Nebbia e freddo, il Tourmalet incorona Demi Vollering

30.07.2023
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«E’ una bella sensazione – sorride Demi Vollering – l’avevo vissuto molte volte nei miei sogni, ma è bello indossare questa maglia gialla nella vita reale. Vincere in cima al Tourmalet è stato molto bello ed è stato un vantaggio averlo provato due volte durante le ricognizioni, perché la nebbia rendeva difficile vedere esattamente dove fossimo. Ma adesso basta, potrò festeggiare solo dopo la cronometro».

La cima del Tourmalet è sprofondata nella nebbia e nella penombra di un orario di arrivo a dir poco insolito. Ci sono abbracci e lacrime, ragazze sedute per terra e voci attutite. E’ il giorno che il ciclismo femminile attendeva da quando fu presentato il Tour de France Femmes del 2023. La tappa più importante, il giorno dello scontro più atteso fra Demi Vollering e Annemiek Van Vleuten. L’Italia avrebbe rilanciato con Elisa Longo Borghini e Marta Cavalli. Poi la corsa e la vita hanno preso la piega meno attesa.

La piemontese della Lidl-Trek, fortissima e in ottima condizione, è stata costretta a tornare a casa da un problema di salute proprio alla vigilia della tappa. L’atleta della FDJ-Suez ha pagato ancora il conto a una stagione maledetta ed è comunque arrivata ottava: il talento e la testa dura, quando ci sono, non svaniscono. Restavano le due sfidanti olandesi e Lotte Kopecky, la vincitrice del Fiandre e di altre 10 corse nel 2023, in difesa della maglia gialla.

Una settimana difficile

Sulla cima c’è anche Anna Van der Breggen, che da atleta avrebbe avuto tutte le carte per ambire a questa tappa e questa maglia, anche se va ripetendo che non le sia dispiaciuto di aver chiuso prima del ritorno del Tour.

«Ero fiduciosa dopo quello che Demi ha mostrato quest’anno – dice la diesse del Team SD Worx – ma non era scontato che ci riuscisse. Questa mattina tutti erano tesi. Sapevamo che ci sarebbe stato da soffrire, ma anche che lei è capace di farlo. Non voglio passare il tempo a litigare con la giuria, vogliamo vincere sulla strada e quello che è successo poteva farci perdere l’equilibrio».

Il riferimento è chiaro. Il team veniva infatti da una settimana complicata. Prima il ritiro di Lorena Wiebes. Poi la penalizzazione di 20 secondi inflitta a Vollering per un rientro dietro macchina. Infine l’espulsione del diesse Danny Stam, per quella stessa manovra, condotta in modo pericoloso.

«La nostra idea – spiega la vincitrice, completando idealmente il discorso – era non rispondere con i secondi, ma con i minuti. E sono felice che sia realmente accaduto».

Il forcing di Van Vleuten sull’Aspin sbriciola il gruppo, ma forse danneggia proprio la campionessa del mondo
Il forcing di Van Vleuten sull’Aspin sbriciola il gruppo, ma forse danneggia proprio la campionessa del mondo

Van Vleuten sull’Aspin

Comincia tutto quando la Movistar prende in mano la corsa sul Col d’Aspin, segno che Van Vleuten vuole dare la sua impronta alla tappa: costi quel che costi. Vinta la Vuelta e il Giro, la campionessa del mondo è passata attraverso il Tour con insolita cautela, questa volta invece scopre le carte e attacca frontalmente la squadra della maglia gialla. Mancano 5 chilometri dalla cima dell’Aspin e incredibilmente Van Vleuten non fa il vuoto. Con lei vanno subito Niewiadoma e Vollering, raggiunte in breve anche dalla sorprendente Kopecky.

«Con il senno di poi – commenta benissimo Annemiek – potrei aver scavato la mia fossa in quel momento. Normalmente il fatto di avere la corsa dura è un vantaggio per me, ma anche se avessi avuto una giornata al top, oggi non avrei battuto Demi. Non posso fare a meno di congratularmi con lei, è stata su un altro livello. E a quel punto non avrebbe avuto senso insistere. Sono delusa, ma non posso incolpare me stessa: mi sono appena imbattuta in un’avversaria più forte. Se non avessi lavorato prima del Tour (vinto il Giro, l’olandese si è subito ritirata in altura, ndr), potrei recriminare qualcosa con me stessa, ma così non è stato».

Rocciosa Kopecky

Dopo l’attacco di Niewiadoma, che ha cercato di approfittare dello stallo fra le prime della classe, quel che colpisce è la tenuta di Lotte Kopecky, atleta da classiche e anche molto veloce, che si ritrova ancora a giocarsi il podio. E forse se ne stupisce anche lei.

«Il piano – ammette dopo l’abbraccio con Vollering – era di resistere il più a lungo possibile per innervosire le altre. Ho sofferto, ma mi è stato detto che Annemiek non era lontana e questo mi ha aiutato. Abbiamo ricevuto un sacco di fango negli ultimi giorni, questo risultato ripaga davvero. E domani nella crono (oggi, ndr), farò di tutto per riprendermi il podio. Sono quarta, farò la crono della vita, ma non mi dispererò se non dovessi riuscirci. Non ero venuta in Francia per il podio (la belga ha vinto la prima tappa e indossa la maglia verde, ndr)».

L’ultima crono

Vollering ha attaccato a cinque chilometri dall’arrivo. Inizialmente, Van Vleuten l’ha seguita, poi ha dovuto sedersi nuovamente e gestire la sua fatica. Presa anche Niewiadoma, l’atleta della SD Worx e le sue unghie gialle hanno puntato decise sul traguardo, vincendo la tappa e raccogliendo la maglia gialla dalla compagna Kopecky (arrivata a 3’32”). Le tensioni di inizio primavera sono dimenticate, la squadra olandese ha corso da autentica corazzata.

Oggi il Tour de France Femmes affronta l’ultima tappa: crono di 22,6 chilometri sulle strade di Pau. Vollering ha un vantaggio rassicurante di 1’50” su Niewiadoma e 2’28” su Van Vleuten. Kopecky è quarta, a 7 secondi dal podio. La prima atleta partirà alle 14,38, sarà di nuovo sera quando conosceremo la vincitrice della seconda edizione del Tour.

«Sarebbe bello – provoca Vollering vestita di giallo – se l’organizzazione mettesse a disposizione anche per noi una tappa sugli Champs Elysées, in modo che anche noi donne potessimo festeggiare la vittoria del Tour a Parigi».

Glasgow e crono, altri intrecci da mal di testa

30.07.2023
5 min
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Si fa fatica a capire chi sia davvero contento dell’organizzazione degli imminenti mondiali di Glasgow. Anche nei giorni del Tour, lo stesso capo ufficio stampa dell’UCI – certamente scherzando – alla domanda su come andassero le cose, ha risposto che avrebbe preferito parlare dei prossimi. Di certo non è contento Bennati, che a causa della sovrapposizione fra strada e pista non ha potuto convocare Milan, Ganna e Consonni. E a sentirlo, neppure Marco Velo che sovraintende alle crono, è al settimo cielo. Questa volta, oltre all’indisponibilità degli atleti, il motivo è l’impossibilità di provare il percorso della gara a squadre. La città non può fermarsi, bisognerà che il ciclismo si adegui.

«Non condivido la gestione delle gare – sbotta il bresciano – perché si è penalizzata la multidisciplina. Non puoi fare un percorso su strada mediamente facile (anche se poi il mondiale non è mai facile), comunque adatto a passisti resistenti, compatibili con la pista e mettere le date concomitanti. E neppure la cronometro a squadre il giorno dopo la madison in pista. Ma questo non è il solo errore. Parliamo proprio del Mixed Team Relay, avete visto il percorso? Si corre in tre per volta, ma ha 42-43 curve in 20 chilometri. Si snaturano il gesto e lo stesso concetto di cronometro a squadre. Mi sembrano delle cose assurde, soprattutto fatte dall’UCI che dovrebbe dare indicazione su come andrebbero tracciati i percorsi».

Sia Velo (alla guida) che Bennati (dietro) pagano con assenze importanti il calendario di Glasgow 2023
Sia Velo (alla guida) che Bennati (dietro) pagano con assenze importanti il calendario di Glasgow 2023
Una cronosquadre che come minimo andrà imparata curva dopo curva, giusto?

Invece si corre l’8 agosto, ma l’unico giorno in cui si potrà provare per un’ora e mezza è il 4, nel pieno delle prove su pista, con altri che magari sono al Tour de Pologne. Ci hanno risposto che è un percorso cittadino e non ci sono altri momenti. Oppure pare che si potrà vederlo il giorno stesso e nemmeno tutto, perché ci sono dei tratti che avranno il traffico aperto. Forse non capiscono che ci sono in ballo le medaglie e la sicurezza dei corridori?

Il calendario e i vari incroci penalizzano anche te nelle scelte?

Sono in difficoltà proprio con la cronometro a squadre, perché alcuni atleti hanno già detto che non la fanno. Ad esempio se Vittoria Guazzini fa la madison il 7 sera, non può correre la Mixed Relay il giorno dopo, considerato che poi deve fare anche quella individuale.

Quindi chiederai a qualcuno gli straordinari o dovrai convocarne altri?

Porterò altri atleti, che comunque sono altrettanto forti e adatti ad un percorso come quello. I nomi ho dovuto darli presto, altrimenti si finiva con l’andare fuori dai termini dell’UCI.

Le altre crono?

Quelle si fanno a Stirling, 35 chilometri da Glasgow. Percorsi bellissimi e in campagna, lineari. Puoi fare tutti i giri che vuoi. E’ bella anche quella delle donne, anche se su un tracciato diverso dai pro’. L’unico punto semmai è la distanza, perché comunque fare 36 chilometri per le ragazze è tanto, come pure 22 per gli juniores. Ma a parte questo, nulla da dire.

L’arrivo è sulla cima di uno strappo, al castello di Stirling, con la strada in pavé…

Non si farà di slancio, perché comunque sono 7-800 metri di salita, per cui ci sarà da spingere. Non si può pensare che l’arrivo sia lì sotto, bisogna arrivare in cima. Ai piedi di quell’ultimo settore, bisogna avere ancora da rilanciare perché altrimenti ti pianti e ci lasci 20 secondi.

Le crono arrivano al castello di Stirling, 35 chilometri a nord di Glasgow (foto Daily Record)
Le crono arrivano al castello di Stirling, 35 chilometri a nord di Glasgow (foto Daily Record)
Per uno come Ganna è un vantaggio o uno svantaggio?

Per lui lo vedo anche a favore, perché comunque Filippo quando è in forma è capace di rilanciare e scattare. Basta vedere quello che ha fatto sul Poggio al termine della Sanremo. Se non fosse brillante sugli strappi, non sarebbe andato a chiudere a quel modo.

Oltre a Ganna, chi hai considerato? Affini, Sobrero, Cattaneo…

I nomi sono quelli. Su Sobrero ho ragionato a lungo, perché la prima parte è veramente veloce, 48 chilometri in cui non si toglierà mai la moltiplica grande, e forse non è proprio adattissima. Edoardo (Affini, ndr) forse in questo momento potrebbe risentire del lavoro che gli chiedono alla Jumbo-Visma e anche se non ha mollato il discorso crono, probabilmente è riuscito a seguirlo meno. Invece Cattaneo merita considerazione per quello che ha fatto al campionato italiano.

Cosa si può dire di quegli strappi lungo il percorso?

Sono leggeri, non sono salite. Sono dentelli da spingere, con il rapporto e le mani sulle protesi. Non c’è da alzarsi e rilanciare, insomma. Saranno al 3 per cento, non li chiamerei neanche strappi, semmai sono avvallamenti.

Distanza di 47,8 chilometri: si scende sotto l’ora di gara?

Spero proprio di sì, saranno crono a velocità alte.

Il 2° posto al tricolore crono (dietro Ganna) e prima il 7° allo Svizzera aprono le porte per Cattaneo?
Il 2° posto al tricolore crono (dietro Ganna) e prima il 7° allo Svizzera aprono le porte per Cattaneo?
E il meteo?

Siamo in un campo aperto, forse passi in un paesino di 500 abitanti. Se c’è vento, lo becchi tutto da qualunque direzione arrivi. Dopo le gare su pista avremo tutto il tempo per provare e riprovare, ma sono strade talmente semplici che anche con le transenne non cambiano di molto. La vera rogna è la cronosquadre. In quel caso conoscere le curve serve per non farsi male. E anche noi dietro con la macchina, dopo un po’ non li vediamo più. Devo guidarli come sulla PlayStation?

L’anno scorso arrivammo secondi.

Ci crediamo e vogliamo farla bene. Quindi metteremo in campo le migliori donne e i migliori uomini possibili. L’anno scorso le ragazze furono bravissime e ci permisero di prendere un argento che però ancora mi brucia. Dobbiamo assolutamente migliorarlo.

Evenepoel, il tris in volata. E se avesse fatto un test iridato?

29.07.2023
4 min
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E se l’avesse fatto di proposito per misurarsi in volata? Vi sembrava che Evenepoel avesse la faccia di uno al gancio in salita? Passa il tempo dopo l’arrivo e le parole di Remco e il suo volto in pieno controllo sul Murgil Tontorra, l’ultima asperità, accendono il sospetto.

Il belga aggancia Marino Lejarreta a quota tre nell’albo d’oro della Clasica San Sebastian e vince allo sprint. Un attacco breve nel 2019, la prima volta. Una lunga fuga solitaria per la seconda vittoria lo scorso anno. Attacco da lontano e volata a due in questo 29 luglio 2023 che annuncia il mondiale di Glasgow.

«Questa vittoria fa bene alla testa e alla motivazione per la seconda parte della stagione – conferma subito dopo il campione del mondo – e ovviamente anche per i mondiali della prossima settimana».

La soluzione in volata era forse la meno attesa, ma ha dato a Remco fiducia in vista del mondiale
La soluzione in volata era forse la meno attesa, ma ha dato a Remco fiducia in vista del mondiale

L’azzardo di Remco

Ha parlato ieri. Ne ha raccolto subito le dichiarazioni un sito specializzato, come ascoltato nella diretta, e stamattina la Gazzetta dello Sport. Poche parole, ma chiare: voleva vincere e lo ha fatto. Solo che questa volta, ha preferito aspettare.

Poca voglia di rischiare o curiosità da campione? Ha voluto arrivare allo sprint contro un enorme Pello Bilbao, per mettersi alla prova in vista di un mondiale che potrebbe proporre identica situazione? Come dice Bennati, per sapere se sei veloce, le volate devi farle. 

Bettiol ha avuto le gambe per rispondere all’attacco di Evenepoel, poi nel finale ha alzato bandiera bianca
Bettiol ha avuto le gambe per rispondere all’attacco di Evenepoel, poi nel finale ha alzato bandiera bianca

Le gambe ci sono

Non crediamo che Remco abbia mai dubitato delle sue gambe. In un incontro durante il Tour, Giampaolo Mondini che fa da raccordo fra Specialized e il team, ha raccontato di aver visto qualche file di allenamento del belga. E i dati erano tutt’altro che fonte di dubbio.

«E’ stata una gara speciale – racconta Evenepoel – non avevo intenzione di attaccare sull’Erlaitz così presto (mancavano 73 chilometri al traguardo, ndr), ma i miei compagni di squadra erano ormai dietro, perciò ho deciso di partire per vedere chi mi seguiva. Abbiamo formato un gruppo perfetto e la collaborazione era buona. Nell’ultima salita ho tenuto un ritmo duro che sapevo di poter mantenere fino alla cima».

Bilbao lo ha sfidato sull’ultima salita, passando anche in testa, ma il belga davvero non sembrava a tutta
Bilbao lo ha sfidato sull’ultima salita, passando anche in testa, ma il belga davvero non sembrava a tutta

Pubblico di parte

Pello gli è anche passato davanti, mentre Vlasov cedeva il passo. Lo ha guardato, mentre il pubblico intorno era tutto per lui, poi il belga si è rimesso davanti con un passo che non è parso dei più cattivi, né la sua smorfia (senza occhiali) lasciava pensare a uno sforzo massimale.

«Ho visto che Pello era ancora in agguato – racconta – e so che è uno degli scalatori più veloci del gruppo. Mi sono sorpreso per il mio sprint. Mi piace questa gara e i tifosi qui, anche se oggi hanno tifato un po’ più per Pello che per me (ride, ndr). Devo dire che li capisco e che lui è stato fortissimo. E’ stato molto bello correre insieme nel finale».

L’orgoglio di Pello

Il basco racconta a bassa voce, consapevole di essere arrivato a un passo dal sogno di bambino, ma anche di dover essere contento del secondo posto contro questo biondino così forte.

«La gara è cominciata da lontano – sorride Pello con una punta di rimpianto – sappiamo che a Remco piace muoversi in anticipo ed ero pronto a seguirlo. Quando si è formato il nostro piccolo gruppo, ho trovato giusto collaborare, perché anche lui stava dando tutto. Ho provato a cambiare un po’ il ritmo nell’ultima ripida salita e ci siamo ritrovati da soli, ma lui aveva più energia nelle gambe, era più fresco di me. Me ne accorgevo quando mi dava gli ultimi cambi, per questo non sono riuscito a batterlo allo sprint. Comunque sono orgoglioso del lavoro fatto nelle ultime settimane. E’ stata un’esperienza super intensa e fantastica».

Merlier apre il Polonia. E Caruso, tornato in gara, guarda avanti

29.07.2023
5 min
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POZNAN – Con la Poznan-Poznan si è aperto l’80° Tour de Pologne. Una tappa per velocisti doveva essere e una tappa per velocisti è stata. E il migliore di loro? Tim Merlier. Sornione al via, il corridore della Soudal-Quick Step era tra i più marcati. Ma in gruppo si è rivisto un corridore, che velocista non è, ma è uno degli italiani più forti, Damiano Caruso.

Il siciliano era al rientro dopo il Giro d’Italia. Sembra stare bene. Di certo è sereno, tranquillo, magro… insomma è il solito Damiano. Il corridore della Bahrain-Victorious è giunto ad un momento della sua carriera in cui sa esattamente dove sta, come sta, cosa può fare lui e, se vogliamo, anche cosa possono fare gli altri. Ha quella che si suol dire, la situazione sotto controllo.

Questa prima frazione del Polonia è stata un’occasione ideale per parlare con lui.

Damiano, come stai?

Sto bene – replica con tono squillante e sincero – sono contento di essere venuto qui in Polonia. Se non altro perché sono scappato dai 45 gradi che avevo a casa in Sicilia! Qui c’è una temperatura più normale, più umana. Scherzi a parte, abbiamo fatto un bel periodo in montagna.

Dove?

Sono stato a Livigno, anzi al Passo Foscagno per la precisione (che sfiora i 2.300 metri di quota, ndr). Ora inizia la seconda parte della stagione. Mi aspetta un bel blocco di gare da fare nei prossimi due mesi.

La Vuelta…

E prima Burgos. Vado alla Vuelta con grande serenità. Alla fine il mio primo obiettivo della stagione era quello di fare un buon Giro e l’ho centrato. In Spagna mi piacerebbe provare a vincere una tappa e se questo dovesse accadere per me sarebbe ancora una volta una grande stagione. Era nei programmi sin da questo inverno fare Il Giro e andare all’arrembaggio alla Vuelta.

Damiano Caruso (classe 1987) alla presentazione dei team. Il siciliano non correva dal Giro
Damiano Caruso (classe 1987) alla presentazione dei team. Il siciliano non correva dal Giro
Hai dato uno sguardo al percorso spagnolo?

Ho visto che è ancora una volta particolarmente dura: tante salite e tanti arrivi in quota. Se devo dire una tappa in particolare non c’è l’ho, però credo che ci saranno tante occasioni per provare a portarsene a casa almeno una.

Sarà un “Remco contro tutti”?

Vista “da fuori” sarà una bella battaglia. Oltre a Remco ci sarà un alto livello: Vingegaard, Roglic, Ayuso…

Che corsa ti aspetti?

Difficile dirlo. Semmai spero che non ci sarà “l’ammazza-Vuelta”, uno alla Vingegaard al Tour. Anzi, spero che Jonas possa risentire un po’ delle fatiche francesi in modo da tenere aperto il discorso della vittoria e quello del podio finale il più possibile. Però non credo che sarà un tutti contro Remco, sarà un tutti contro tutti.

Remco ha messo Vingegaard come favorito, ma pare sicuro di sé. Si è allenato forte…

Riconfermarsi è sempre più difficile che vincere. Quest’anno ha più pressioni. L’anno dopo una vittoria hai gli occhi puntati addosso: per me avrà del filo da torcere. Ma tutto questo andrà a vantaggio dello spettacolo. Ma è impossibile stabilire chi sia il favorito.

Caruso (al centro) ha tenuto davanti la squadra nel momento del nubifragio in questa prima tappa polacca
Caruso (al centro) ha tenuto davanti la squadra nel momento del nubifragio in questa prima tappa polacca
Invece in casa Jumbo-Visma Vingegaard e Roglic si pesteranno i piedi?

Non credo, sono entrambi soddisfatti della stagione che hanno fatto. Roglic ha vinto il Giro, Vingegaard ha vinto il Tour: insomma, andarsi a creare dei conflitti interni non sarebbe intelligente da parte loro. E siccome penso che sono dei ragazzi intelligenti, non creeranno questo tipo di situazione.

E di Ayuso cosa ci dici? Lui potrebbe essere la bestia nera?

A dire il vero non lo conosco molto bene. Sicuramente è un ragazzo di talento. L’ultima gara che ho fatto contro di lui è stata il Giro di Romandia, dove è andato forte e ha vinto a cronometro se ben ricordo. Ha tantissimi margini di crescita. E poi la Vuelta è la gara di casa per lui e sicuramente sarà una motivazione extra. Sono certo che sarà tra coloro che darà spettacolo.

Insomma ci sarà da divertirsi, soprattutto se Remco sarà stuzzicato. E voi con chi farete classifica?

Anche noi abbiamo dei ragazzi giovani che cominciano ad affacciarsi ai piani alti e a voler fare classifica, penso a Santiago Buitrago, piuttosto che ad Antonio Tiberi. E’ giusto che questi ragazzi provino a fare esperienze nuove.

Il podio della prima tappa del Polonia, con il vincitore Merlier, Kooij e Gaviria in maglia Movistar
Il podio della prima tappa del Polonia, con il vincitore Merlier, Kooij e Gaviria in maglia Movistar

Intanto il pubblico polacco, indomito davanti al nubifragio, si stringe attorno al podio. Le scene sono quelle classiche del ciclismo ad ogni latitudine: la ricerca delle borracce da parte dei tanti bambini giunti qui nell’autodromo di Poznan. I selfie con i corridori, specie quelli della nazionale polacca. Gli applausi… E tanti di questi applausi sono per Merlier, che ha vinto esattamente due minuti prima che il suo compagno Remco Evenepoel conquistasse la Clasica de San Sebastian.

Grudszczynski, il polacco che non si arrende mai

29.07.2023
5 min
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Guardando con attenzione quanto successo finora nel calendario italiano degli juniores, c’è un particolare che spunta dai numeri: la clamorosa costanza di rendimento di un ragazzino polacco, arrivato quest’anno all’Energy Team, che riesce sempre a farsi notare. Il suo nome, quasi impronunciabile, è Filip Grudszczynski e su 20 gare è entrato nella top 10 ben 14 volte, con 2 vittorie e altri 5 podi.

Dati che non possono lasciare indifferenti e che premiano anche la ricerca del patron del team Rocco Pisano e degli altri dirigenti della squadra comasca, capaci di scovare un autentico gioiello da far crescere sulle strade italiane. Una passione, quella di Grudszczynski che affonda le radici nella sua infanzia.

«Probabilmente avevo sei o sette anni ed è stato grazie a mio padre che mi sono ritrovato su una bici. Mi ha incoraggiato a farlo perché era anche la sua passione, vissuta da amatore e così abbiamo condiviso qualcosa d’importante».

La formazione dell’Energy Team, squadra di Albese con Cassano nella quale è approdato Grudczszynski
La formazione dell’Energy Team, squadra di Albese con Cassano nella quale è approdato Grudczszynski
Come sei arrivato in Italia e perché hai accettato la proposta dell’Energy Team?

E’ successo alla scorsa edizione del Giro della Lunigiana. Fabio Dante, il direttore sportivo, è venuto da me e mi ha chiesto se volevo venire in Italia e correre per l’Energy Team. E’ stata una decisione difficile lasciare la Polonia e andare all’estero. Ma sapevo che era quella giusta per spingere la mia carriera. 

Che conoscenze avevi del ciclismo italiano?

Ho letto delle imprese di Marco Pantani e prima ancora di Fausto Coppi, ma non so molto altro. Ora sono affascinato da Filippo Ganna e mi piaceva molto ammirare Vincenzo Nibali quando andava in bicicletta. Chiaramente da noi si guarda soprattutto ai campioni nostrani, noi siamo nati nel mito di Michal Kwiatkowski.

Quali sono le principali difficoltà che hai trovato venendo qui?

Probabilmente la cosa più difficile è stata la lingua, comunicare con gli altri. Ora studio un po’ di italiano, conosco ancora poche parole, ma mi eserciterò e spero che andrà sempre meglio. Per il resto sono riuscito ad adattarmi abbastanza bene, anche grazie all’aiuto dei compagni di squadra. D’altro canto non è semplice vivere così lontano da casa, ma sento di far parte di un bel gruppo.

Il trionfo per distacco al Memorial Persegona, che fa seguito a quello alla Coppa Montenero (foto Rodella)
Il trionfo per distacco al Memorial Persegona, che fa seguito a quello alla Coppa Montenero (foto Rodella)
Hai già finito la scuola?

Sì, a maggio ho fatto l’esame finale, che corrisponde alla vostra maturità. Ora voglio concentrarmi sulla mia carriera di ciclista e per questo non andrò all’università, ma magari fra due-tre anni mi iscriverò.

Che tipo di corridore sei, quali sono i percorsi che preferisci?

Penso di essere un buon scalatore e di andare bene anche nelle prove a cronometro (è campione nazionale di categoria, ndr) mi trovo bene su qualsiasi terreno, anche se vorrei ottenere di più nelle corse a tappe perché penso di avere le caratteristiche giuste, ma ho tutto il tempo per crescere. 

Grudszczynski è già nel mirino della nazionale. Qui al LVM Saarland Trofeo, chiuso al 21° posto (rowe-sportfoto.de)
Grudszczynski è già nel mirino della nazionale. Qui al LVM Saarland Trofeo, chiuso al 21° posto (rowe-sportfoto.de)
Un particolare della tua stagione è che in quasi tutte le gare italiane che hai fatto sei entrato nella top 10. Qual è il tuo segreto?

Se devo essere sincero, sono rimasto sorpreso anch’io. Mi piace questo fatto e mi fa piacere che sia stato notato. Non sempre riesco ad arrivare alle fasi finali con ancora la possibilità di vincere, ma non mi do mai per vinto, so che qualcosa può sempre arrivare e mi impegno fino all’ultimo metro. Ma questo vale per qualsiasi gara, non solo per quelle italiane, che sono comunque tante, molte più del calendario polacco. Io cerco di fare del mio meglio ogni volta che salgo in bici, è il mio modo d’interpretare questo sport.

La Polonia ha sempre avuto una grande tradizione ciclistica, soprattutto prima della tua nascita. Ora com’è visto il ciclismo nel tuo Paese?

Allora erano tempi un po’ diversi proprio perché la vita in Polonia era diversa, so che il ciclismo allora era molto popolare quand’era uno sport di Stato. Ora non è così popolare, anche i successi di Kwiatkowski e Majka non hanno fatto breccia, i giovani guardano più ad altre discipline come calcio e tennis. Però è anche vero che la vittoria di Kwiatkowski nella tappa del Tour ha avuto risalto. Io spero che la situazione cambi, ma per far questo servono grandi risultati che invoglino i ragazzi come me a seguire questa strada e appassionarsi a questo bellissimo sport.

Il diciottenne Filip ha vinto quest’anno il titolo nazionale a cronometro, finendo 6° in linea (foto Instagram)
Il diciottenne Filip ha vinto quest’anno il titolo nazionale a cronometro, finendo 6° in linea (foto Instagram)
Qual è la corsa che finora ti è piaciuta di più?

Il Giro della Lunigiana dello scorso anno (finì 11° in classifica, ndr) e non solo perché ha favorito poi il mio approdo in Italia, è stata davvero una bellissima esperienza.

Correndo in Italia finora che cosa hai imparato?

E’ molto diverso dal ciclismo che praticavo prima, qui ci sono molte salite, soprattutto non ci sono mai gare “calme”, c’è sempre da lottare in ogni situazione e questo mi piace molto. Sprattutto amo il fatto che ci sono gare che hanno il loro traguardo in salita, in Polonia non capita mai. Penso che questo mi permetterà di migliorare molto il mio rendimento in montagna.

Che cosa sogni per il tuo futuro?

Facile a dirsi, diventare un professionista e avere un giorno la possibilità di correre il Tour de France, il palcoscenico più bello del mondo.

Davide Martinelli: consigliere, aiutante e un po’ diesse

29.07.2023
5 min
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Davide Martinelli ha già spedito la valigia in Polonia giovedì, destinazione Poznan, sede di partenza dell’80° Tour de Pologne. L’Astana-Qazaqstan ha allestito una squadra giovane, nella quale è stata inserita un po’ di esperienza, tra cui quella del bresciano (nella foto di apertura alla presentazione delle squadre di venerdì). 

«Sono rientrato da poco dall’altura – ci aveva detto poco prima di partire per la Polonia – ho fatto una quindicina di giorni nelle zona di Brescia. Riprendo le gare dopo un mese di assenza (il Baloise Belgium Tour, sua ultima corsa, era terminato il 18 giugno, ndr). Ormai siamo a stagione inoltrata, quindi una volta rientrato in corsa, le sensazioni saranno diverse rispetto a quelle degli allenamenti».

Martinelli torna in gara al Tour de Pologne dopo più di un mese a casa
Martinelli torna in gara al Tour de Pologne dopo più di un mese a casa
Si diceva potessi fare il Tour de France come parte del treno di Cavendish

Era un’ipotesi molto remota di cui si era parlato con la squadra. La verità è che non è stata un’esclusione, non mi aspettavo di partecipare al Tour. “Cav” ha il suo zoccolo duro di uomini di fiducia, è difficile inserirsi. 

Sei al Polonia per preparare la Vuelta? 

E’ una corsa davvero molto dura, dove la squadra viene decisa sempre un po’ all’ultimo perché bisogna fare i conti con le energie rimaste. Il caldo non mi fa impazzire e alla Vuelta è tanto, potrebbe non essere una situazione ottimale. 

Rischia di essere una stagione senza grandi Giri, sei dispiaciuto?

Non troppo. Ci sono molte corse, anche di una settimana, proprio come il Tour de Pologne, che aiutano a mettere insieme tanti giorni di gara. Un grande Giro è certamente una vetrina importante, nella quale però si accumula molto stress ed una fatica mentale e fisica non indifferente. Ti porta davvero al limite. 

Per Martinelli durante le gare tanti avanti e indietro dall’ammiraglia per dare supporto ai compagni
Per Martinelli durante le gare tanti avanti e indietro dall’ammiraglia per dare supporto ai compagni
A 30 anni che tipo di corridore senti di essere?

Uno che dà supporto ed apporto alla squadra, in ogni gruppo ci sono i leader e chi li aiuta a performare al meglio. Ho fatto una prima parte di stagione accanto ai capitani della nostra squadra. Mi sono accorto di essere un corridore che ha un buon colpo d’occhio, anche alla Quick Step, a inizio carriera svolgevo questo ruolo.

Ti piace?

In gruppo ci sono i leader e gli ultimi uomini, poi c’è un universo dietro che è quello dei gregari. Quelli che fanno il “lavoro sporco”, vanno a prendere la borraccia in ammiraglia, tirano fin dai primi chilometri, in TV non si vedono. 

Nei grandi Giri, con le dirette integrali, sì.

E’ vero, lì c’è l’occasione, ma non corro per farmi vedere a casa. I diesse vedono tutti gli aspetti del corridore, sia quando è in bici sia quando è fuori dalle corse. 

La felicità di Martinelli passa anche dalla vittoria dei compagni di squadra, come quella di Velasco alla Valenciana
La felicità di Martinelli passa anche dalla vittoria dei compagni di squadra, come quella di Velasco alla Valenciana
Che tipo di corridore sei lontano dalle corse?

Mi piace essere di supporto ai ragazzi giovani, aiutarli a crescere ed in particolare mi piace dare supporto ai compagni di squadra, dando qualche parola di conforto quando ce n’è bisogno. Diciamo che con la figura di mio padre (Giuseppe Martinelli, ndr), mi ha portato ad avere già la mentalità da diesse (ride, ndr). 

Ti è dispiaciuto non essere stato al Giro a goderti la vittoria di Cavendish?

Essere parte della squadra quando si raccoglie qualcosa è bello, ricevi quel “grazie” che arriva dal profondo del cuore e ti senti bene. Quest’anno mi è capitato con Lutsenko all’UAE Tour, ha vinto in una giornata molto calda. Io gli sono stato vicino portandogli le borracce, il ghiaccio… La felicità del post tappa è qualcosa che ti rimane dentro. 

E per la vittoria di “Cav” a Roma?

Sei parte della squadra anche quando non sei direttamente in gara. Quando un mio compagno vince sono sempre felice. La vittoria di Velasco alla Valenciana è un esempio. Noi eravamo dall’altra parte del mondo, al Saudi Tour. La felicità che abbiamo provato nel sapere del suo successo è stata uguale a quella che avremmo provato stando lì. 

Martinelli si trovo molto bene anche con i giovani come Garofoli (qui in foto), ai quali cerca di essere di supporto (foto Instagram)
Martinelli si trovo molto bene anche con i giovani come Garofoli (qui in foto), ai quali cerca di essere di supporto (foto Instagram)
Dicevi di trovarti bene con i giovani, da voi in Astana ce ne sono molti, anche italiani…

Mi piace condividere la mia esperienza con loro. Ad inizio anno sono andato in ritiro con Garofoli, prima ancora del ritiro ufficiale di squadra. Abbiamo pedalato insieme e parlato molto, mi piace aiutarli perché non voglio far ripetere loro i miei stessi errori. Quando sei giovane hai tanta euforia e vorresti strafare, invece devi essere capace di fermarti ogni tanto. 

Che giorni sono stati quelli insieme a Garofoli?

Eravamo insieme prima del ritiro di Calpe, sapevo che poi avremmo pedalato tanto una volta in Spagna, così nei giorni insieme gli ho consigliato di non esagerare con gli allenamenti. I corridori sono cocciuti, tutti, e a volte credono che vuoi remargli contro, bisogna essere bravi con le parole. Ve l’ho detto, un po’ la mentalità da diesse ce l’ho già. 

L’intervista con Davide Martinelli si chiude con un’altra risata. Oggi parte il Tour de Pologne e il bresciano sarà accanto a tanti giovani, pronto a spendere una parola per loro…

Il giorno in cui Pinot ha detto addio al Tour

29.07.2023
6 min
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Chi lo conosce meglio è certo che l’abbia fatto apposta. Thibaut Pinot in fuga nella tappa di Le Markstein vuole vincere, ma soprattutto passare in testa davanti al punto del Petit Ballon in cui si sono raccolti i suoi tifosi. Le “Virage Pinot”, la curva Pinot. Un’atmosfera da stadio, nel palcoscenico della montagna. Tremila persone lungo 500 metri di una strada larga due metri e mezzo. Solo per lui. Il suo nome scritto in tutte le salse, interpretato, storpiato, reso simpatico.

L’amico Vichot

Fra loro c’è anche Arthur Vichot, professionista fino al 2020, due volte campione nazionale e per nove stagioni compagno di squadra di Thibaut.

«Quando sei corridore e lo vivi dall’interno – dice – non ti rendi conto dell’emozione che questo ragazzo riesce a trasmettere alle persone. Ma dall’esterno basta guardarsi intorno per capire quanto sia fantastico. Sono passati due anni e mezzo da quando ho smesso, ma già quando non correvo più con lui (Vichot ha corso le ultime due stagioni alla B&B Hotels, ndr) mi sono reso davvero conto di quanto significhi per le persone. Thibaut è un’icona generazionale nel ciclismo e lo sta dimostrando come mai prima d’ora».

In fuga solitaria sul Petit Ballon, la salita di casa. Pinot ha salutato così i suoi tifosi di una vita
In fuga solitaria sul Petit Ballon, la salita di casa. Pinot ha salutato così i suoi tifosi di una vita

Il giorno più bello

Thibaut sa che sono tutti lì e sotto quella scorza dura e irsuta ha già deciso da un pezzo che non può andarsene dal Tour de France senza averli salutati. Anche la gente del Giro gli ha voluto bene, in qualche misura è uno di noi. Ma oggi è un giorno ben più speciale. I corridori lo sanno e lo sentono. E anche se a volte sembrano vivere in un mondo tutto loro, hanno bisogno dell’abbraccio di folla per poggiarci sopra i loro sogni. Per questo attacca. Forse in cuor suo sa che non andrà al traguardo, ha capito che Pogacar vuole vincere quell’ultima tappa e non farà alcuno sconto.

La corsa è tutta lì, in quell’attesa. I cellulari diffondono le immagini: sanno che sta arrivando. La giornata è perfetta per correre e per aspettarli e a un certo punto il tam tam fra tifosi dalle curve più in basso anticipa il suo arrivo. E lui passa, un po’ ingobbito e un po’ saltellando sui pedali, come cento volte nelle sue giornate di allenamento nel silenzio di una montagna che ora invece brulica di suoni, voci, occhi e sentimenti.

Nel suo essere a volte burbero, Pinot ripenserà a questo giorno come a uno dei più belli della sua carriera, anche più delle vittorie, che non sono state poche né banali.

Settimo all’arrivo a 33″ da Pogacar: «Non ho vinto, ma forse queste emozioni valgono di più» (foto Groupama-FDJ)
Settimo all’arrivo a 33″ da Pogacar: «Non ho vinto, ma forse queste emozioni valgono di più» (foto Groupama-FDJ)

Come Bugno

Quando passa, il mare si apre. Thibaut si guarda intorno, ma resta concentrato. Passa da campione, non da ex corridore, anche se alle sue spalle Vingegaard, Pogacar e Gall si fanno ora minacciosi. Sanno tutti che sarà ripreso per l’ennesima volta, ma in fondo non importa per un corridore che per loro è sempre stato un simbolo di autenticità ed emozioni vere. E’ in piccolo la storia di quel genio malinconico di Gianni Bugno, amato più per le sconfitte che per le grandi vittorie. E anche questa volta Pinot ha fatto la sua parte: il risultato non conta. Il risultato dirà che Pogacar ha vinto l’ultima tappa di montagna del Tour, il campione della Groupama-FDJ arriva settimo a soli 33 secondi. Non come un ex corridore, ma da vero combattente.

«Ho vissuto emozioni incredibili – racconta – con i brividi per tutta la tappa. Le emozioni di un successo rimangono speciali, ma qui siamo andati oltre lo sport. Significa che lascio una traccia nel cuore delle persone ed è quasi più bello di una vittoria. Il mio pubblico, la mia regione, il mio palcoscenico era questo. Questa è stata la mia giornata e queste saranno le mie ultime immagini del Tour».

Le sue parole dopo l’arrivo erano piene di emozione (foto Groupama-FDJ)
Le sue parole dopo l’arrivo erano piene di emozione (foto Groupama-FDJ)

Cose da film

Gli raccontano che tra il pubblico c’era anche Vichot e lui si volta e sorride, in questo giorno che sa di addio e a suo modo di nuova rinascita.

«Non ho visto Arthur – dice e ride – ma deve avermi mandato una trentina di video! Ho superato quella curva da solo ed è stato pazzesco. Sono riuscito a scambiare qualche occhiata con la mia famiglia, ma c’erano così tante persone che faccio fatica a rendermi conto che tutto questo era per me. Non credevo che sarei passato da quelle parti da solo, così quando me ne sono reso conto, mi sono chiesto se fosse vero o no. Sarebbe stato bello chiudere la giornata con una vittoria, ma certe cose succedono solo nei film. Ovviamente ci credevo, ma ho faticato a trovare il giusto ritmo ai piedi del Platzerwasel. Con un po’ più di freschezza, avrei potuto farcela».

All’arrivo di Le Markstein, dove ha ottenuto il 7° posto, per Pinot anche il premio per la combattività
All’arrivo di Le Markstein, dove ha ottenuto il 7° posto, per Pinot anche il premio per la combattività

Emozione Madiot

Sul traguardo di Le Markstein, con gli occhi gonfi e quella faccia da schiaffi che non vuole darti mai soddisfazione, Marc Madiot questa volta fa fatica a dissimulare l’emozione (nella foto Groupama-FDJ di apertura, la sua commozione è palpabile). Quando ci abbiamo parlato durante il secondo riposo, scherzando ha detto che il suo giorno critico sarà l’addio dopo il Lombardia – l’ultima corsa di Pinot – ma questa volta pensiamo che abbia decisamente sbagliato la previsione.

«Gli elenchi delle vittorie – dice il francese – sono righe su un pezzo di carta. Thibaut ci lascia qualcos’altro. La sua è una storia lunga. Mi sbagliavo a pensare che avrei accusato questo colpo al Lombardia, è stato molto peggio qui. Faceva davvero caldo, proprio non riuscivo a stare fermo su quel sedile».

San Sebastian, doppio mondiale e Vuelta: è tornato Remco

28.07.2023
6 min
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Tirato per la maglia per l’arrivo di Vingegaard alla Vuelta, torna a parlare Remco Evenepoel. Domani correrà a San Sebastian, sulle strade che ha conquistato per due volte. Poi andrà a Glasgow per difendere il titolo mondiale, infine alla Vuelta. Inutile negarlo: ci siamo chiesti tutti che cosa avrebbe potuto fare al Tour contro quei due.

«E’ una domanda molto difficile – risponde nel collegamento voluto dalla Soudal-Quick Step – probabilmente non lo sapremo mai. Forse l’anno prossimo. Per i numeri che ho visto giorno dopo giorno, penso che quest’anno abbiano raggiunto un livello incredibile. Quindi ho davanti un anno di lavoro per fare grandi passi avanti e avvicinarmi».

San Sebastian è il ritorno alle corse dopo i campionati nazionali (foto Soudal-Quick Step)
San Sebastian è il ritorno alle corse dopo i campionati nazionali (foto Soudal-Quick Step)
Intanto si chiude in anticipo il tuo anno in maglia iridata…

L’ho vinta il 25 settembre, la rimetto in palio il 6 agosto. E’ un po’ triste perché è troppo presto. Penso però che domenica prossima ci sarà un bel mondiale. Farò del mio meglio e cercherò di divertirmi il più possibile. Prima però pensiamo a San Sebastian, una gara davvero importante per me. So che posso vincere e diventerei il detentore del record condiviso della gara (per ora l’ha vinta tre volte soltanto Marino Lejarreta, nel 1981, 1982, 1987, ndr). Anche questa è una grande motivazione. In più voglio provare a godermi le ultime ore di gara con la maglia iridata, anche se spero per la mia carriera che non sia l’ultima volta che la indosso.

Che stagione è stata finora?

Buona, con 8 vittorie, alcune delle quali molto belle. La Liegi, ma anche il campionato nazionale in maglia iridata è stato speciale (foto di apertura, ndr). Detto questo, non credo di essere arrivato abbastanza pronto al debutto in Argentina, perché l’inverno è stato molto lungo, fra i vari obblighi. Sono andato bene al Catalunya ed è stata molto bella l’atmosfera delle prime tappe del Giro con la maglia rosa.

Quante possibilità ci sono che tu rivinca il mondiale?

Il percorso è meno difficile di quanto si possa pensare, c’è meno dislivello del 2022, ma la distanza è notevole. Dovremo fare salite brevi, ma ormai penso di poter competere in qualsiasi gara di un giorno, quindi c’è sicuramente una possibilità.

Evenepoel ha vinto il mondiale di Wollongong il 25 settembre del 2022: la maglia torna in palio il 6 agosto
Evenepoel ha vinto il mondiale di Wollongong il 25 settembre del 2022: la maglia torna in palio il 6 agosto
Guardando i percorsi, hai più possibilità di giocarti la strada o la crono?

Penso entrambe. La crono è lunga e non super tecnica e la mia posizione aerodinamica mi sarà di aiuto contro Ganna, che resta il favorito numero uno. La gara su strada invece è piuttosto tecnica e lunghissima. Molte curve, molti saliscendi, saranno circa sette ore di gara. Questo metterà molta fatica nelle gambe, per cui di conseguenza anche andare in fuga potrebbe rivelarsi interessante. Noi abbiamo una nazionale molto forte, con diverse carte, come Philipsen e Van Aert. Speriamo solo di non dover adattare i nostri piani a causa di incidenti o sfortuna. E speriamo anche che non piova.

Che cosa hai pensato leggendo che Vingegaard verrà alla Vuelta?

Dovrebbero essere tutti contenti per questo, dato che ci sarà più spettacolo in una gara che si annuncia super difficile.

Pare infatti che la Vuelta sarà durissima da subito….

Quest’anno ogni tappa potrebbe essere teatro per qualcosa di spettacolare. Bisogna arrivare freschi all’ultima settimana, ma anche essere pronti in avvio, perché non puoi perdere 3-4-5 minuti nella prima tappa di montagna (l’arrivo ad Andorra ci sarà il terzo giorno, ndr). Non è questa l’intenzione, quindi si tratterà di sopravvivere ai momenti difficili.

Se a Glasgow non si confermerà campione del mondo, vedremo Remco vestito così (foto Soudal-Quick Step)
Se a Glasgow non si confermerà campione del mondo, vedremo Remco vestito così (foto Soudal-Quick Step)
Hai cambiato qualcosa nella tua preparazione per la Vuelta?

Ho fatto copia e incolla rispetto all’anno scorso. Oggi ho avuto buone sensazioni, ho provato a forzare ed è andato tutto bene. Ho un buon adattamento quando torno dall’altura, ma so anche che puoi avere la miglior condizione e qualcosa può andare storto.

Si vocifera che tu abbia avuto qualche problema durante le ricognizioni della Vuelta…

Sono andato a provare le tappe 16-17-18: Bejes, Angliru e Cruz de Linares, che ai miei occhi saranno i giorni decisivi dell’ultima settimana. Solo che è cominciata col piede sbagliato. Ad Amsterdam hanno pensato bene di non spedire la valigia, per cui sono arrivato in Spagna con lo zainetto. C’erano 30 gradi e sono dovuto andare in giro con una gabba, ma ugualmente ho fatto un’ottima ricognizione. Ho imparato molto.

Che cosa?

L’Angliru è davvero un mostro, ma quello cruciale è il Cruz de Linares, che non è certamente meno duro. Le percentuali non arrivano al 20 per cento, ma sono attorno al 15-16 e lo dobbiamo scalare per due volte. Non sottovaluterei neppure la tappa 16, dopo il riposo. E’ tutta piatta e con l’arrivo in salita. La tipica salita asturiana di 5-6 chilometri, ma per tutto il tempo al 10-13 per cento.

Dopo la vittoria del campionato nazionale belga, Remco è l’anima della festa (foto Soudal-Quick Step)
Dopo la vittoria del campionato nazionale belga, Remco è l’anima della festa (foto Soudal-Quick Step)
Quali possibilità hai di vincere ancora?

Se pensassi di essere sconfitto, sarebbe meglio non partire. La Jumbo-Visma ha i due corridori più forti, ma con loro ci sono anche io. Credo che alla fine sarà favorito il vincitore del Tour e per me sarà un’utile esperienza per il prossimo anno.

Perché dici così?

Penso che tutto dipenda da come è uscito dal Tour e per me Jonas non era al limite, si vedeva dalla sua faccia nelle ultime tappe di montagna. Come per me l’anno scorso alla Vuelta: non ero affatto stanco, sono andato al mondiale e ha funzionato tutto al meglio. Quindi mi aspetto lo stesso da lui. Forse sarà il 2-3 per cento in meno, ma con una forma del genere, è comunque superiore a tutti gli altri.

E’ giusto dire che puntare ancora alla Vuelta non fosse il piano per quest’anno?

E’ vero, ma abbiamo cercato di adattarci dopo il ritiro dal Giro. Normalmente dopo il Giro avrei fatto il Wallonie e San Sebastian prima dei mondiali.

A Remco è andata male nel campionato belga a crono: 4° all’arrivo, ma con i postumi di una brutta caduta
A Remco è andata male nel campionato belga a crono: 4° all’arrivo, ma con i postumi di una brutta caduta
In Belgio si parla del futuro della squadra, riesci a vivere la situazione serenamente?

Non è troppo difficile, in realtà è divertente perché dall’esterno ne sapete più di me. Leggo di cose che starebbero accadendo di cui non so nulla io, né il mio entourage e la mia famiglia. E’ piuttosto speciale. Penso di essere abbastanza forte per concentrarmi su quello che devo fare nell’estate che sta arrivando e non vedo ragioni per essere infelice. Se posso, le definirei delle piccole cavolate…

Infortuni, il buon recupero inizia dall’aspetto mentale

28.07.2023
6 min
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La vita dei ciclisti è legata strettamente a risultati e prestazioni ma, come in un grande iceberg, al di sotto della linea di galleggiamento ci sono tanti fattori che li determinano. Uno di questi sono gli infortuni ed il relativo recupero ma guarire non è solo una questione fisica. Prima c’è l’aspetto psicologico che è alla base della ripresa totale e forte dell’atleta (in apertura, Elisa Longo Borghini taglia il traguardo di Ceres al Giro Donne dopo una caduta, scortata e consolata da Shirin Van Anrooij. L’indomani non ripartirà).

Gli infortuni di Pogacar e Balsamo ci hanno dato lo spunto per capire come si procede appena succede un incidente e in quel momento saltano i programmi di mesi. Abbiamo approfondito l’argomento con Elisabetta Borgia, psicologa dello sport della Lidl-Trek e della nazionale italiana.

Prima la salute

Pogacar si presenta alla Liegi da grande favorito dopo le vittorie in sequenza di Freccia Vallone, Amstel, Fiandre e tutte le altre ottenute a marzo e febbraio. Al chilometro 85 però viene coinvolto in una rocambolesca caduta. Il 24enne della UAE Team Emirates capisce subito che qualcosa non va. Frattura dello scafoide sinistro in cinque punti. La preparazione al Tour de France subisce un grosso rallentamento.

A fine maggio va peggio a Balsamo. L’ex iridata della Lidl-Trek finisce a terra due volte nel giro di pochi chilometri nella prima tappa della Ride London. L’esito è crudo. Anche per lei frattura dello scafoide (destro) con l’aggiunta della frattura della mandibola sinistra e destra. Il suo programma di avvicinamento al mondiale si complica. Come si riparte il giorno dopo queste botte?

Elisabetta Borgia è la psicologa dello sport della Lidl-Trek. Il suo lavoro con gli atleti spazia su tanti fronti, compreso il recupero da un infortunio
Elisabetta Borgia è la psicologa dello sport della Lidl-Trek. Il suo lavoro con gli atleti spazia su tanti fronti, compreso il recupero da un infortunio

«E’ un percorso articolato – analizza Borgia – perché bisogna partire da molto prima. Ogni atleta ad inizio stagione fa un suo “goal setting” alla luce del calendario agonistico con la definizione di strategie e momenti di verifica che indicano se stai lavorando in maniera efficace. Si pianifica, si organizza e si cerca di dare prevedibilità al futuro definendo le mosse da fare. Nel momento in cui si presentano gli intoppi (infortuni, malattie o anche solo risposte inaspettate ai carichi di lavoro) viene valutata la situazione in ogni singolo punto. Non tutti gli infortuni sono uguali, lo abbiamo visto proprio con i casi di Pogacar e Balsamo. Di sicuro gli interventi chirurgici hanno facilitato il loro decorso, benché con tempistiche diverse.

«In quel momento il goal setting originale viene modificato ed il primo obiettivo, spesso dato per scontato, diventa la salute, assieme alle strategie più efficaci per raggiungerla (terapie, riposo, etc..). Il piano A, il più auspicabile, non esiste più e l’atleta deve rifocalizzarsi su un nuovo piano senza continuare a fare confronti con il vecchio piano ormai irrealizzabile. Questo è l’errore che si tende a fare anche per eccesso di volontà e voglia di rivincita. Bisogna ascoltare il proprio corpo e dargli il modo fisiologico di recuperare. Che poi il fisico di uno sportivo di alto livello ha sempre tempi più corti rispetto al normale però non bisogna forzarli».

Evenepoel Lombardia 2020
Uno degli incidenti recenti che ha richiesto il maggior tempo di recupero fu quello di Evenepoel al Lombardia 2020
Evenepoel Lombardia 2020
Uno degli incidenti recenti che ha richiesto il maggior tempo di recupero fu quello di Evenepoel al Lombardia 2020

Fase 2, il riadattamento

Nel frattempo sia Pogacar che Balsamo sono rientrati alle gare. Lo sloveno è arrivato secondo al Tour vincendo due tappe e pagando dazio in altrettante giornate nella terza settimana. La 25enne cuneese è in corsa al Tour Femmes e nella terza frazione si è fatta rivedere negli ordini d’arrivo con un incoraggiante quinto posto in volata. Il loro periodo lontano dalle corse come lo hanno vissuto?

«Appurato il proprio stato di salute – prosegue Borgia, dottoressa in psicologia – la seconda fase è riprogrammare tutto e riadattarsi mentalmente il più in fretta possibile. A parte il recupero fisico, gli obiettivi diventano altri e non necessariamente agonistici. Immagino che Pogacar abbia dovuto vedere come stava il polso nei gesti quotidiani. Poi in bici, sotto sforzo, nella presa del manubrio e via così. Elisa ha avuto una convalescenza molto più dura. Nella prima fase faceva fatica a mangiare cibi solidi e quindi ha dovuto modificare anche la sua alimentazione».

Baroncini, caduto alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, è rimasto fermo più di due mesi. Ha dovuto rivedere gli obiettivi ma ora la forma è tornata
Baroncini, caduto alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, è rimasto fermo più di due mesi. Ha dovuto rivedere gli obiettivi ma ora la forma è tornata

«Con lei – va avanti – fissavamo piccoli obiettivi settimanalmente. Si lavora in questo modo quando l’obiettivo finale sembra essere molto lontano. Quindi è importante inserire piccoli obiettivi sfidanti ma raggiungibili che rinforzano, motivano e aiutano l’atleta a sentire di avere controllo. Se pensiamo alla difficoltà di tornare a muovere la bocca normalmente, il Tour o il mondiale passano in secondo piano. O meglio, restano obiettivi che riprendono la scena nuovamente quando i tuoi continui step di crescita te lo permettono. Sappiamo che è difficile rifare una sorta di gerarchia e ripartire dai primi step specialmente per chi è abituato a prestazioni di alto livello. Ma è un sacrificio, se così vogliamo definirlo, che va fatto per tornare proprio ad alto livello».

Niente esagerazioni e rientro

Il ciclista per natura vuole sempre recuperare il tempo perso. Che sia per una foratura, magari con l’assistenza tecnica lontana. Che sia per una caduta o infortunio. Ma sono tutti casi non paragonabili fra loro.

«Gli uomini e le donne di sport – continua la psicologa piacentina –sono proiettati sul “problem solving”, ovvero sul cambiare una situazione non ideale o che non li fa sentire in comfort. Sono molto meno abituati invece, forse perché erroneamente viene visto come segno di resa, ad accettare, prendere atto di una situazione quando quest’ultima non può essere modificata. E’ importante tuttavia essere in grado di analizzare e contestualizzare ciò che è successo con lucidità, così anche da poter fare la prossima mossa correttamente.

«A volte la miglior mossa, anche se totalmente opposta a ciò che verrebbe impulsivo fare per non perdere terreno, è riposare ed ascoltarsi. A volte è prendere atto che, nonostante tutto, sarebbe potuto andare anche molto peggio. Guardate Longo Borghini al Giro Donne. Con quella caduta ha dovuto abbandonare la corsa e dire addio alle speranze di vincere il Giro. Però se fosse caduta ancora più in là c’era un muretto, poteva farsi molto più male e perdere il resto della stagione.

Sorride Pogacar nonostante la frattura dello scafoide alla Liegi. Un buon recupero passa da un buon morale (foto instagram)
Sorride Pogacar nonostante la frattura dello scafoide alla Liegi. Un buon recupero passa da un buon morale (foto instagram)

«Naturalmente – conclude Elisabetta Borgia – ci deve essere un lavoro di equipe perché altrimenti non si può riprogrammare nulla. Servono comunicazione e condivisione, come è successo nel caso di Balsamo, tra medici, diesse e preparatori. Tutto il nostro staff ha partecipato al suo rientro in bici. Ognuno ha fatto la propria parte, dal primissimo supporto morale, quando era difficile darsi tempi e modi di rientro, fino alla pianificazione dei nuovi obiettivi durante il recupero. Dopodiché le nuove valutazioni si fanno gara dopo gara, non limitandosi solo al risultato ma alla prestazione a 360 gradi, tenendo in considerazione sia le cose positive che le aree ancora da migliorare con lucidità e freddezza».