Fax e dogane: quando in Olanda ci andò Fondriest

09.12.2021
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Garofoli prima e adesso Francesca Barale, Lorenzo Milesi e Davide Ursella. Aumentano gli italiani con la valigia che scelgono l’Olanda e le maglie del Team Dsm. Puntano al professionismo nel WorldTour e la squadra dalle maglie nere con sede a Sittard ha messo in atto una massiccia campagna di reclutamento. Se va bene, hanno trovato il corridore del domani. Se non va, ci abbiamo provato. Anni fa, esattamente nel 1991, lo stesso percorso lo fece Maurizio Fondriest. Il trattato di Schengen era stato appena firmato, ma sarebbe entrato in vigore nel 1995. Perciò alle dogane dovevi fermarti e mostrare i documenti. Il WorldTour e lo scambio di uomini e abitudini erano lontani dal venire, per cui ogni Paese aveva le sue.

Quando nel 1991 passa in Olanda, Fondriest ha già alle spalle il mondiale vinto nel 1988 a Renaix
Quando nel 1991 passa in Olanda, Fondriest ha già alle spalle il mondiale nel 1988

«C’erano corse e squadre in Spagna, Francia, Italia, Belgio e Olanda – ricorda il trentino – e di base ognuno correva nel suo Paese. Giusto belgi e olandesi si spostavano di più, perché non avevano un gran calendario. La Gatorade e la Carrera facevano sempre il Tour, qualche volta andavano Ariostea e la Del Tongo e semmai si facevano le classiche. L’Alfa Lum andava in Spagna perché c’era in squadra Lejarreta e Franchini si faceva invitare. I corridori italiani stavano in Italia, dove arrivavano spesso da tutta Europa, a partire dalla Settimana Siciliana di febbraio. Per questo non c’era l’esigenza di partire. Ricordo che mi cercò prima Fignon perché andassi con lui alla Castorama in Francia. Dissi di no, poi finii con l’andare in Olanda…».

Racconta…

Mi ricordo bene il periodo in cui decisi. Avevo vinto il mondiale nel 1988, avevo finito con la Del Tongo, eppure solo la Carrera si era interessata. Invece erano venute offerte interessanti da Panasonic, Tvm e Once. Mi incontrai con Manolo Saiz, c’era anche Lejarreta con cui avevo corso alla Alfa Lum, ma mi resi conto che non avrei fatto le classiche, proprio perché le squadre spagnole correvano soprattutto in Spagna. Così scelsi la Panasonic, che era la squadra più forte al mondo in quel periodo, con Planckaert come diesse e Peter Post manager. La Tvm era più un carrozzone, anche se c’era appena stato Phil Anderson, ai tempi fortissimo.

Altri tempi…

Tutto diverso, mi mandavano programmi e comunicazioni via fax. Facemmo un ritiro in Olanda, pieno di olandesi, fiamminghi, qualche russo, dei tedeschi e due italiani: il sottoscritto e Marco Zen che avevo portato con me. Oggi anche nei team stranieri c’è personale italiano, allora lassù c’erano solo olandesi e belgi. La lingua ufficiale del ciclismo era il francese, ma loro non lo conoscevano a parte un po’ i belgi. Non si facevano ritiri in primavera, si andava solo qualche giorno per le visite.

La Panasonic era uno squadrone. Qui con Van Lancker, vincitore di Liegi e Amstel, e Ludwig oro a Seoul 1988
La Panasonic era uno squadrone. Qui Fondiest con Van Lancker, vincitore di Liegi e Amstel
Il periodo più lungo che passavi al Nord?

Un mese interno per le classiche. I corridori del posto dopo le corse se ne tornavano a casa, io ero ospite a casa di Planckaert o da Allan Peiper. Quando siamo stati ai mondiali di Leuven, sono stato a trovare Planckaert e abbiamo dormito di nuovo nella stanza che mi dava a quel tempo. Ricordo che giocavo con sua figlia che aveva 3 anni, adesso ha anche lei un bimbo…

Oggi l’alimentazione nei team è… codificata, com’era nel 1991?

Riguardata con gli occhi di oggi, viene da ridere. Quando arrivai da Planckaert, la sera a cena mangiavano pane, prosciutto e marmellata. Dopo un po’ però mi impuntai, io ero già attentissimo. Per cui ottenni di mangiare pasta e quel che mi serviva. Però loro andavano forte lo stesso, anche mangiando a quel modo. Anche prima delle corse, andavano in hotel e ordinavano. Diciamo che dopo un po’, li ho convinti a cambiare.

Serviva spirito di adattamento, insomma?

Per forza. E chi meglio sapeva gestirsi, otteneva i risultati migliori. Adesso invece c’è il massimo della professionalità e li seguono uno ad uno: impossibile sbagliare.

Per cui anche andare in Olanda al primo anno da under 23 è diverso…

E’ cambiato tutto. Fosse per me, per regolamento dovrebbero fare almeno due anni da under 23, con un calendario su misura. Invece le WorldTour cercano ragazzi giovani, a scapito delle squadre e delle gare giovanili. Poche continental sono attrezzate nel modo giusto. Il loro ruolo è importante, ma devono cambiare mentalità. Un conto è fare qualche corsa tra i professionisti, un conto è farci il calendario completo. Si finisce col prendere delle mazzate che di sicuro non fanno crescere.

Cosa consigli ai tuoi giovani?

Ho mandato Andreaus al Cycling Team Friuli, perché lavorano bene e stanno diventando la squadra di riferimento del team Bahrain Victorious. La Dsm si accaparra tanti corridori, ma non tutti possono andare bene nelle corse che trovano lassù. Qui da noi, magari mancano giorni da ventagli, ma l’Italia è il Paese migliore per fare esperienza. Abbiamo tutto, uomini, corse e territorio. Peccato che ci manchino almeno altre due squadre professional…