Belletta è cresciuto, peccato solo la caduta di Glasgow

22.08.2023
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Il suo mondiale a Glasgow è finito ancor prima di cominciare, vittima della prima caduta seria che ha coinvolto gli azzurri U23. Due punti sul ginocchio e la malinconia di veder andare giù nella stessa caduta anche Buratti, Busatto e Romele. Per questo Dario Igor Belletta è salito sul pullman Vittoria e forse non ne sarebbe sceso mai.

«Ero già caduto all’ingresso del circuito – ha raccontato – c’era tantissimo stress in gruppo. Era il momento in cui da dietro sono riuscito ad andare davanti e psicologicamente forse ho mollato un po’ la presa. Perciò la prima curva che ho fatto davanti, in testa al gruppo, sono caduto e purtroppo ho tirato giù Busatto che stavamo proteggendo. Mi spiace anche per lui».

Al via della prova su strada dei mondiali, accanto a Romele, De Pretto, Milesi, Buratti e Busatto
Al via della prova su strada dei mondiali, accanto a Romele, De Pretto e Milesi. Nel team anche Buratti e Busatto

Stagione conclusa?

Tornato al pullman, ha trovato ad aspettarlo il dottor Corsetti. E’ stato lui a prevedere la necessità di mettere punti di sutura, anche se prima di poterli applicare, hanno dovuto aspettare che la corsa finisse. E con i punti è arrivata l’amara considerazione che la sua prima stagione di under 23 potrebbe essersi conclusa in quella curva, visto che il tempo per recuperare non sarebbe stato poi molto.

In giro per l’Europa

Il 2023 del corridore di Magenta fino a quel momento era stato composto da 30 giorni di corsa, seguendo il filo logico che da sempre caratterizza l’attività della Jumbo Visma Development. Quindi cinque corse a tappe e, ad eccezione del Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria (corso con la nazionale) e i due tricolori (entrambi al terzo posto), l’Italia non l’ha mai vista, raccogliendo in compenso sette top 10 in giro per l’Europa. Il mondiale è sempre stato però uno dei passaggi centrali.

«Pensavo al mondiale da inizio stagione – ha spiegato – l’evento di cui ho parlato con Amadori per tutto l’anno. Ci abbiamo lavorato dai primi training camp a dicembre, però un conto è pensare di andare, un conto è farlo davvero».

A Glasgow, Belletta sarebbe stato protagonista, se la caduta non lo avesse tagliato fuori
A Glasgow, Belletta sarebbe stato protagonista, se la caduta non lo avesse tagliato fuori

Un anno molto intenso

L’approccio è già quello del professionista, aiutato da una precocità atletica che forse fra gli under 23 stupisce meno di quanto accadesse fra gli juniores, in cui riusciva a dominare anche in virtù di un fisico ben più sviluppato rispetto ai rivali.

«In squadra – ha spiegato – mi trovo davvero bene. Non mi fanno mancare nulla. Mi stanno facendo crescere con calma che poi è quello che abbiamo chiesto. Rispetto allo scorso anno, sento di essere cambiato tantissimo. E’ passato solo un anno, ma sembra di aver fatto 3-4 stagioni. Ogni mese sento che cresco di più e infatti non vedo l’ora che passi ancora più tempo per vedere quanto potrò migliorare crescendo».

Tricolore crono: dopo l’arrivo, Belletta era stremato per il caldo (foto Tornanti_cc)
Tricolore crono: dopo l’arrivo, Belletta era stremato per il caldo (foto Tornanti_cc)

Da bimbo a ragazzo

Nel dirlo ha fatto un sorriso. Nel ciclismo che cerca prodigi giovanissimi, sentir dire a un ragazzo di 19 anni che non vede l’ora di diventare più grande per essere anche più forte, ti coglie di sorpresa.

«Mi accorgo – ha spiegato – che si cresce sotto tutti i punti di vista. I numeri derivano solo dal corretto approccio mentale e anche e soprattutto dalla maturità. Cioè fare certi tipi di corse, cominciare a essere più preciso anche nella vita privata e quotidiana. E’ un insieme di cose. C’è molta tranquillità e quindi… mi sento di essere molto cresciuto. Non sono più un bambino, adesso sono un ragazzo. Mettiamola così…».

Due terzi e due misure: rileggiamo gli italiani di Belletta

07.07.2023
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La scia tricolore non si è ancora esaurita, i campionati italiani corsi quasi due settimane fa sono ancora un ricordo vivo. Tra gli under 23 c’è un corridore che, al suo primo anno, si è già messo in mostra, a cronometro come nella prova in linea. E’ Dario Igor Belletta, atleta della Jumbo-Visma Development: terzo a Sarche nella prova contro il tempo e terzo anche a Mordano su strada, dietro a Busatto e Cretti

Il primo impegno per Belletta è stata la cronometro di Sarche, vinta da un grande Bryan Olivo che ha rifilato a tutti più di un minuto di distacco

«Quest’anno – dice – come quelli precedenti, ho fatto solo dei prologhi, la cronometro di Sarche era la prima con 35 minuti di sforzo. Definiamola la prima cronometro vera della mia carriera. Pensavo meglio, vedo il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, non ho ancora deciso se è andata bene o potevo fare meglio. Il percorso era lo stesso dei professionisti, davvero duro. Il livello era alto, i corridori favoriti uscivano tutti dal Giro Next Gen, a parte Olivo che però preparava questa gara da un anno. Tant’è che nella prova in linea ha pagato pegno. Dico che il Giro U23 ha alzato il livello perché tra il secondo e l’ottavo c’erano solo 40 secondi. Ci tenevo a fare bene, in queste prove esce il valore del corridore, come dicono in Olanda sei solo contro il tempo e il vento».

Per Belletta la rassegna tricolore U23 si è aperta con un terzo posto nella cronometro di Sarche (foto Instagram)
Per Belletta la rassegna tricolore U23 si è aperta con un terzo posto nella cronometro di Sarche (foto Instagram)

Trasferta “solitaria”

A proposito di Olanda, la Jumbo-Visma aveva un altro corridore a Sarche, Edoardo Affini. Lui e Belletta sono stati un po’ insieme, condividendo pareri e facendosi compagnia in questa trasferta solitaria. 

«E’ strano fare i campionati italiani senza squadra – continua – non avevamo mezzi di supporto e quindi mi sono dovuto arrangiare. Per fortuna c’erano i miei diesse della GB Junior Team-Pool Cantù 1999 che mi conoscevano e mi hanno dato tutto: rulli, ammiraglia e mezzi vari. A Sarche della Jumbo c’eravamo io e Affini, lo avevo già conosciuto nel ritiro pre stagione (foto Instagram di apertura). E’ stato molto bello parlare con lui, mi ha dato molti consigli sulla gestione dello sforzo e abbiamo analizzato i miei dati dopo la gara». 

La sorpresa di Mordano

Il vero colpo di qualità Belletta lo ha tirato fuori dal cilindro sulle strade di Mordano, chiudendo al terzo posto la prova in linea. Per quella gara lo ha raggiunto il suo compagno Mattio ed i due si sono giocati le loro carte anche in inferiorità numerica. 

«Stavo bene – racconta Belletta – la prima fuga importante è partita che mancavano 100 chilometri all’arrivo. Mi sono trovato subito a rincorrere perché gli uomini forti erano tutti davanti, Mattio è stato bravo a farsi trovare pronto e seguirli fin da subito. Busatto poi è partito ancora a 30 chilometri dall’arrivo e io non sono stato pronto a seguirlo, le gambe c’erano. Il terzo posto finale penso giovi di più rispetto a quello della cronometro, non ho rimpianti, alla fine in una corsa in linea pensi sempre di poter fare meglio.

«Di una cosa sono contento – dice ancora – e parlo della prestazione. Se avessi detto al me stesso di febbraio che avrei fatto terzo al campionato italiano, non ci avrei creduto. Invece mi sono reso conto di crescere mese dopo mese e questo è un bel modo per finire la prima parte di stagione. Correre in due non è stato semplice, ma se la corsa esce tirata come siamo abituati noi al Nord, la squadra conta fino ad un certo punto. Alla fine restano i migliori e gli equilibri si ristabiliscono. Anche Busatto aveva un solo compagno di squadra e questa cosa non gli ha impedito di vincere. Come lui anche Germani l’anno scorso, quest’ultimo era addirittura da solo».

Belletta ha già messo alle spalle belle esperienze, tra cui la Paris-Roubaix Espoirs, chiusa al decimo posto (foto Instagram)
Belletta ha già messo alle spalle belle esperienze, tra cui la Paris-Roubaix Espoirs, chiusa al decimo posto (foto Instagram)

Secondo atto

Belletta con le prove tricolore ha concluso la sua prima parte di stagione, i risultati possono essere considerati positivi. Al suo primo anno da under 23 ha collezionato esperienze importanti ed è già entrato nell’orbita di Amadori.

«Ho fatto un piccolo periodo di stacco – conclude – sono andato in vacanza alcuni giorni in Sardegna. Un periodo senza bici per ricaricare le batterie fisiche e mentali. Ho parlato anche con Marino Amadori, ora andrò a fare un ritiro con la squadra in altura e poi ci sarà una corsa a tappe in Francia con la nazionale. Vedremo se meriterò la convocazione. Ho preferito allenarmi con la squadra perché ho un programma pronto e ho lavorato molto bene in questi primi mesi. Lo stesso Marino era d’accordo, ora spero di meritarmi la convocazione a qualche evento importante».

Olivo, la testa dura e il tricolore crono U23

23.06.2023
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SARCHE – Prima di incontrare Bryan Olivo, giusto ieri dopo la sua vittoria nella cronometro tricolore degli U23, è capitato di stringere la mano a Roberto Bressan. Il team manager del Cycling Team Friuli se ne andava in giro con un sorriso grande così, dato che su Olivo si è già speso più di una volta in prima persona. I tecnici del suo team stanno lavorando da due anni per trasformarlo da crossista promettente in pistard e stradista da leccarsi i baffi. Questa crono, vinta con 1’12” sul secondo e 1’16” sul terzo è stata la conferma che la direzione è giusta.

Olivo e la sua Merida hanno percorso i 25,7 chilometri in 32’20”, a 43,630 di media
Olivo e la sua Merida hanno percorso i 25,7 chilometri in 32’20”, a 43,630 di media

Per il team e la famiglia

Olivo se ne stava rintanato nel box riservato ai primi della classifica, senza la più classica “hot seat”, ma con una serie di divanetti e panche all’ombra, che sotto quel sole così cattivo era un’oasi felice.

«Mi aspettavo di andare bene – diceva – ma non di dare così tanto distacco al secondo. Sui rulli durante il riscaldamento ho visto dei numeri che mi hanno stupito. Sapevo di andar forte, perché questo italiano lo preparo dall’anno scorso. Arrivai terzo e mi dissi che sarei tornato per vincere. Ce l’ho messa tutta e non nego che da lunedì ero molto agitato: non perché sentissi la pressione della gara, ma per tutta la fiducia che mi arrivava dalla squadra, per come mi hanno preparato. Non volevo deludere loro, me stesso e neppure i miei genitori che mi stanno sempre accanto».

Secondo al traguardo, Nicolas Milesi ha colto così il miglior piazzamento del 2023 (foto Tornanti_cc)
Secondo al traguardo, Nicolas Milesi ha colto così il miglior piazzamento del 2023 (foto Tornanti_cc)

Lavori in corso

Il passaggio su strada non è stato privo di punzecchiature. La fuga di un altro fra i migliori talenti dal ciclocross non l’avevamo vista di buon occhio, al punto che mosso da un impeto polemico, la scorsa estate Bressan disse che l’inverno successivo avrebbe rimandato Olivo nel cross. Questo non è successo (non avevamo dubbi), in compenso è proseguita la crescita omogenea di Bryan su quasi tutti i terreni.

«Vincere il campionato italiano – proseguiva Olivo – mi dà emozioni indescrivibili. La stagione era partita bene, poi è diventata un po’ opaca. Ho avuto un problema intestinale, che mi ha fatto perdere 3 chili in tutto il mese di maggio. A giugno non andavo avanti, invece alla fine mi sono ripreso e meglio di così non poteva andare. Detto questo, non so ancora dire che tipo di corridore potrei essere. Credo che adesso si possa dire che vado forte a crono. In pianura vado bene, in salita mi difendo. Si potrebbe dire che sono un “all rounder”, ma non mi definisco così, vediamo col tempo. C’è ancora tanta strada da fare».

Dopo l’arrivo, Belletta era stremato per il caldo: il suo ritardo finale è stato di 1’16”: non male per essere al primo anno (foto Tornanti_cc)
Dopo l’arrivo, Belletta era stremato per il caldo: il suo ritardo finale è stato di 1’16”: non male per essere al primo anno (foto Tornanti_cc)

Non mollare mai

E così adesso, sentendolo parlare, ti chiedi se sulle sue tracce ci sia già qualche squadra di quelle che va a pesca di talenti giovanissimi. Va detto che il Cycling Team Friuli, in quanto vivaio della Bahrain Victorious, è un ottimo posto in cui continuare a fare le proprie esperienze, ma come ragionerebbe un ragazzo di vent’anni davanti all’eventuale offerta di un team WorldTour?

«Non so cosa farò il prossimo anno – ha detto subito – dipende se mi sentirò pronto per passare oppure no, sennò aspetterò ancora un anno. Ho ancora tanti obiettivi quest’anno. Sabato c’è il campionato italiano su strada, dove credo che correrò per i miei compagni. Loro hanno fatto il Giro d’Italia e di sicuro su strada saranno leggermente più pronti di me. Però se ci sarà l’occasione, proverò a fare il mio. E poi vorrei anche fare bene al mondiale.

«Sono tutti obiettivi che vengono gradualmente e grazie alla forza mentale. La differenza in questa crono l’ho fatta perché non ho mollato di un millimetro, anche se le gambe mi dicevano di calare. Io non l’ho fatto e questa è una cosa che non mi succede spesso. Una cosa che da oggi in avanti dovrà sempre esserci. Per me questo significa crescere».

Ieri junior, oggi tra i pro’. Belletta, raccontaci l’esordio

21.04.2023
6 min
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«Sto vivendo un sogno, sono tra i professionisti e mi sto giocando una vittoria». Un pensiero di corsa a 10 chilometri dall’arrivo. Dario Igor Belletta, 19 anni compiuti il 27 gennaio, ha esordito tra i pro’ e lo ha fatto con la maglia della nazionale maggiore al Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Si è portato a casa un settimo posto e un bagaglio di esperienze pieno di emozioni, stupore, errori e tanta voglia di fare parte di quel mondo lì.

Al telefono Dario ha la voce squillante e piena di entusiasmo, ma sembra avere la testa ben salda sulle spalle. Forse anche grazie alla corazzata Jumbo-Visma Development Team che lo sta guidando passo a passo nel mondo del ciclismo europeo. Junior fino a 4 mesi fa, il giovane lombardo si è svegliato una mattina con la convocazione via whatsapp del cittì Bennati. Facciamoci trasportare nel suo esordio tra i pro’…

L’esordio di Belletta con la nazionale maggiore
L’esordio di Belletta con la nazionale maggiore
Com’è nato questo esordio?

Era una corsa che non era in programma nel mio calendario, però quando il CT ti convoca non puoi di certo dire di no, anzi… (ride, ndr). Alla Jumbo andava molto bene, per svezzarmi un po’. In realtà è stato organizzato tutto all’ultimo. 

Quando hai ricevuto la convocazione?

Mi hanno chiamato subito dopo il Circuit des Ardennes dove era presente la nazionale under 23. Ho avuto modo di parlare con Mario Scirea. Mi ha visto in ottima condizione e soprattutto in crescita. Ero stato fermo dieci giorni per un’influenza che mi aveva colpito circa due settimane prima.

Come l’hai ricevuta questa chiamata in nazionale?

Tramite Gianluca Bortolami che è un po’ il mio padre ciclistico e conosce molto bene Bennati che mi ha fatto questa proposta. Dopodiché mi sono trovato una mattina con il messaggio del commissario tecnico che mi chiedeva com’ero andato alle Ardenne e che appunto mi faceva questa convocazione. Io gli ho risposto immediatamente che non c’era nessun motivo per non dire di sì. Non vedevo l’ora di vestire la maglia della nazionale maggiore ed esordire tra i pro’. 

Qui la ricognizione sul circuito, casco giallo Jumbo per Belletta
Qui la ricognizione sul circuito, casco giallo Jumbo per Belletta
Te l’aspettavi?

In realtà avrei dovuto debuttare tra i professionisti alla Volta Limburg Classic con la squadra WorldTour. Però appunto essendo stato fermo dieci giorni per l’influenza, ho dovuto posticipare l’esordio. La squadra è stata molto soddisfatta sia dell’interesse della nazionale e così ha anche avuto l’occasione di vedermi esordire tra i grandi. 

Ti sei sentito pronto fisicamente?

La mia condizione era in crescita, era una settimana che pedalavo bene alle Ardenne. Ne parlavo già con il mio preparatore e mi diceva che i valori che esprimevo stavano salendo e io effettivamente mi sentivo sempre meglio.

Che emozione è stata arrivare lì tra i pro’?

Ovvio la corsa tra i professionisti è sempre emozionante e nei giorni prima il fatto di andare a dormire nello stesso hotel di Viviani è stato un’emozione diversa. Per un ragazzo che ha appena compiuto 19 anni è qualcosa di forte. Inoltre non correvo in Italia dall’anno scorso. Aggiungici uscire il giorno prima vestito con la maglia della nazionale in mezzo alla gente che ti guarda e magari si avvicina incuriosita per scambiare due parole. E’ stato tutto speciale ed è un mondo che sinceramente devo ancora conoscere

Viviani capitano e faro di Belletta e compagni
Viviani capitano e faro di Belletta e compagni
Viviani lo conoscevi già?

Sì. Entrambi siamo molto attivi in pista. Lui ovviamente con un altro tipo di risultati rispetto ai miei (ride, ndr). Elia è un ragazzo che sinceramente non so descrivere. Dire che è un atleta formidabile è riduttivo, perché è anche una persona di cuore. Ad esempio quando abbiamo fatto un giro per il centro lo avranno fermato 10 volte per delle foto e lui si è fermato a farle tutte con il sorriso.

Come nazionale eravate perlopiù giovani a parte appunto Elia. Che capitano è stato?

Ci ha trasmesso tranquillità e sicurezza ed è stato il nostro faro. Nella riunione pre gara è stato molto attivo e si vedeva che aveva voglia di insegnarci. Noi anche avevamo ancora più voglia di imparare da un’atleta e persona così. Tra l’altro c’era anche Marco Villa. Lui mi dipinge un po’ come un piccolo erede e vederci in azione ha emozionato in primis Marco. Io so che ho molto da imparare da Elia e sono felice di avere l’opportunità di farlo. 

Con i compagni hai condiviso qualche emozione pre gara?

Più o meno ci conoscevamo già tutti. Con quelli della mia età ci avevo già corso, ad esempio con Andrea Raccagni Noviero che corre nella Soudal-Quick-Step Devo Team, abbiamo scherzato su quando ci incontravamo da giovanissimi, mentre invece ora ci siamo ritrovati a vestire insieme la maglia della nazionale maggiore. Questo ci ha strappato un sorriso e qualche battuta. 

Raccagni Noviero, Garofoli e Belletta, la next-gen scalpita
Garofoli e Belletta, la next-gen scalpita
Veniamo alla corsa. Sei riuscito a stare concentrato?

Mi son fatto forse un po’ influenzare dall’atmosfera che c’era. Io pensavo che Reggio Calabria fosse una città grande, ma non una città metropolitana. Correre tra i pro’, battendomi per la vittoria, in una città di quasi 200.000 persone che si è fermata per vederti è qualcosa di pazzesco. Non me lo aspettavo. Vedere tutto quel pubblico forse non ha giocato a mio favore perché mi sentivo tanta responsabilità. C’erano davvero un sacco di persone. L’emozione ha un po’ preso il sopravvento.

Un settimo posto alla prima corsa tra i professionisti. Raccontaci le sensazioni in corsa…

Stavo davvero molto bene. Sapevo che avrei dato il massimo delle mie possibilità. Sotto il punto di vista mentale devo dire che ho pagato l’inesperienza. Mi stavo giocando una vittoria, mi son fatto influenzare dal pubblico e facevo quella tirata di troppo che non era necessaria. Non essendo abituato ad un arrivo di gara dei pro’, che è ovviamente diverso da quello juniores, mi sono fatto condizionare più dall’aspetto mentale che da quello fisico perché stavo davvero bene. Tutta esperienza che sicuramente mi gioverà. 

Se tornassi indietro quindi, faresti qualche tirata in meno e un finale diverso?

Sì, esatto. Mi ricordo che negli ultimi 10 chilometri in mezzo alla folla tremavo dall’emozione e mi dicevo: «Sto vivendo un sogno, sono tra i professionisti e mi sto giocando una vittoria». Però sono cosciente che sia meglio sbagliare adesso che ho 19 anni che farlo in un futuro prossimo quando ci sarà da dare il meglio. Era scontato che facessi questi errori, però è vero che fanno parte tutti del bagaglio delle esperienze che mi sto costruendo. 

Il debutto di Belletta con la WT è previsto per maggio
Il debutto di Belletta con la WT è previsto per maggio
Hai notato differenze di corsa tra le prime gare in Jumbo-Visma Development Team e questa?

Correndo con la Jumbo siamo abituati a controllare la corsa e ad essere sempre nelle prime posizioni del gruppo, parlare con i compagni alla radio e andare all’ammiraglia. Tutte cose che arrivando dal mondo juniores non si sanno fare, ma che crescendo in questo team mi hanno subito insegnato e trasmesso. Sotto quel punto di vista ero già abbastanza preparato. 

Ora che fai?

Sto a casa un po’ di giorni, poi vado in ritiro con la squadra e da lì riprendo ad allenarmi in modo più continuativo e impegnativo. In generale alterniamo periodi in cui facciamo molte gare a periodi dove recuperiamo e ci alleniamo.

Prossimi obiettivi?

Spero che Marino Amadori mi tenga in considerazione per qualche corsa a tappe all’estero perché ci tengo ad indossare la maglia azzurra. A breve farò il debutto con la squadra WT, dovrebbe essere nel mese di maggio. Dopodiché il mio obiettivo è quello di fare bene alla Parigi-Roubaix Espoirs. Un po’ per riscattare quello che è successo alla squadra maggiore quest’anno. Noi ragazzi Jumbo ci crediamo e vogliamo portare una maglia gialla sul gradino più alto del podio. Dopodiché si vedrà, il programma di corsa ce l’ho ma preferiamo adattarlo e vedere come si evolve la stagione in base al mio andamento. 

Mattio e i primi mesi nell’universo Jumbo-Visma

23.02.2023
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Pietro Mattio ha la voce di chi ha appena visto un trucco di magia e ancora deve spiegarsi bene cosa sia successo. Il ragazzino piemontese è passato dalla Vigor Cycling al team development della Jumbo-Visma. Un primo ma importante passo nella sua crescita da corridore e anche da uomo. Non è l’unico italiano del team, oltre a lui c’è Dario Igor Belletta

«Sono stati mesi completamente diversi dal solito – esordisce il cuneese – arrivavo da una piccola squadra di paese dove conoscevo tutti. Ora sono in un team enorme dove tutto è curato nei minimi particolari ed il mio unico pensiero è andare in bici».

Da junior Mattio ha corso al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix in maglia azzurra (foto Instagram)
Da junior Mattio ha corso al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix in maglia azzurra (foto Instagram)

Primi mesi diversi

E’ con curiosità che guardiamo insieme a Mattio alla sua nuova avventura. Le cose sono cambiate molto, ma gradualmente, così da permettere ai nuovi arrivati come lui di trovare il proprio ritmo. 

«La prima volta che sono venuto in Olanda – spiega – è stato ad ottobre ed ho iniziato a conoscere tutto lo staff. Avevo già incrociato alcuni di loro al mio stage di luglio in Slovenia, un primo e piccolo assaggio di quello che avrei fatto. Gli allenamenti, in questi primi mesi, sono stati differenti: più blandi e con poca bici».

Il piemontese ha avuto modo di partecipare ad un ritiro della Jumbo Visma development nel luglio del 2022
Il piemontese ha avuto modo di partecipare ad un ritiro del team olandese nel luglio del 2022
Vi siete incontrati anche successivamente?

Abbiamo fatto un secondo ritiro, quello di gennaio in Spagna, insieme a noi c’erano anche i corridori del team WorldTour. Alloggiavamo nello stesso hotel, ma li abbiamo visti poco, gli ultimi giorni alcuni sono partiti per le prime corse mentre altri sono rimasti con noi. E’ stato bello, perché con meno stress erano più liberi ed abbiamo parlato tanto, ho visto cosa vuol dire avere un progetto di crescita. I ragazzi che erano rimasti con noi sono passati dal team development, ho avuto la sensazione di continuità.

Quando avete iniziato a spingere un po’ di più?

Nel secondo ritiro, a febbraio dove eravamo solo noi ragazzi del team development. 

Il modo di lavorare è cambiato tanto?

Sì, senza dubbio. Ho messo nelle gambe allenamenti completamente diversi, con tanti chilometri, cosa che prima non avevo mai fatto. L’organizzazione è impressionante, ogni mattina arrivava una mail con il programma da svolgere, è tutto perfetto. 

Per Mattio l’ambientamento nella nuova squadra non è stato complicato (foto Jumbo Visma)
Per Mattio l’ambientamento nella nuova squadra non è stato complicato (foto Jumbo Visma)
Che metodi differenti hai trovato?

Si esce e si fanno tanti lavori specifici, in Italia ho sempre svolto molti allenamenti al medio, qui pochissimi. Si curano più la soglia ed il VO2Max. Il passaggio a questo nuovo modo di allenarmi è stato graduale. 

Quanti giorni siete rimasti nel ritiro a febbraio?

Una decina, c’è stato abbastanza tempo per provare un po’ tutto, anche se i ragazzi più grandi hanno già distanze superiori nelle gambe. Gli allenamenti spaziavano tanto: dalle volate, alle simulazioni gara e abbiamo preso anche la bici da cronometro. 

Che effetto ti ha fatto avere accanto compagni da tutto il mondo, o quasi?

Mi ha dato un senso di internazionalità incredibile. All’inizio ho fatto fatica a comunicare con loro perché l’inglese lo parlo poco. Pian piano sono migliorato, anche grazie alla presenza di Dario (Belletta, ndr) che è più bravo di me. 

Siete tutti allo stesso livello?

Non saprei. Sicuramente posso dire che loro vanno davvero forte, c’è da lavorare tanto per raggiungere quel livello. Domani (oggi, ndr) tre dei nostri compagni sono al Gran Camino: Boven, Staune-Mittet e Van Belle. Chiederò loro com’è il professionismo, faranno da talpe e spieranno il mondo dei grandi. 

Nuovi compagni e rapporti da costruire, il ritiro di gennaio è servito anche per conoscersi (foto Jumbo Visma)
Nuovi compagni e rapporti da costruire, il ritiro di gennaio è servito anche per conoscersi (foto Jumbo Visma)
Per la bici nuova come vi siete organizzati?

All’inizio ci hanno lasciato le misure che avevamo sulle bici vecchie. Poi con l’arrivo delle nuove scarpe abbiamo fatto un bike fit ed aggiornato la posizione, trovandone una migliore (in apertura il bike fitting, foto Jumbo Visma). Lo stesso con la bici da crono. 

L’avevi già usata in precedenza?

Davvero poco, ho fatto solo due gare a cronometro e la posizione era un po’ così, alla buona. Ora la sto usando tanto, anche in ritiro l’ho già presa quattro o cinque volte e dal prossimo mese me la spediranno a casa. 

Com’è allenarsi a cronometro?

Una bella novità. E’ molto differente, è una gara diversa dove non hai molta tattica, solo il fiatone a scandire i ritmi. 

Nuovi metodi di allenamento, più qualità e meno quantità (foto Jumbo Visma)
Nuovi metodi di allenamento, più qualità e meno quantità (foto Jumbo Visma)
E con i rapporti liberi?

Avevo già iniziato ad usarli l’anno scorso per adattarmi alla nuova categoria. Anche se, devo essere sincero, ho fatto un po’ di fatica a tirare i rapporti lunghi, soprattutto i primi giorni. 

Il calendario lo avete già stabilito?

Correrò la prima gara in Croazia, l’uno marzo: l’Umag Trophy. Poi il cinque marzo, sempre in Croazia il Porac Trophy. 

E l’esordio in Italia?

A fine settembre al Giro del Friuli. La squadra aveva pensato di farmi correre il Recioto ed il Belvedere, ma alla fine hanno preferito farmi fare più corse a tappe. Ne correrò tre da marzo a giugno e poi sotto con la maturità.

Il ciclismo degli italiani, un popolo di migranti

31.12.2022
5 min
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Con la fine dell’anno è tempo di consuntivi e il ciclismo non si discosta dalla tradizione. Noi però siamo andati a vedere che cosa c’è al di là di gare, vittorie, campioni. Siamo andati a cercare nel gruppo (foto di apertura di ASO/Pauline Ballet), provando a leggere i numeri statistici in maniera diversa e scoprendo un lato del ciclismo italiano quasi insospettabile, addirittura fantascientifico solo fino a pochi anni fa.

Quello italiano, ciclisticamente parlando, è un popolo di migranti, in maniera nettamente superiore a qualsiasi altra disciplina sportiva. Nel mondo ci sono oltre 2.400 corridori (intendendo tesserati per squadre WorldTour, professional e nel mare delle continental), di cui oltre un centinaio sono italiani. Noi siamo andati a spulciare i roster di tutti questi team scoprendo che ci sono oltre 110 corridori italiani iscritti in squadre straniere. Sono molti più di quelli che agiscono in formazioni italiane: nel 2022 ne avevamo 3 professional e 13 continental, ma bisogna considerare che alcune di queste sono infarcite di corridori stranieri. Quel che colpisce è la percentuale, abbondantemente superiore al 50 per cento.

La corazzata della Jumbo Visma. I giovani Belletta e Mattio sono molto attesi nel 2023
La corazzata della Jumbo Visma. I giovani Belletta e Mattio sono molto attesi nel 2023

L’Italia come il Brasile?

Non ci sono sport minimamente paragonabili: nel calcio solo da pochi anni i giocatori nostrani vanno all’estero, considerando anche quelli che agiscono nei campionati minori o in leghe semiprofessionistiche il numero in assoluto è maggiore, ma percentualmente non si avvicina neanche da lontano alla realtà ciclistica. Nel basket si può dire lo stesso, basti dire che sono solamente 3 gli italiani nel massimo campionato, quello Nba e uno di loro è nato e cresciuto lì, anche se ha passaporto italiano.

La sensazione, per fare un paragone più calzante, affianca il movimento ciclistico italiano a quel che avviene per i calciatori sudamericani, brasiliani in particolar modo, che vanno poi a riempire le squadre di oltre mezzo mondo, in Europa come in Asia o in Nordamerica. Come loro sanno che per fare del calcio un lavoro devono emigrare, lo stesso avviene per i nostri ciclisti e infatti sempre più giovanissimi, magari appena usciti dall’attività junior, fanno le valigie (i casi di Belletta e Mattio al Team Jumbo-Visma Development sono solo l’ultimo segnale).

Fondriest in maglia Panasonic. Il suo passaggio nel team olandese fu una prima assoluta
Fondriest in maglia Panasonic. Il suo passaggio nel team olandese fu una prima assoluta

Il precedente di Fondriest

A ben guardare la storia del ciclismo, è una rivoluzione copernicana. Il movimento italiano era sempre stato fortemente autarchico, c’era un forte nocciolo di squadre professionistiche che assorbivano tutto il meglio dei vivai. Chi ha buona memoria non può non ricordare lo scalpore che fece il trasferimento di Maurizio Fondriest alla Panasonic, ma nessuno allora avrebbe pensato che attraverso quello squarcio il ciclismo italiano sarebbe uscito così trasformato.

Intendiamoci bene: a trasferirsi all’estero non solo sono i Ganna, i Trentin, i Caruso. Cercando nelle oltre 100 squadre continental appartenenti a ben 61 Paesi si scoprono storie quasi incredibili. C’è Danilo Celano che ha trovato casa in Malaysia divenendo famoso per la vittoria nel 2020 al Tour de Langkawi. Oppure Lorenzo Masciarelli trasferitosi con tutta la famiglia in Belgio per apprendere l’arte del ciclocross cambiando completamente vita. O ancora Kevin Pezzo Rosola andato in Austria, ma ora tornato in Italia, per uscire dall’alveo familiare fatto di campioni dai nomi altisonanti per crescere in umiltà come corridore e soprattutto come uomo. Che dire poi di Peter Cevini, corridore giramondo tra Irlanda, Russia e Polonia che nel 2023 ripartirà proprio da quest’ultimo Paese per continuare a sbarcare il lunario.

Gaia Tortolina si è addirittura costruita un team in Belgio, il Women Cycling Project
Gaia Tortolina si è addirittura costruita un team in Belgio, il Women Cycling Project

La situazione fra le donne

Non che in ambito femminile la situazione sia molto diversa. Anche in questo campo la mancanza di un team WorldTour, termine di una vera e propria filiera nazionale dove far approdare i migliori talenti, incide profondamente. Praticamente tutte le nostre campionesse agiscono all’estero, dalla coppia pluripremiata Balsamo-Longo Borghini nell’americana Trek Segafredo alla Cavalli stella della FDJ Futuroscope: nel 2022 erano 20 le italiane nei team del massimo circuito e nell’anno che verrà saranno ancora di più, basti pensare all’Uae Team Adq, che avrà nelle sue file ben 8 azzurre, l’esatta metà del team.

Ma non ci sono solamente loro. Ci sono anche atlete che hanno fatto scelte ben precise, come Gaia Tortolina che in Belgio si è costruita una propria squadra e una propria vita, oppure Alessia Bulleri, elbana che dopo un passato virtuoso nella mtb è diventata una delle leader del team spagnolo Eneicat. Fino all’ultimo caso delle giovanissime Deborah Silvestri e Emanuela Zanetti, emigrate in Spagna nella neonata Zaaf Cycling.

Peter Cevini, 31 anni, nel 2023 correrà nel team polacco Kiwi Atlantico-Cabo de Penas
Peter Cevini, 31 anni, nel 2023 correrà nel team polacco Kiwi Atlantico-Cabo de Penas

Manca un team nostrano

L’impressione è che questo trend sia lungi dall’essere invertito. Molti ragazzi che hanno intenzione di affrontare questa difficile strada sono ben coscienti di dover prima o poi partire e immergersi in una realtà totalmente diversa dalla nostra. Poi starà a loro, al loro talento e ai loro risultati potersi affermare, almeno finché non torneremo ad avere un team nella massima serie targato Italia. C’è nella Formula 1, nella vela, nel motomondiale, perché non può succedere nella patria del ciclismo?

Belletta: l’italian guy della Jumbo-Visma

11.12.2022
5 min
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Dario Igor Belletta è uno di quegli italiani con la valigia in mano, pronto a lasciare il nostro Paese per crescere e diventare un corridore professionista. Il suo futuro parla olandese, il giovane lombardo infatti correrà nel team development della Jumbo-Visma. In questi giorni Dario si trova in ritiro con la nuova squadra e i compagni, andiamo con lui a vedere che effetto fa far parte dello squadrone che ha vinto la classifica UCI nel 2022

«Ora siamo in Norvegia, a Lillehammer – esordisce euforico Belletta – per fare un ritiro di un paio di settimane. Niente bici, tante attività diverse ed un unico obiettivo: conoscerci e imparare a stare insieme. Sia tra corridori che con i membri dello staff».

Che cosa fate?

Tantissime cose, la mattina facciamo tutti insieme sci di fondo, qui a Lillehammer nel 1994 ci sono state le Olimpiadi invernali e gli impianti sono nuovissimi e gratuiti. E’ bellissimo, ognuno di noi prende gli sci e ci sono questi stadi pieni di piste e di persone che girano e si allenano. Qui le persone non camminano, sciano. 

Hai mai sciato prima?

Ho fatto qualche volta un po’ di discesa libera, ma fondo mai. Non mi sono trovato male, poi abbiamo un istruttore di tutto rispetto: un ex campione olimpico. Insomma, direi che per imparare era difficile trovare qualcuno di migliore (dice ridendo, ndr). 

E ti piace?

Tantissimo, è un modo per mettersi alla prova e uscire dalla comfort zone e cerchi di cambiare mentalità. E’ una caratteristica importante e impararla praticando uno sport nuovo è divertente.

L’obiettivo di questo ritiro è creare un gruppo squadra solido e unito
L’obiettivo di questo ritiro è creare un gruppo squadra solido e unito
E nel resto della giornata?

Si fanno molte altre attività, appena rientrati dallo sci si mangia, e per farci sentire parte di questo nuovo gruppo a me e Pietro (Mattio, ndr) lo chef cucinerà le lasagne. Nel primo pomeriggio si ha un po’ di tempo libero, c’è chi studia, chi come me fa qualche intervista o ci si riposa. Ci ritroviamo verso metà pomeriggio per fare uno spuntino e dopo si parla con lo staff dei vari obiettivi per la stagione. Poi la sera dipende, oggi (venerdì, ndr) c’è il quarto di finale dei mondiali di calcio: Olanda-Argentina, quindi si guarda la partita. E’ venuto anche il capo Richard Plugge per guardare la partita con noi.

I compagni, come sono?

Simpaticissimi, una cosa che mi piace moltissimo è che arrivano da tutte le parti del mondo. C’è una buona base olandese: su 14 ragazzi un terzo sono “di casa”. Ci sono poi ragazzi danesi, norvegesi, americani e io e Mattio, che ormai siamo stati soprannominati “the italian guys”. I ragazzi più grandi hanno il compito di stare con noi nuovi e farci integrare. Alcuni di loro nel pomeriggio vanno a fare dei test metabolici per un’Università norvegese con la quale il team collabora. 

Dario ha fatto parte della spedizione azzurra ai mondiali di Wollongong
Dario ha fatto parte della spedizione azzurra ai mondiali di Wollongong
Quindi per il momento ancora niente bici?

No, queste due settimane niente bici, anche perché fuori ci sono meno venti gradi (ride di nuovo, ndr). Quella la vedremo nei ritiri di gennaio e febbraio, staremo parecchio in Spagna a pedalare. Lo staff ci ha detto che questo momento serve per creare alchimia tra di noi. In Spagna si pedalerà molto e avremo meno tempo per passare dei momenti insieme. Quello che vogliono far passare è che non siamo delle persone con la stessa maglietta, ma facciamo parte di un progetto unico. Uno dei due ritiri, non so ancora bene quale, sarà con la squadra WorldTour

Emozionato?

Tantissimo, non vedo l’ora di pedalare con loro! Li ho visti solamente in televisione e tra poco me li troverò accanto. E’ incredibile.

Che mondo è?

Incredibile, è come passare su un altro pianeta. E’ tutto fatto nel modo giusto e con un programma alle spalle. Sono seri ma allo stesso tempo molto positivi e disponibili. Anche il fatto di provare un nuovo sport a dicembre, quando altre squadre sono già in bici, è strano ma piacevole. Alla fine pedaleremo tutto l’anno, non dico che diventa noioso, ma quasi. Fare una preparazione diversa è particolare e stimolante. 

Il giovane lombardo corre anche su pista, ai mondiali di categoria ha conquistato l’argento nella corsa a punti (foto Fci)
Il giovane lombardo corre anche su pista, ai mondiali di categoria ha conquistato l’argento nella corsa a punti (foto Fci)
Sei stato nella sede di s-Hertongenbosch?

Sì ed ho visto che ci siete stati anche voi. E’ qualcosa di impensabile, devi vederla per crederci. Io quando sono entrato mi sentivo un ragazzino a Disneyland. Infatti l’ho soprannominata la Disneyland del ciclismo. E tutta la loro mentalità ed organizzazione viene trasportata fuori, ovunque siano nel mondo. 

Hai detto che hai parlato con lo staff, cosa vi siete detti?

Una delle cose che mi ha sorpreso di più è che non ho avuto bisogno di presentarmi. Conoscevano già tutto di me, ma proprio tutto, degli ultimi quattro anni sapevano ogni virgola. Quando decidono di investire su di te lo fanno a tutto tondo. Gli obiettivi saranno quello di capire i miei punti deboli e quelli di forza. Per questo aspetto i ritiri di gennaio e febbraio saranno fondamentali. Ora vogliono conoscere l’aspetto umano, nei prossimi mesi il ciclista. 

E la pista?

Sono estremamente favorevoli alla doppia attività, la incoraggiano particolarmente anche perché i benefici si vedono. A me la pista piace e voglio portarla avanti, nei prossimi mesi parlerò con Villa e capiremo il programma da tenere in base al calendario.

Per Belletta prima esperienza in Olanda e già pregusta il 2023

10.10.2022
4 min
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Negli scorsi giorni Dario Igor Belletta è stato in Olanda, per la prima presa di contatto con responsabili e strutture della Jumbo Visma. Un incontro rimandato più volte dopo la firma, ma che il corridore di Magenta attendeva con grande impazienza, voglioso d’iniziare la sua nuova grande avventura.

L’estate ha portato mille emozioni al diciottenne lombardo, tra la conquista del titolo italiano e l’approdo in un team così prestigioso. Il mondiale non è certamente andato come sperava, terminando anzitempo rispetto alla sua conclusione e, trasferta australiana a parte, i suoi risultati sono stati meno brillanti rispetto a prima ma una ragione c’è e Belletta lo ammette: «Da quando ho firmato cerco di rischiare il meno possibile. Non corro con l’obbligo del risultato, anzi se posso essere utile ai compagni lo preferisco. Per me il 2023 sarà decisivo, mi gioco tantissimo e voglio arrivarci integro».

L’ultima vittoria di Belletta, il successo al Trofeo Fiorina di Clusone (foto Giuliano Viganò)
L’ultima vittoria di Belletta, il successo al Trofeo Fiorina di Clusone (foto Giuliano Viganò)
Da quando hai firmato il contratto, in che contatti sei con il team olandese?

Li sento quasi tutti i giorni, finalmente poi sono potuto andare alla sede per ritirare il materiale e prendere contatto con la struttura. Incontrare di persona i responsabili è un’altra cosa, abbiamo potuto gettare le basi per la stagione che verrà. Sarà il primo anno nella nuova categoria, c’è tanto da imparare ma io voglio adattarmi il prima possibile.

Come giudichi questa stagione rispetto alla precedente?

I risultati ci sono stati in entrambe, in questa stagione ci sono stati più alti e più bassi mentre al primo anno junior ero stato leggermente più costante nel rendimento. Con un po’ di fortuna in più avrei portato a casa risultati maggiori ma nel complesso è stato un buon anno.

Salvoldi con Belletta in pista: il lombardo è argento mondiale nella corsa a punti (foto Fci)
Salvoldi con Belletta in pista: il lombardo è argento mondiale nella corsa a punti (foto Fci)
Come ti sei trovato a lavorare in nazionale con Salvoldi, che lo scorso anno non c’era?

Con lui il lavoro è assiduo e molto attento. Abbinare strada e pista non è semplice e sicuramente influisce sull’evoluzione della stagione perché molti eventi sono ravvicinati, ma quel che è certo è che in quest’anno, sia nei raduni che nelle trasferte azzurre ho imparato molto.

Il cittì, parlando della categoria, sottolineava il fatto di come si lavori con ragazzi molto diversi fra loro come evoluzione fisica, c’è chi si sviluppa nel corso dei due anni di appartenenza agli junior e chi è precoce e quindi al primo anno ha un vantaggio fisico sugli altri. Tu sei cambiato in questi 12 mesi?

Fisicamente sono rimasto com’ero, sono alto 1,87 per 73 chili. Quello che dice il cittì è vero, io forse ho sviluppato prima ma credo che in definitiva questo poco influisca sull’evoluzione di un corridore. Per emergere oltre al fisico devono esserci altre caratteristiche che riguardano la tecnica, il colpo d’occhio, il vero senso di essere un corridore. Credo di avere il classico fisico da passista veloce, capace di tenere anche su certi tipi di salite.

Per il corridore della Pool Cantù 1999 la gioia della maglia tricolore vinta a Cherasco
Per il corridore della Pool Cantù 1999 la gioia della maglia tricolore vinta a Cherasco
Approdando alla Jumbo Visma avete già parlato di obiettivi per il 2023?

No, credo che se ne parlerà nel corso dei primi ritiri ma per assurdo credo che non ce ne saranno di specifici e la cosa non mi dispiace. Il 2023 sarà importantissimo per crescere e continuare a sviluppare il motore. Il mio vero obiettivo è migliorare e dare sempre il massimo ed è questo alla base della mia scelta di entrare in un progetto così prestigioso.

Quasi tutti i tuoi compagni di nazionale e avversari nelle classiche italiane hanno scelto di andare all’estero come te: è una scelta che ti pesa, soprattutto per non avere alternative all’altezza in Italia?

Io non lo vedo come un problema. Non è che lascio l’Italia, continuo ad allenarmi prevalentemente a casa, a studiare, in realtà almeno inizialmente cambia poco. Bisogna poi partire da un presupposto: se scelgo questa vita lo faccio sapendo che si viaggia molto, non si può restare nel nido in eterno. Io non vedo svantaggi.

In Australia un mondiale senza squilli, chiuso con un ritiro. Lo scorso anno era stato 33°
In Australia un mondiale senza squilli, chiuso con un ritiro. Lo scorso anno era stato 33°
Che cosa ti proponi per il finale di stagione?

Vorrei solo chiudere in maniera tranquilla, non ho l’assillo dei risultati, poi finalmente potrò riposare e ricaricare le batterie in vista della nuova stagione. Non so quando riprenderemo e quando e dove ci sarà il ritiro, me lo dovranno far sapere.

Continuerai a dividerti fra strada e pista?

Sicuramente, anche se il focus sarà maggiormente sulla strada. Ma per le eventuali convocazioni per la nazionale sarò sempre pronto, ci mancherebbe…

Talenti in fuga, scelte legittime. E qui va tutto bene?

20.08.2022
6 min
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A Belletta s’è unito Mattio, che dalla Vigor Cycling Team approderà il prossimo anno alla Jumbo Visma Development. Al pari dei ragazzi che scelgono di frequentare l’Università all’estero, i due azzurri hanno scelto la continental di una delle squadre più forti al mondo (Belletta in apertura, in una foto da Instagram). La fuga dei cervelli e dei talenti. Scelte più che legittime e condivisibili, sul piano sportivo e dell’esperienza per la vita. Eppure la sensazione che il nostro ciclismo ne uscirà depauperato resta, anche se probabilmente certe scelte più che causa ne sono la conseguenza.

Per questo abbiamo chiesto il supporto di Roberto Amadio, attuale team manager delle squadre nazionali, ma fino al 2012 team manager della Liquigas-Cannondale, in cui sono passati professionisti fra gli altri Sagan e Viviani, Moser e Cimolai, Oss e Guarnieri. Parliamo di 10 anni fa e siamo consapevoli come dal 2020 del Covid il ciclismo sia cambiato radicalmente. Eppure i meccanismi che portano oggi al professionismo e ancor prima all’ingaggio degli juniores sono un tema da approfondire.

Amadio è attualmente team manager delle squadre nazionali. Fino al 2012 ha guidato la Liquigas, fucina di talenti
Amadio è attualmente team manager delle squadre nazionali. Fino al 2012 ha guidato la Liquigas
Anche la Liquigas aveva una squadra satellite nella Marchiol, giusto?

Esatto. E se avevamo uno junior interessante, gli chiedevamo di fare lì un paio d’anni. In questo modo potevamo seguirlo con un occhio di riguardo. Secondo me è un passaggio obbligatorio, perché da junior non hai ancora espresso il tuo potenziale. Per cui occhio a non fare confusione tra i fenomeni e il resto del mondo. Però se ci sono squadre WorldTour che vanno a prendere i talenti migliori e li inseriscono nelle loro continental, li capisco. E capisco anche i corridori che vanno, lusingati dalle loro attenzioni.

Infatti la loro scelta è condivisibile.

Capisco meno le squadre che inseriscono lo junior pensando che possa fare subito risultato, cosa che succede in Italia. Mi sta bene invece quello che ha fatto Reverberi con il gruppo giovani, con tutte le tutele del caso. Hanno creato un vivaio di talenti che si ritroveranno nella squadra professional. Non tutti, ma parecchi. Sono differenze che dobbiamo far capire. Ormai si è creato un tale meccanismo, che in Italia è impossibile ad esempio cominciare a correre a 16 anni. Chi ti prende? All’estero non sono rari i casi, vedi Roglic, di corridori che hanno iniziato tardi. A volte penso che la nostra storia, che resta comunque un vantaggio, in certi momenti si trasformi in un boomerang.

La Bardiani Csf Faizanè ha iniziato un progetto giovani, ma il loro scouting mira più ai talenti italiani
La Bardiani Csf Faizanè ha iniziato un progetto giovani, ma il loro scouting mira più ai talenti italiani
Però continuiamo a sfornare ottimi atleti…

E gli europei di Anadia lo hanno confermato. Per questo una WorldTour italiana che avesse una visione di crescita ci aiuterebbe tantissimo. Ma non c’è, per cui capisco i ragazzi che prendono al volo l’occasione di partire. I talenti veri hanno bisogno di spazio per crescere. Come Sagan, che volevo tenere per due anni alla Marchiol, ma dopo il primo ci rendemmo conto di quanto fosse forte, lo facemmo passare e vinse subito una tappa alla Parigi-Nizza.

Partire aiuta a crescere, lo dimostra l’esperienza di Germani, no?

Sicuramente è una grande esperienza di vita, anche al di là dell’aspetto sportivo. E’ una crescita importante, una scelta che se tornassi corridore, forse farei anche io. Questo non vuol dire che qui non lavorino bene, ma ci sono prospettive diverse.

Lorenzo Germani, a sinistra, è al secondo anno con la “Conti” Groupama-Fdj e nel 2023 passerà nella WorldTour
Lorenzo Germani, a sinistra, è al secondo anno con la “Conti” Groupama-Fdj e nel 2023 passerà nella WorldTour
Quali prospettive?

La Colpack ha tirato fuori fior di talenti, ma ha anche la necessità di fare risultato, per cui hanno un’attività molto intensa. Nelle continental legate alle WorldTour i risultati vengono pure, ma sono le conseguenze del lavoro e della qualità degli atleti. E se non vincono, va bene lo stesso. E poi sarebbe tempo che i nostri andassero a correre di più all’estero. E’ un discorso che dovrebbe iniziare dagli juniores, tanto che la nazionale ha fatto parecchie trasferte importanti. E se non cominceranno le squadre U23, toccherà pensarci ancora a noi.

La sensazione è che non sia un momento facile.

Tutt’altro, è delicato. Abbiamo i talenti, ma dobbiamo capire come gestirli. Chiaramente ci sono limiti di budget, da manager me ne rendo conto.

Mattio corre al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix. Ha vinto il Giro della Castellania (foto Instagram)
Mattio corre al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix. Ha vinto il Giro della Castellania (foto Instagram)
Cambierebbe qualcosa se i nostri spendessero meno in ingaggi, alloggi e donne delle pulizie, investendo più sull’attività?

Questo è il discorso della nostra tradizione che potrebbe diventare un limite. All’estero i rimborsi per i corridori sono minimi o non ci sono, per contro si cura al massimo l’aspetto tecnico. Qui li paghiamo, li viziamo, hanno il ritiro pagato e chi se ne prende cura… Però quando Amadori convoca Germani, Frigo, Milesi e gli altri ragazzi che corrono all’estero, si accorge di una diversa maturità e di un altro approccio. Probabilmente bisognerebbe rivedere il sistema Italia. Al Cycling Team Friuli non strapagano i corridori, hanno un ritiro minimal e investono tutto sull’attività e la preparazione. Però è chiaro che avere alle spalle una WorldTour aiuta tanto.

In proporzione, anche le nostre ragazze finiscono all’estero, basta guardare Barale e Ciabocco al Team Dsm…

Il trend purtroppo è identico e la situazione del femminile è lo specchio di quella maschile. Le squadre si stanno strutturando e hanno in Italia gli stessi problemi a reperire sponsor, come quelle degli uomini. E’ curioso che la UAE Emirates abbia assorbito l’ultima WorldTour maschile e l’unica femminile che avevamo (la Lampre-Merida e la Alé Cycling, ndr). E’ la conseguenza dello stato economico e sociale dello sport in Italia. Fin quando a livello politico non si deciderà di cambiare, difficilmente si smuoverà qualcosa…

Nel 2023 Eleonora Ciabocco debutterà nel primo anno fra le under 23 con l’olandese Team DSM (foto Fci)
Nel 2023 Eleonora Ciabocco debutterà nel primo anno fra le under 23 con l’olandese Team DSM (foto Fci)
Cosa potrebbe fare la politica?

Non è un mistero che all’estero ci siano diverse squadre con il supporto delle amministrazioni. So che Cassani sta lavorando sodo con le sue conoscenze, ma non è facile.

Ultimo aspetto, i ragazzi fanno le loro scelte spesso ispirati dai procuratori.

I quali stanno scendendo in categorie in cui non si è ancora capito cosa si vuole fare da grandi. Diventa pericoloso, perché è facile illudere questi ragazzi, pur sapendo che solo pochi andranno avanti. Stanno passando al setaccio tutti quanti, ormai bisognerà guardare anche a cosa succede fra gli allievi.