Luci e airbag: non c’è spettacolo senza sicurezza

06.08.2025
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Parlando con Lucio Dognini per l’intervista pubblicata lunedì mattina, il riferimento alla sua telefonata con Davide Martinelli dopo la morte di Samuele Privitera continuava a risuonarci nella mente e per questo abbiamo chiamato il giovane tecnico del team MBH Bank-Ballan. Di cosa hanno parlato? E perché le parole di Dognini hanno provocato reazioni stizzite nell’ambiente del ciclismo, anziché avviare un dibattito che potrebbe portare a una maggiore sicurezza per i corridori in allenamento?

Martinelli sta preparando le prossime corse. Fra Poggiana, campionati italiani cronosquadre, Capodarco e le gare successive tra i professionisti, agosto propone un menù sostanzioso per il quale bisogna farsi trovare pronti, ma il tema merita un approfondimento.

Sul podio dei tricolori cronosquadre del 2024, Martinelli e la sua MBH Bank vincente (photors.it)
Sul podio dei tricolori cronosquadre del 2024, Martinelli e la sua MBH Bank vincente (photors.it)
Secondo te il ciclismo può fare qualcosa per diventare più sicuro? Dognini ha detto cose giuste?

Si corre su strade dove si prova a rallentare le macchine, ma intanto le bici vanno sempre più veloci e questo va un po’ in contrapposizione. Il ciclismo diventa spettacolare quando è veloce, perché c’è più selezione. Trovo interessante la linea dell’UCI, ma non so se si riuscirà a rallentare il gruppo limitando i rapporti. Forse andrebbe messo un limite di peso anche alle ruote, invece di alleggerirle ulteriormente, perché la massa rotante è quella che ti dà la velocità. E forse abbasserei anche l’altezza dei profili. Il limite massimo sarà di 65 mm ed è raro che se ne usino di più grandi. Forse scenderei anche a ruote da 45 o da 35, però ci sono in ballo degli aspetti economici, perché già le aziende si sono lamentate per il cambio di rotta. E non basta…

Cosa?

Intervenire sulla larghezza del manubrio per me è fondamentale e l’ho sempre pensato da quando ho cominciato a vedere un po’ di estremo, come i manubri da 36. Su questo sono super d’accordo.

Sei d’accordo nel dire che sarebbe utile utilizzare il faretto anteriore sulle bici?

Penso di sì. Diventi più visibile anche nei casi in cui le macchine escono dagli stop e riescono a vederti meglio. Ormai il Varia posteriore (sistema di Garmin che segnala l’avvicinamento di autoveicoli alle spalle, ndr) lo utilizzano in tanti e c’è tanta differenza, perché inspiegabilmente vedendo la luce, le auto ti considerano come un veicolo. Io cerco di uscire quando trovo un compagno per pedalare, che di solito è un ex professionista o qualcuno che sa come stare in strada. E poi vivo in Franciacorta e non c’è tanto traffico, ma è un fatto che quando hai la luce, ti notano di più. Quando hai la luce, molte meno persone ti fanno il pelo. Non capisco perché accada e non capisco perché tanti devono passarti così vicino, pur avendo lo spazio per superare.

La luce del Varia di Garmin è abbinata a un radar che segnala al ciclista l’arrivo di veicoli: la sicurezza ne guadagna
La luce del Varia di Garmin è abbinata a un radar che segnala al ciclista l’arrivo di veicoli: la sicurezza ne guadagna
Sei stato un pro’ fino a due anni fa, nessuno dei tuoi ex colleghi pubblica foto in cui usa le luci sulla bici…

E’ il mercato che muove tutto, i corridori sono spinti dai brand e finché non viene capito quanto sia importante, la situazione resta questa. I team potrebbero fare certamente di più, anche se io sposterei il focus sull’abbigliamento. Bisognerebbe davvero inventarsi qualcosa su questo aspetto, più che sulle luci. Ancora non tutti capiscono di dover utilizzare la luce posteriore. La grande svolta c’è stata quando Garmin ha introdotto il Varia e quando le squadre hanno iniziato a darlo ai corridori. Parlo di Garmin perché sono stati i primi, ma ce ne sono anche di altri brand. Credo che per per la luce anteriore ci sarà bisogno di più tempo.

Tu utilizzi il Varia?

Sì, da quando me lo ha dato la squadra, ed è tanta roba perché ti segnala il veicolo in avvicinamento. Ho cominciato a usarlo, come me hanno cominciato a farlo altri professionisti in giro per il mondo e con il passa parola hanno iniziato a usarlo tanti altri. Ma tornando alle strade, mi sto rendendo conto di quanto sia pericoloso il ciclismo proprio da quando sono salito in ammiraglia.

Più adesso di quando correvi?

Finché corri, hai lo sguardo sul corridore davanti e non ti rendi conto di quanti spartitraffico, ringhiere laterali e paletti devi schivare. Ho corso tanto in Belgio e lassù sei sempre al limite, è una cosa incredibile. Mentre adesso in ammiraglia, anche nelle fasi più rilassate di gara, bisogna essere super concentrati perché ti accorgi di pericoli che da corridore non vedi nemmeno, perché ti senti in una bolla. Penso che correre con una maglia e un pantaloncino che insieme pesano 200 grammi non sia più sufficiente.

Il ciclismo spinge i suoi protagonisti a velocità elevate senza protezioni: un tema di sicurezza
Il ciclismo spinge i suoi protagonisti a velocità elevate senza protezioni: un tema di sicurezza
La sensazione è che stia per arrivare un però…

Però non ho la soluzione e questo è quello di cui parlavo al telefono con Lucio (Dognini, ndr). Se ci pensate, da questo punto di vista il ciclismo è lo sport più pericoloso. Non c’è un’altra disciplina in cui raggiungi certe velocità senza una protezione. E non cambia nulla fra le maglie da 30 grammi di oggi e quelle da 200 grammi di una volta. La maglia di 15 anni offriva la stessa protezione di quelle di adesso. Magari ti salvava da una mezza bruciatura, mentre adesso ti rovini di più la schiena. Io parlo proprio dei traumi, dei colpi che arrivano se finisci contro un paletto. Per fortuna gli organizzatori stanno facendo tanto. Ci sono sempre più segnalatori, sempre più persone che bloccano gli incroci. Da questo punto di vista RCS è imbattibile, nelle poche gare che ho fatto da diesse, ho visto davvero un’organizzazione super.

Perché un’intervista come quella di Dognini genera critiche e non dibattito?

Penso sia sotto gli occhi di tutti che bisogna fare qualcosa di più. Il problema secondo me è grande, ma nessuno sa bene che cosa si possa fare. Quindi tante volte quando non sai cosa fare, non fai niente e non dici niente. Lucio ha fatto bene a contattarvi, io forse non lo avrei fatto, perché non ho soluzioni da dare e in quel caso preferisco stare zitto. Ci rendiamo conto che effettivamente si va troppo forte, però non troviamo la soluzione.

Da corridore avresti accettato di correre con una maglia dotata di airbag o protezioni?

Se diventa obbligatorio, si usa e basta. Se diventa obbligatorio, magari si accorciano leggermente le tappe nelle giornate più calde. Penso che la spettacolarità del ciclismo debba essere subordinata alla sicurezza. Se anche si perde un 10 per cento di spettacolo, ma salviamo un ragazzo, penso che tutti accetterebbero. Io sono nato proprio quando fu imposto l’uso del casco e so che il gruppo si oppose. Non sarà facile introdurre l’airbag, se quella sarà la soluzione, ma sono sicuro che arriverà. Bisogna trovare qualcosa di molto efficiente, con la grandezza delle tasche piene di gel, che è già una bella dimensione. Quando abbiamo le tasche piene, contengono una decina di gel, 5-6 barrette, quindi penso che ci sia uno spazio interessante, l’equivalente di un paio di borracce. Ovviamente non rigide, ma penso che con quella ampiezza si possa fare qualcosa.

L’abbassamento dei telai fa sì che la presa bassa sia scomoda e l’assetto aero migliore sia quello con le mani sopra
L’abbassamento dei telai fa sì che la presa bassa sia scomoda e l’assetto aero migliore sia quello con le mani sopra
Dognini ha parlato anche delle mani sul manubrio e dei corridori che le tengono sempre sopra.

E’ così perché si è abbassata molto l’altezza del cannotto di sterzo, quindi il telaio davanti è molto basso e impugnare il manubrio nella parte inferiore è un po’ estremo. Si sono rubati 4-5 cm sotto l’attacco manubrio, per cui la posizione più comoda e aerodinamica è quella in presa alta. Sotto sei scomodo. Quindi la bici si guida molto bene con le mani sopra, però c’è un fattore di sicurezza quando sei in discesa. Perché un conto è perdere la presa a 40 all’ora, ma se succede quando vai a 70, allora diventa grave. In discesa serve tenerle sotto e sarebbe un aspetto facile da risolvere. Basterebbe imporre delle altezze minime del tubo di sterzo.

Dopo la morte di Privitera, i corridori sono sembrati più interessati al tema della loro sicurezza?

Nell’immediato, chiaramente no. Ero anche io in Valle d’Aosta e abbiamo cercato di tenerli tranquilli perché emotivamente erano molto provati. Per il resto, se ne parla sempre. Ma non essendoci la soluzione efficace e applicabile, si riduce tutto a delle chiacchiere. E alla fine si smette anche di parlarne.

Direttore sportivo: per Martinelli un mix fra carisma e conoscenza

03.04.2025
4 min
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RICCIONE – C’era un uomo in borghese alla Coppi e Bartali che ogni giorno ha osservato quello che è stato il suo mondo da un altro punto di vista. Giuseppe Martinelli in Romagna si è ritrovato nei panni dello spettatore privilegiato in mezzo agli appassionati che, riconoscendolo, gli chiedevano foto e impressioni.

L’occhio di “Martino” è di quelli allenati, di quelli che vedono sfumature dove una persona normale vede solo tinta unita. E il ciclismo sta andando verso una direzione sempre più variopinta per la moltitudine di figure che ne fanno parte. Prima di un foglio firma, abbiamo domandato a Martinelli, ospite della MBH Bank Ballan CSB, cosa ne pensa del diesse di questa epoca.

«Mi hanno invitato Valoti e Rossella Di Leo che hanno dei progetti in evoluzione – ci racconta l’ex tecnico di Carrera, Mercatone Uno, Saeco, Lampre e Astana – sono qua a vedere come si muove il mondo dei dilettanti, che poi sono ormai semi-professionisti. La Coppi e Bartali è una gara dove ci sono formazioni WorldTour, con un livello molto alto. Mi piace vedere da esterno pur essendo dentro all’evento. L’impatto è molto bello, ma diverso dal WorldTour dove sei sempre concentrato sull’obiettivo o sul dovere di vincere. In una squadra come la Colpack si pensa a far crescere i giovani e proiettarli in categorie superiori o posizioni migliori negli anni successivi».

Non solo la tattica, ma conoscenze approfondite di altri aspetti: Davide Martinelli e Antonio Bevilacqua, due scuole a confronto (foto MBH Bank Ballan)
Non solo la tattica, ma conoscenze approfondite di altri aspetti: Davide Martinelli e Antonio Bevilacqua, due scuole a confronto (foto MBH Bank Ballan)
Prendendo spunto dal figlio Davide diesse, papà Giuseppe con la sua esperienza come vede questo ruolo in generale ora come ora?

Parlavo di questo in questi giorni con Valerio Piva della Jayco ed altri colleghi del WorldTour. Praticamente è cambiato il ruolo del direttore sportivo. Adesso ti devi confrontare con figure all’interno del team che non dico facciano il tuo lavoro, però ti obbligano ad essere concentrato. Tutti ruoli che non c’erano quando ho iniziato io. All’epoca era tutto basato sul rapporto diesse-corridore.

Come si deve comportare il diesse con queste figure?

Con loro devi mediare. Bisogna trovare un compromesso, un equilibrio. Non è sempre facile se il diesse non ha un suo “io”. Credo che il direttore sportivo debba avere ancora la capacità di gestire un team. Che poi si debba confrontare con il responsabile della performance, col procuratore del corridore, col preparatore o col nutrizionista è ormai un aspetto quasi imprescindibile.

Per Giuseppe Martinelli il ruolo del diesse deve restare centrale nella gestione della squadra, confrontandosi con altre figure
Per Giuseppe Martinelli il ruolo del diesse deve restare centrale nella gestione della squadra, confrontandosi con altre figure
Nel mondo delle continental o dei cosiddetti “dilettanti” invece c’è ancora un rapporto più diretto.

Certamente. Ovvio che però se vuoi crescere o se vuoi fare veramente qualcosa di buono nel futuro, secondo me devi già avere una tua identità da portare avanti. Quello che ad esempio vorrei trasmettere a Davide o altri che me lo dovessero chiedere è proprio questo aspetto. Quella del diesse deve essere la figura centrale, soprattutto per convincere il corridore a fare una cosa anziché un’altra.

Facendo una provocazione, c’è il rischio che un diesse venga messo da parte e si ritrovi solo a guidare l’ammiraglia?

Sarebbe un punto di non ritorno. Secondo me dipende molto dal soggetto in questione e da cosa tu vuoi fare della tua carriera. Se vuoi fare veramente il direttore sportivo in prima persona e pensi che sia davvero il tuo ruolo, allora devi avere il carisma o maturarlo. Quello che decide non solo la strategia in corsa, ma anche le dinamiche in seno alla squadra. Se invece vuoi essere la persona che si fa le cento o duecento giornate di corse senza avere responsabilità, è un altro discorso, però cambia la prospettiva.

Chiaro…

Il diesse deve saper prendersi le sue responsabilità e mi è sempre piaciuto fare quello. Non dico che mi piacesse fare il leader, però alla fine visto che mi hanno sempre insegnato e dato quel ruolo, io lo mettevo in pratica nel miglior modo possibile.

Davide Martinelli ha ottimi insegnanti per il ruolo di diesse. Non solo papà Giuseppe, ma anche Gianluca Valoti (foto MBH Bank Ballan)
Davide Martinelli ha ottimi insegnanti per il ruolo di diesse. Non solo papà Giuseppe, ma anche Gianluca Valoti (foto MBH Bank Ballan)
Il diesse attuale deve comunque saperne di tutti questi aspetti. Per Giuseppe Martinelli è facile o meno?

Vent’anni fa o prima, per dire, ne sapevamo anche noi perché ognuno di noi aveva la propria idea di allenamento o di nutrizione che era data essenzialmente dall’esperienza fatta sul campo. Adesso invece il diesse si basa su dati molto più “scientifici” se mi passate il termine e deve trovare la quadra. E di conseguenza deve essere molto più preparato, lo vedo in Davide. Prima il corridore arrivava ad un appuntamento importante attraverso le prime gare in preparazione. Ora deve essere competitivo dal momento in cui si mette il numero sulla schiena, non esistono più le corse per entrare in forma. Per questo ci deve essere dietro un grande lavoro di equipe tra diesse sempre sul pezzo, corridore e le altre figure.

MBH Bank-Ballan e un calendario ancora più internazionale

18.01.2025
5 min
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Riuscire a inquadrare il mondo delle continental italiane non è affatto semplice. Nel nostro Paese ne risultano iscritte undici, dopo la chiusura della Zalf Euromobil e del CTF Victorious, che però continuerà la sua attività come devo team della Bahrain Victorious: ruolo che la squadra guidata da Renzo Boscolo copriva indirettamente già da qualche stagione. Una delle formazioni di punta tra le continental italiane è la MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack (in apertura foto NB Srl). La squadra guidata da Bevilacqua e Valoti è una delle poche che propone un calendario di alto livello ai propri corridori, nonostante la grande varietà di profili presenti all’interno del suo organico.

Cesare Chesini, scalatore classe 2004, arriva dalla Zalf (photors.it)
Cesare Chesini, scalatore classe 2004, arriva dalla Zalf (photors.it)

Nuovo anno

Che stagione sarà la prossima? Questa domanda la giriamo a Davide Martinelli. Il quale dopo aver smesso di correre è passato al ruolo di diesse proprio con la MBH Bank, formazione che dieci anni fa lo ha lanciato nel professionismo. 

«Per ora – spiega Davide Martinelli – siamo in una fase di programmazione. Manca ancora qualche settimana prima dell’inizio dei vari impegni, il ritrovo sarà con i ragazzi in Spagna per un ritiro. Quest’anno saremo a Gandia, più vicino a Valencia. Partiremo i primi di febbraio. Abbiamo ultimato la rosa per il 2025 e sono contento dei ragazzi che sono arrivati».

Oioli è un profilo interessante, pronto a crescere ancora e affermarsi tra gli under 23 (foto Pettinari)
Oioli è un profilo interessante, pronto a crescere ancora e affermarsi tra gli under 23 (foto Pettinari)
Quali sono i nomi più interessanti?

Di quelli che si uniscono a noi quest’anno direi Chesini, che arriva dalla Zalf, e Oioli. Entrambi arrivano da formazioni che hanno chiuso (rispettivamente Zalf Euromobil e Q36.5 Continental, ndr). Al contrario di quanto si possa pensare, dispiace sempre vedere che delle realtà smettono di esistere. Noi come amanti del ciclismo e del movimento giovanile vorremmo vedere nascere nuove squadre ogni anno. 

Cosa ne pensi di questi due ragazzi?

Mi auguro, e un po’ lo credo, che Chesini possa essere il sostituto di Kajamini. E’ uno scalatore che va bene in pianura e ha anche uno spunto veloce. Si trova in quell’età in cui ogni anno riesce ancora a migliorare molto. Oioli è un profilo interessante per le corse miste, credo che il nostro possa essere un ambiente ideale per lui.

Pavel Novak sarà uno dei volti della MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack nel 2025 (foto NB Srl)
Pavel Novak sarà uno dei volti della MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack nel 2025 (foto NB Srl)
Da coloro che sono rimasti cosa ci dici?

Ci sono i soliti Bracalente (in questi giorni in ritiro con la Cofidis in Spagna, ndr) e Bagatin. Ma anche Novak, che l’anno scorso ha fatto una bella annata. Poi abbiamo dei giovani pronti a fare un passo ulteriore, tra questi mi viene in mente Edoardo Cipollini. Lui già l’anno scorso ha fatto vedere degli sprazzi di talento, lo aspettiamo a un livello superiore. 

Avete preso un solo junior: Enrico Simoni.

Credo che si debba andare a fasi alterne. In una squadra ci devono essere dei corridori di maggiore esperienza che trascinano gli altri. I giovani hanno solo da imparare da questi ragazzi. Se ogni anno si carica la squadra di giovani si rischia di non avere continuità. Ora siamo in un momento in cui abbiamo puntato qualcosa in più sugli elite, infatti ne abbiamo quattro. E comunque oltre a Simoni abbiamo preso tre juniores ungheresi a mio avviso interessanti. 

Meris è stato il riferimento per le corse tra i pro’ nella passata stagione, chi prenderà il suo posto? (foto NB Srl)
Meris è stato il riferimento per le corse tra i pro’ nella passata stagione, chi prenderà il suo posto? (foto NB Srl)
Come gestirete il calendario delle gare quest’anno, vista anche la rosa più esperta?

Vorremmo allargare i nostri orizzonti, ieri abbiamo guardato quali gare vorremmo fare. Ci piacerebbe inserire corse di buon livello all’estero, come quelle che fa la Vf Group-Bardiani: Sibiu Tour e qualche gara in Francia. Questo per dare più spazio ai nostri atleti elite. Il calendario italiano è valido, ma ci si deve confrontare anche fuori dal nostro Paese. Poi abbiamo in programma le corse dello scorso anno: Laigueglia, Coppi e Bartali, Giro di Ungheria, Giro d’Abruzzo.

Alle quali si deve aggiungere il calendario under 23…

Saremo, come ogni anno, alle gare nazionali e internazionali di categoria. Per i nostri atleti di riferimento partecipare alla Coppi e Bartali o al Giro d’Ungheria prima del Giro Next Gen penso sia un valore aggiunto. Lo abbiamo visto con Novak e Kajamini nel 2024. 

Dopo una prima stagione nella quale ha preso le misure alla categoria Edoardo Cipollini è chiamato al salto di qualità (photors.it)
Dopo una prima stagione nella quale ha preso le misure alla categoria Edoardo Cipollini è chiamato al salto di qualità (photors.it)
Con le gare regionali come vi comporterete?

Come sapete a questi appuntamenti le squadre continental possono portare solamente i ragazzi di primo e secondo anno. Sono corse che servono ai giovani per fare esperienza e testarsi, anche se poi molti organizzatori stanno rendendo queste gare di livello nazionale. Nel 2024 avremo partecipato a sei o sette corse regionali. 

Un esempio è proprio Cipollini, che hai nominato a inizio intervista.

Lui ha corso diverse gare nazionali, dove ha provato a mettersi in mostra, ha sbagliato e imparato. In questo modo ora è pronto per alzare il livello e partecipare ad appuntamenti internazionali.

Martinelli e il ritorno (da diesse) nel progetto Colpack

27.01.2024
5 min
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Davide Martinelli ci ha messo davvero poco a rimboccarsi le maniche e a rimettersi in gioco. La sua carriera in sella alla bici è terminata alla Coppa Bernocchi il 2 ottobre. Mentre la nuova avventura come diesse alla Colpack (dal 2024 diventata Team MBH Bank Colpack Ballan) è iniziata presto, proprio in questi giorni. Un modo per ripartire rapido e indolore, tanto che questo inverno senza bici è stato diverso, ma comunque vorticoso. Il ritorno nella squadra che lo ha lanciato nel professionismo (in apertura la vittoria ai tricolori crono del 2014, immagine photors.it), questa volta nei panni del tecnico.

Dopo otto stagioni da pro’ Martinelli ha chiuso la sua carriera in maglia Astana
Dopo otto stagioni da pro’ Martinelli ha chiuso la sua carriera in maglia Astana

«Quelli invernali – racconta Davide Martinelli – sono stati mesi diversi ma comunque divertenti, mi sono mosso tanto. Non ho avuto molto respiro, visti tutti i progetti che sono iniziati, ho avuto poco tempo per pensare alla fine della carriera. La bici l’ho presa in qualche occasione, una quindicina di volte in tre mesi. Pedalo con qualche amico e professionista della zona e mi difendo ancora bene, in salita soffro un pochino di più, ma fino alle 3 ore riesco a reggere.

«Ho approfittato di questo periodo – continua – per andare a seguire la mia ragazza Rebecca (Gariboldi, ndr) nelle sue gare di ciclocross in Belgio. Siamo stati via una decina di giorni e sono andato a pedalare sul percorso del Fiandre, godendone appieno».

Un inverno diverso, godendosi la bici insieme alla fidanzata Rebecca Gariboldi
Un inverno diverso, godendosi la bici insieme alla fidanzata Rebecca Gariboldi

La finestra Colpack

Il filo che collega Davide Martinelli e la Colpack non si è mai spezzato. Quindi, una volta smesso di correre è stato facile riallacciare legami vecchi ma mai consumati. 

«Con Rossella Di Leo, Gianluca Valoti e Antonio Bevilacqua ho un ottimo rapporto da sempre. Ho corso con loro nel 2014 e nel 2015 – spiega Martinelli – e mi hanno lanciato nel professionismo. Nel tempo ci siamo sempre tenuti in contatto, così quando ho rivisto Rossella e Gianluca, mi hanno parlato del nuovo progetto. Il mio ingresso in squadra non è nato subito, ma è arrivato pian piano, come persone che si conoscono e pensano di fare cose assieme».

Due le vittoria in carriera di Martinelli, entrambe nel 2016: una tappa al Tour de La Provence e una (nella foto) al Polonia
Due le vittoria in carriera di Martinelli, entrambe nel 2016: una tappa al Tour de La Provence e una (nella foto) al Polonia

Una nuova figura

Quella che entra nel Team MBH Bank Colpack Ballan è una figura diversa dal classico diesse. Martinelli ha già il tesserino, ma a parte questo porta un’esperienza fresca e di spessore. 

«Ho fatto tutti i tre i livelli del tesserino – ci dice – durante il Covid. Quindi sono abilitato per lavorare anche con squadre professional, sono giovane per questo ruolo e la cosa che mi ha entusiasmato è il progetto a lungo termine del team. Il fatto che dal 2025 nasca una nuova professional ha fatto sì che la squadra avesse bisogno di una figura che arrivasse dal mondo dei pro’. Ho un’esperienza maggiore con un ciclismo più evoluto e che cresce anche dal punto di vista psicologico. Sono in grado di utilizzare tutta la tecnologia richiesta, come Training Peaks o Veloviewer. Ricoprirò il ruolo di collante tra i preparatori (Giovine e Fusi, ndr) e i diesse».

MBH Bank Colpack Ballan (foto NB Srl)
L’ingresso di MBH Bank porterà la Colpack Ballan a diventare una professional nel 2025 (foto NB Srl)

Primi contatti

Il senso delle parole di Martinelli esprime continuità, un senso ritrovato nell’avere un progetto diverso, ma comunque stimolante. Un qualcosa che apre a nuove idee con una sfumatura diversa. 

«E’ un progetto bello – prosegue l’ex Astana – e molto stimolante. L’opportunità che mi ha offerto la Colpack è grande. Non è facile, appena sceso dalla bici, trovare un qualcosa di così interessante. Ho sempre pensato che la strada del diesse sarebbe stata quella che avrei voluto percorrere, e iniziare da qui è uno stimolo immenso a fare bene.

«Ho già visto alcuni dei ragazzi, ma il primo vero incontro sarà a Calpe il 29 gennaio, quando saremo in ritiro. Mi rivedo in loro, hanno un sogno, che è quello di diventare professionisti. Allo stesso tempo hanno una grande occasione, perché la squadra diventerà professional nel 2025, hanno una finestra, sta a loro non farla chiudere. Farò tanto leva su questo, e credo che lo spirito sarà di collaborazione, tra tutti».

Per Davide l’esempio di papà Giuseppe è importante per imparare a muoversi da diesse
Per Davide l’esempio di papà Giuseppe è importante per imparare a muoversi da diesse

L’esempio di papà Giuseppe

Per Davide, cresciuto con il ciclismo a portata di mano, continuare la sua vita nel ciclismo è stato naturale. Il ruolo da diesse lo sente suo, ma allo stesso tempo riconosce di avere con sé una fonte inesauribile dalla quale abbeverarsi: suo padre Giuseppe. Prendendo spunti e idee su come affrontare questo ruolo. 

«Da mio padre ho imparato tanto – conclude Davide Martinelli – da piccolo passavo il tempo con lui commentando le gare. Anche quando crescevo ed ero junior, avevo sempre il suo parere e questo mi ha fatto entrare nel mondo dei pro’ preparato. Lui ha quella capacità di vedere le cose e di aggiungere un dettaglio che poi diventa determinante. Una cosa che mi piacerebbe prendere da lui è la sicurezza. Non ha mai pensato di vedere cosa fanno gli avversari, se ha una tattica la porta fino in fondo. La corsa si prende in mano e si prova a fare quel che ci si è detti. Spero di avere solo il 10 per cento del suo carisma, sarebbe già molto».

Davide Martinelli: consigliere, aiutante e un po’ diesse

29.07.2023
5 min
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Davide Martinelli ha già spedito la valigia in Polonia giovedì, destinazione Poznan, sede di partenza dell’80° Tour de Pologne. L’Astana-Qazaqstan ha allestito una squadra giovane, nella quale è stata inserita un po’ di esperienza, tra cui quella del bresciano (nella foto di apertura alla presentazione delle squadre di venerdì). 

«Sono rientrato da poco dall’altura – ci aveva detto poco prima di partire per la Polonia – ho fatto una quindicina di giorni nelle zona di Brescia. Riprendo le gare dopo un mese di assenza (il Baloise Belgium Tour, sua ultima corsa, era terminato il 18 giugno, ndr). Ormai siamo a stagione inoltrata, quindi una volta rientrato in corsa, le sensazioni saranno diverse rispetto a quelle degli allenamenti».

Martinelli torna in gara al Tour de Pologne dopo più di un mese a casa
Martinelli torna in gara al Tour de Pologne dopo più di un mese a casa
Si diceva potessi fare il Tour de France come parte del treno di Cavendish

Era un’ipotesi molto remota di cui si era parlato con la squadra. La verità è che non è stata un’esclusione, non mi aspettavo di partecipare al Tour. “Cav” ha il suo zoccolo duro di uomini di fiducia, è difficile inserirsi. 

Sei al Polonia per preparare la Vuelta? 

E’ una corsa davvero molto dura, dove la squadra viene decisa sempre un po’ all’ultimo perché bisogna fare i conti con le energie rimaste. Il caldo non mi fa impazzire e alla Vuelta è tanto, potrebbe non essere una situazione ottimale. 

Rischia di essere una stagione senza grandi Giri, sei dispiaciuto?

Non troppo. Ci sono molte corse, anche di una settimana, proprio come il Tour de Pologne, che aiutano a mettere insieme tanti giorni di gara. Un grande Giro è certamente una vetrina importante, nella quale però si accumula molto stress ed una fatica mentale e fisica non indifferente. Ti porta davvero al limite. 

Per Martinelli durante le gare tanti avanti e indietro dall’ammiraglia per dare supporto ai compagni
Per Martinelli durante le gare tanti avanti e indietro dall’ammiraglia per dare supporto ai compagni
A 30 anni che tipo di corridore senti di essere?

Uno che dà supporto ed apporto alla squadra, in ogni gruppo ci sono i leader e chi li aiuta a performare al meglio. Ho fatto una prima parte di stagione accanto ai capitani della nostra squadra. Mi sono accorto di essere un corridore che ha un buon colpo d’occhio, anche alla Quick Step, a inizio carriera svolgevo questo ruolo.

Ti piace?

In gruppo ci sono i leader e gli ultimi uomini, poi c’è un universo dietro che è quello dei gregari. Quelli che fanno il “lavoro sporco”, vanno a prendere la borraccia in ammiraglia, tirano fin dai primi chilometri, in TV non si vedono. 

Nei grandi Giri, con le dirette integrali, sì.

E’ vero, lì c’è l’occasione, ma non corro per farmi vedere a casa. I diesse vedono tutti gli aspetti del corridore, sia quando è in bici sia quando è fuori dalle corse. 

La felicità di Martinelli passa anche dalla vittoria dei compagni di squadra, come quella di Velasco alla Valenciana
La felicità di Martinelli passa anche dalla vittoria dei compagni di squadra, come quella di Velasco alla Valenciana
Che tipo di corridore sei lontano dalle corse?

Mi piace essere di supporto ai ragazzi giovani, aiutarli a crescere ed in particolare mi piace dare supporto ai compagni di squadra, dando qualche parola di conforto quando ce n’è bisogno. Diciamo che con la figura di mio padre (Giuseppe Martinelli, ndr), mi ha portato ad avere già la mentalità da diesse (ride, ndr). 

Ti è dispiaciuto non essere stato al Giro a goderti la vittoria di Cavendish?

Essere parte della squadra quando si raccoglie qualcosa è bello, ricevi quel “grazie” che arriva dal profondo del cuore e ti senti bene. Quest’anno mi è capitato con Lutsenko all’UAE Tour, ha vinto in una giornata molto calda. Io gli sono stato vicino portandogli le borracce, il ghiaccio… La felicità del post tappa è qualcosa che ti rimane dentro. 

E per la vittoria di “Cav” a Roma?

Sei parte della squadra anche quando non sei direttamente in gara. Quando un mio compagno vince sono sempre felice. La vittoria di Velasco alla Valenciana è un esempio. Noi eravamo dall’altra parte del mondo, al Saudi Tour. La felicità che abbiamo provato nel sapere del suo successo è stata uguale a quella che avremmo provato stando lì. 

Martinelli si trovo molto bene anche con i giovani come Garofoli (qui in foto), ai quali cerca di essere di supporto (foto Instagram)
Martinelli si trovo molto bene anche con i giovani come Garofoli (qui in foto), ai quali cerca di essere di supporto (foto Instagram)
Dicevi di trovarti bene con i giovani, da voi in Astana ce ne sono molti, anche italiani…

Mi piace condividere la mia esperienza con loro. Ad inizio anno sono andato in ritiro con Garofoli, prima ancora del ritiro ufficiale di squadra. Abbiamo pedalato insieme e parlato molto, mi piace aiutarli perché non voglio far ripetere loro i miei stessi errori. Quando sei giovane hai tanta euforia e vorresti strafare, invece devi essere capace di fermarti ogni tanto. 

Che giorni sono stati quelli insieme a Garofoli?

Eravamo insieme prima del ritiro di Calpe, sapevo che poi avremmo pedalato tanto una volta in Spagna, così nei giorni insieme gli ho consigliato di non esagerare con gli allenamenti. I corridori sono cocciuti, tutti, e a volte credono che vuoi remargli contro, bisogna essere bravi con le parole. Ve l’ho detto, un po’ la mentalità da diesse ce l’ho già. 

L’intervista con Davide Martinelli si chiude con un’altra risata. Oggi parte il Tour de Pologne e il bresciano sarà accanto a tanti giovani, pronto a spendere una parola per loro…

Gazzoli, come si sta tra i grandi?

18.02.2022
4 min
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Abbiamo intercettato Michele Gazzoli prima della seconda tappa della Volta ao Algarve, la sua seconda gara tra i pro’. Il giorno prima ha ottenuto un bel quinto posto (diventato quarto con il declassamento di Meeus per una manovra scorretta nei confronti di Coquard). Si è saputo difendere in una volata non semplice condotta magistralmente dalla Quick Step Alpha Vinyl e poi vinta dal solito Fabio Jakobsen

Abbiamo approfittato per chiedere al giovane corridore dell’Astana Qazaqstan Team come sono state queste prime gare. Il suo debutto ufficiale è avvenuto al Tour de la Provence, dove nelle quattro tappe corse dice di aver già imparato molto sul mondo dei grandi.

Michele Gazzoli quinto sul traguardo di Lagos (foto Facebook Volta ao Algarve)
Michele Gazzoli quinto sul traguardo di Lagos (foto Facebook Volta ao Algarve)
Intanto complimenti per il piazzamento.

Grazie mille! E’ stata una tappa difficile, con gli ultimi 50 chilometri fatti pancia a terra in mezzo ai ventagli. Mi stanno perseguitando, i ventagli intendo, anche in Provenza li abbiamo fatti, ma questa volta li ho saputi gestire.

Hai già iniziato con una delle lezioni più dure!

Assolutamente, ma fa tutto parte del gioco. In Provenza era la prima volta che vivevo dei momenti del genere, ho capito un po’ come funziona e questa volta mi sono buttato. Peccato…

Al Tour de la Provence il suo debutto con i pro’ (foto Instagram)
Al Tour de la Provence il suo debutto con i pro’ (foto Instagram)
Per il quarto posto? 

Sì, eravamo messi molto bene negli ultimi due chilometri, poi uno della Trek ha affrontato una rotonda come un kamikaze ed ha spezzato il gruppo. Avremmo potuto fare uno sprint migliore (dice con un velo di rammarico tipico di chi non si accontenta mai, ndr).

Torniamo per un attimo in Provenza, com’è andata la prima gara?

Molto bella, emozionante. Ci si allena tutto l’inverno con la maglia del team ma quando ci attacchi il numero è qualcosa di diverso. 

E la preparazione? Il pullman, la riunione pre gara…

Quello devo ammettere che non l’ho vissuta tanto diversamente. E’ ovvio che alla prima gara rimani un po’ affascinato da tutta la strumentazione che c’è. VeloViewer è quello che mi ha sorpreso di più, vedi il vento, la pendenza, la larghezza della carreggiata…

E poi ci sono le radioline…

Con quelle ho già avuto modo di correre ma usate in questo modo mai. Si nota come i diesse siano abituati a comunicare ed usarle per “teleguidare” i corridori. Prima della zona dei venti ci hanno detto di portarci avanti, ci ricordano di mangiare.

Ecco, il cibo, cambiando la tipologia di gare cambia anche l’alimentazione?

Devi sempre ricordarti di mangiare, ma non è facile. Ieri, per esempio, la prima ora l’abbiamo corsa “a tutta”, diventa difficile anche solo mettere in bocca il panino, ma bisogna farlo altrimenti nel finale salti. E’ una tipologia di alimentazione più sostanziosa, soprattutto per distanze così.

Durante l’inverno la preparazione e l’alimentazione sono state curate in maniera metodica (foto Instagram)
Durante l’inverno la preparazione e l’alimentazione sono state curate in maniera metodica (foto Instagram)
Lavori a stretto contatto con Erika Lombardi, come ti trovi con lei?

Bene, appena ci siamo visti ho subito riposto piena fiducia in lei. Abbiamo preso le misure nei mesi di preparazione trovando un equilibrio ottimo. Ieri era la seconda volta che affrontavo una distanza del genere (200 chilometri, ndr) e devo ringraziare anche lei per il quarto posto.

Con i compagni, invece, come ti trovi?

Molto bene, mi sono legato subito con Davide (Martinelli, ndr) e “Leo” Basso. Il primo abita molto vicino a me, a Brescia, e già ci allenavamo insieme, il secondo è molto simpatico e socievole ed è stato semplice entrare in sintonia.

Michele Gazzoli debutterà al Nord alla Omloop Het Nieuwsblad, tornerà per la prima volta in Belgio dopo il mondiale 2021
Michele Gazzoli debutterà al Nord alla Omloop Het Nieuwsblad, tornerà per la prima volta in Belgio dopo il mondiale 2021
Ed i prossimi impegni quali saranno?

Dopo l’Algarve farò il mio debutto al Nord, alla Omloop Het Nieuwsblad. Sono parecchio emozionato, è capitato di parlarne con Davide e Leo a cena la sera prima del debutto qui in Portogallo. Mi hanno detto cosa aspettarmi: l’inferno, nel vero senso del termine. Non puoi mai distrarti e devi correre sempre davanti, poi il pavè… Non vedo l’ora di andarci!

Tornare in Belgio dopo quello che abbiamo fatto a settembre sarà speciale…

Cavalli e Martinelli, come vi trovate con Training Peaks?

04.11.2021
5 min
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La globalizzazione del ciclismo passa anche dal perfezionismo e dalla cura di tanti aspetti. Cosa c’è dietro alle prestazioni dei corridori? Allenamento, certo, ma come viene sviluppato dall’atleta ed elaborato dai coach? La preparazione migliora grazie a certe applicazioni oppure queste ultime nascono perché lo richiede la preparazione stessa? Sembrano dubbi amletici, di sicuro alla base ci sono dei test, dei valori e tanta voglia di impegnarsi e fare fatica. Ed è così da una chiacchierata con Marta Cavalli e Davide Martinelli – incontrati a Cremona durante il Gran Premio Mamma e Papà Guerciotti di ciclocross – il discorso vira su Training Peaks. Ovvero una piattaforma utilizzata rispettivamente sia dalla 23enne della Fdj Nouvelle Aquitaine Futuroscope, dal 28enne della Astana-Premiertech e tanti altri corridori sia dai preparatori per impostare al meglio gli allenamenti in funzione delle gare.

Innanzitutto, da quanto tempo usate questa applicazione?

CAVALLI: «Ho iniziato quest’anno, da quando sono andata in Francia a correre. La mia squadra la utilizzava già da un paio di annate. Onestamente prima non la conoscevo anche se ne avevo già sentito parlare». 

MARTINELLI: «Dal 2016, da quando sono passato professionista nella Quick Step. Ed anche in Astana lo usiamo. La metà delle formazioni ce l’ha».

L’interfaccia di Training Peaks viaggi anche su mobile: ecco la situazione di riposo di Davide proprio oggi
L’interfaccia di Training Peaks viaggi anche su mobile: ecco la situazione di riposo di Davide proprio oggi
Ce ne parlate? Come funziona?

CAVALLI: «E’ una piattaforma in cui vengono caricati, come base, tutti i nostri dati e i valori espressi dai test. Successivamente ci carichiamo dentro tutti i dati degli allenamenti. Dopo di che, in base a tutti questi elementi, viene fatta la tabella di allenamento. Ma attenzione, non è mica un programma che elabora tutto magicamente. Manca la componente più importante».

MARTINELLI: «Su Training Peaks si possono caricare anche tutti gli allenamenti salvati in passato anche se, ad esempio, un corridore non lo utlizzava. Si può veramente creare un database, trovare tutto quanto. Si può vedere e capire, prendendo un periodo a caso, se in quel momento il corridore era in forma o meno. E’ eccezionale».

Marta, dicevi che manca una componente. Quella umana, giusto?

CAVALLI: «Esatto, quella del preparatore atletico per essere precisi. E’ lui che, incrociando i dati e considerando il calendario delle gare, compone le tabelle di allenamento. Ovviamente ci vuole un coach che conosca bene la piattaforma, però vedo che ormai tutti la sanno usare». 

MARTINELLI: «Concordo con Marta. Il ruolo del preparatore è chiaramente fondamentale per fare tutto. Ad esempio lavoro da tempo con Mazzoleni (il coach della Astana, ndr), c’è fiducia reciproca e talvolta modifico leggermente io la mia tabella in base a certe situazioni. Questo forse succede con corridori un po’ più esperti e che hanno un rapporto più profondo con i propri allenatori».

In sostanza cosa produce Training Peaks?

CAVALLI: «E’ uno strumento che ottimizza gli allenamenti e i vari periodi di lavoro. Da quelli di carico a quelli di scarico e recupero. Oppure ti evita l’overtraining. C’è un range entro il quale restare per sapere di essere in condizione. Più ci sono bilanciamento ed equilibrio, più sei vicino al picco di forma. Addirittura è possibile avere una stima di come andrai o come starai il giorno della gara. Però bisogna assolutamente dire che non è una piattaforma infallibile».

MARTINELLI: «In pratica lì dentro abbiamo tutte le nostre tabelle. Nel periodo di fondo, in preparazione alle corse, abbiamo il programma di lavoro dei prossimi 15/20 giorni. Mentre durante il periodo delle gare è limitato al massimo alla settimana perché subentrano altre variabile di cui tenere conto. Anche se molto precisa, qualcosa non viene sempre calcolato».

Sulla piattaforma vengono caricate le prestazioni in allenamento per impostare meglio la gara. Qui Cavalli al Giro d’Italia Donne
Sulla piattaforma vengono caricate le prestazioni in allenamento per impostare meglio la gara. Qui Cavalli al Giro d’Italia Donne
Perchè dite che non è infallibile?

CAVALLI: «Beh, non tiene conto delle sensazioni che abbiamo in gara o in allenamento. I dati di Training Peaks sono un ottimo riferimento su cui basare il proprio lavoro, ma alla fine i valori devono essere associati alle nostre sensazioni. Ad esempio quando i miei dati indicano che potrei essere stanca, io solitamente in gara vado bene e poi ancora meglio in quella successiva, specie se ravvicinata. E’ come se avessi bisogno di sbloccare il mio motore, in Francia lo chiamamo “déblocage”. Dobbiamo sì tenere sotto controllo i valori, ma anche ascoltare noi stessi».

MARTINELLI: «Le sensazioni sono quello che devi riferire al tuo preparatore, perché la piattaforma non può capirle o calcolarle. E torniamo al discorso che facevo del rapporto di fiducia che si ha con lui».

E come vi trovate? Si può rischiare di diventarne troppo dipendenti?

CAVALLI: «Mi trovo bene. E’ semplice da usare e non è condizionante negli allenamenti. Anzi, so cosa mi dice il mio corpo e col passare del tempo prendo sempre più le misure a questo modo di allenarsi. Certo, va detto che il ciclismo adesso è sempre più performante, già dalle prime gare sono tutti in formissima e quindi queste metodologie sono all’ordine del giorno.

MARTINELLI: «Benissimo, è uno strumento utile per preparare le gare che hai già fatto in passato, andando a ripescare nel famoso database i valori che avevi in quel periodo. A quel punto puoi ripeterli o modificare in modo o l’altro. Vi dirò che ormai i preparatori preferiscono vedere una ventina di allenamenti caricati, piuttosto che fare il classico test alla soglia che si fa solitamente. Sono più veritieri».

Training Peaks non riesce a leggere nelle sensazioni: per quelle si parla con il preparatore (foto Instagram)
Training Peaks non leggere le sensazioni: per quelle si parla con il preparatore (foto Instagram)
Marta quest’anno sei cresciuta ancora e sei stata tra le più costanti in termini di risultati.  Visto che utilizzi Training Peaks da un anno, quanto e in cosa ti ha cambiato?

CAVALLI: «Mi ha cambiato tanto, soprattutto in termini di gestione dello sforzo o dei periodi di carico e recupero. Ora che so meglio come mi devo allenare, devo curare qualche dettaglio per completare il mio processo di crescita. Ad esempio nel 2022 mi aiuterà a ritrovare un po’ di esplosività».

Davide tu invece che usi Training Peaks da tanto tempo che differenze hai trovato dal primo anno ad oggi?

MARTINELLI: «Direi che negli ultimi anni guardo di più tre aspetti. Le ore settimanali di allenamento. Poi il TSS (training stress score, ndr), ovvero il carico e l’intensità delle ore di allenamento. Chiaramente un’ora tranquilla non è uguale ad un’ora a tutta. E infatti per questo c’è un ulteriore range, che va da 30 a 100, per parametrare l’intensità di queste ore di allenamento. Infine il terzo aspetto è legato alla critical power, che per me è la chiave di tutto. Ossia vedere che wattaggio puoi tenere su determinati periodi di tempo. Da quello puoi capire se sei performante o meno. Ormai il ciclismo viene calcolato tutto in minuti. Una salita non è più di tot chilometri ma di tot minuti. E su quel tempo devi calcolare la tua prestazione in base ai watt. Il watt non mente mai». 

Sterrato in vista, Martinelli (e i pro’) si preparano così

14.10.2021
4 min
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Poco più di 24 ore e i pro’ esordiranno in una gara gravel. C’è grande fermento per la Serenissima Gravel. E’ tutto nuovo, tutto da capire, anche per i corridori. E tra i protagonisti di questo storico evento ci sarà Davide Martinelli pronto, con altri tre compagni della sua Astana-Premier Tech Battistella, Lutsenko e Felline, ad impolverarsi sullo sterrato veneto.

Assaggi di sterrato all’Adriatica Ionica Race, anche se in questo caso si utilizzavano bici da strada
Assaggi di sterrato all’Adriatica Ionica Race, anche se in questo caso si utilizzavano bici da strada

Verso l’ignoto

Oggi è giorno di sopralluogo. L’unico vero test che i corridori possono fare visto il calendario mai così fitto. Però forse è proprio questo senso di mistero a rendere il tutto così eccitante e curioso. 

«E’ un qualcosa di nuovo – spiega Martinelli – e non sappiamo bene come approcciarlo. Mi verrebbe da dire che non rischieremo troppo, ma poi noi corridori quando ci attacchiamo il numero sulla schiena non ci tiriamo mai indietro. 

«Credo non andremo a tutta dall’inizio alla fine, perché 90 chilometri di sterrato sono tanti davvero. Immagino che si deciderà tutto nei due o tre settori finali. Non vedo una corsa come su strada, con la fuga che va via… Poi magari vengo smentito! Cercheremo anche di divertirci. Perché noi pro’ pensiamo sempre alla prestazione e questa può essere l’occasione giusta. Io sono contento di farla!».

La Wilier Rave Slr con la quale correranno gli Astana
La Wilier Rave Slr con la quale correranno gli Astana

Misure (quasi) identiche

Ma una delle curiosità maggiori riguarda l’allestimento tecnico per affrontare lo sterrato. I ragazzi, non solo quelli dell’Astana, hanno avuto davvero poco tempo di provare le bici gravel. 

«In effetti 15 giorni fa, quando abbiamo fatto delle foto per il team, ho avuto modo si saggiare la Wilier Rave. Abbiamo riportato le stesse identiche misure che su strada. Semmai è forse un po’ più corta, per una questione di guidabilità, ma parliamo davvero di millimetri. La mia altezza di sella è di 80 centimetri e l’ho riportata. Le pedivelle, le mie sono da 172,5 millimetri, sono le stesse. E così i pedali. I più esperti del gravel usano le scarpe e i pedali da Mtb e piccoli accorgimenti più specifici, ma noi volevamo toccare il meno possibile».

Il regolamento impone bici gravel. Si è cercato di riprodurre le misure della strada al millimetro
Il regolamento impone bici gravel. Si è cercato di riprodurre le misure della strada al millimetro

Camere d’aria o tubeless?

I dubbi maggiori riguardano l’allestimento tecnico della bici, a partire dalle gomme. O meglio, quelle più o meno saranno da 35 millimetri per tutti (poi ogni marchio ha la sua misura) ma saranno con camera d’aria o con tubeless? Perché bisogna dirlo, non tutti i pro’ sanno fare interventi sulla loro bici. Specie se tubeless. Il professionista su strada non è un biker. Ma non sa farlo per ovvie ragioni: uno è sperso da solo nei boschi, l’altro ha l’ammiraglia al seguito. Ammiraglia che però non c’è nella Serenissima Gravel.

«Ho sentito – riprende Martinelli – che si useranno i tubeless o le camere d’aria a discrezione del corridore. Per comodità direi che il tubeless è meglio, anche perché in caso di foratura c’è il liquido, mentre la camera d’aria farebbe perdere più tempo (ma ci si può intervenire più facilmente, ndr). Io per esempio deciderò dopo il sopralluogo di oggi, anche per scegliere le pressioni delle gomme e gli ultimi dettagli.

«Bisogna pensare che abbiamo quattro stazioni meccaniche e sarà fondamentale non avere intoppi. E’ un po’ come la Roubaix: se non hai guai sei già davanti».

Assistenza fai da te

Niente ammiraglia dicevamo e quattro punti di assistenza tecnica lungo il percorso: i corridori si sono “allenati a “fare i meccanici”?

«No, no… si va con le conoscenze di base – dice Davide – Poi dipende sempre da quello che rompi e come lo rompi. Se il cambio si storce un po’, con un po’ di delicatezza riesci a rimetterlo in linea. Ma se si spezza c’è poco da fare. Magari partiremo con delle chiavi in tasca. Non so, un multitool. Se per esempio dovesse scendere la sella si riesce a sistemarla, con una brugola. O comunque si possono fare quei piccoli interventi per raggiungere la zona di assistenza.

«Sono indeciso se partire con due borracce piene o con una borraccia e un’altra tagliata dove riporre gli attrezzi. Tanto non fa caldissimo e una sola borraccia di acqua potrebbe andare bene. O ancora, con due borracce e un’ulteriore tasca sottosella per mettere la camera d’aria. Vedremo…».

Martinelli, un mal di schiena da… eccesso di velocità

07.04.2021
3 min
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Un post di Davide Martinelli su Instagram dopo Harelbeke ha un po’ scosso i tifosi di ciclismo. Tradito dalla schiena, il bresciano è stato costretto ad abbandonare le corse del Nord, rinunciando alla Gand e poi anche al Fiandre. Alla fine però il dio del ciclismo gli ha voluto bene e ha portato al rinvio della Roubaix, che fra le tante sarebbe stata la sua preferita. Così Davide ha riposto i sogni, ha alzato bandiera bianca con meno rammarico, si è sottoposto a una serie di terapie e poi finalmente è tornato in bicicletta. Ma il risvolto insolito dei suoi acciacchi è che il dolore alla schiena è stato provocato dalla Milano-Sanremo.

«Da quelle sette ore con le mani basse sul manubrio – racconta – a una velocità altissima. Complice il vento a favore, abbiamo fatto i 45 di media. E a forza di stare giù bassi, tutti gli osteopati che ho sentito e anche i medici mi hanno parlato di infiammazione del nervo toracico lungo, che provoca dolore all’altezza della scapola».

Ritirato dopo Harelbeke. con il dolore alla schiena
Ritirato dopo Harelbeke. con il dolore alla schiena

Resa ad Harelbeke

Quando senti parlare un corridore di mal di schiena, immagini le vertebre lombari e il classico dolore da sovraccarico, invece il caso di Martinelli è diverso, ma di certo il dolore non è stato per questo minore.

«Ho fatto la Tirreno – dice – come prima corsa a tappe dell’anno, a causa delle cancellazioni in Spagna e qualcosa mi è mancato. Alla Sanremo, a parte il problema alla schiena, mi sono ritrovato in finale con le forse un po’ troppo giuste, perché la Tirreno l’abbiamo corsa fortissimo e forse non è stata la miglior preparazione per la Sanremo e quello che veniva dopo. Ugualmente sono arrivato a De Panne in buone condizioni, tanto che nel finale ho anche provato un attacco. Però fino a quel punto sentivo qualche dolorino, ma niente di preoccupante. Del resto fra la Sanremo e le prime corse in Belgio, avevo fatto solo scarico e quando fai due ore al massimo, i problemi non vengono fuori. Invece ad Harelbeke dopo 100 chilometri ho dovuto fermarmi».

Dal 2020, Davide è all’Astana, dopo i primi 4 anni nel gruppo Quick Step
Dal 2020, Davide è all’Astana, dopo i primi 4 anni nel gruppo Quick Step

Tecar e fisio

Il rimedio, dopo una prima fase senza bici, ha visto il ricorso alla Tecar e a svariate sedute di fisioterapia.

«Ora sembra tutto in via di risoluzione – racconta – e ho ripreso ad allenarmi abbastanza bene. Devo ammettere che è stato brutto vedere in televisione il Fiandre e prima ancora la Gand-Wevelgem. Quei ventagli sarebbero stati un momento bellissimo in cui buttarsi cercando di combinare qualcosa. E poi mi sarebbe piaciuto dare man forte alla mia squadra, perché senza vari corridori infortunati, la mia presenza avrebbe aiutato l’Astana a uscirne meglio. Ma ora c’è una stagione da reinventare, non si può aspettare la Roubaix di fine anno, spero di trovare le occasioni per fare la mia parte e ottenere semmai qualche risultato anche per me».