Almè, Bergamo. Mettiamo in sella Alessio Martinelli

22.11.2021
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Alessio Martinelli osserva la bicicletta come un cavaliere fa con il suo destriero, quasi le bisbiglia qualcosa che solo loro possono capire. L’ha affidata a Luciano Santo che ad Almè (Bergamo) è titolare dello studio Equilibrium Bike. Grazie alla tecnologia Velosystem che certifica il suo lavoro, mette in sella alla perfezione tutti, dall’amatore al professionista.

Martinelli professionista lo diventerà ufficialmente dall’inizio del 2022 con la Bardiani-Csf-Faizanè che lo ha prelevato dal bergamasco Team Colpack, ma di fatto pro’ lo è già, tant’è che ha appena ritirato la Cipollini che la squadra gli ha affidato per allenarsi.

Cambio radicale

Il giovane corridore, 20 anni, abita a Bormio e si è sciroppato un paio d’ore abbondanti di macchina per trovare il giusto assetto. Tanti cambiamenti che quest’anno dovrà affrontare: cambio del telaio (da Cinelli a Cipollini), altro modo di cambiare (da Shimano Dura Ace a Sram), scarpe differenti, da Sidi a Gaerne e il passaggio dai freni tradizionali a quelli a disco.

«Non è male Sram – dice – è intuitivo. Mi servirà una settimana di allenamenti per abituarmi, poi sarà tutto semplice».

Sui freni: «Li ho provati solo sulla Mtb – ammette – sono curioso di vedere come si comportano su strada. Quest’anno con quelli tradizionali ho avuto problemi sul bagnato».

Soletta su misura

Per quanto riguarda le calzature invece, Martinelli – che porta il 39,5 – si rivolge subito a Luciano, porgendogliele: «Vorrei provare una soletta su misura quest’anno».

Lui provvede, prima prendendo le misure con un apposito strumento, poi scaldando la soletta, adattandola al suo piede, inserendola nella scarpa e lasciando che trascorrano alcuni minuti affinché piede, soletta e scarpa diventino una cosa sola. Poi, uno spessore di 3 millimetri posizionato sul pedale sinistro, per compensare il fatto che quella gamba è più corta della destra.

Lavoro specifico anche sulla sella: «L’anno scorso correvo con Prologo – dice il neopro’ – quest’anno Smp. Ho chiesto la più stretta perché dai rilevamenti con Luciano è emerso che sia la migliore per me».

Dalla bici alla Dynavelò

Luciano misura e analizza la nuova bicicletta, rileva che la “S” di Cipollini misura 51 ed è molto “sloopy”, ovvero compatta, rigida, scattante. Con Martinelli che sentenzia: «Meglio».

In effetti per un corridore come lui che pesa 58 chili e si vede bene sulle salite non lunghe e dure, un mezzo del genere sembra il meglio che possa avere: 7,2 chili il peso.

Prese le misure della bici nuova, Luciano le trasporta sulla Dynavelò, una sorta di “cyclette” che replica esattamente la posizione in sella dell’atleta.

«Il vantaggio di lavorare qui – spiega – è che mentre l’atleta pedala, io posso spostare sella, manubrio senza farlo fermare».

Tra U23 e professionisti

Durante questo test, una telecamera laterale riprende evidenziando angoli e misure fondamentali: altezza della sella, arretramento, scarto sella-manubrio e distanza manubrio-sella. Un esame più approfondito analizza la posizione dall’alto e da dietro per rilevare eventuali asimmetrie.

Alessio Martinelli termina il check-up e c’è tempo per qualche sogno. «Correrò tanto con gli under 23 – rivela – e questo mi permetterà di mantenere il ritmo gara e di partire per fare risultato. Quando correrò con i big cercherò di dare una mano ai miei compagni, puntando a qualche… risultatino».

Palestra e partenze

Intanto si sta allenando da tre settimane. Ha iniziato prima del solito e si sta concentrando sui lavori di forza, solo in sella, niente palestra. La sua salita di riferimento quando è a casa è quella di Bratta, verso Tirano, mentre a Bergamo si misura sul Selvino.

Per ora i tempi non contano: si sciroppa partenze in salita con rapporto lungo ed esercizi a corpo libero. Il suo bello? «Durante l’anno utilizzo poco il potenziometro, vado a sensazione – spiega – del resto, se gli altri accelerano, tu devi seguirli». 

Rossato-Modolo, storia veneta di grinta e fiducia

21.11.2021
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«Rossato lo conosco da quando ero dilettante alla Zalf e lui guidava la Parolin. Era ed è ancora un bel cagnaccio veneto. Quello che serve a me».

Con queste parole un paio di giorni fa, Sacha Modolo ha descritto Mirko Rossato, il direttore sportivo che lo aspetta alla Bardiani-Csf e con cui ha già lavorato nei suoi anni con il team di Reverberi. Un po’ per ridere e un po’ incuriositi dalla definizione, abbiamo bussato alle porte del padovano, che in realtà ormai vive da qualche anno in Spagna, per capire che cosa intendesse Modolo.

«Un cagnaccio veneto – sorride Rossato – è uno che non molla mai. Uno che vorrebbe sempre vincere e cerca in tutti i modi di motivare i ragazzi. Cerca di stimolarli e dargli degli obiettivi. Uno che crede nel corridore e riesce a fargli capire questa fiducia. Che sa anche gestire i momenti di difficoltà. Già ai tempi della Fior, Sacha era un ottimo corridore, uno di classe. E anche quando abbiamo lavorato insieme alla Bardiani, aveva grinta, ma aveva bisogno comunque che gli si stesse accanto…».

Super vincente anche da U23. Qui nel 2009 a Sommacampagna, Modolo davanti a Viviani e Cimolai
Super vincente anche da U23. Nel 2009 a Sommacampagna, Modolo davanti a Viviani e Cimolai

Il piatto è ricco. Abbiamo ben chiare le espressioni da mastino di Rossato quando punta un obiettivo oppure se qualcosa non va e vuole fartelo capire. Anche la fisicità conta e Mirko sa farsi rispettare con quel suo portamento da velocista e qualche ruggito nei punti salienti della frase.

Aveva bisogno che gli si stesse accanto: che cosa vuol dire?

Che se una gara andava male, come può capitare, non serviva puntare il dito. Era meglio andare a cena, parlando d’altro. Poi magari prima di tornare in camera, ti sedevi lì con una birra, cominciavi a chiacchierare e piano piano arrivavi a dire quello che era andato e quello che poteva andare meglio. E andavi a dormire sapendo che il giorno dopo sarebbe stato migliore. C’è un aneddoto che non dimenticherò mai…

Nel 2012 con Battaglin e la… pulce Pozzovivo, lanciato proprio dalla Bardiani
Nel 2012 con la… pulce Pozzovivo, lanciato proprio dalla Bardiani
Racconta.

Nel 2013 eravamo in Cina a correre il Tour of Qingai Lake, che si faceva a luglio dopo il Giro d’Italia. Sacha aveva vinto la prima tappa, ma il giorno dopo mi disse di stargli vicino perché stava malissimo e rischiava di ritirarsi. Può capitare che un corridore si svegli nel verso sbagliato. Io sapevo che c’erano altre dieci tappe e così con l’ammiraglia rimasi vicino al gruppetto, anche a scapito di quelli che avevo davanti, Colbrelli compreso. Rimasi lì finché non gli vidi prendere un buon passo e poi gli chiesi se potevo andare. Lui mi disse di sì, il momento di crisi era passato. Finì la tappa. E nei giorni successivi ne vinse altre cinque. Questo è Sacha…

E lui per primo ha detto di aver bisogno proprio di questo.

Qui trova un ambiente familiare. Conosce bene i Reverberi che sono i pilastri della società. Bruno non gli stresserà il carattere e tantomeno Roberto. Ha bisogno di lavorare tranquillo, con degli obiettivi veri.

Viene da un paio di anni davvero difficili.

Ma ho visto la Vuelta ed è andato fortissimo. Poi ha trovato la continuità per vincere una delle ultime corse di stagione, con quasi 3.000 metri di dislivello, su strade toste che magari qua non si conoscono.

Modolo e Rossato hanno già lavorato insieme alla Bardiani, dopo anni in squadre rivali fra gli U23
Modolo e Rossato hanno già lavorato insieme alla Bardiani, dopo anni in squadre rivali fra gli U23
La grinta che metti ora nel tuo ruolo ce l’avevi da corridore?

Quando puntavo, la cattiveria agonistica non mi mancava. Ma forse è vero che adesso ci metto più grinta, perché vorrei che i ragazzi che dirigo non commettessero i miei stessi errori.

Tu ce l’hai avuto un cagnaccio veneto come Rossato?

Un cagnaccio veneto… (ci pensa e sorride, ndr). In primis metterei Remigio Zanatta, poi Billy Ceresoli che aveva una grinta notevole. Alla Mg Boys eravamo uno squadrone con Rebellin, Minali, Salvato, Conte e Zanette e non ne lasciavamo una. E poi Bruno Reverberi, quando ho corso con lui. Anche lui è un cagnaccio. Un bel cagnaccio… emiliano!

Sacha torna a casa ed è pronto a tutto. Anche a graffiare…

18.11.2021
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Sacha torna a casa e ne è contento. La Bardiani Csf Faizanè gli ha spalancato le porte con uno dei colpi di mercato più efficaci in ambito professional. Eppure qualcosa del modo in cui si è chiuso il rapporto con la Alpecin-Fenix provoca tristezza nel trevigiano che quest’anno finalmente è tornato a vedere la luce.

«Speravo di rimanere – dice Modolo – specialmente dopo aver vinto. Invece loro hanno sposato un progetto di ringiovanimento, di cui peraltro mi avevano parlato. Alla Vuelta ho lavorato bene per Philipsen e mi proponevo per fare ancora questo. Non posso dire niente su come si sono comportati. Durante il periodo dell’infortunio mi sono stati vicini e mi hanno sempre pagato. Non mi hanno lasciato a piedi e questo lo apprezzo».

Il Modolo che approda alla Bardiani (in apertura al Giro di Danimarca del 2011) ha vinto una tappa al Giro del Lussemburgo a metà settembre, battendo Cosnefroy, Grosu, Boasson Hagen e Vendrame, in una delle rare occasioni in cui la squadra gli ha permesso di fare la sua volata.

La vittoria di Sacha Modolo al Lussemburgo la scorsa estate (screenshot a video)
La vittoria di Sacha Modolo al Lussemburgo la scorsa estate (screenshot a video)
Tornando alla Bardiani non sarai quello che tira le volate, ma quello che le fa…

Mi ritrovo sulle spalle il ruolo di faro della squadra e non mi fa paura. Spero di essere bravo a trasmettere qualcosa a questi giovani. La politica di puntare solo sui giovani funziona, ma crescere senza riferimenti non è sempre facile. Quando ero con loro, c’erano in squadra Pozzovivo, Gavazzi e Belletti da cui comunque si poteva imparare tanto.

Che sensazioni ti dà tornare alla squadra in cui sei passato professionista?

E’ bello tornare – fa una pausa Sacha – Stavo per smettere, non avevo alternative e non dipendeva da me. E se non avessi vinto a fine stagione, avrei avuto anche meno possibilità. Parlavo con mia moglie. Le dicevo che non ne sarei venuto fuori. Poi ho vinto, dopo due mesi che non correvo. E adesso vedo la luce.

Secondo tanti, la vera differenza la fa la testa…

Soprattutto nel mio caso, posso confermarlo. Vengo da tre anni di problemi e di testa non c’ero più. Poi una sera a cena sentimmo Vendrame che parlava dell’importanza del mental coach e ho iniziato a pensarci anche io. Mia moglie già da un po’ mi diceva che non mi riconosceva più, così grazie a un consiglio di Soraya Paladin, mi sono rivolto a Moreno Biscaro di Ponte di Piave e mi ha un po’ ripreso…

Il trevigiano (classe 1987) è stato alla Alpecin per due stagioni
Il trevigiano (classe 1987) è stato alla Alpecin per due stagioni
Perché non farlo prima?

Perché io ero di quelli secondo cui non serviva. Mi automotivavo da solo. Invece c’è voluto lui per salvarmi, perché ero davvero a terra.

Rivedremo il Modolo cannibale dei dilettanti?

Eh, quello mi sa che è rimasto a quel periodo. Mi piaceva vincere, ma era un ciclismo più romantico, con più tempo per fare le cose. Sono contento di avere la mia età, non vorrei essere un neoprofessionista oggi.

Arrivi al 2022 con grandi motivazioni?

Grandissime. Appena ho firmato, ho chiamato tutti quelli che conosco nella Bardiani, da Amoriello a Rossato. Mirko lo conosco da quando ero dilettante alla Zalf e lui guidava la Parolin, era ed è ancora un bel cagnaccio veneto. Quello che serve a me.

Bruno Reverberi (ri)accoglie Modolo. Passò pro’ con questo team nel 2010
Bruno Reverberi (ri)accoglie Modolo. Passò pro’ con questo team nel 2010
Come è nato il ritorno?

Feci una chiacchierata con Bruno (Reverberi, ndr). Lui me lo propose e io cominciai a pensare a come poteva essere. Ho accettato, ma non ho obiettivi precisi, se non tornare quello che ero. Non il velocista puro, ma quello veloce che tiene sugli strappi. Ho qualche rivincita da prendermi con la sorte.

Ad esempio?

Nel 2017 con la UAE feci settimo al Fiandre, cercando proprio di uscire dai panni del velocista. Firmai con la EF Procycling per continuare e per lavorare con Vanmarcke e corridori di esperienza al Nord. Invece proprio lì sono iniziati i problemi. Ora sarà dura fare le classiche, è diventata difficile anche la Sanremo…

Perché?

Per colpa di Nibali, glielo rinfaccio spesso. Con quel suo attacco nel 2018 ha messo in testa agli scalatori che possono provarci. E così adesso il Poggio si fa a una velocità pazzesca e i velocisti là in cima passano troppo staccati. Oddio, in realtà, io non sarei più un velocista…

Sorride, saluta, che sia un bell’inverno. La rincorsa è appena cominciata.

Zana, gioiello in casa Bardiani: obiettivi, speranze, programmi

17.11.2021
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Filippo Zana esce da un 2021 più che positivo. Il corridore della Bardiani Csf Faizanè ha vissuto una stagione particolare, almeno per noi italiani. E cioè, Filippo pur appartenendo ad una professional ha svolto molte gare internazionali tra gli U23: Coppa delle Nazioni, Tour de l’Avenir e mondiale. All’estero con le continental legate alle WorldTour tutto questo è più normale.

Ma questo tipo di calendario gli ha dato parecchio. Lo ha fatto crescere. Ha ricevuto una buona visibilità. E saggiare certi palcoscenici da protagonista non è cosa da poco. E per questo il veneto può guardare avanti con fiducia. 

Per Filippo alcuni giorni di vacanza a Lanzarote (Canarie) con la ragazza Francesca
Per Filippo alcuni giorni di vacanza a Lanzarote (Canarie) con la ragazza Francesca
Filippo, hai già ripreso la preparazione?

Da una settimana. Ma prima ho fatto un po’ di vacanza. Sono stato nove giorni a Lanzarote, con la mia ragazza, Francesca. In tutto sono stato fermo tre settimane. Tre settimane di totale relax.

E alla ripresa come è andata?

Le prime uscite sono sempre un po’ più dure. Però ci ho messo tanta grinta! Mi mancava la bici a dire il vero. In quelle tre settimane non l’ho toccata perché quando inizi di voglia ne devi avere tanta, ma proprio tanta. E adesso mi sto divertendo.

Cosa hai fatto alla prima uscita?

Una passeggiata. Sono andato verso Bassano del Grappa. Mi mancavano le mie strade. E’ stato bello così, anche se poi durante l’anno ci vado tutti i giorni in pratica. Alla fine ho fatto due orette, 60 chilometri. Ero lì tranquillo e beato. Me la sono proprio goduta la mia ripresa. 

E in queste tre settimane di stop ti sei ingrassato?

Rispetto al periodo in cui ero al top ho messo su tre chili. Ma il problema, almeno per me, non è stato tanto questo periodo, ma quello delle Feste che verranno: Natale, Capodanno… E’ lì che sarà dura!

Hai in programma dei ritiri?

Dal 5 al 19 dicembre andremo in Spagna, a Benidorm. Siamo un gruppo ristretto, non tutta la squadra. Ci siamo organizzati da noi, però avremmo anche meccanici e massaggiatori al seguito. E poi a gennaio ci sarà il ritiro vero e proprio con il team, ma non sappiamo ancora se sarà di nuovo in Spagna o al Cicalino in Toscana.

Quali saranno gli obiettivi 2022 di Filippo Zana?

Per prima cosa entrare negli otto che andranno al Giro e poi disputare un bel Giro. L’obiettivo sarebbe vincere una tappa e non è facile con quel parterre. Quest’anno poi ce n’è una bella, non troppo lontano da casa mia, quella che arriva a Lavarone.

Amadori ne ha fatto un perno della nazionale U23: capitano all’Avenir, regista al mondiale
Amadori ne ha fatto un perno della nazionale U23: capitano all’Avenir, regista al mondiale
E l’idea di iniziare a curare un po’ la classifica non ce l’hai? In fin dei conti hai già due Giri nelle gambe e hai fatto terzo all’Avenir…

Si, un po’ sì. Ma prima vediamo come va anche la preparazione. Se per esempio al Tour of the Alps le cose andassero bene, si potrebbe ipotizzare di fare qualcosa di più al Giro. Intanto però partirei dal puntare a gare meno importanti e portare a casa qualcosa.

Inverno 2020-2021 e inverno 2021-2022: quanto è diverso Filippo Zana?

Sono più consapevole di me stesso. So che allenandomi bene posso arrivare lì davanti. Ho tanta voglia di fare bene, come l’anno scorso e anche di più. Quella passata è stata una bella stagione e so che dovrò lavorare duro per ripetermi e fare ancora meglio.

Un po’ bisogna ringraziare il cittì Amadori che ti ha dato l’opportunità di calcare eventi internazionali in azzurro…

Lo devo ringraziare eccome. Lui e anche la famiglia Reverberi che mi hanno fatto fare un calendario di primo ordine. Sono arrivato sempre in ottime condizioni alle gare. Ho vinto la prima gara a marzo e poi sono sempre stato molto costante. E questo mi dà fiducia, mi dà la carica per lavorare duramente e continuare ad alzare l’asticella.

Maestri 2021

La Eolo chiama Maestri: «Mi farò trovare pronto»

03.11.2021
4 min
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Quando hai 30 anni non puoi certo essere considerato “vecchio”, ma nel ciclismo attuale che tutto consuma a 100 all’ora, chi raggiunge quell’età è sicuramente un esperto, soprattutto se gravita da anni nel professionismo. E’ questo ragionamento che è alla base del passaggio di Mirko Maestri dalla Bardiani alla Eolo-Kometa. Il corridore di Guastalla cambia per l’ennesima volta squadra e, forse, pelle.

La notizia del passaggio è stata data quando ancora Maestri era in vacanza, qualche meritato giorno di riposo a Fuerteventura con la sua famiglia. Rintracciato appena riapprodato in Italia, si sente dalla sua voce che questa nuova avventura lo affascina: «Potevo anche chiude la mia carriera alla Bardiani, ci sono stato 6 anni ed è un ambiente ideale, ma mi si è presentata quest’opportunità carica di stimoli nuovi e non potevo certo rifiutarla, anche perché mi garantisce una maggiore immagine internazionale».

Maestri famiglia 2021
Maestri in vacanza a Fuerteventura con la moglie Giulia e i figli Leonardo (7 anni) e Irene (3)
Maestri famiglia 2021
Maestri in vacanza a Fuerteventura con la moglie Giulia e i figli Leonardo (7 anni) e Irene (3)
Partiamo dal tuo 2021, una stagione ricca d’impegni e che in fin dei conti, con 2 vittorie e una piazza d’onore, non è stata certo da buttar via…

È stato un anno positivo. So bene che le vittorie ottenute non sono in gare di primissimo piano, ci mancherebbe, avrei voluto far meglio quando ho potuto gareggiare in eventi più competitivi, ma tant’è, ho fatto vedere che c’ero.

Merito anche dell’ambiente nel quale vivevi?

Sicuramente, quello della Bardiani è un ambiente familiare, che aiuta a crescere. Ora vuole puntare sugli Under 23, ne verrà fuori qualcosa di diverso. Io comunque sono rimasto in ottimi rapporti con tutto il gruppo, non potrebbe essere altrimenti dopo così tanto tempo. La Eolo-Kometa è differente, è già proiettata verso il World Tour e questo si riflette sul calendario.

Avete già parlato di quel che vogliono da te?

Molto sommariamente, ma mi gratifica il fatto che siano stati loro a cercarmi. Il programma lo stileremo al ritiro dal 9 al 21 dicembre, sia per l’allenamento che per il calendario da seguire, chiaramente sarà in base a quest’ultimo che verrà commisurato il lavoro con i preparatori.

Maestri Slovenia 2021
Lo sprint vincente di Maestri al GP Slovenian Istria 2021: per lui 54 giorni di gara con 2 vittorie
Maestri Slovenia 2021
Lo sprint vincente di Maestri al GP Slovenian Istria 2021: per lui 54 giorni di gara con 2 vittorie
Vieni da 6 anni alla Bardiani: nessuno più di te può tracciare un profilo di che cosa significa lavorare con Reverberi…

Bruno è una grande persona: sembra burbero, ma è solo il suo modo per trasmettere la sua infinita passione per il ciclismo e affetto per i suoi ragazzi, vuole che crescano nella giusta maniera, che seguano i consigli di chi vive in questo mondo da così tanto tempo. E’ uno che guarda con attenzione ogni aspetto e giustamente, gestendo un team, pretende un comportamento adeguato, sacrificio e lavoro. Di Roberto posso dire la stessa cosa, oltretutto ho imparato che è uno che sa leggere molto bene le corse.

Alla Eolo raggiungi Stefano Zanatta, con cui hai già lavorato proprio alla Bardiani.

Non nascondo che è stata una delle ragioni che mi ha spinto a cambiare, oltretutto so che lui ci ha messo del suo per farmi arrivare. Passai con lui nel 2016, anche lui era alle prime armi, siamo cresciuti insieme nei rispettivi ruoli. Mi piace il suo modo di lavorare, è preciso e meticoloso, riesce a trasmetterti sempre tranquillità e darti i consigli giusti, non solo sotto l’aspetto tattico, ma anche in frangenti che potrebbero essere pericolosi.

Maestri 2016
Nel 2016 l’inizio di Maestri alla Bardiani non fu semplice, poi sono arrivate 5 vittorie e 2 maglie in gare a tappe. Qui con Omar Bertolone
Maestri 2016
Nel 2016 l’inizio alla Bardiani non fu semplice, poi sono arrivate 5 vittorie e 2 maglie in gare a tappe. Qui con Omar Bertolone
Con gli anni trascorsi nel mondo dei pro’, sarai uno dei più esperti del team, pensi che sia questo che ti chiederanno?

Possibile e sono a disposizione. Anche se negli ultimi due anni non ho fatto il Giro, ad esempio, ne ho sempre 4 nel mio bagaglio d’esperienze, qualcosa vorrà pur dire. Sicuramente potrò dare una mano a leggere le corse, a sapere quando e come entrare nelle fughe ma sono disponibile anche a tirare le volate, se necessario. Quel che conta sarà ripagare la fiducia e farmi trovare pronto quando ci sarà l’occasione giusta.

Riguardandoti indietro, quale ricordo ti riemerge dalla memoria pensando ai 6 anni trascorsi alla Bardiani?

Le corse in Belgio. Venivo da esperienze soprattutto nelle piccole gare a tappe, mi ritrovai proiettato in un mondo diverso. Ricordo soprattutto la prima Gand-Wevelgem, i ventagli, la fatica, il ritiro, le parole di Reverberi: «Visto che cosa significa? Questo è il vero ciclismo, vedrai che la prossima volta saprai a che cosa vai incontro e andrà meglio». E’ vero, perché quella fu l’immersione nel vero ciclismo.

Stage: aspettative e realtà, ne parliamo con Reverberi e Zanotti

13.10.2021
5 min
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Il campione italiano della mountain bike in stage tra i pro’ è già una notizia, ma cos’è poi lo stage? Durante le corse finali della stagione le squadre hanno modo di prendere all’interno della propria rosa di corridori appunto degli stagisti. Lo stage è un periodo limitato di tempo, un mese per la precisione, durante il quale un corridore può mettersi in mostra e ritagliarsi un posto tra i professionisti per la stagione successiva. Avevamo già sentito Riccardo Lucca per quanto riguarda questo tipo di esperienza, ora abbiamo deciso di chiedere a Roberto Reverberi come viene gestita questa esperienza dal punto di vista manageriale. La Bardiani CSF Faizanè, inoltre, ha avuto nel suo team, sempre come stagista, Juri Zanotti, campione italiano e vicecampione europeo e mondiale del cross country in mountain bike. Parlando con Juri e Roberto abbiamo voluto sviscerare le motivazioni di questo stage e cosa si aspettassero da questa esperienza.

Juri Zanotti in azione alla Coppa Agostoni durante lo stage con la Bardiani-CSF-Faizanè
Juri Zanotti in azione alla Coppa Agostoni durante lo stage con la Bardiani-CSF-Faizanè

Iniziamo da Reverberi

Il tecnico della Bardiani spiega e si capisce che a fronte di tanti stage che si svolgono da anni, quello del biker di Lecco costituisce un’eccezione.

«Aveva l’obiettivo di testarsi su strada – spiega – diciamo che voleva vedere a che punto fosse il suo livello in questo genere di gare. Lui ha corso anche su strada fino agli Juniores, quindi queste corse, non erano una novità per lui. Abbiamo deciso di prenderlo con noi perché uno dei massaggiatori della sua attuale squadra, la KTM Protek Elettrosystem, ha lavorato con noi fino al 2020».

Sei contento delle risposte avute in questo periodo?

Il mese fatto insieme ci ha fatto capire che il corridore c’è, ha una capacità di esprimersi a valori elevati di potenza per lunghi periodi (un’ora e mezza), che poi è la durata delle prove di cross country. Da questo punto di vista ha un vantaggio rispetto agli altri. Quel che gli manca è il fondo, dopo tre ore, che per lui sono molte si spegne, che è la difficoltà avuta alla Milano-Torino.

Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Quindi dovrebbe fare il periodo di preparazione invernale su strada?

Juri mi ha spiegato come nel cross country si allenino molto su strada anche perché non riuscirebbero ad allenare bene la forza altrimenti. L’idea iniziale era quella di fare un doppio tesseramento ma il suo obiettivo è quello di mantenere come attività principale il cross country in vista di Parigi 2024, di conseguenza non è possibile esprimersi in tutte e due le discipline al meglio.

C’è qualche differenza rispetto al ciclocross?

Se il paragone che si intende fare è con Van Aert o Van Der Poel la differenza è che loro fanno ciclocross prettamente in inverno. Di conseguenza questi due non tolgono tempo all’attività su strada, che rimane il loro principale obiettivo. Il cross country, invece, si corre nello stesso periodo dell’attività su strada e ciò toglie tempo a tutte e due le discipline. In questo modo l’atleta non eccelle in nessuna delle due e non diventa né carne né pesce.

Parola al corridore

Zanotti è del 1999 e fino al 2017 ha corso su strada, poi è passato alla mountain bike e nel 2020 ha firmato un contratto di due anni con il KTM Protek Dama. Con tre tricolori sulle spalle e l’argento 2021 sia all’europeo di Novi Sad, sia ai mondiali di Val di Sole, l’idea di provarsi su strada gli sarà venuta guardando l’interscambio di discipline fra colleghi anche più famosi.

«Abbiamo visto come il ciclismo negli ultimi anni sia cambiato – dice la multi-disciplina è sempre più praticata e di conseguenza ho voluto testare le mie capacità nel professionismo. E’ stato motivo di orgoglio per me e la mia famiglia ma soprattutto ho capito il mio livello in questo tipo di competizioni».

Juri Zanotti ai mondiali di cross country under 23 in Val di Sole dove è arrivato secondo alle spalle del cileno Martin Vidaurre
Juri Zanotti ai mondiali Xc under 23 in Val di Sole dove è arrivato secondo
A quale livello ti senti?

Le gare fatte erano molto competitive ed i corridori in gara erano tra i top mondiali. Ho fatto Giro dell’Emilia, Milano-Torino e Coppa Agostoni. Mi sono accorto di come ai due terzi di gara io mi ritrovi a corto di energie mentre loro aprono il gas. Ovviamente non mi aspettavo di essere competitivo ma è stato un bel banco di prova.

Quali di queste gare ti è stata più utile?

Direi Milano-Torino e Coppa Agostoni. La prima perché sono riuscito ad entrare nella fuga e nel momento dei ventagli, ai meno 50 dall’arrivo ho capito come “giocano” i professionisti. Alla Agostoni, invece, mi sono testato maggiormente sulle salite, nel circuito in Brianza i metri da scalare si susseguivano senza respiro, sono riuscito a completare bene due dei quattro giri previsti e mi ritengo soddisfatto.

Hai fatto il punto della situazione poi con Reverberi?

Sì, anche lui era molto curioso di un mio feedback anche perché era la prima volta che aveva in squadra un corridore come me. Ero consapevole dal punto di vista della preparazione di non essere al top, gli ultimi impegni della stagione di cross country erano ravvicinati con i primi su strada. Essendo la mountain bike la mia attività principale, mi ero allenato molto sulla forza e l’intensità sul breve periodo. Come ha detto anche lui, quel che manca è il fondo che si allena principalmente in inverno. Alla Milano-Torino poi erano tutti in preparazione del Lombardia ed il livello era davvero elevato.

Juri Zanotti vuole mantenere il cross country come attività principale con obiettivo le Olimpiadi di Parigi 2024.
Juri Zanotti vuole mantenere il cross country come attività principale con obiettivo le Olimpiadi di Parigi 2024.
Parlando con Reverberi abbiamo capito che il tuo obiettivo è Parigi 2024 e fare bene nella tua disciplina: il cross country.

Vero, fino a Parigi 2024 la mia attività principale rimarrà sullo sterrato. Non abbandonerò completamente la strada, ma ancora non so bene cosa fare. Diciamo che l’olimpiade di Parigi sarà un po’ la svolta.

Ma non corri il rischio di perdere il treno? Nel 2024 a 25 anni passare su strada non sarà così scontato.

Per il ciclismo attuale passare professionista a 25 anni è tardi, vero anche che io arrivo da un mondo diverso ma pur sempre di gare e competizioni di alto livello. Da questo punto di vista l’esperienza in Bardiani mi è servita molto e li ringrazio per questo. Diciamo che mi è venuta voglia di non abbandonare completamente l’attività su strada.

Alex Tolio, il ciclismo come scuola di vita

27.09.2021
5 min
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La scorsa settimana Alex Tolio ha vinto la 54ª edizione della “Piccola Sanremo” (foto Scanferla in apertura). Classicissima per under 23 che si corre in Veneto, per la precisione a Sovizzo. La vittoria del corridore della Zalf Désirée Fior non è una novità, ci ha abituato a vittorie importanti, come la “Strade Bianche di Romagna”. Il ventunenne di Bassano del Grappa è cresciuto tanto negli anni e crede ancor di più in sé stesso e nelle sue capacità, ma non è stato sempre così. Scopriamo insieme chi è e com’è arrivato a questi traguardi.

Alex Tolio esulta per la vittoria ottenuta alla “Piccola Sanremo” corsa accompagnata dalla pioggia (foto Scanferla)
Alex Tolio esulta per la vittoria ottenuta alla “Piccola Sanremo” corsa accompagnata dalla pioggia (foto Scanferla)
Ripartiamo dal tuo ultimo trionfo a Sovizzo.

E’ stata una gara tiratissima fin dai primi chilometri con una media nella prima ora molto alta. Nella fuga iniziale, di tredici corridori, sono entrati due miei compagni di squadra e questo ci ha permesso di correre coperti. Nel finale Lorenzo Visintainer si è avvantaggiato ed io successivamente mi sono riportato sotto e sulla penultima salita l’ho staccato. Praticamente ho iniziato a godermi la vittoria già dai 5 chilometri dal traguardo.

Ti aspettavi di poter vincere?

Il percorso era adatto alle mie caratteristiche quindi puntavo a fare bene questo non lo nego. Arrivavo da un periodo di corse molto intenso. Dal Gp di Capodarco (chiuso al terzo posto, ndr) ho corso per un mese e mezzo ininterrottamente. Non ero più molto brillante e me ne rendevo conto gara dopo gara, così insieme al mio direttore sportivo abbiamo deciso di fare una settimana di stop.

Vuol dire che hai un’ottima conoscenza del tuo corpo.

In questi anni ho imparato a gestirmi e ad ascoltare il mio fisico. E’ importante sapere quando hai bisogno di recuperare, lo staff tecnico poi in questo è fondamentale. Ma devi anche essere tu che ti convinci che sia giusto riposare altrimenti lo vivi come un obbligo e non ne trai beneficio.

Come hai raggiunto questa consapevolezza?

Mi ha aiutato anche la natura perché a differenza dei miei coetanei non ho avuto una crescita rapida. La mia è stata una maturazione fisica graduale anno dopo anno. Sono cresciuto di pari passo sia mentalmente che fisicamente. Non è stato tutto rose e fiori però.

In che senso?

Da bambino ho avuto un periodo in cui volevo smettere. Tra gli 8 ed i 9 anni ero un po’ piccolo fisicamente, non avevo molta motivazione. Questi fattori mi avevano messo addosso la paura per la competizione, ma per fortuna la mia famiglia mi ha convinto a continuare. Questo mi ha aiutato a maturare e forse a diventare la persona che sono oggi.

Come sei di carattere?

Sono molto preciso, pignolo direi, una cosa o la faccio bene oppure non la faccio, piuttosto ci spendo un’ora in più.

Dici che è stato il ciclismo a farti maturare quindi?

Sì, se avessi abbandonato alla prima difficoltà non avrei mai raggiunto questi traguardi, sportivi ma anche scolastici. Praticare questo sport da adolescente e andare a scuola allo stesso tempo non è facile, ogni momento libero lo dedichi alla bici. Non sono sacrifici perché fai quel che ti piace ma impari bene a capire quali sono le tue priorità, ti poni un obiettivo.

Prima mi parlavi della tua maturità fisica, hai ancora tanto da scoprire?

Il mio fisico mi sorprende sempre, giorno dopo giorno. Quest’anno la grande sorpresa è stata la risposta al Giro d’Italia Under 23. Alla mia prima apparizione in questa corsa sono andato davvero bene. Prima avevo corso anche la Settimana Coppi e Bartali con la nazionale, ma era stata un palcoscenico diverso.

Alex Tolio in azione alla “Settimana Coppi e Bartali” con la maglia della nazionale, è stata la prima vera corsa a tappe per lui
Alex Tolio in azione alla “Settimana Coppi e Bartali” corsa con la maglia della nazionale, è stata la prima vera corsa a tappe per lui
Perchè?

Correvamo con i professionisti ed in più era la mia prima vera corsa a tappe. Sono sodisfatto di com’è andata, infatti da lì sono andato anche al Giro d’Italia Under 23.

Com’è stata come prima esperienza, ti piace questo tipo di gare?

La risposta del mio fisico è stata buona, dal punto di vista dello stile di vita non mi pesa e quindi non escludo che in futuro possa correre altre gare del genere.

A proposito di nazionale, l’ultimo è stato un weekend speciale, ti spiace non essere andato in Belgio?

Correre con la maglia azzurra è qualcosa di davvero eccezionale, ti fa risaltare in gruppo. Andare in Belgio per disputare il mondiale sarebbe stato bello. Ma non mi aspettavo una convocazione, non avendo fatto neanche la preparazione con loro.

Ti aspettavi un risultato come quello di Baroncini e dell’intero team azzurrro?

È un mondiale, è scontato dire che ci siano delle motivazioni in più di una corsa “normale”. Correre con l’azzurro addosso ti accende una fiamma di orgoglio che ti fa spingere quel dente in più. Sabato hanno corso con il coltello tra i denti, era una gara lunga e bisognava essere bravi ad uscire allo scoperto nel momento giusto.

Ora che andrai tra i pro’, alla Bardiani, ti senti pronto?

Mi sento pronto mentalmente, il salto è grande e non devo aver fretta. L’importante è esserci con la testa, non aspettarsi tutto e subito. Bisogna correre con la consapevolezza che le batoste arriveranno, dovrò essere bravo ad imparare e non farmi abbattere, un po’ come a scuola.

Per il finale di stagione cosa ti aspetti?

Voglio fare bene e lasciare la Zalf con un bel ricordo di me. Domani parte il Giro di Sicilia (dal 28 settembre al primo ottobre ndr), un’altra corsa a tappe – ride – ci ho preso gusto. Poi ci sarà il Piccolo Giro di Lombardia e lì finirà la mia stagione. Farò un periodo di riposo e poi sotto con la prossima avventura.

Visconti e gli insoliti messaggi a Colbrelli. Storia di un’amicizia

16.09.2021
5 min
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«Non “muovo” la bici da tre giorni». «Meglio così, anzi spero che all’inizio della gara starai anche male». A lanciare l’allarme è Sonny Colbrelli a pochi giorni dal campionato europeo di Trento, che lo ha poi visto trionfare. A rispondere è Giovanni Visconti, uno dei veterani del gruppo, corridore (e uomo) tra i più sensibili. Uno scambio di messaggi così, che lo stesso siciliano ha poi pubblicato sui social, non poteva certo lasciarci indifferenti.

Perché questa risposta inaspettata? Che poi letta così sembra anche possa esserci maretta tra due, cosa invece diametralmente opposta.

Prima del via degli europei Colbrelli era piuttosto teso. Magari ripensava ai messaggi di Visconti!
Prima del via degli europei Colbrelli era piuttosto teso. Magari ripensava ai messaggi di Visconti!

La premonizione di Visconti

«Perché sarà una cavolata – dice Visconti – ma a me è quasi sempre andata così. Quando stavo male in partenza ho poi avuto delle giornate super. Quelle giornate in cui sei al massimo dal primo all’ultimo chilometro ti capiteranno una volta all’anno, ma neanche. E’ una questione di testa. Magari sei in forma, punti forte, ma a ridosso dell’evento può capitare che tu non abbia più grandi sensazioni. Questo perché sei fin troppo concentrato, sei lì a finirti di testa, sei super convinto. Aumenta la pressione. E fino a che non iniziano i primi chilometri di gara non scarichi il nervosismo».

«Sonny a tre giorni dalla gara non stava bene. Ma perché? Perché era il leader della nazionale, sapeva di essere in forma, sentiva la pressione e ha iniziato a domandarsi: sarò in grado? Gli sono serviti i chilometri iniziali della gara per cancellare tutte queste tensioni».

Visconti vince il Melinda 2009 (davanti a Garzelli) dopo essere stato ad un passo dal ritiro
Visconti vince il Melinda 2009 (davanti a Garzelli) dopo essere stato ad un passo dal ritiro

Dal piede a terra alla vittoria

Visconti più di altri è in grado di tirare fuori prestazioni eccellenti quando la sua testa gira bene e quindi conosce molto bene l’argomento. Lui stesso ammette di aver avuto moltissime esperienze simili a quella di Colbrelli.

«In particolare mi viene in mente un trofeo Melinda (era il 2009, ndr). Dopo 80 chilometri avevo messo piede a terra. No dico: piede a terra… Mi sono fermato urlando. Volevo ritirarmi. Per radio quasi litigai con Scinto. No, basta, continuavo a ripetere. Poi Luca mi ha convinto a ripartire e ho vinto.

«Al contrario, una di quelle giornate in cui sei super dall’inizio alla fine mi capitò nel campionato italiano di Conegliano. Quel giorno “giocavo” con gli avversari, potevo fare tutto quello che volevo. Avrei potuto fare un giro in più. Ecco, quella è stata una di quelle giornate che nella carriera di un corridore capitano due o tre volte».

«Per questo per me stare male a ridosso delle gare a cui puntavo era diventato quasi un rito. Quasi speravo di stare male perché sapevo che dopo 80-100 chilometri mi sarei sbloccato. Altre volte in cui invece mi sentivo bene all’inizio avevo poi paura di spegnermi nel finale e così è successo».

Nel 2011, quando Colbrelli era stagista alla Colnago Csf, ci fu una protesta al Giro di Padania
Nel 2011, quando Colbrelli era stagista alla Colnago Csf, ci fu una protesta al Giro di Padania

Quello schiaffo al Padania

Visconti poi ci parla del suo bel rapporto con Sonny Colbrelli. Un rapporto di amicizia vera. Ma nonostante ciò i due si sono sentiti solo per messaggi vocali via WhatsApp.

«So che dopo la sua vittoria a Trento gli sono arrivati migliaia di messaggi, quindi volevo lasciarlo tranquillo – riprende Visconti – Gli ho scritto solo a mezzanotte e lui mi ha risposto. Ma adesso non voglio disturbarlo troppo e lasciarlo tranquillo. Capisco questo momento che sta vivendo».

«Come nasce questa amicizia? Beh, la nostra conoscenza è tutta da ridere. Eravamo al Giro di Padania in quel giorno in cui ci fu quella protesta. Lui era stagista alla Colnago Csf. Si fece portavoce del gruppo nei confronti del pubblico a bordo strada. Ci andò parlare e per tutta risposta prese uno schiaffone dalla gente! Che ridere. Era un simpaticone, un “pacioccone”… Poi l’amicizia vera è nata dai tempi della Bahrain. Posso dirvi che quando vince lui sono davvero contento. E lo stesso vale per Ulissi».

Tanta umiltà, per Visconti è questo il segreto della crescita di Colbrelli
Tanta umiltà, per Visconti è questo il segreto della crescita di Colbrelli

Parola chiave umiltà

Visconti, nella sua ormai lunga carriera ne ha visti di corridori vincere, crescere e altri sparire. Quindi può dirci perché secondo lui Colbrelli è migliorato in questa misura.

«Credo che sia cresciuto così tanto per la sua umiltà – risponde secco il corridore della Bardiani Csf Faizané – guardate anche quello che è successo al Benelux Tour. Sonny stava per vincere la classifica generale, un suo compagno, Mohoric, lo ha attaccato, ma lui è rimasto a ruota composto. Poteva dare un cambio per chiudere, ma non lo ha fatto… Poi è andata bene, ma pur di non intralciare la squadra era rimasto al suo posto. E quella comincia ad essere una bella corsa, perderla potrebbe dare fastidio. E poi pensateci: lo avete mai visto litigare con qualcuno? Davvero, Sonny è rimasto un bambinone, nel senso buono, non è mai malizioso e questi successi se li merita tutti».

Anche quando le cose non hanno girato al meglio, come quest’anno, Visconti non ha mai mollato
Anche quando le cose non hanno girato al meglio, come quest’anno, Visconti non ha mai mollato

Tensione e cattiveria agonistica

Prima di chiudere, con Visconti ritorniamo sul discorso dello stare male prima di un grande evento. Anche perché per inviare dei messaggi come quelli rivolti a Colbrelli devi essere più che sicuro di ciò che scrivi e pensi. E gli chiediamo se secondo lui è un qualcosa che riguarda pochi corridori o invece è un qualcosa di più comune.

«Io credo – conclude Visconti – che valga per il ciclista in generale. Il corridore è lì che sta facendo una super preparazione, sempre a tutta, anche con la testa. Sente la pressione crescere, la tensione prende man mano il posto della cattiveria agonistica. E quasi si stacca dalla realtà. A quel punto per ritornare in sé stesso lo possono aiutare le prime ore di corsa. Lì i dubbi e le paure vengono cancellati e torna in gara».

Rivera, due contratti alle spalle e la Gazprom all’orizzonte

13.09.2021
5 min
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Kevin Rivera, classe 1998, 165 centimetri e 55 chili di talento puro, ma anche un bel punto interrogativo. In quattro anni di professionismo ha rescisso due contratti. Prima con l’Androni Giocattoli e qualche mese fa con la Bardiani Csf Faizanè. Adesso questo promettente scalatore è in attesa che arrivi gennaio, per poter vestire i colori della Gazprom-RusVelo.

Questa storia desta curiosità e così abbiamo sentito proprio le due figure che più gli sono state vicino, Giovanni Ellena, diesse dell’Androni, e Paolo Alberati, il suo manager.

Quando è arrivato all’Androni (2017) Rivera non aveva compiuto neanche 19 anni
Quando è arrivato all’Androni (2017) Rivera non aveva compiuto neanche 19 anni

Tanto motore, poca tecnica

«Kevin spiega – Ellena – è un ragazzo che dal punto di vista fisico ha doti eccezionali, ma deve ancora trovare il suo equilibrio psicologico. Almeno era così fino a quando era con noi. Nei suoi primi quattro anni da professionista ha sofferto un po’. Io lo conoscevo bene perché negli anni che è stato con noi ha vissuto vicino a casa mia. 

«Un altro problema, di natura più tecnica, è che non ha grandi capacità di guida. Lui viene dalla Mtb, ma forse prima di passare pro’ avrebbe dovuto stare un po’ di più tra gli under 23. In gruppo spende veramente tanto. Una volta feci una prova. Eravamo all’Adriatica-Ionica Race e presi i sui dati in un tratto pianeggiante senza troppe curve. C’era giusto un passaggio in un paese, ma non era  tecnico. Feci un paragone di quel segmento tra lui e Sosa, anche lui non un super limatore, e la differenza era abissale. Kevin aveva speso tanto di più, c’erano tantissime variazioni di ritmo. Se riuscisse a risolvere questo problema, probabilmente sarebbe un fenomeno.

«Però se non ci è riuscito dopo 4-5 anni ho qualche dubbio. Ohi, poi magari la Gazprom ce la fa e andremo tutti a scuola da loro!».

Per Rivera qualche difficoltà di troppo in gruppo
Per Rivera qualche difficoltà di troppo in gruppo

Lavoro da “limatore”

L’Androni ed Ellena ci avevano lavorato su un bel po’. Lo stesso Ellena ricorda quando, almeno per pochi chilometri, provava a stringerlo lui stesso quando uscivano insieme in bici. Cercava di “allenarlo” in qualche modo, come a simulare le dinamiche del gruppo. E lo stesso facevano i ragazzi nelle uscite di squadra.

«Anche per questo motivo – riprende il tecnico piemontese – lo abbiamo portato spesso in Francia a fare le corse di categoria 2.2, che in pratica sono quasi delle under 23: proprio per cercare di farlo migliorare. Quando fece nono alla Milano-Torino (2019, ndr) per tutto il giorno gli mettemmo al fianco due corridori, Ballerini e Cattaneo. Ma non sempre puoi mettere due corridori fissi su un uomo, tanto più due calibri del genere e su un corridore che poi non ti dà tutte queste certezze. Non siamo una WorldTour.

«Che poi lui non è che non ascoltasse, va detto, anzi… Ma un conto sono le parole e un conto è riportarle in bici».

Eccolo alla Coppi e Bartali di quest’anno (a ruota di Mareczko)
Eccolo alla Coppi e Bartali di quest’anno (a ruota di Mareczko)

E Alberati cosa dice?

Il manager umbro è sempre molto attento a suoi ragazzi. Li aiuta moltissimo, anche sul profilo tecnico, vista la sua esperienza da corridore e da preparatore.

«L’ultimo anno – spiega Alberati – è stato un po’ complicato per Rivera. Ha iniziato la stagione alla Vuelta al Tachira. Laggiù già aveva vinto proprio con l’Androni e così l’organizzazione lo voleva. Anche se non era in forma, in quanto a novembre si era operato al naso, ci è andato. L’ha presa come la classica gara per prepararsi. Il problema è che ci sono stati dei casi di Covid e lui è stato uno di questi. E’ rientrato in Europa e alla Coppi e Bartali non è andato bene.

«Perciò abbiamo fatto degli esami via, via più approfonditi. Va detto che l’anno prima Rivera aveva avuto il citomegalovirus. Nel frattempo il Comitato olimpico del Costa Rica voleva vederci ancora più chiaro. Kevin inizialmente era il prescelto per le Olimpiadi di Tokyo, per questo motivo il suo comitato olimpico aveva richiesto degli esami ulteriori. Ma alla fine proprio in virtù dei suoi problemi è stato portato Amador. Alcuni valori infatti non erano perfetti. Per lo staff sanitario della Bardiani invece tutto era nella norma.

«Così dal Costa Rica volevano che rientrasse e la Bardiani non era dello stesso avviso. A quel punto non si è trovata una soluzione e lo scorso maggio, dopo aver trovato un accordo, le due parti hanno rescisso il contratto».

Rivera proviene dalla bellissima zona di Cartago, centro della dorsale montuosa che separa Atlantico e Pacifico. Ora è lì… (foto Instagram)
Rivera proviene dalla bellissima zona di Cartago, centro della dorsale montuosa che separa Atlantico e Pacifico. Ora è lì… (foto Instagram)

Kevin, ragazzo in crescita

E un corridore con questo potenziale, una volta che la Gazprom ha saputo che era libero se lo è assicurato. Perché comunque i numeri li ha, eccome.

«Parliamo di un ragazzo che è nato a 2.600 metri di quota tra i Vulcani del Costa Rica – spiega Alberati – Che ha un Vo2Max elevatissimo: 96, con punte di 98. Quando va male si ferma a 93.

«Com è dal punto di vista caratteriale? Non viene da una situazione familiare facilissima e proprio per questo vanno apprezzati i suoi miglioramenti. Da che non sapeva compilare il modulo Adams al parlare inglese ha fatto un bel salto. Aiuta moltissimo la sua famiglia, è socievole, educato.

«E’ salito in bici facendo Mtb. Arrivò terzo ai giochi Panamericani, vinti da Bernal. E’ lì che lo notammo. Ha anche fatto bene da quelle parti, ma lì le prove su strada contano 70 partenti… E’ passato da juniores a pro’. Pertanto su strada ha corso poco e per questo ha qualche limite tecnico. So che l’Androni ci ha lavorato su e magari avrà fatto un piccolo step, come ha fatto con l’inglese».

«Nonostante abbia corso poco e nonostante le sue difficoltà, Kevin ha però vinto anche al Tour de Langkawi. Non è una corsa di prima fascia, ma lì c’era anche la Gazprom stessa… che lo ha notato e se lo è preso».