A un certo punto non si è capito se la Deceuninck-Quick Step gli avesse ordinato di non tirare per far rientrare Alaphilippe, che in partenza era il leader della squadra. Sta di fatto che il francese dietro continuava a incitare i corridori di altre squadre perché tirassero per la loro parte, mentre davanti Masnada si è messo a ruota, parlando nervosamente alla radio. Al punto che a un certo punto l’ammiraglia lo ha affiancato. Se questo era il piano, non ha funzionato. Il vantaggio di Pogacar e del bergamasco è sceso fino a 28 secondi fintanto che all’inseguimento partecipava anche il campione del mondo, poi è preso a ricrescere.
Masnada si è tuffato in discesa con la sicurezza del padrone di casaMasnada si è tuffato in discesa con la sicurezza del padrone di casa
Finale ad alta tensione
E così Fausto Masnada – bergamasco di Laxolo, 28 anni il prossimo 6 novembre – è andato incontro al finale di corsa sapendo di avere una sola chance: staccare Pogacar nel falsopiano dopo lo strappo di Città Alta (foto di apertura). Qualsiasi altra soluzione, pur percorribile, lo avrebbe visto perdente. Il ricordo della volata con Colbrelli al campionato italiano era troppo fresco per essere stato dimenticato.
«Sono felice – dice – è il mio primo podio in una prova monumento e centrarlo nella mia città rende tutto ancora più speciale. So che il secondo posto non è una vittoria, ma so di essere stato superato da uno dei migliori corridori del mondo, che oggi era impossibile da battere».
Ha lavorato sodo per Alaphilippe, che gli ha dato poi via liberaHa lavorato sodo per Alaphilippe, che gli ha dato poi via libera
Attacco concordato
Le sue parole dopo l’arrivo in qualche modo stridono con quello che si è visto nelle immagini televisive.
«Durante la corsa – dice – ho parlato con Julian (Alaphilippe, ndr) e mi ha detto di provare qualcosa se sentivo di avere le gambe. Così sono andato a tutto gas dopo il passo di Ganda, con la fiducia al massimo perché conoscevo la discesa e quelle strade. Questa stagione non è stata delle mie migliori, con diversi infortuni che mi hanno fatto saltare molte gare, perciò finire così è fantastico».
Masnada è il primo bergamasco da ventidue anni sul podio di un Lombardia finito a BergamoMasnada è il primo bergamasco da ventidue anni sul podio di un Lombardia finito a Bergamo
Per Bergamo e i bergamaschi
Masnada è il primo bergamasco in 22 anni a concludere fra i primi tre Il Lombardia che si sia concluso a Bergamo. Per questo la sua dedica alla città ha infiammato i tanti tifosi che lungo tutto il finale lo hanno incitato.
«Era la prima volta che facevo il Colle Aperto in gara – ammette – e l’atmosfera in quella stradina così stretta da questi fantastici tifosi è qualcosa che rimarrà per sempre con me. Mi vengono i brividi solo a pensarci. Questo posto sul podio è per loro e per l’intera città di Bergamo, così duramente colpita durante la pandemia. Non dimenticherò mai questo giorno incredibile».
Parte domattina il Tour of Guangxi. Sarà un festival di velocisti. Pubblico entusiasta. Si corre dopo lo stop Covid durato 4 anni. Connessioni complicate
Che cosa significa per una squadra, la Deceuninck-Quick Step in questo caso, aver avuto in casa il campione del mondo? E che cosa significa averlo di nuovo? In questo mondo fuori dal mondo, in cui i team non percepiscono diritti televisivi o ricavi da biglietti e gli sponsor investono cifre importanti senza alcun ritorno certificabile, fare un tuffo nel marketing di una squadra può offrire spunti nuovi. E se il responsabile di queste strategie è per giunta un amico, Alessandro Tegner, conosciuto vent’anni fa quando curava la comunicazione della Mapei e ora titolare anche di AT Communication, il viaggio finisce col trasformarsi in una lunga immersione.
«Quando hai il campione del mondo – dice Tegner, in apertura con Davide Bramati – la percezione della squadra è diversa, perché quella maglia catalizza l’attenzione. In più Julian (Alaphilippe, ndr) è un generoso e questo piace alla gente. Ma è anche un campione che deve restare concentrato, per cui cerchiamo di stressarlo il meno possibile. Pochi eventi, tre cose importanti all’anno perché possa fare bene il suo lavoro. E tutto intorno c’è invece il nostro…».
Tour 2019, Alaphilippe ancora in maglia gialla. Lefevere con lui in conferenza stampaTour 2019, Alaphilippe ancora in maglia gialla. Lefevere con lui in conferenza stampa
Ecco, bravo… Che lavoro fai?
Bella domanda, me lo chiedo anche io. Tanto marketing, supervisione della comunicazione e relazione con gli sponsor. E’ tutto interconnesso. I partner sono interessati alle attivazioni possibili, per cui si cerca di creare contatto fra lo sponsor e l’attività di marketing. Poi c’è Wolfpack, che è iniziato come una cosa fra noi e invece sta diventano un marchio che ci rende riconoscibili.
In Belgio il ciclismo è super popolare. E’ anche ambito dalle aziende?
Le aziende scelgono e usano la squadra per le loro campagne. Ma alle spalle, c’è un lavoro di preparazione da parte nostra perché la squadra possa diventare un traino per chi ci investe. C’è un marketing rivolto agli sponsor con asset realizzati su misura e poi c’è il marketing della squadra.
Ti ha aiutato aver lavorato prima a contatto con la stampa?
Quelli della mia età nelle squadre hanno acquisito un’infarinatura totale. Abbiamo vissuto il passaggio da analogico a digitale e la trasformazione dei team in aziende. Dal 2006 al 2014 seguivo anche le pubbliche relazioni per gli sponsor alle corse, creando campagne per valorizzare la squadra. Così ho capito come funzionava il meccansimo.
Tegner è passato dal ruolo di addetto stampa a quello di responsabile marketingTegner è passato dal ruolo di addetto stampa a quello di responsabile marketing
Ti intendi bene con Patrick Lefevere?
Come tutti i leader di carisma, lascia molta autonomia, ma in cambio ovviamente pretende risultati. Ci sentiamo quotidianamente. Quando arrivai in questo gruppo con Bettini, Guercilena, Bramati e pochi altri, non scommettevo che sarei durato sei mesi. Era una sfida. Invece fra poco festeggerò i 20 anni. L’esperienza Mapei e quegli anni di sperimentazione di come si potesse inquadrare una squadra come un’azienda, si sono rivelati preziosissimi.
E intanto hai persino imparato a parlare il fiammingo…
Mi piacciono le lingue. In squadra usiamo l’inglese, perché Patrick ha sempre voluto mantenere un tasso di internazionalità. Con lui parlo sempre in italiano. Ma capire una conversazione in fiammingo, con il meccanico o con lo sponsor, è un modo importante per entrare nel loro tessuto sociale. Creare sintonie e sinergie è da sempre il mio credo.
Belgio e Italia.
Belgio e Veneto. Trovo affinità fra le due culture del lavoro. Il tessuto economico della Silicon Valley del Belgio – fra Gand, Courtrai e Bruges – fa pensare a quello dell’area di Conegliano e Montebelluna, dove vivo. Dove la cultura del lavoro è ancora importante.
Lefevere è molto attivo nella cura degli sponsor e nelle fasi di rappresentanza. Qui è con Zdenek Bakala, proprietario del teamLefevere qui con Zdenek Bakala, proprietario del team
Torniamo al campione del mondo.
Quest’anno ha vinto quattro corse. Una tappa alla Tirreno. La Freccia Vallone. La prima tappa del Tour con la maglia gialla. Il mondiale. Però si piazzato anche 14 volte nei primi cinque. Lo abbiamo lasciato correre libero, sapendo quanto pesi quella maglia e l’anno prossimo sarà lo stesso. Gli sponsor capiscono. Faremo le nostre sessioni di foto a gennaio e febbraio e poi lo lasceremo in pace.
Basta davvero così?
Cerchiamo di razionalizzare la promozione che lo riguarda. In più, tolti gli spazi fissi, gli chiediamo delle finestre in cui poter eventualmente fare qualcosa. A dicembre si fanno i programmi delle corse e quelli delle attività collaterali. Dopo la Liegi ad esempio facemmo due attività di marketing importantissime con Lidl e a casa di Julian con installazioni dei nostri sponsor. E poi altre due durante l’anno.
Julian si presta sempre?
Lui è come lo vedete. E’ così legato a questa squadra, che quando tagliò il traguardo della tappa del Tour, andò da Patrick e gli chiese se fosse contento.
Con la vittoria di Leuven, inizia il secondo ano da iridato di AlaphilippeCon la vittoria di Leuven, inizia il secondo ano da iridato di Alaphilippe
La squadra ha lasciato andare parecchi corridori allettati da offerte superiori. C’è mai stato il rischio di perdere Alaphilippe?
Nel ciclismo di oggi, chi ha Pogacar, Roglic, Van der Poel, Van Aert e Alaphilippe difficilmente se li lascia scappare. Lui in più è anche personaggio, sa coinvolgere, viene facile tenerselo legato. E’ una grande ispirazione per gli sponsor, non si scelgono i corridori solo per il numero delle vittorie. Ha con tutti noi e con lo stesso Lefevere un rapporto bellissimo.
Hai la tua agenzia, sei un pezzo importante della squadra, cosa manca ad Alessandro Tegner?
Se devo dirvi la verità, mi manca il rapporto coi giornalisti, che negli anni mi ha permesso di avere con alcuni di loro delle relazioni umane importanti. Ma faccio un lavoro bellissimo. Sono fiero della mia AT Communication e dei miei collaboratori. Ci vediamo sabato al Lombardia. La stagione non è ancora finita e già quasi si pensa a come ricominciare.
Pogacar è imbattibile e il Giro è già chiuso? Crediamo di no, così come forse si erano immaginati altri scenari. Forse si puntava alla sfida Tadej-Remco
Per il secondo anno da campione del mondo, Alaphilippe sfoggia il solito correre garibaldino. Ma in allenamento ha scoperto i watt. Suo cugino racconta
E’ notte fonda quando il telefono squilla e Davide Bramati riemerge da una cena con gli altri tecnici della Deceuninck-Quick Step. Erano anche loro a Leuven e hanno brindato alla vittoria iridata di Alaphilippe (in apertura con la compagna Marion Rousse) e alle prestazioni più che soddisfacenti del resto dei corridori. La squadra belga aveva il record dei convocati al mondiale, con 13 elementi. Al punto che nel gruppo che si è giocato la corsa, trasversalmente alle varie nazionali ma con lo stesso casco e le stesse bici, si riconoscevano Evenepoel, Bagioli, Senechal, Alaphilippe e Stybar. Ma il focus questa volta è soltanto sul francese che si è portato a casa il bis iridato in due anni.
Bis iridato: sul traguardo ha avuto la ricompensa per i tanti piazzamenti del 2021Bis iridato: sul traguardo ha avuto la ricompensa per i tanti piazzamenti del 2021
Davide, pensavi avesse questa condizione?
Di sicuro al Tour of Britain aveva fatto vedere di avere una grande condizione, trovando però un Van Aert stellare che l’ha battuto in due scontri diretti. Secondo me però si trattava solo di trovare serenità, perché come ha detto anche lui quella maglia è un bel peso da portare.
Magari non è per caso che ha vinto indossandone un’altra…
E’ stato un grandissimo mondiale. Bello per il pubblico e bello per le medie subito alte. E lui ci ha messo sopra il tocco di classe. La Francia lo voleva e ha corso per prenderlo.
Pensavi che Julian potesse fare un numero del genere?
Visto il percorso e conoscendo le sue caratteristiche, una mezza idea mi era venuta. Magari non pensavo che si facesse fuori un giro e mezzo. Nella mia testa lo avrei visto fare come Baroncini, con un attacco sul penultimo muro. Ma Julian sa valutare gli avversari e deve essersi reso conto che erano in pochi davanti. E per evitare che lo anticipassero, è partito da solo.
Quasi un milione e mezzo di spettatori lungo il percorso di LeuvenQuasi un milione e mezzo di spettatori lungo il percorso di Leuven
Pesa più la vittoria di Leuven o quella di Imola 2020?
L’anno scorso fece un grande numero. Quest’anno dopo il campionato italiano l’ho detto ai ragazzi, avendo seguito la corsa dietro Masnada, praticamente lungo lo stesso percorso. Rivedendo le strade mi sono reso conto dell’impresa. Ma anche questa volta è stato da incorniciare, due grandissime azioni.
Credi che davvero la maglia iridata gli sia pesata?
Lo hanno sempre detto tutti. Pesa, tutti la vogliono e tutti vogliono batterti. Lui ha continuato a cercare le vittorie nel solito modo e sono venute una grandissima Freccia Vallone e il numero e la maglia gialla del Tour. Però ha speso di più e magari in alcune occasioni ha trovato qualcuno più fresco. Così, più che le vittorie ha contato i secondi posti. Bè, credo che questa volta si sia ripagato alla grande.
Dici che rischiava di sviluppare il complesso di Van Aert e Van der Poel che lo hanno spesso messo in mezzo?
Non credo. Ha vinto tre grandi corse e magari ne sarebbero bastate altre tre per avere una stagione eccezionale. Invece è arrivato per circa 25 volte fra i primi dieci. Con sei successi all’attivo, adesso parleremmo di altro.
Sul traguardo di Great Orme al Tour of Britain, era stato battuto da un super Van AertSul traguardo di Great Orme al Tour of Britain, era stato battuto da un super Van Aert
Cassani lo ha paragonato al miglior Bettini…
Vero, me lo ha ricordato. Ha cercato sin da subito di fare la selezione nel tratto in pavé, poi ha attaccato sullo strappo in asfalto. Credo che a vederlo si siano divertiti davvero tutti, come succedeva con Paolo. E anche il Betto fece il bis di mondiali.
Due parole per altri tuoi ragazzi: Remco, ad esempio…
Ha fatto una bellissima corsa, stando al vento dal chilometro 20 fino al 250. Penso che chiunque nei giorni scorsi abbia detto che avrebbe corso per sé, dopo il mondiale avrà un’altra idea. Non è da tutti riuscire a fare il grande lavoro fatto da Evenepoel.
E Bagioli?
Anche Andrea ha fatto un grandissimo mondiale, dopo aver fatto un bell’europeo a Trento, sempre tirando. E’ entrato in un’azione importante, credo che ne sentiremo parlare a lungo. Anche lui ha appena 22 anni…
La maledizione della maglia gialla più forte di quella iridata. Ma adesso Alaphilippe può smarcarsi dalla classifica. Puntare alle tappe. E magari Tokyo?
Ganna realizza il sogno e vince la seconda maglia iridata della crono. Una rimonta pazzesca su Van Aert. Il ringraziamento ai rivali. Un campione immenso
Philippe Gilbert parla alla vigilia della Roubaix di cui è l'ultimo vincitore. Un discorso che sembra quasi un testamento. Parole chiare su cui riflettere
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«La sensazione che mi mancava è quella di quando arrivi e allarghi le braccia, alla fine io correvo per quello. Sono passati tre anni, tre anni brutti, da solo con mia moglie. Io poi tendo un po’ a chiudermi quando le cose non vanno. A Mamer mi hanno dato il telefono già all’antidoping e l’ho chiamata subito. Io piangevo, lei quasi. Ero sempre un po’ sul duro io, ma stavolta sembravo un cucciolo».
«Da quando sono qua sento che le cose vanno sempre meglio. Ho fatto un salto di qualità che per il futuro mi fa pensare di poter alzare l’asticella. Con certi risultati prendi consapevolezza. E io sapevo che se avessi beccato la giornata e il percorso giusti, una vittoria a crono poteva anche scapparci».
Modolo e Cattaneo si sono incrociati alla Lampre, ultima WorldTour italiana. Qui con Cunego e il massaggiatore ChiodiniModolo e Cattaneo si sono incrociati alla Lampre, ultima WorldTour italiana. A sinistra Cunego
Storie parallele
Il primo è Sacha Modolo, grandi trascorsi, poi anni altalenanti e mesi dannati per un ginocchio che non voleva guarire. Il secondo è Mattia Cattaneo, classe limpida e una fragilità che spesso dal fisico si spostava alla convinzione. In due giorni hanno avuto l’occasione per riconnettersi con la loro storia e l’hanno colta alla grande. Per entrambi lo stesso palcoscenico, quello dello Skoda Tour of Luxembourg. Modolo prima e Cattaneo all’indomani hanno interrotto digiuni diversi ma entrambi lunghissimi. Il veneto non vinceva dal 16 febbraio del 2018, il lombardo dal 28 aprile del 2019. Storie particolari, che si incontrarono alla Lampre dal 2014 al 2016, come quelle di uomini che si guadagnano da vivere su una bicicletta che non sempre vuol sapere di andare nella giusta direzione.
«La vittoria? Neanche la cercavo più – dice Modolo, abbracciato dopo il traguardo da Vendrame (foto di apertura) – ormai non ci speravo più. Se si arrivava in volata dovevo farla io, però siccome Caleb Ewan non c’era più, era più probabile che arrivasse la fuga. Anche perché la tappa comunque non era facile e infatti gli attaccanti li abbiamo ripresi a 500 metri dall’arrivo.
Calvario di mesi
«Stavo bene anche alla Vuelta, solo che ho fatto i primi 10 giorni a tirare le volate a Philipsen e infatti le ho tirate da Dio. In altre occasioni non ho avuto fortuna che invece ho avuto a Mamer. Sono riuscito a trovare il varco giusto in una volata molto caotica».
Lo abbiamo seguito nel lento ritorno, sperando che ce la facesse ma a volte coltivando qualche dubbio sulla sua solidità. E forse proprio lo scetticismo intorno ha reso la salita più ripida.
I compagni di squadra si stringono attorno a Modolo. Si è fatto voler bene
Tappa di Mamer, volata confusa. Fuga presa ai 500 dall’arrivo, spunta Modolo…
I compagni di squadra si stringono attorno a Modolo. Si è fatto voler bene
Tappa di Mamer, volata confusa. Fuga presa ai 500 dall’arrivo, spunta Modolo…
«Ci sono voluti 2-3 mesi per arrivare a questo – continua – stando fermo tanto e soprattutto perdendo tutto l’inverno, non ho la base che ha uno che fa la stagione completa. In salita ancora mi manca qualcosa, però onestamente non pensavo neanche io di avere una gamba per vincere. Nelle prossime corse tornerò a tirare per Jasper, l’altro giorno ho avuto l’occasione e l’ho sfruttata. In squadra sono tutti contenti però per ora non si parla di rinnovo. Sono sempre stati corretti, non posso dire niente. Mi hanno sempre pagato anche se potevano non farlo, visto che non ho corso per mesi. Mi hanno sempre aiutato, anzi mi avevano detto che se non fossi riuscito in Italia, mi avrebbero seguito loro lassù. Mi dispiacerebbe non rinnovare qua proprio per questo».
Passione crono
Cattaneo se la ride e se la rideva anche sulla hot seat, aspettando l’arrivo di Almeida: l’unico e l’ultimo a poterlo battere ieri sul traguardo di Dudelange. La sua risalita è stata chiara sin dallo scorso anno, quando l’approdo alla Deceuninck-Quick Step ha significato soprattutto un cambio di mentalità.
«C’è tanto di speciale in questa squadra – dice – è tutto particolare, non si fa niente per caso. E se vedono uno che si applica tanto, come faccio io con la crono, allora anche a loro piace investirci ed è quello che è successo. A me le crono piacciono sin da quando ero under 23 con Rossato alla Trevigiani. E quando uno di noi vince, sul gruppo whatsapp di squadra si scatenano tutti gli altri. Il Wolfpack è una cosa vera».
A Trento come juniores
A Dudelange si è lasciato dietro Almeida, che oggi correrà per portarsi a casa la maglia di leader, e già nella testa di Mattia c’è la convinzione di aiutarlo a coronare questo obiettivo. Anche se il portoghese il prossimo anno andrà via, anche se lo stesso bergamasco è terzo nella generale e potrebbe ambire alla fuga in un’ultima tappa che sembra tanto una Liegi.
A Dudelange la crono è vallonata e lunga 25,4 chilometri: vince Cattaneo
L’attesa dell’arrivo di Almeida, l’ultimo che potrebbe batterlo, poi la conferma: vinta la crono
A Dudelange la crono è vallonata e lunga 25,4 chilometri: vince Cattaneo
L’attesa dell’arrivo di Almeida, l’ultimo che potrebbe batterlo, poi la conferma: vinta la crono
«La priorità è Joao – dice – io so di essere competitivo e questa convinzione mi rimarrà addosso per il prossimo anno e le corse a venire. Mi sarebbe piaciuto poter correre una crono in maglia azzurra, l’ho sempre detto. Ci tengo tanto a questa specialità, ma intanto ho riconquistato la maglia della nazionale a Trento. Ho fatto il lavoro che mi è stato chiesto, abbiamo corso come juniores in una corsa davvero pazza ed è stato bello tornare dopo tanto tempo».
Forza azzurri
Di nazionale parla anche Modolo, che sul percorso di Louvain nei tempi andati si sarebbe trovato davvero bene e vedrà giocarsela i coetanei con cui anni addietro duellava su tutti gli arrivi. Trentin, Colbrelli, Nizzolo sono stati per anni i suoi rivali.
«Farlo per vincere no – ammette – però per aiutare la squadra avrei la gamba, l’esperienza e la conoscenza delle strade per farlo. Però Cassani ha già i suoi uomini e fa bene ad andare dritto. Se ha creato negli anni il suo gruppo, non è che adesso, solo perché ho vinto qua, può tirare fuori uno per fare posto a me. Perciò in bocca al lupo a tutti gli azzurri. Io torno a casa con un buon sapore in bocca e le dita incrociate».
La prima volta al Tour di Mattia Cattaneo ha il sapore di un ritorno alle radici del suo talento. Il bergamasco è davvero rinato alla Deceuninck-Quick Step
Uno come Stybar, 3 volte iridato, non va ai mondiali per fare numero: il ceko ha grandi sensazioni. In testa ha il podio, dietro Van der Poel e Van Aert
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Anche quando deve esserci una volata (e questa c’è) nulla è scontato alla Vuelta. La tappa 13 arrivava a Villanueva de la Serena. Era la frazione più lunga con i suoi quasi 204 chilometri. Non era difficile altimetricamente, ma come si dice: la corsa la fanno i corridori. Velocità elevata, un po’ di vento e 13 giorni di gare nelle gambe iniziano ad essere un bel po’ per rendere il finale incerto. Se a tutto ciò ci si mette un arrivo tecnico, con rotonde, curve, la Deceuninck – Quick Step in gara e Davide Bramati in ammiraglia lo show è assicurato!
Anche oggi tappa corsa a ritmi folli. E il vento ha creato anche molti ventagliAnche oggi tappa corsa a ritmi folli. E il vento ha creato anche molti ventagli
Capolavoro Deceuninck
«Eh ragazzi: ritmo elevato, finale con le rotonde… se metti la squadra davanti e la fai tirare forte il gruppo si spacca e quando perdi 10 metri in quei momenti poi è tosta chiudere – dice Bramati – senza contare che c’è stanchezza in gruppo. Anche prima c’era stato vento. L’abbiamo studiata bene stamattina sul bus. Abbiamo visto che c’erano queste insidie e abbiamo deciso di fare così. Lo abbiamo potuto fare anche perché i ragazzi stanno bene, la squadra si sta bene comportando.
«Senechal capitano? No, l’ultimo uomo era Fabio Jakobsen ma non so cosa sia successo e perché si sia spostato. Non ci ho ancora parlato perché era alla premiazione della maglia verde. Florian era l’uomo che avrebbe dovuto lanciare Fabio, ma a quel punto è diventato colui che ha fatto lo sprint. Hanno fatto tutto i ragazzi. Perché Fabio si è spostato che mancava circa un chilometro. Dall’ammiraglia con la tv sei una decina di secondi dietro e quindi neanche puoi dirgli nulla. Stybar, che ha gestito la situazione inaspettata, ha fatto un lavoro eccezionale. E lo stesso Van Lerberghe. Ma sono stati bravi tutti. Anche Bagioli, a portarli con quella velocità tra le rotonde».
Una volta staccatosi, Jakobsen è arrivato al traguardo in scioltezzaUna volta staccatosi, Jakobsen è arrivato al traguardo in scioltezza
L’occhio del velocista
E dall’occhio del diesse passiamo a quello del velocista, tra l’altro di un collega in attività, Jakub Mareczko. Il corridore della Vini Zabù si trova in Belgio per correre alcune classiche e non si è perso lo sprint spagnolo.
«Eh – commenta Kuba – è la Deceuninck! In queste situazioni fanno la differenza. Perché tutti vanno a tutta ma loro restano uniti. Ai meno due erano ancora in cinque. Hanno fatto un ritmo pazzesco. Si è staccato anche Jakobsen! Che tra l’altro ha fatto un bel buco. Saranno andati a 65 all’ora… con quelle rotonde è normale che si rompa il gruppo.
«Posso assicurarvi che non è facile fare queste azioni: serve tanta gamba (e anche pelo sullo stomaco, ndr). Magari dalla Tv sembra lo sia, ma non è così. Loro ai -3 avevano davanti ancora Cerny, che l’anno scorso correva con me, ed è uno che tira da lontano. Ognuno di loro ha svolto al meglio il proprio ruolo».
Che Trentin si butti in queste volate è davvero un ottimo segno. Ecco il testa a testa con Senechal
Jakub Mareczko, impegnato in Belgio, ci ha dato il suo parere (foto Instagram)
Che Trentin si butti in queste volate è davvero un ottimo segno. Ecco il testa a testa con Senechal
Jakub Mareczko, impegnato in Belgio, ci ha dato il suo parere (foto Instagram)
Ancora Trentin e Dainese
Ma dal capolavoro della Deceuninck, passiamo poi a parlare del “resto del mondo”. E qui troviamo, come ieri, parecchia Italia. E di nuovo Matteo Trentin,secondo.
«Che poi quando è così – continua Kuba – diventa difficile anche per gli altri velocisti. Anche se stanno bene. Perché se non hanno una squadra che li tiene davanti fanno fatica, prendono aria e si stancano o si staccano. Piuttosto peccato per Trentin. E’ stato bravo a rimanere davanti. Si sarebbe potuto togliere una bella soddisfazione ma Senenchal lo ha proprio battuto». E qui si torna alla questione dell’importanza della squadra, proprio come sottolineava Mareczko. Trentin era solo.
«E bravo anche Dainese (terzo, ndr). Come fanno le volate loro due? Beh, non ho fatto molti sprint contro di loro. Matteo, che tiene molto bene anche in salita, va più in progressione e più o meno la stessa cosa vale per Dainese. Con lui facemmo una volata in Ungheria. L’arrivo tirava un po’ e scappò via facendo secondo vinse un Bora».
Mareczko intanto si appresta ad andare a cena. Dice di avvertire un po’ la mancanza del ritmo gara. L’aver corso poco dal periodo post Giro si sente. Anche al Danimarca si è scontrato con gente che usciva dal Tour. Tuttavia è fiducioso in vista del bel bottino di gare che verranno. A cominciare dalla Brussels Classic di domani, anche se è previsto due volte il Grammont.
Bob Jungels, fermato da problemi di circolazione alle gambe, si è operato e ora punta a un forte riscatto per il prossimo anno. Il 2021 è stato avvilente
L’appuntamento delle 15 è slittato alle 17,30, perché nel frattempo l’allenamento di Richeze e Gaviria è andato per le lunghe. A Monaco è un po’ meno caldo che da noi, ma il sole si fa rispettare ugualmente. I due sono entrambi reduci dal Tour de Pologne, doveil colombiano ha centrato la prima vittoria di stagione e da cui conta di ripartire per una seconda metà in cui riempire le bisacce di risultati. Ma in ogni caso, alla fine dell’anno la coppia si separerà. Una coppia rinata dopo che Gaviria lasciò la Quick Step nel 2019 e convinse l’amico a fare altrettanto nel 2020. I risultati non hanno tenuto troppa fede alle attese, ma la separazione è dovuta alla volontà di ringiovanire il gruppo e Richeze ha ormai 38 anni.
Nel 2018 vince a Konya in Turchia: con la Quick Step ottime stagioniNel 2018 vince a Konya in Turchia: con la Quick Step ottime stagioni
«Ma correrò ancora – sorride – e non so chi abbia messo in giro la voce che smetterò. Certo il piano era di continuare con Fernando, ma non è stato possibile. Perciò sono in cerca di una squadra per la prossima stagione, ugualmente come ultimo uomo. Stiamo parlando, ho dei contatti. Sono molto amico di Lombardi, che mi gira le informazioni che potrebbero interessarmi».
Richeze come Morkov
Quando lasciò la Quick Step, si divideva con Morkov la palma di miglior ultimo uomo, al punto che Gaviria lo volle fortemente con sé al UAE Team Emirates. E anche se non basta avere un ottimo “leadout” per vincere le volate (il bottino di Fernando sarebbe altrimenti più ricco), di certo si tratta di un ruolo molto importante, che però negli anni è cambiato radicalmente.
Il 2019 è stato l’ultimo anno da separati fra Gaviria e Richeze, ancora alla DeceuninckIl 2019 è stato l’ultimo anno da separati fra Gaviria e Richeze, ancora alla Deceuninck
Che cosa è cambiato, soprattutto?
Il fatto che una volta ci fossero al massimo due treni, quello di Cipollini e quello di Petacchi. Adesso invece ogni squadra ha il suo e riuscire a portare fuori il tuo velocista diventa più complicato. Per uscire davanti da certe mischie, devi quasi essere al livello dei velocisti più forti.
Qualche giorno fa Malori ci ha detto che non ci sono più in giro velocisti puri e che anche per questo le volate sono cambiate.
Malori ha visto giusto. Lo stesso Gaviria ormai è forte anche in salita, ma non per scelta. E’ una necessità. Le corse facili non esistono più e per passare i 2.000 metri di dislivello dopo i quali ci si aspetta la volata, devi comunque tenere in salita. In questo modo il velocista deve rinunciare a una parte della sua potenza e di conseguenza le volate sono diverse.
Nel 2020 ha raggiunto Gaviria al UAE Team Emirates
Al Tour Colombia 2020 ha aiutato Molano a vincere tre tappe
Nel 2020 ha raggiunto Gaviria al UAE Team Emirates
Al Tour Colombia 2020 ha aiutato Molano a vincere tre tappe
TI sei mai pentito di aver lasciato la Quick Step?
No, mi trovo bene qui. Quella è la squadra con la migliore scuola per velocisti, di sicuro. C’è la cultura del treno, mentre alla UAE c’è la cultura dello scalatore. Più Pogacar ovviamente che Gaviria. Quindi è comprensibile che sia più difficile fare risultati. Non sono pentito perché ho scelto di seguire Fernando.
Può essere che le sue poche vittorie siano state decisive per il fatto di non confermarti?
Oddio, spero di no. Non credo. Mi hanno parlato di ringiovanimento. E poi non siamo mai andati nelle grandi corse con un treno di quattro uomini per tirare le volate e questo fa la differenza. La stessa cosa che è successa a Viviani. Vieni da una scuola di velocisti e ti ritrovi con meno uomini, che cambiano spesso e non sono abituati a fare un certo lavoro.
A quando la prossima corsa?
Il 26 e il 28 in Belgio, poi il Benelux Tour e poi chiuderò con il calendario italiano.
Quinta tappa del Polonia, all’arrivo con Gaviria e Sobrero: tappa duraQuinta tappa del Polonia, all’arrivo con Gaviria e Sobrero: tappa dura
Sei soddisfatto della tua stagione?
Sinceramente non tanto. Oltre alle mie prestazioni, la mia soddisfazione è legata alle vittorie di Fernando e purtroppo finora ne è arrivata solo una, per cui devo pensare di aver fatto bene il mio lavoro poche volte. Se poi da qui a fine stagione facciamo il pieno, il bilancio cambia.
E se ti proponessero di fare il velocista?
Non sarei in grado. Il livello si è alzato tantissimo. Le ultime volte che ho corso per vincere fu con la Quick Step in Argentina o Turchia, dove il livello era inferiore. Adesso non saprei davvero da dove cominciare. Invece da ultimo uomo credo di poter ancora dire la mia.
«Ho guardato indietro a 150 metri dalla fine – dice Magnus Cort – e l’ho visto arrivare. Ho fatto uno sprint con tutto quello che avevo e fortunatamente sono riuscito a tenermelo dietro».
Magnus Cort ha lo sguardo spiritato mentre racconta gli ultimi metri della tappa, breve e infernale, che in 158 chilometri ha portato il gruppo all’Alto de la Montaña Cullera. Lui era in fuga e dice Andrea Bagioli, terzo all’arrivo, che davanti deve essere andato davvero forte. Perché loro dietro non sono stati certo a guardare. Il corridore che lo braccava era Roglic ed è difficile capire se l’abbia lasciato stare o davvero non abbia avuto le gambe per prenderlo. E tutto sommato, a chi interessa?
«Questa vittoria è speciale per me – dice il vincitore – perché è venuta in un modo molto diverso. Le tappe che vinco sono sempre in volata e sono molto felice di dimostrare che posso farlo anche su altri terreni e concludere una fuga come questa oggi».
Roglic ha accelerato nel finale, ma non è riuscito a prendere CortRoglic ha accelerato nel finale, ma non è riuscito a prendere Cort
Jumbo in testa
Il vento ha giocato un ruolo importante nella breve tappa attraverso la regione di Valencia. Il Team Jumbo-Visma ha fatto un gran lavoro per tenere Roglic in testa al gruppo, così che sulla salita finale lo sloveno ha potuto controllare e, pur non riuscendo a riacciuffare Cort, ha fatto un bel passo rispetto ai rivali della classifica.
«Non ero molto preoccupato per la vittoria di tappa oggi – ha detto Roglic – Magnus è andato molto forte e meritava la vittoria. Per me e per il team si trattava principalmente di arrivare al traguardo in sicurezza. Mi sentivo bene, così ho fatto il mio sprint, ben contento di aver guadagnato un po’ di tempo».
Domani il programma prevede la prima vera tappa di montagna e Roglic guarda avanti con fiducia. «Domani – dice – mi aspetto un’altra grande battaglia. E’ una tappa difficile e difficile da controllare, ma ho fiducia in me stesso e nella squadra. Dovremo restare lucidi e concentrati».
Bagioli ha ceduto a Roglic solo nel finale: terzo a 2″Bagioli ha ceduto a Roglic solo nel finale: terzo a 2″
Bagioli risorto
Ma la notizia del giorno è il terzo posto di Andra Bagioli. Il valtellinese, che avevamo incontrato a Livigno a luglio, se la sentiva buona già dalla partenza, avendo adocchiato la tappa da qualche giorno.
«Un po’ la puntavo – racconta – sapevo che su un arrivo coì potevo fare bene. Cort è andato fortissimo per tutto il giorno e credo che Roglic semplicemente non ce l’abbia fatta a prenderlo. La squadra ha lavorato molto per me. La salita era dura, non ha dato tregua, ma mi sono sentito bene e ho dato il massimo, nonostante fossimo arrivati lì dopo 70 chilometri a tutto gas. Certo vincere sarebbe stato meglio, ma il morale è alle stelle.
«Ho una gran gamba – sorride – e sono venuto dall’inizio per puntare alle tappe. Ce n’è una con l’arrivo sullo strappo la prossima settimana, ma se recupero bene, domani entro nella fuga. Credo che arriverà di sicuro e io ora ho le conferme che cercavo. Al Tour de l’Ain, nell’ultima tappa mi ero sentito bene, ma il livello era più basso e qualche dubbio poteva ancora esserci. Ora non ne ho più. La crono mi aveva già dato ottime risposte, ma questo podio vale di più. Ora comincia un’altra Vuelta.»
Il tempo di smaltire la delusione per il 2° posto e ci siamo resi conto che Battistella aveva già fatto una volata come quella di ieri. Ai mondiali del 2019
Una telefonata ad agosto. E' Cavendish. Vuole riprovare una Specialized. Mondini gliela manda. E' iniziato tutto così. E su una Tarmac è tornata la vittoria
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Fabio Jakobsen è davvero forte, ragazzi! Un ragazzo in rampa di lancio, che subisce quel terribile incidente, riparte da zero e torna a vincere. Solo chi è grande dentro ci riesce. Vero, l’olandese era già tornato a vincere. Ma un conto è farlo al Tour de Wallonie e un conto è farlo alla Vuelta.
La frazione odierna era molto ondulata. La Intermarché Wanty di Taramae ha controllato beneLa frazione odierna era molto ondulata. La Intermarché Wanty di Taramae ha controllato bene
Dalla Polonia alla Spagna
Oggi sull’arrivo di Molina de Aragón la volata non era affatto scontata. I velocisti se la sono dovuta sudare non poco. Ma se la Deceuninck-Quick Step mira a tenere la corsa chiusa… allora levatevi tutti! E infatti la vittoria è loro.
Jakobsen stesso torna subito sull’argomento. Dal Polonia 2020 in poi: «È un sogno che diventa realtà – ha detto il corridore della Deceuninck-QuickStep – Dopo l’incidente è stata una lunga strada per tornare. Sono felice di essere qui. Ci è voluto molto tempo e molta energia da parte di molte persone. E questa vittoria è anche la loro vittoria. Sto parlando dei medici, dei chirurghi, dell’équipe medica in Polonia e della mia seconda famiglia, la Deceuninck, dell’équipe e di tutto il resto. È anche la vittoria della mia famiglia, perché io ci sono per loro».
Jakobsen festeggia la sua vittoria a Molina de Aragòn, per lui è la terza vittoria di tappa alla Vuelta (ne aveva vinte due nel 2019)Per Jakobsen è la terza vittoria di tappa alla Vuelta (ne aveva vinte due nel 2019)
Paura alle spalle…
In ogni caso, la paura non deve appartenere più a questo ragazzo. Nei primi sprint dopo il ritorno alle corse aveva ammesso che la prima cosa era ritrovare la lucidità e la scioltezza in volata, ma da come ha descritto il finale di oggi si può dire che Jakobsen sia più che lucido.
«È stato uno sprint molto lungo e durante il quale sono successe tante cose – ha detto Jakobsen – il problema è che tutte le squadre dei leader volevano stare davanti e quindi per noi c’era poco spazio. Poi ai -3 chilometri, come è scattata la neutralizzazione e loro hanno mollato un po’, abbiamo provato a prendere il comando. Prima Stybar mi ha messo intorno alla ventesima posizione, poi Bert van Lerberghe mi ha portato davanti. C’era una piccola curva a destra. Ho trovato la ruota di Demare era lui l’uomo da battere oggi (vero, ha fatto secondo, ndr). Ho spinto al massimo e alla fine l’ho passato. Ma non ero sicuro di farcela».
Con la vittoria di oggi, l’olandese balza in testa alla classifica a puntiCon la vittoria di oggi, l’olandese balza in testa alla classifica a punti
E spalle coperte di verde
La paura sarà anche alle spalle e il cerchio sembra essere definitivamente chiuso, ma adesso proprio quelle spalle sono ricoperte di verde. Il verde di chi indossa la maglia della classifica a punti. Jakobsen in salita tiene benino rispetto ad altri sprinter e visto che non deve correre pensando troppo al mondiale (i leader olandesi sembrano essere altri) può puntare forte anche sulla maglia fino alla fine. In più quest’anno in Spagna gli sprint non mancano.
L’avversario più pericoloso è Michael Matthews oggi sesto. L’australiano vorrà rifarsi del secondo posto, sempre in questa classifica, del Tour de France. E poi è un volpone. Ma Jakobsen ha dalla sua la squadra. Una squadra fortissima, che sa correre compatta ovunque. E che sa come portare il suo velocista al traguardo. Cavendish lo sa bene. E anche Matthews.
Ancora poche ore e a Cracovia – città di Papa Wojtyla – Joao Almeida, nato a sessanta chilometri da Fatima, chiuderà la sua settimana santa al Tour de Pologne. Salvo miracoli nella settima ed ultima tappa (adatta a velocisti) da parte di chi lo insegue nella generale.
Prima nel WorldTour
Già, perché prima della gara polacca il 23enne portoghese della Deceuninck-Quick Step ci aveva impressionato tanto agli ultimi due Giri d’Italia (15 giorni in maglia rosa nel 2020), ma mai aveva vinto una corsa WorldTour. Aveva già vinto l’anno passato con il suo team la cronosquadre della Coppi e Bartali a Gatteo e lo scorso 18 giugno aveva conquistato il campionato nazionale a crono, ma vuoi mettere fare centro in una corsa della massima serie del ciclismo internazionale?
In questo video, Mikker Honoré, sul podio con Almeida e Cavagna, ci guida nel Polonia della Deceuninck-Quick Step
Scuola italiana
Il ragazzo di Caldas da Rainha – che nel 2017 ha corso con la Unieuro Trevigiani vincendo una tappa del Terre di Ciclismo Eroica in Toscana – in Polonia ha messo il proprio sigillo su due tappe (a Przemysl e Bukovina Resort) e col secondo posto nella crono di Katowice dietro il compagno Remi Cavagna (che gli ha dato 13” nei 19 chilometri del percorso) ha ipotecato la classifica finale. Mancano solo i 145 chilometri della Zabrze-Cracovia per ufficializzare il suo trionfo davanti a Mohoric (secondo a 20”) e Kwiatkowski (quinto al traguardo e terzo a 27” nella generale).
Nella crono di Katowice il secondo posto dietro il compagno Cavagna ha sancito la vittoria finale. Manca il traguardo di CracoviaNella crono di Katowice il secondo posto dietro il compagno Cavagna ha sancito la vittoria finale. Manca il traguardo di Cracovia
Con Gianetti
Almeida, che dal 2022 passerà nel UAE Team Emirates (contratto di cinque anni), ha voluto lasciare col botto e non è finita. Poco prima di incontrarlo nella mixed zone si complimenta con Cavagna – che sorridendo gli dice che temeva che lo potesse battere – e si scambia un paio di battute tra il serio e il faceto con Mohoric (sui rulli per defaticare) che lo congeda con un simpatico epiteto in italiano.
La Deceuninck-Quick Step è stata al suo fianco in ogni momento di garaLa Deceuninck-Quick Step è stata al suo fianco in ogni momento di gara
Joao, fino a due mesi fa non avevi ancora vinto tra i professionisti. Questo è davvero un gran bel momento per te.
Sì, è stato più di un anno di lavoro, di sacrifici e non è sempre stato semplice. Sono arrivato secondo e terzo tante volte, ma ho continuato a lottare e fare di meglio. Queste vittorie sono incredibilmente belle. La generale non è ancora confermata, c’è ancora la tappa di Cracovia però sono molto felice. E’ un sogno che diventa realtà quello di vincere corse.
Vedendo la tua condizione che obiettivi hai da qui alla fine della stagione. Un Lombardia è alla tua portata?
Sì, mi piace, è proprio una bella gara. Fino ad allora farò altre corse quindi dovrei arrivarci con un buon ritmo e dovrei sentirmi bene. Cercheremo di fare il nostro meglio per il team, avremo una squadra attrezzata. L’obiettivo sarà vincere e se non avrò le gambe, aiuterò i miei compagni.
Al Polonia, Almeida ha vinto due tappe: la prima a Przemyśl e questa a BukovinaAl Polonia, Almeida ha vinto due tappe: la prima a Przemyśl e questa a Bukovina
Fino all’anno scorso nessuno quasi ti conosceva. Hai fatto un grande Giro nel 2020, anche quest’anno, dopo essere stato d’appoggio ad Evenepoel, sei cresciuto nella terza settimana facendo classifica. Che margini di miglioramento ha Joao Almeida?
Sono professionista nel WorldTour da meno di due anni, ho migliorato me stesso lavorando molto e la mia motivazione è migliorare ancora. Dopo il Giro sono cresciuto ancora e vorrei continuare a mantenere questa condizione. Penso di poter fare ancora meglio.
Giro, Tour o Vuelta, quale preferisci?
Uno dei miei prossimi obiettivi, un giorno nella mia vita, sarebbe centrare il podio al Giro, almeno il terzo posto. Per me sarebbe un grande riconoscimento.
Al Giro ha lavorato per Evenepoel, perdendo terreno in avvio, poi è venuto fuori nel finaleAl Giro ha lavorato per Evenepoel, perdendo terreno in avvio, poi è venuto fuori nel finale
Dall’anno prossimo vai in una squadra che ha vinto gli ultimi due Tour de France dove troverai tanti corridori importanti. Pensi di poterti ritagliare più spazio rispetto ad ora o di essere in appoggio a Pogacar?
Vado in un team dove non c’è un solo leader e ci vado per vincere delle corse. Tutti lavoriamo per gli obiettivi che ci dà la nostra squadra e sono quasi certo che sarò uno dei capitani. Sarà un onore essere compagno di Tadej e anche lavorare per lui sarebbe fantastico perché è un grande atleta.
Sicuramente questo Tour de Pologne ti ha portato bene e avrai sempre un buon ricordo. A chi dedichi queste vittorie?
Le dedico alla Deceuninck-Quick Step, che lavora sempre per me. Poi agli allenatori, ai messaggiatori, a tutti quanti mi hanno aiutato. E ovviamente anche alla mia famiglia che mi dà sempre grande supporto.
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