In un’estate piena di brindisi per noi italiani – grazie a tante imprese sportive – c’è stato un abbraccio pochi giorni fa che non ci è sfuggito e che non è avvenuto dopo un titolo od una medaglia.
Siamo alla terza tappa dello Skoda Tour de Luxembourg, arrivo allo sprint. Sullo slancio della volata il vincitore viene subito travolto da un sentito abbraccio di un suo collega, quinto al traguardo, prima di ricevere i complimenti dei propri compagni appena si appoggia alle transenne. Sono amici e compagni di allenamento nella vita di tutti i giorni, rivali invece in quelli di gara. Sono rispettivamente Sacha Modolo della Alpecin-Fenix ed Andrea Vendrame della Ag2R Citroen, entrambi trevigiani di Conegliano.
Il primo ha ritrovato la vittoria dopo 1.300 giorni – dal 16 febbraio 2018, sigillo nella terza frazione della Ruta del Sol in Andalucia, al 16 settembre scorso a Mamer nella corsa del Granducato – mentre il secondo è stato testimone oculare e dietro le quinte di questa rinascita.
Abbiamo voluto sentire Vendrame e chiedergli cosa c’era dietro a quel gesto sincero con Modolo, approfondendo anche tanto altro.
Andrea sei andato subito a dare un abbraccio a Modolo che aveva appena battuto il tuo compagno di squadra Cosnefroy. E’ stata una bellissima immagine, qualcosa più del fair-play.
E’ stato un gesto spontaneo. Ero e sono davvero contento per Sacha, perché conosco il difficile periodo che ha dovuto passare. Abitiamo vicini, praticamente usciamo in bici quasi tutti i giorni e in questi mesi abbiamo parlato di ciclismo, ma soprattutto tanto dei suoi problemi.
Ti senti particolarmente coinvolto da questa sua ripresa?
Sì, onestamente mi sento molto partecipe. Ho stimolato Sacha a non demoralizzarsi e a fare di più. Gli ho sempre detto che sarebbe tornato a sorridere presto ma che non doveva perdersi d’animo. Ed infatti ha corso una bella Vuelta in supporto a Philipsen, aiutandolo a vincere due tappe. Infine è riuscito a ritrovare la vittoria.
E’ una situazione piuttosto inusuale. Tu che hai 27 anni che supporti lui che ne ha 34 ed è professionista da tanto tempo.
E’ vero. So quanto siano importanti queste cose perché noi ciclisti danziamo sulla sottile linea che divide la depressione e l’esaltazione. Diciamo che anche questo è stato naturale farlo. Anche perché ricordo che quando ero appena passato neopro’, Franco Pelizzotti, nelle sue ultime stagioni da corridore, mi dava dei consigli e mi aiutava. Abbiamo sempre avuto un rapporto tipo padre-figlio. Poi abbiamo una chat su whatsapp di corridori della zona dove c’è anche lui. E per esempio durante il lockdown di inizio pandemia sentivamo sempre anche il suo parere per tenerci su di morale tutti assieme.
In bici invece come sollecitavi Modolo?
Bisogna dire che siamo diventati gradualmente buonissimi amici fin dai tempi in cui io ero dilettante alla Zalf e lui era in Lampre, ma prima di allora non ci conoscevamo. Quando ti alleni frequentemente assieme a qualcuno, ti viene da pungolarti e confrontarti. Ad esempio, io sono molto schematico nei miei allenamenti, mentre Sacha lo era un pochino meno nell’ultimo periodo. Così gli dicevo, quasi lo forzavo a venire con me. Però ci sono stati anche altri episodi.
Quali?
Quest’anno avevo appena finito il Giro, dove ero andato molto bene vincendo una tappa. Mi sono trovato con lui per andare a fare il Nevegal, la nostra montagna di riferimento. Io ero ancora in condizione, lui invece aveva ricominciato ad allenarsi intensamente dopo il problema al ginocchio. Facevo il ritmo io e lui mi chiedeva tante cose, come i valori con cui stavo salendo. Watt, battiti. E’ quasi sempre rimasto a ruota e una volta arrivati in cima mi disse che aveva fatto la salita a tutta. Io gli risposi che era sulla strada giusta non essendosi staccato. Poi parlammo di un altro aspetto e mi chiese informazioni per provare a fare un salto di qualità.
Cosa ti domandò?
Lui sapeva che da più di un anno mi seguiva un mental coach (toscano, ma preferisce tenerlo segreto, ndr) che mi aveva fatto migliorare sotto il punto di vista psicologico. Così gliene consigliai un altro che conoscevo, di sentirlo e di tentare. Perché il 90 per cento della nostra forza arriva dalla testa ed e lì che puoi fare la differenza. Su certi problemi non ci puoi lavorare da solo. So che stanno lavorando assieme e stanno arrivando i risultati.
Ad aprile 2016 eri under 23 nella Zalf e hai subito un drammatico incidente. Poi alla fine di quella stagione eri tornato in bici facendo tantissimi piazzamenti nei primi cinque. Nei problemi di Modolo ti sei rivisto?
Sì, anche se sono due situazioni differenti. Io incidente e lui infortunio fisico col lockdown ad accentuare il tutto, compresa la sua situazione contrattuale. Però ho subito capito il tipo di sofferenza che stava passando. In realtà con lui non sono mai andato nello specifico di certe cose, anche un po’ per rispetto personale, ma sapevo cosa gli passava per la testa. Conosco la sensazione di toccare il fondo e risalire ritrovando il giusto morale. Ora Sacha ha ritrovato la giusta forma e spero che possa essere riconfermato perché può insegnare tanto ai giovani.