani, il titolo europeo 2019 vinto battendo Lampaert
Parlavi di piazzamenti, l’impressione è però che li accogli con un altro spirito…

Sto meglio rispetto agli ultimissimi anni, questo è certo, Io sono contento di come vado, poi non va dimenticato che sono in una squadra senza un vero treno, il che significa che ogni volata va inventata, quindi ne puoi disputare meno. Nella prima tappa c’ero e ho fatto secondo, nelle altre due non c’è stata una reale possibilità di farla. In queste condizioni, quando perdi l’occasione sai che dovrai aspettare per averne un’altra. Con un treno è diverso, ma questo non è un problema solo mio: qui in Ungheria c’è solo la Quick Step che ha un vero treno e Jakobsen domina, ma uno come Groenewegen ad esempio non ha ancora fatto uno sprint.

Sembra quasi un ritorno al passato, quando i treni per i velocisti non c’erano o erano pochissimi. E’ un bene questo?

Non direi, perché ogni volata diventa una guerra. Al Giro in questo momento il più in forma è Gaviria, ma non ha un treno a disposizione, gli sprint si sviluppano nel caos più completo e si sta innervosendo perché non riesce a dimostrarlo. Ci sono Cavendish e Demare che hanno la squadra a disposizione, ma dietro è un disastro. Ho sentito in settimana Consonni che mi ha raccontato di tanto nervosismo nel gruppo. Il lato positivo semmai è un altro.

Demare Gaviria Giro 2022
Demare e Gaviria: due vittorie per il primo, ma Viviani vede il secondo più in forma
Demare Gaviria Giro 2022
Demare e Gaviria: due vittorie per il primo, ma Viviani vede il secondo più in forma
Quale?

Ci sono finalmente squadre che vanno ai grandi giri costruite esclusivamente per i velocisti, proprio come Quick Step e Groupama FDJ al Giro. Questo non avveniva da tempo: le squadre hanno iniziato a capire che non puoi puntare a tutto, devi fare una scelta preventiva su quello che deve essere l’obiettivo, se la classifica o le tappe in fuga o le volate. In questo senso è meglio.

Tu in Ungheria sei senza treno, come interpreti le volate?

Ho Amador che grazie alle sue qualità fa un po’ da jolly della squadra, mi aiuta nelle fasi di avvicinamento a quella finale, poi c’è Turner che cerca di mettermi nella posizione migliore per l’ultimo chilometro, lì devo fare da solo. Ben è bravissimo, lo avete visto nelle classiche, ma è un primo anno e non è certo un ultimo uomo. Sta lavorando benissimo, come tutto il team e vorrei ripagarli con un bel risultato.

Richeze dice basta, ma prima c’è ancora una cosa da fare

01.02.2022
5 min
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Sembrava stesse davvero per finire così, un po’ all’ombra, in sordina, la carriera di Maximiliano Richeze. Poi un giorno, uno dei primi dell’anno, squilla il telefono. E’ Matxin e quella che era una proposta verbale diventa realtà. «Max – dice il team manager – correrai con noi fino al Giro d’Italia».

Max Richeze, dall’Argentina, professione velocista, 39 anni a marzo, correrà con il UAE Team Emirates ancora per questa manciata di mesi, poi dirà stop alla sua, lunga, e ottima carriera.

San Juan 2020, Richeze ricercatissimo tra i suoi tifosi, tanto più che vestiva la maglia di campione nazionale
San Juan 2020, Richeze ricercatissimo tra i suoi tifosi, tanto più che vestiva la maglia di campione nazionale

Chiusura con stile

«Ero in scadenza di contratto – dice Richeze – ma volevo continuare a correre. Ero in parola con il team, ma ancora non si era concluso nulla. Io avrei voluto chiudere alla Vuelta San Juan, nella mia Argentina.

«Ma poi la corsa è stata fermata per il Covid. Ci tenevo però a fare qualcosa e anche loro del team non volevano finisse così. L’infortunio di Alvaro (Hodeg, ndr) ha accelerato le cose. Mi ha chiamato Matxin e mi ha detto che avrei gareggiato fino al Giro».

Max racconta tutto con passione e con la sua proverbiale educazione, anche se è indaffaratissimo mentre sta per arrivare nel suo hotel al Saudi Tour, che inizia proprio oggi.

«Credo sarà proprio bello chiudere la carriera in Italia. Il Giro è stato il mio primo grand tour e sarà anche l’ultimo».

Gaviria ha lasciato la Quick Step prima di Max, ma nel 2020 i due si sono ritrovati alla UAE Team Emirates
Gaviria ha lasciato la Quick Step prima di Max, ma nel 2020 i due si sono ritrovati alla UAE Team Emirates

Allenamenti al top

«In questo inverno – racconta l’argentino – mi sono allenato come se avessi avuto un contratto. L’idea era di fare delle belle gare al San Juan, di arrivarci in forma e di chiudere al meglio. Ero stato ad allenarmi sia a San Juan che a San Luis. Soprattutto qui ho potuto fare delle belle salite.

«Ve le ricordate? El Filo, il Mirador… fino a 2.100 metri di quota, si facevano quando c’era il San Luis al posto del San Juan. Il clima è buono e fa caldo il giusto. 

«E prima ancora, a novembre, mi ero allenato in Italia a Bassano». 

Bassano del Grappa è la seconda casa di Richeze. Lo avevamo visto nello sfondo di una storia postata da Brambilla. I due stavano lavorando in una palestra. Ognuno si allenava con le divise del proprio team. La cosa un po’ ci colpì.

«Gli stimoli? Tanti! – racconta Max – Lo sono sempre stati per questa ultima preparazione invernale della mia carriera, ma dopo la telefonata di Matxin lo sono stati ancora di più. Era l’ultima stagione e volevo dare il massimo per finire al meglio».

Tour de Langkawi: 3 febbraio 2006, prima gara da pro’ e prima vittoria per Richeze
Tour de Langkawi: 3 febbraio 2006, prima gara da pro’ e prima vittoria per Richeze

Dall’Argentina…

Papa Francesco quando fu eletto disse: «Vengo dai confini del mondo». Ma chi è dunque Max Richeze? Anche lui viene dai confini del mondo. Noi sappiamo che è diventato professionista nel 2006 alla Ceramica Panaria, che ha tante volate, due tappe al Giro, i Giochi Panamericani, il titolo nazionale e che è stato un apripista ricercatissimo, merito dei passati da pistard.

«Sinceramente non mi aspettavo di avere un carriera così lunga quando ho iniziato – dice Richeze –  Già era stato tanto diventare pro’.

«E’ vero, vengo dall’altra parte del mondo e per come siamo messi in Argentina con il ciclismo è stato davvero un bel salto. Sono contento ed orgoglioso di quello che ho fatto. Ho sempre dato il massimo cercando di essere preciso negli allenamenti e se sono arrivato a questa età è perché ho fatto una buona vita».

Nella presentazione dei team di ieri al Saudi Tour, Richeze già guidava il UAE Team Emirates
Nella presentazione dei team di ieri al Saudi Tour, Richeze già guidava il UAE Team Emirates

Richeze l’italiano

Prima abbiamo detto che era a Bassano, in Veneto. Ma perché? La sua storia è questa. 

«Ho iniziato a 12 anni – racconta Max – insieme a mio fratello Roberto. Seguivamo papà che correva. Andavamo alle gare con lui e volevamo gareggiare anche noi. Ma papà ci diceva di no, di aspettare, che semmai avremmo pedalato più in là. Non voleva che perdessimo l’età del gioco. 

«Io infatti giocavo a pallone. Poi attorno ai 12-13 anni, come detto, sono salito in bici».

«Sono di Buenos Aires e lì non ci sono salite. Ho fatto tanta pianura e tanta pista. E infatti quando sono arrivato da voi in Italia è stata dura. Ero “cicciottello”, pesavo 10 chili di più, mi staccavo sui cavalcavia! Insomma, è stato uno shock. In pratica ho ricominciato da capo».

«Sono arrivato a Bassano tramite i fratelli Curuchet e Mirko Rossato, da poco diesse del Team Parolin. Loro gli avevano già mandato Ruben Bongiorno.

«Mirko mi vide girare in pista e mi disse: se hai voglia dì ai Curuchet di chiamarmi e così è andata. Ci sarei andato subito, ma all’epoca c’era una regola per cui gli under 23 di primo anno non potevano lasciare il Paese. Potevano andare solo dal terzo anno. Ho dovuto aspettare un bel po’».

Con la sua esperienza, Max (qui in seconda ruota) sarà il road capitan al Giro, non solo l’apripista di Gaviria
Con la sua esperienza, Max (qui in seconda ruota) sarà il road capitan al Giro, non solo l’apripista di Gaviria

Road capitan al Giro

Argentina e Italia. Il legame profondo fra queste due Nazioni si rinnova ancora. E se non ha chiuso nella sua Argentina è giusto che Richeze chiuda da noi. Al Giro però non verrà per “portare a spasso” la bici. Da vero pro’ qual è Richeze ha un ruolo ben definito.

«Devo ancora parlare con Matxin per i dettagli. Di solito è lui che decide queste cose, ma aiuterò Fernando Gaviria nelle volate. Fernando è un vero amico e lo faccio prima per questo che in quanto compagno di squadra. Anche qui in Arabia Saudita sono in camera con lui».

«E poi – conclude Richeze – aiuterò Almeida nelle tappe di pianura. A posizionarlo bene, a tenerlo al sicuro. Avrò le chiavi della squadra? Beh, di sicuro sono il più esperto e per me è davvero un piacere questo ruolo. Poi qui conosco tutti. Molti sono del vecchio gruppo Lampre, in cui ero già stato».