Bagioli alla scoperta dell’America, della Lidl-Trek, di se stesso

25.10.2023
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Due giorni fa il ritorno dagli Stati Uniti, dopo la visita al quartier generale di Trek e un giro per Chicago, guardando partite di hockey e di basket NBA. Oggi la partenza per la Tanzania con la sua ragazza. E poco prima, la scelta di cambiare squadra e il secondo posto del Lombardia, forse non celebrato a dovere. Il fine stagione di Andrea Bagioli non è passato via in modo banale e proprio la decisione di lasciare la Soudal-Quick Step per approdare alla Lidl-Trek è il punto che abbiamo voluto approfondire con lui.

Nel primo ritiro fra il Wisconsin e Chicago, si è raccontata ai nuovi la Lidl-Trek
Nel primo ritiro fra il Wisconsin e Chicago, si è raccontata ai nuovi la Lidl-Trek

La benedizione di “Guerci”

Le parole di Luca Guercilena sulla voglia di dargli fiducia e farne un leader sono parse una consacrazione. La sua voglia a inizio 2023 di guardarsi intorno stava a significare che il valtellinese fosse pronto a spiccare il volo, uscendo dal cono di luce di chi aveva davanti.

«L’ambiente della nuova squadra – risponde mentre parcheggia l’auto – mi è parso molto buono. Mi ha sorpreso positivamente, sono stati super disponibili. Si capisce che sia un gruppo più internazionale, quindi c’è più apertura rispetto alla Soudal-Quick Step in cui comunque si percepisce forte l’anima belga. C’eravamo quasi tutti, tranne Consonni che negli stessi giorni si è sposato, poi Cataldo e Milan che sono venuti solo alla fine, dopo la corsa in Cina». 

Prima del Lombardia, la marcatura fra Bagioli e Pogacar era iniziata ai mondiali, chiusi da Tadej sul podio
Prima del Lombardia, la marcatura fra Bagioli e Pogacar era iniziata ai mondiali, chiusi da Tadej sul podio
Perché a gennaio dicesti che avresti valutato anche un cambio di squadra?

Non posso dire che non avessi il mio spazio, però dopo quattro anni cerchi qualcosa di nuovo. Alla fine fai sempre gli stessi ritiri, gli stessi allenamenti, vedi sempre le stesse persone, quindi magari diventa un po’ troppo monotono.

Alla Soudal-Quick Step sentivi di essere considerato un corridore importante?

Devo dire che anche durante le classiche, quest’anno partivo quasi come un capitano. A parte la Liegi, nelle altre avevo ruoli abbastanza importanti. Però qui già da inizio anno abbiamo fatto il calendario assieme, ho deciso io alcune gare che volevo fare e mi hanno ascoltato. Mi trattano un po’ più come un leader.

E’ stato difficile scegliere la squadra nel momento in cui hai deciso di andar via?

Non più di tanto, perché sono venuti subito con una buona offerta triennale e anche con un bel progetto, che mi ha ispirato subito. Poi parlandone con Quinziato (il suo agente, ndr), abbiamo valutato le varie opzioni e abbiamo concluso che la Lidl-Trek fosse la migliore. Avevano l’idea di prendermi e farmi crescere, non un progetto a breve termine, ma a lunga scadenza, per arrivare a vincere gare importanti.

Questa la volata con cui Bagioli ha preceduto Roglic e Vlasov, strappando il secondo posto al Lombardia
Questa la volata con cui Bagioli ha preceduto Roglic (a sinistra fuori inquadratura) e Vlasov, arrivando 2° al Lombardia
Che cosa ti manca ancora per arrivare a vincere la classica con la C maiuscola?

Al Lombardia ho trovato un Pogacar di troppo, che mi ha impedito di vincerlo (Bagioli è arrivato secondo, ndr). Cosa mi manca? Secondo me, più che altro, la fiducia in me stesso. Anche se, già a fine stagione, qualcosa è cambiato e infatti i risultati sono arrivati. Invece a inizio anno partivo un po’ svantaggiato perché non ero molto sicuro e alla fine andava male. Se non sei sicuro e vedi gli altri che vanno forte, se hai la testa da un’altra parte, è molto più difficile che arrivi il risultato.

Che cosa è cambiato a fine stagione? Perché c’è stata questa svolta?

Non lo so neanch’io, mi sentivo in modo diverso, più rilassato e più sicuro di me stesso. A luglio avevo deciso di cambiare squadra, quindi magari anche quell’aspetto ha fatto la differenza. Se non devi pensare al contratto per il prossimo anno, sei tranquillo. Ti concentri al 100 per cento sulla bici, sugli allenamenti, l’alimentazione e tutto viene più facile.

Secondo te la fiducia in se stessi viene anche dalla squadra?

Sì, sicuro. La squadra deve essere la prima che ti dà fiducia. Se parti senza la fiducia della squadra, è difficile anche per te stesso. Se invece sai che puoi contare sull’appoggio dei tuoi compagni e dei direttori e, sai che nella determinata gara sono lì tutti per te, allora è diverso. Certo, avrai più pressione addosso, però è una pressione positiva che ti carica ancora di più.

Il finale di stagione ha visto un Bagioli più sereno e sicuro: qui vince il Gran Piemonte
Il finale di stagione ha visto un Bagioli più sereno e sicuro: qui vince il Gran Piemonte
Che cosa porti via dalla Soudal-Quick Step?

In questi quattro anni sono cresciuto tanto, al primo anno da professionista ero molto inesperto sotto tutti gli aspetti. Quello che ho imparato meglio forse è la capacità di affrontare le gare lunghe, le classiche ben oltre i 200 chilometri. Su quello sono migliorato molto. Infatti anche al Lombardia, che erano sei ore di corsa, nel finale ero lì. Si tratta di imparare ad alimentarsi per risparmiare il più possibile, perché alla fine conta ogni watt che risparmi e poi te lo trovi alla fine della corsa.

Hai parlato di pressione positiva: ti è mancata in questi anni oppure è giusto arrivarci adesso perché hai le spalle più larghe per sostenerla?

Forse è giusto che arrivi adesso. Se arrivasse appena passi professionista, non sarebbe semplice da sopportare, a meno che tu non abbia un motore alla Remco, con il quale viene tutto facile. Invece adesso che ho fatto i miei quattro anni di esperienza, sono più consapevole dei miei mezzi e fin dove posso arrivare. Quindi è un bene che la pressione arrivi adesso.

Presentazione Soudal-Quick Step, a Popsaland: sia De Clercq sia Bagioli dal 2024 saranno alla Lidl-Trek
Presentazione Soudal-Quick Step, a Popsaland: sia De Clercq sia Bagioli dal 2024 saranno alla Lidl-Trek
Sai già quale sarà il tuo nuovo preparatore? Ti intriga o ti allarma il fatto di cambiarlo?

Non so ancora con chi lavorerò, penso sarà uno spagnolo in arrivo nella squadra. Un po’ mi è dispiaciuto di lasciare il mio vecchio preparatore: Vasilis, il greco. Con lui in questi quattro anni ho lavorato veramente bene, secondo me è uno dei migliori al mondo. Ti segue, vedi che ha passione in quello che fa, quindi quel lato un po’ mi preoccupava. Però alla fine qualche cambiamento magari serviva, ci sta che magari a certe cose Vasilis non ci arrivasse, mentre saranno possibili col nuovo preparatore. Devo solo avere fiducia e andrà bene di sicuro.

Il prossimo appuntamento con la squadra sarà il ritiro a dicembre?

Sì, a Calpe. Adesso si va in vacanza in Tanzania, prima un safari e poi al mare a Zanzibar. E al rientro si ricomincia con una nuova maglia, una nuova bici e una nuova squadra.

Due Tour in un giorno: a Parigi lo show è tutto giallo

25.10.2023
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Ci sarà poi il tempo per approfondire, entrare nel vivo, spiegare e fare progetti. Per ora, la presentazione dei due Tour a Parigi ha colpito negli occhi e nell’anima i presenti e chi l’ha vissuta in collegamento da casa. Il Tour Femmes e il Tour degli uomini raccontati in un solo colpo, con grande prova di pianificazione, al punto di aver portato Marta Cavalli a provare l’ultima tappa della gare delle donne, perché un video potesse raccontarla proprio oggi.

ASO e il ciclismo

Abbiamo ascoltato parole che lasciano il segno, come quelle di Jean Etienne Amaury, presidente di ASO.

«Il Tour 2023 – racconta dal palco – ci ha consegnato la grande risposta del pubblico, con 42 milioni di persone in Francia e 150 nel resto del mondo. Grossi riscontri sono venuti grazie ai social e a Unchained, la serie Netflix. Il Tour vuole promuovere il ciclismo come mezzo di locomozione ecologico, che rispecchia la nostra filosofia di rispetto per l’ambiente. Abbiamo stretto un’intesa molto importante con Ministero dello Sport e il Ministero dell’Educazione, per fornire al più alto numero di bambini fra 6 e 11 anni il necessario per andare in bicicletta. E nell’ottica dello sviluppo del ciclismo, abbiamo rinnovato l’accordo con la Federazione francese».

Il Tour de France Femmes by Zwift inizia il 12 agosto da Rotterdam e si chiude sull’Alpe d’Huez

Donne da Rotterdam

Il Tour de France Femme by Zwift inizierà il 12 agosto da Rotterdam. Il momento dell’annuncio è introdotto dalle immagini della scorsa edizione, fino all’arrivo sul palco di Christianm Prudhomme e Marion Rousse. E subito dalle parole della bionda ex atleta si capisce che ci sarà la sorpresa.

«La prima edizione – dice – ci ha dimostrato che si tratta di un evento eccezionale, per cui disegnare la seconda è stato più facile, perché conoscevamo la direzione da prendere. Dal primo all’ultimo giorno abbiamo avuto e di certo avremo una grande audience. Il Tourmalet è stato un momento epico e suggestivo, ma il prossimo anno non saremo da meno».

Le tappe saranno 8, i chilometri in totale 946,3 con distanze importati per la categoria. Il duro inizia subito, con l’arrivo di Liegi che propone le strade della Doyenne, e nel finale con il doppio arrivo in salita. Le Grand Bornand e gran finale all’Alpe d’Huez. E mano a mano che la grafica disegnava tornanti sul profilo della montagna, il pubblico del Palais des Congres, avendo capito, ha salutato il traguardo decisivo del Tour.

La presentazione del Tour si è svolta come da tradizione nel Palais des Congres di Parigi
La presentazione del Tour si è svolta come da tradizione nel Palais des Congres di Parigi

Tour uomini, i ricordi

Il Tour degli uomini lo annuncia invece da solo Prudhomme, non prima di aver rivissuto l’edizione 2023, che si apre con le parole di resa di Pogacar: «Sono morto».

Poi, in un lungo flashback, lo schermo propone i primi scontri fra Vingegaard e lo sloveno. Lo sguardo sperso di Cavendish costretto al ritiro. La commozione di Pello Bilbao che vince per Gino Mader. Gli scatti a raffica di Pogacar, che adesso sembrano quasi beffardi. La crono, prima mazzata di Vingegaard, che dichiara: «Probabilmente, la corsa della mia vita». Poi il naufragio di Pogacar a Courchevel. Le lacrime di Mohoric e l’esultanza di Ciccone sulla salita decisiva, prima del bagno di folla per Thibaut Pinot.

Il via da Firenze

La Grande Partenza sarà data, come ben sappiamo, dall’Italia. L’arrivo per la prima volta sarà invece lontano da Parigi, a Nizza, viso che la Capitale sarà presa dall’organizzazione delle Olimpiadi.

Sul palco sale Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, introdotto con splendide parole da Prudhomme.

«Era strano che un Paese come l’Italia – dice Prudhomme – con i grandi campioni che hanno legato la loro fortuna al Tour, non avesse mai accolto una partenza del Tour. E’ raro che il Tour de France inizi con più di 3.600 metri di dislivello, in effetti non è mai successo prima! Ed è anche la prima volta che la corsa tocca la città natale di Gino Bartali. Il susseguirsi delle colline tra Toscana ed Emilia-Romagna sarà probabilmente lo scenario per un confronto immediato e impegnativo, in particolare la salita verso San Marino, dove la corsa aggiungerà un 13° nome al suo catalogo di visite all’estero».

E Bonaccini, prima parte in francese e poi passa all’italiano. «Come diceva Gianni Mura – racconta – il Tour è un’avventura umana. Lo sport che diventa linguaggio universale, parlato e compreso in tutto il mondo. La Grande Depart è un sogno che si avvera, un evento storico per il nostro Paese. Siamo pronti ad accogliere il Tour de France, con un eccezionale lavoro di squadra iniziato da tre anni. Tutti insieme abbiamo fatto l’impresa».

Chiusura a Nizza

Poi è il turno di Nizza, sede di arrivo, con le parole del sindaco che si commuove ricordando le sue origini italiane. E quando anche Nizza augura a tutti un grande Tour, viene finalmente alzato il velo sull’edizione 2024 del Tour de France che scatterà il 29 giugno da Firenze.

Il percorso è subito severo. Basti pensare che la prima tappa ha 3.600 metri di dislivello e che la seconda proporrà per due volte la scalata del Colle di San Luca a Bologna. E’ italiana anche la tappa più lunga del Tour, quella da Piacenza a Torino con 229 chilometri. E parte dall’Italia la tappa con la salita Souvenir Desgrange: la quarta, da Pinerolo a Valloire, che scalerà il Galibier dal Lautaret, prima della discesa finale.

Si parte il 29 giugno

Il Tour 2024 è composto da 21 tappe, più due giorni di riposo. Sono due anche le cronometro: l’ultima il sabato prina del gran finale, molto dura. Si parte da Firenze e si finisce a Nizza, con le Alpi prima dei Pirenei.

1ª tappa29 giugnoFirenze-Rimini206
2ª tappa30 giugnoCesenatico-Bologna200
3ª tappa1 luglioPiacenza-Torino229
4ª tappa2 luglioPinerolo-Valloire138
5ª tappa3 luglioSt Jeanne de Maurienne-Saint Vulbas177
6ª tappa4 luglioMacon-Dijon163
7ª tappa5 lugliocronometro individuale, Nuits Saint Georges-Gevrey Chambertin25
8ª tappa6 luglioSemur en Auxois-Colombey les Deux Eglises176
9ª tappa7 luglioTroyes-Troeys199
Riposo8 luglioOrleans
10ª tappa9 luglioOrleans-Saint Amand Montrond187
11ª tappa10 luglioEvaux les Bains-Le Lioran211
12ª tappa11 luglioAurillac-Villeneuve sur Lot204
13ª tappa12 luglioAgen-Pau171
14ª tappa13 luglioPau-Saint Lary Soulan (Pla d’Adet)152
15ª tappa14 luglioLoudenvielle-Plateau de Beille198
Riposo15 luglioGruissan
16ª tappa16 luglioGruissan-Nimes187
17ª tappa17 luglioSaint Paul Trois Chateaux-Superdevoluy178
18ª tappa18 luglioGap-Barcelonnette179
19ª tappa19 luglioEmbrun-Isola 2000145
20ª tappa20 luglioNice-Col de la Couillole133
21ª tappa21 lugliocronometro individuale, Monaco-Nice34
Totale Chilometri3.492

Pirenei e poi le Alpi

Il Tour è un riccio che si infila fra colline e città. Scala i Pirenei prima delle Alpi, con gli arrivi di Plateau de Beille e Pla d’Adet alla 14ª e 15ª tappa, ma già nella 9ª propone un continuo saliscendi su strade bianche che rischierà di fare molto male.

Le tappe dalla 17ª alla 20ª proporranno una quantità importante di salite, con gli arrivi a Superdevoluy, Barcellonette, Isola 2000 e il Col de la Couillole in Costa Azzurra. Sarà anche il Tour delle alte quote, dato che 25 chilometri di montagna saranno percorsi oltre i 2.000 metri.

E se la salita non bastasse, le prove a cronometro saranno due. Per specialisti quella alla 7ª tappa di Gevrey Saint Martin di 25,3 chilometri. Per corridori resistenti cui sia rimasto qualcosa da dare la 21ª da Monaco a Nizza, lunga 34 chilometri, con le salite del Col d’Eze e la Turbie nel percorso. Paradossalmente potrebbe essere ancora tutto in palio fino all’ultimo chilometro.

La sensazione è quella di un Tour duro ma non durissimo, anche per strizzare l’occhio alle Olimpiadi che già busseranno alla porta. Le squadre ora hanno quel che serve per redigere i programmi dei loro atleti. Le donne aspettano il percorso del Giro d’Italia Donne. Nelle prossime settimane approfondiremo i discorsi. Quando si spegne la luce nel Palazzo dei Congressi di Parigi, ancora una volta la sensazione è quella di aver assistito a qualcosa di grande e di ben fatto.

Pavanello ci apre le porte della Borgo Molino delle meraviglie

25.10.2023
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Un bottino di 32 vittorie ed oltre 70 podi… la stagione della Borgo Molino-Vigna Fiorita è stata di nuovo stellare. Il team veneto ha vinto la classifica a squadre della categoria juniores. Oltre a questi numeri spiccano le top cinque, più di cento, e il fatto che la squadra diretta da Cristian Pavanello abbia dato anche delle perle azzurre. Vedi: Bessega, Montagner, Favero…

Con Pavanello è dunque il momento ideale per tracciare un bilancio di questo super 2023. Ma anche per conoscere il loro metodo di lavoro e analizzare alcuni aspetti che vanno oltre il seminato della Borgo Molino-Vigna Fiorita, ma si allargano alla categoria juniores in generale.

Cristian Pavanello, ex dilettante, ora è tecnico e dirigente della Borgo Molino-Vigna Fiorita (photors.it)
Pavanello, ex dilettante, ora è tecnico e dirigente della Borgo Molino-Vigna Fiorita (photors.it)
Cristian, ancora un grande numero di vittorie…

Sì, tante vittorie, forse qualcuna in meno rispetto ad altre volte, ma alcune sono di prestigio maggiore. Ci sono poi alcune ciliegine sulla torta come l’Europeo di Favero, la medaglia nel mondiale in pista… Nel complesso devo dire che è stata anche una stagione un po’ inaspettata a questi livelli, perché avevamo ben dieci ragazzi di primo anno.

E come ci siete riusciti?

Studiando bene gli impegni e programmando con attenzione la stagione. Abbiamo gestito gli atleti anche in considerazione della nazionale. Penso a Favero per esempio, avrebbe potuto fare di più su strada, ma per ottenere i risultati che ha raggiunto in pista serviva tempo. Abbiamo cercato di assecondare le richieste del cittì, Dino Salvoldi. Mi è piaciuta poi anche la prestazione nella cronosquadre di Soligo. Lì abbiamo tenuto testa e battuto team come l’Ag2R e l’Autoeder e per me è stato un risultato di valore. Abbiamo dimostrato di essere una squadra di livello europeo e mondiale.

Il quartetto degli azzurrini ai mondiali su pista di Cali, in Colombia. Ne faceva parte anche Favero
Il quartetto degli azzurrini ai mondiali su pista di Cali, in Colombia. Ne faceva parte anche Favero
Come lavorate dunque? Allenamenti tutti insieme o seguite i ragazzi “da remoto” come fanno i pro’?

Non è facile fare allenamenti tutti insieme. I nostri ragazzi vanno da Udine a Vicenza, fino a Padova. Ci siamo dunque organizzati con più persone per seguirli dal vivo, almeno due, se non tre, volte a settimana. In pratica quando devono fare dei lavori specifici o degli allenamenti più intensi noi li seguiamo fisicamente raggiungendoli dove abitano.

E quando devono fare scarico li lasciate liberi…

Esatto. Abbiamo capito che metterli tutti insieme nel mezzo della settimana non era più fattibile, però ci tenevamo a seguirli lo stesso. Il numero di atleti in generale è in calo e quelli di valore sono anche meno… quindi ti devi muovere se vuoi ottenere qualcosa. Devi muovere mezzi e persone. Fortunatamente riusciamo ancora a farlo. Poi chiaramente di tanto in tanto facciamo dei ritiri. Quando hai a che fare con gente come Cettolin, Favero o Bessega devi gestirli e programmare bene i loro impegni.

Quando dici: “Ci sono delle persone che li seguono” a chi ti riferisci, ai direttori sportivi?

A persone di fiducia. Ci sono io, c’è Luciano Rui e altri accompagnatori come Stefano Zaninin che appunto seguono i ragazzi in allenamento. Per noi questo è un dogma. Ma attenzione, seguirli non significa che gli facciamo fare il doppio. Significa che li facciamo lavorare bene. Anche perché questi sono ragazzi che vanno a scuola. Molti di loro si svegliano alle 5,30-6 del mattino, tornano a casa alle 14, mangiano e poi saltano in sella. Capite anche voi che dopo 7-8 ore che sei in giro, anche per il più appassionato dei ragazzi non è semplice. Riteniamo quindi che abbiano bisogno di un certo sostegno da parte nostra.

La Borgo Molino impegnata nella cronosquadre di Soligo al Giro del Friuli, risultato importantissimo
La Borgo Molino impegnata nella cronosquadre di Soligo al Giro del Friuli, risultato importantissimo
Un’impostazione importante dunque. Ma poi i ragazzi non sono troppo impegnati? Voi ne avete fatti passare molti, ma poi sono davvero pronti?

Capisco il discorso, ma ribatto con una provocazione: se ho in squadra degli atleti che non vincono e poi passano under 23? E’ un dato di fatto che le squadre cerchino gli atleti più forti. Quest’anno per esempio ne abbiamo fatti passare sei e non è stato facile, non tutti e sei avevano vinto 7-8 corse in stagione. Poi è anche vero che noi stessi dobbiamo essere consapevoli che dobbiamo cercare di vincere, però non allenandoci come pro’, bensì come juniores. Sfido io a trovare una squadra juniores che ha visto diventare professionisti tanti atleti come la nostra. Solo per citarne alcuni recenti: Bruttomesso è alla Bahrain-Victorious, De Pretto è alla Jayco-AlUla, Bessega alla Lidl-Trek, Moro alla Movistar e presto firmeranno anche Cettolin e Montagner.

Oggi molti juniores vogliono subito la development della WorldTour. Le stesse squadre U23 ci hanno detto che fanno fatica a trovare i ragazzi di primo anno…

Per me è una moda, sostenuta anche dai procuratori che chiaramente fanno i loro interessi e quelli dei ragazzi. Ma dico anche che questa situazione è figlia di una cattiva gestione delle stesse squadre under 23. Io per esempio propongo dei ragazzi ad alcuni team, ma in prima battuta non mi rispondono o mi dicono di no. Poi arrivano altre squadre che li prendono e a quel punto vengono a chiedermeli. Le nostre squadre under 23 dovrebbero fidarsi al momento opportuno. Di contro, aggiungo che andare nelle development non è sempre la soluzione migliore.

Spiegaci meglio…

Non tutti sono dotati da madre natura. C’è anche chi impiega un po’ di più per maturare, anche da un punto di vista mentale, e se un ragazzo non è pronto si rischia di perderlo. Oggi a 22 anni, se non sei pronto sei spacciato. Poi solo il tempo ci dirà se è questa la strada giusta, come sempre saranno i numeri a parlare. Il tutto in un livello medio che è sempre più alto. Pensiamo ai quartetti: oggi gli juniores girano sui tempi degli under 23. Prima in questa categoria si vinceva una crono a 48-49 di media, oggi si deve andare oltre i 50 e forse non basta. Quanto a noi tecnici, se non portiamo un ragazzo ad alto livello ci criticano e ci dicono che all’estero sono più bravi e noi non stiamo al passo. Se vincono, ci dicono che li abbiamo fatti lavorare troppo. Chiedo io una risposta…

Un arrivo in parata per i neroverdi. Più di qualche volta hanno dominato così
Un arrivo in parata per i neroverdi. Più di qualche volta hanno dominato così
Cristian, cosa lascia secondo te la Borgo Molino ai suoi ragazzi?

Sin dai tempi in cui eravamo Rinascita Ormelle o anche prima, noi cerchiamo buoni atleti, giovani corridori di un certo livello… Quasi tutti hanno piacere di venire da noi, anche se qualcuno ci ha detto di no. Per noi è un piacere lavorare con certa gente, se vogliamo è anche più facile lavorare con quelli più forti. Alle spalle abbiamo una società che ci mette in condizione di lavorare bene, di stare al passo coi tempi. Noi per esempio abbiamo corso fino all’ultima gara in programma quest’anno, mentre molti team già avevano terminato la stagione. Il tutto – apro parentesi – quando da anni ci dicono che dovevamo allungare la stagione… 

Quindi possiamo dire che gli lasciate la serietà, l’importanza di prendersi un impegno?

Questo di certo si riflette sui ragazzi. Se da anni le cose vanno bene, forse è anche merito nostro. Cosa gli lasciamo? Io dico anche basi tecniche. Saper fare un treno, per esempio. Altrimenti diventano pro’ con un bagaglio tecnico che gli manca. O saper aprire un ventaglio. Quando il ragazzo si gira e vede che sono rimasti in venti, prende fiducia, si allena anche meglio e si diverte.

La ricerca di Plugge, l’appetito di Kuss: la Jumbo del 2024

25.10.2023
4 min
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Mentre i corridori sono in vacanza, la macchina organizzativa del team che nel 2023 ha vinto Giro, Tour e Vuelta lavora a pieni giri. La squadra di Richard Plugge ha presentato infatti il dossier per la registrazione 2024, ma non è ancora chiaro se il primo nome sarà ancora Jumbo oppure se la catena di supermercati si ritirerà con una stagione di anticipo. Alcuni ipotizzano che il team potrebbe chiamarsi Visma-Lease a Bike, mentre parrebbe tramontato l’interesse da parte di Amazon e di Neom, una nuova megalopoli miliardaria di prossima costruzione nel deserto saudita.

Il marchio Lease a Bike, che promuove il noleggio di biciclette all’interno delle aziende, è un marchio dell’olandese Pon Group, già proprietaria di Cervélo e delle scarpe Nimbl che vestono i corridori del team. Il budget, per quello che ipotizza Wielerfits, sarà di circa 40 milioni di euro anche per il 2024. Saltata la fusione con la Soudal-Quick Step, quando lo stesso Plugge parlandone con l’UCI si è reso conto dei tanti esuberi che avrebbero colpito entrambe le squadre, il manager olandese si è nuovamente rimboccato le maniche.

Quest’anno Richard Plugge ha brindato ai tre Grandi Giri, oltre che ad altre 66 vittorie
Quest’anno Richard Plugge ha brindato ai tre Grandi Giri, oltre che ad altre 66 vittorie

Uscite e mercato 

Nel frattempo, non è prevista a breve una fuga di talenti: i corridori sono sereni, anche perché la temuta necessità di ridurre gli stipendi parrebbe scongiurata. La fuoriuscita di Roglic ha origini sportive e non economiche, il ritiro di Van Hooydonck è stato dovuto a problemi cardiaci, Michel Hessmann è fermo per la positività a un diuretico.

Ai corridori già in rosa, si sono aggiunti Bart Lemmen e i due giovani norvegesi Johannes Staune-Mittet (21 anni, vincitore del Giro Next Gen) e Per Strand Hagenes (20 anni, vincitore di tappa alla Quattro Giornate di Dunkerque e iridato da junior su strada a Leuven 2021), oltre all’olandese Loe van Belle (21 anni). Corridori che non hanno ingaggi da primi della classe, mentre gli arrivi di Matteo Jorgenson dalla Movistar e Ben Tulett dalla Ineos avranno avuto certamente un costo superiore.

Johannes Staune-Mittet, vincitore del Giro Next Gen, passa in prima squadra (foto LaPresse)
Johannes Staune-Mittet, vincitore del Giro Next Gen, passa in prima squadra (foto LaPresse)

La lezione di Roglic

Resta da stabilire quali saranno i nuovi assetti all’interno del team. Ad ora, infatti, le punte della squadra per i grandi Giri sono due: Jonas Vingegaard, re di due Tour, e Sepp Kuss, la cui vittoria alla Vuelta è stata certamente propiziata dalla… complicità di Roglic e Vingegaard che hanno scelto di non attaccarlo. In ogni caso, se Roglic fosse rimasto in squadra, l’imbarazzante senso di abbondanza si sarebbe riproposto.

«Penso che sia stato meglio per tutti – ha detto Kuss – che Primoz sia andato in un’altra squadra. Adesso riceverà il sostegno che merita. Primoz ha portato la nostra squadra dove è oggi. Ha spinto tutti a dare il meglio di sé e ci ha mostrato che fare abbastanza bene non era sufficiente. Ho imparato molto da lui. Non significa necessariamente che mi abbia insegnato delle cose, ma osservarlo crescere, sbagliare e migliorarsi è stato una lezione molto importante. Se il tuo leader commette un errore e lo vedi correggerlo alla corsa successiva, vale più di tante parole».

L’abbraccio fra Kuss e Roglic sul podio della Vuelta: c’era già la consapevolezza dell’addio?
L’abbraccio fra Kuss e Roglic sul podio della Vuelta: c’era già la consapevolezza dell’addio?

Il destino di Kuss

Il punto ora è capire se il livello di Kuss nella Vuelta dominata dai tre compagni di squadra basti per farne un leader nelle prossime grandi corse a tappe. La squadra olandese partirà al Giro d’Italia con il numero uno, ma non si sa ancora con chi potrebbe correrlo.

«Penso che alla Vuelta – dice Kuss – mi sono mosso in molti ambiti diversi. Sono stato gregario, ma a un certo punto ho scoperto l’istinto di vincere. Sono stato orgoglioso di come ho gestito la situazione, ma ho anche capito che molti dei vincitori hanno una mentalità diversa dalla mia. Il difficile sarà trovare quell’equilibrio senza perdere di vista il mio modo di essere. Fare classifica al Tour? Vedremo il percorso, ma penso che la Vuelta sia più adatta…».

Demare, serenità ritrovata. E ora un treno tutto suo

25.10.2023
4 min
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E’ stato il colpo di mercato della scorsa estate. Arnaud Demare dalla Groupama-FDJ all’Arkea-Samsic nel corso della stagione. Il grande sprinter francese era una delle colonne portanti della squadra di Madiot, ma poi qualcosa si è rotto. La crescita dei ragazzini in casa, l’avvento di un personalità forte come quella di Gaudu…

Dopo l’esclusione da Giro e Tour, il vaso era colmo e anche lui, che non difetta certo di personalità, ha cambiato in corso d’opera. Una scelta azzardata a detta di molti, azzeccata secondo altri. I fatti per ora danno ragione ad Arnaud. 

Demare (classe 1991) al colpo di reni conquista la Paris-Bourges su De Lie
Demare (classe 1991) al colpo di reni conquista la Paris-Bourges su De Lie

Nuovi e vecchi compagni

E gli danno ragione in quanto dopo un paio di mesi è subito riuscito a vincere. Alla seconda corsa con la nuova maglia ha colto un ottimo quarto posto alla Bemer Cyclassic. E non era ancora arrivato il meglio…

«Tutti conoscono la fine della storia con la mia ex squadra – ci ha detto Demare – sapevo che dovevo cambiare formazione. Ho avuto l’opportunità di poter firmare con Arkea-Samsic dal primo agosto e l’ho colta. Volevo unirmi il più velocemente possibile a questa squadra, per la quale ho firmato un contratto biennale. Ringrazio i soci di Groupama e FDJ per avermi liberato dai miei ultimi mesi di contratto e ringrazio Emmanuel Hubert per avermi accolto anzitempo nel suo organico».

Nel nuovo team Demare parla di un ambiente familiare e di un feeling sbocciato subito. «E questo aspetto per me ha molta importanza. Ho scoperto un nuovo staff, nuovi compagni di squadra e presto mi sono integrato. Conoscevo già alcuni corridori della squadra, come Laurent Pichon e Nacer Bouhanni con i quali avevo già corso alla FDJ».

Il francese ha detto di essersi adattato subito bene alla nuova bici Bianchi
Il francese ha detto di essersi adattato subito bene alla nuova bici Bianchi

Subito la vittoria

E che l’integrazione sia stata veloce si è notato da molti aspetti. Demare è tornato ad essere più attivo sui social e soprattutto in gruppo si è rivisto pimpante. Un atleta come lui non passa mai inosservato e sul piano tecnico è riuscito a vincere dopo sole nove gare con la Arkea-Samsic. Questione di gambe, ma anche di testa.

«Ho giocato tutto sul finale di stagione con l’Arkea-Samsic – ha proseguito Demare – era quello che volevo. Questo cambio anticipato mi ha fatto risparmiare tempo in vista del 2024. Adesso conosco la squadra e non avrò bisogno di un periodo di adattamento per l’anno prossimo. Questo è molto importante. 

«Vero, ho colto già due vittorie. Ho sentito dell’orgoglio all’interno dello staff e anche da parte dei corridori. Volevo ricambiarli con i successi. Il mio obiettivo è continuare a farlo anche nelle prossime stagioni e con obiettivi altissimi».

Arnaud ha esordito con la nuova maglia al Tour of Leuven. Era il 15 agosto, cioè 14 giorni dopo il cambio di team
Arnaud ha esordito con la nuova maglia al Tour of Leuven. Era il 15 agosto, cioè 14 giorni dopo il cambio di team

Verso il 2024

Demare sposta dunque l’attenzione già all’anno prossimo. Ha parlato di altissimi obiettivi: uno su tutti? Le Olimpiadi nella “sua” Parigi, per esempio. Il percorso non è durissimo, prevede alcune cotes quando si lascia la Ville Lumiere e qualcuna (Montmartre) quando vi si torna, ma parliamo di asperità lunghe al massimo un chilometro. In più la distanza notevole – 273 chilometri – potrebbe agevolarlo: ricordiamo che Arnaud ha vinto una Sanremo. E poi correndo in casa il discorso della motivazione potrebbe amplificare la sua forza. Tra l’altro lui è di Beauvais che non è distante da Parigi.

Ma tornando a discorsi più pratici e tecnici, quel che ci incuriosisce è il treno che potrebbe avere Demare. Perso Guarnieri, potrebbe ritrovarsi con un altro italiano vicino, Luca Mozzato. Anche se il veneto si sta ritagliando sempre più i suoi spazi. O, perché no, anche Albanese che si unirà a quella che dal prossimo anno sarà l’Arkea-B&B Hotels.

«Avrò un treno – dice con fermezza Demare – ma quali corridori lo comporranno non posso dirlo con precisione perché c’è tanto lavoro da mettere in atto. Tanto lavoro sia tra noi atleti che con la direzione sportiva del team. Una cosa è certa: Miles Scotson e Florian Senechal ne faranno parte. Tutti noi lavoreremo sugli sprint quest’inverno durante gli allenamenti di squadra».

Bronzini pronta ad accendere il motore della Human

24.10.2023
7 min
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PIACENZA – Seduti assieme al tavolo di un bar, Giorgia Bronzini ci racconta che non le era mai successo di vivere in una situazione simile. La seconda parte del 2023 l’ha fatta praticamente in panchina, ritrovandosi suo malgrado a godere di ferie forzate (ma regolarmente pagate) lontana dalle corse con la Liv Racing TeqFind.

A fine dello scorso luglio la formazione olandese aveva annunciato la fusione con la Jayco AlUla, col passaggio di diverse atlete nel team australiano. Nella lista non compariva il nome della diesse piacentina, che aveva incassato la notizia in modo estremamente professionale e signorile. Tuttavia era stato evidente fin da subito che per Bronzini qualcosa di interessante bollisse in pentola. Il suo nuovo ingaggio alla Human Powered Health è stato ufficializzato pochi giorni fa ed è apparso come il primo di altri tasselli del mosaico del team statunitense. Le voci di radio-mercato parlano da tempo di altri due possibili innesti italiani. Abbiamo parlato di tutto ciò con Giorgia in un sereno pomeriggio autunnale.

Bronzini con Ragusa e Barbieri (sullo sfondo) ha vinto le sue scommesse in Liv facendole crescere
Bronzini con Ragusa e Barbieri (sullo sfondo) ha vinto le sue scommesse in Liv facendole crescere
Com’è stata questa stagione con la Liv?

Quello che io ho potuto fare, l’ho fatto. Dopo due anni di esperienza in Liv, questo meno proficuo di quello passato, il risultato d’eccellenza è stato il secondo posto di Katia (Ragusa, ndr) alla Roubaix anche se io non c’ero. Per quel che mi riguarda ho fatto tutta la stagione con Mavi Garcia e col gruppo legato ad Ardenne e gare a tappe. Qualche soddisfazione è arrivata nonostante tutto.

Quali sono state?

Con Mavi abbiamo sfiorato il podio alla Freccia Vallone (dove ha chiuso quarta, ndr) e poi al Giro Donne ha avuto un buonissimo atteggiamento, combattivo fino alla fine. Nel giorno della tappa clou (quella della Madonna della Guardia sopra Alassio, ndr), aveva staccato tutte sul penultimo gpm, poi Van Vleuten ha deciso di ricucire con a ruota altre tre atlete (Labous, Realini e Lippert, ndr). Mavi è stata ripresa a cento metri dallo scollinamento e le sono stati fatali perché non si è agganciata. Le avevo detto: «O andiamo a podio o usciamo definitivamente dai giochi». Lei ha accettato questa sfida e mi è piaciuta per come ha interpretato quell’attacco studiato. Poi il ciclismo è fatto così, anche di sconfitte. Lei era dispiaciuta e delusa dal suo risultato, ma contemporaneamente era orgogliosa di averci provato. L’altro risultato di prestigio nel WorldTour, è stato il terzo posto della Neumanova in una tappa del Tour de Suisse.

Giorgia Bronzini ha lavorato molto sulla crescita di Quinty Ton, che le è stata riconoscente anche lontana dalle corse
Giorgia Bronzini ha lavorato molto sulla crescita di Quinty Ton, che le è stata riconoscente anche lontana dalle corse
A quel punto non ti abbiamo più vista in ammiraglia. Cos’è successo?

In pratica ho smesso dopo il Giro Donne. E’ stata una decisione presa da parte del team. Bisogna dire però che a me scadeva il contratto ed in primavera avevo già ricevuto delle proposte da diverse formazioni che ho valutato con calma. Contestualmente avevo esposto alla Liv che per il 2024 avrei avuto altri programmi. Quindi, sommando queste situazioni, la società per non avere altre interferenze di alcun tipo ha deciso di andare avanti con l’organico che avevano in mente. Non sono più andata alle corse ma sono rimasta chiaramente a disposizione di tutte le atlete della squadra. Molte di loro mi hanno chiamata ogni settimana e le valutavo o aiutavo per quello che le vedevo alle gare in televisione.

Hai sempre lavorato bene con le atlete che hai diretto. A parte le italiane, chi sono le altre in Liv che sono cresciute?

Quinty (Ton, ndr) è stata quella che mi ha dato più soddisfazioni dal punto di vista umano, perché non è per niente facile far sciogliere una olandese. Lei mi ha seguito molto, è stata spesso nel mio gruppo perché la mettevo al fianco di Mavi. Dopo che sono stata messa da parte, Quinty mi ha scritto cose belle ed è stata molto riconoscente per il valore e la crescita che le ho fatto raggiungere. Lei fa parte della fusione con la Jayco AlUla. E’ un corridore adatta alle classiche del Nord ed è anche un bel gregario. Ha gran motore, sempre molto disponibile ed attenta. Spero e credo che farà grandi risultati. Anche Marta Jaskulska ha fatto un buon inizio di stagione. A De Panne è arrivata davanti tra i ventagli, ancor prima al UAE Tour tirava le volate a Neumanova. All’europeo è andata all’attacco nel finale. E parliamo di una scalatrice che è cresciuta molto quest’anno, che però ancora non sappiamo dove andrà.

Assieme a Bronzini, andrà in Human anche la massaggiatrice Chiara Rozzini. Le due lavorano assieme da tanto tempo
Assieme a Bronzini, andrà in Human anche la massaggiatrice Chiara Rozzini. Le due lavorano assieme da tanto tempo
Invece il contatto con la Human Powered Health come si è sviluppato?

E’ stata la società che mi ha convinto di più come progetto. Ho sempre parlato con Kenny Latomme (marito della general manager Ro De Jonckere, ndr) e mi ha colpito il fatto che volevano far crescere il team. Hanno una visione delle cose molto simile alla mia. Guardano di più il lato umano, mantenendo fede proprio al loro nome (sorride, ndr). Ci siamo confrontati subito su tante idee e avevamo la stessa linea. Loro pensano che io possa contribuire ad alzare il loro livello. In più in squadra c’è Audrey Cordon-Ragot con cui ho una amicizia che va avanti da una vita. Ce l’ho avuta come compagna per tre anni in Wiggle e poi per altri tre come atleta alla Trek. Lei mi esponeva sempre che avevano tanta voglia di fare, ma mancava un po’ di verve e di esperienza nel femminile.

E’ un bell’attestato di stima…

Certo. Infatti lo stesso Kenny, che ha avuto un passato nella Quick-Step, riconosceva il fatto di non conoscere bene la gestione di un team femmninile. Tutto ciò mi ha fatto piacere, perché al di là del nome, hanno guardato proprio le mie peculiarità da diesse.

Audrey Cordon-Ragot è molto amica con Bronzini. Le due si ritroveranno in Human dopo i trascorsi in Wiggle e Trek
Audrey Cordon-Ragot è molto amica con Bronzini. Le due si ritroveranno in Human dopo i trascorsi in Wiggle e Trek
Che impressione hai avuto in generale?

E’ un club dove si respira empatia. La sede la sposteranno da Girona in Belgio, per una gestione migliore. E nonostante questo spostamento importante, hanno mantenuto tutto il personale spagnolo del loro staff. Il mio collega più diretto sarà Clark Sheehan, che seguiva il team maschile (padre di Riley che ha vinto la Parigi-Tours da stagista della Israel, ndr). A lui non manca l’esperienza nel ciclismo, ma non conosce il femminile perfettamente. Ci siamo già sentiti diverse volte e le sue domande erano tutte mirate e non campate per aria. Per me è una avventura che spero porti risultati. Inizieremo a dicembre con un training camp a Girona, dove comunque andremo anche a recuperare del materiale nella vecchia sede.

Senti di avere più responsabilità rispetto al passato?

Diciamo che più che le responsabilità da diesse, mi stanno coinvolgendo in opinioni. Sento che il mio pensiero ha una valenza per loro. Mi prendono molto in considerazione su tante opinioni, anche quando io, motivando la mia idea, vado in contro tendenza al tradizionale. E viceversa loro con alcune mie convinzioni. Mi sento onorata. Lavoreremo con un altro diesse che farà anche da coach performance. E’ una persona laureata all’università di Leuven che per anni ha seguito podisti e mezzofondisti ed ora si è dedicata al ciclismo. Alcuni test su cui basarci sono sempre gli stessi. Anche questa sarà una bella sfida sia per lui che per noi.

Il successo in solitudine della Malcotti al Tour de l’Ardeche. Bronzini è stimolata di poter lavorare con lei
Il successo in solitudine della Malcotti al Tour de l’Ardeche. Bronzini è stimolata di poter lavorare con lei
Che propositi ha Giorgia Bronzini per il 2024?

Il primo riguarda Barbara (Malcotti, ndr) che quest’anno ha fatto un bel step-up. Ora vorrei seguirla da più vicino. Voglio capire quali sono i suoi margini e darle degli obiettivi più stimolanti ed allettanti da poter raggiungere. L’obiettivo principale della squadra però sarà quello di rientrare nella top ten del WorldTour, senza pensare troppo se siamo dentro o fuori. L’ambizione è anche quella di ottenere podi nelle gare WorldTour e magari centrare una tappa al Tour Femmes o al Giro d’Italia Women. Dovrei essere presente in tutte e tre le principali gare a tappe poi vedremo come sarà il resto del mio programma.

Cina amara per Thomas, tornato a casa con le ossa rotte

24.10.2023
4 min
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GUILIN (Cina) – Aveva tutto il programma pronto e definito, invece Benjamin Thomas è ripartito con le ossa ammaccate e la paura (poi scongiurata) di essersi davvero rotto qualcosa. Colpa della caduta nel finale della quinta tappa del Tour of Guangxi, quella vinta da Molano nella stessa Guilin da cui è partita l’ultima frazione.

«Poteva andare peggio – dice – sono scivolato in discesa e finito nel fosso, cadendo sulla schiena. Ho dovuto fare degli esami per verificare di non essermi rotto la scapola. Però ugualmente ho preso un bel colpo e mi hanno prescritto tre settimane di riposo. Questo significa che non potrò correre la Sei Giorni di Gand, perché è rischioso riprendere così forte dopo la botta. Ho un ematoma profondo che può metterci diverse settimane a guarire e fare cambi all’americana a tutta non è il massimo per la schiena».

Thomas campione europeo della madison 2023, davanti a Consonni: entrambi alla Cofidis
Thomas campione europeo della madison 2023, davanti a Consonni: entrambi alla Cofidis

Il Viviani di Francia

Benjamin Thomas sta alla Francia come Elia Viviani sta all’Italia e anche lui, come il veronese, si divide fra la strada e la pista con risultati a volte migliori, a volte peggiori. Ciò che li accomuna è anche la difficoltà nel fare risultato su strada, in questo ciclismo di confronti sempre al vertice. Come Viviani, anche Thomas se ne va dal 2023 con due vittorie su strada, cui ha aggiunto l’europeo nell’omnium. La prossima stagione lo proietterà sulle Olimpiadi che si correranno per giunta in Francia, ma questo anziché togliergli il sonno non lo distrae dalla dimensione di stradista.

«A livello dei risultati – dice – non sono arrivate grosse cose. E’ stata una stagione lunga con molti viaggi e forse per la prima volta, ho sofferto la doppia attività: la strada e la pista. Ho avuto qualche infortunio. Mi sono ammalato al Delfinato e ho dovuto saltare il Tour de France. Insomma, una stagione un po’ così, ma si va avanti».

Uno come te, che in pista ha fatto forse i risultati migliori, riesce a essere concentrato ugualmente su entrambi i fronti o la pista ha più spazio?

E’ difficile essere uguale in entrambe. Quest’anno ho provato a dare più spazio alla strada, ma il calendario della pista resta impegnativo. Ho fatto ad esempio la trasferta in Canada ad aprile e mi sono ritrovato alle corse in Europa con il fuso orario da recuperare. Poi ci sono stati i mondiali dopo il Tour, che sono stati difficili a livello di programmazione. Alla fine quasi niente è andato per il verso giusto, quindi stiamo già ragionando su come fare l’anno prossimo, probabilmente riducendo gli impegni per fare meglio.

Anche il prossimo anno non avrà una gestione facile, fra Olimpiadi e Tour.

L’anno prossimo quasi sicuramente non farò il Tour de France. Avrò un calendario diverso, però bisogna adattare i giorni dei ritiri o delle gare in pista con le competizioni su strada, per essere competitivo in entrambi. Perché io non voglio puntare solo alle Olimpiadi ad agosto, ma anche fare un bell’inizio di stagione. Vorrei vincere e fare bei risultati per arrivare sereno a Parigi.

Viviani ha detto di avere bisogno di correre di più su pista per ritrovare automatismi e tecnica. Per te è lo stesso?

Siamo un po’ allo stesso punto. Quest’inverno mi sarebbe piaciuto rifare una Sei Giorni per riprendere l’abitudine all’americana, i riflessi. Perché alla fine quest’anno ho corso solo tre madison, che per me è pochissimo. Vedremo se trovarne un’altra al posto di Gand, stando però attento a non fare troppo.

L’Italia della pista riparte dal velodromo di Noto come lo scorso anno: cosa farà la Francia?

Noi abbiamo un ritiro sul Teide a cavallo del 10 dicembre. Più che di vera preparazione, servirà per iniziare a lavorare sul gruppo (con la prima prova di Nations Cup il 2 febbraio ad Adelaide, chi vorrà partire forte, farà un mese di dicembre ad alta intensità, ndr). Anche se ancora non conosco i miei programmi per la prossima stagione.

Pinarello: uno sguardo al passato e uno al futuro

24.10.2023
4 min
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La chiamata con Alessandro Pinarello avviene qualche ora prima del suo volo verso Sharm El Sheik, meta delle vacanze di fine stagione. Con la Veneto Classic si è chiusa la prima metà del suo cammino in Green Project-Bardiani CSF-Faizanè. Insieme a Pinarello facciamo un recap di questi primi due anni sotto la guida di Mirko Rossato, diesse che gestisce il progetto giovani del team che fa capo a Bruno Reverberi. 

«Il primo anno, ovvero il 2022 – ci racconta Pinarello – è stato più tranquillo, ho corso sempre da under 23, tranne nel finale di stagione dove sono andato al Giro di Slovacchia e poi alla Tre Valli Varesine a correre con i pro’. Quest’anno, invece, ho fatto molti più giorni di corsa all’estero. Siamo partiti dalla Croazia, poi Flèche Ardennaise, Alpes Isere Tour e Tour Alsace. In più con la maglia della nazionale sono andato al Carpathian Couriers Race, al Tour de l’Avenir e alla Liegi U23».

Nei due anni in Green Project Pinarello è cresciuto con continuità
Nei due anni in Green Project Pinarello è cresciuto con continuità
Come giudichi la tua crescita in questi due anni?

Sono migliorato tanto a livello fisico, grazie ad un calendario importante fatto con il team e grazie anche alle esperienze con la nazionale. Mi sento cambiato e non poco, ora reggo meglio una corsa a tappe e dopo le gare di un giorno mi sento meno stanco. 

Sei stato il primo, assieme a Pellizzari, a sposare il progetto giovani della Green Project, scelta che rifaresti?

Assolutamente. Per tanti all’inizio era una cosa sbagliata, ma con la squadra mi sono sempre trovato bene. Il percorso di crescita è stato graduale, se guardiamo solo ai giorni di corsa nel 2022 ne ho messi insieme 45, mentre quest’anno 62. Non serve correre tutte le settimane per entrare in forma. Con la Green Project ho modo di gestirmi bene tra una corsa e l’altra, abbiamo un metodo più “adulto” di gestire la cosa. 

Negli allenamenti in queste due stagioni cosa hai migliorato?

Rispetto al 2022 sicuramente la quantità di ore, visto che in quell’anno avevo la scuola. Nel 2023 ho aumentato il tempo in sella e soprattutto non devo scegliere tra palestra e bici, ma posso fare entrambe. Nei lavori specifici sono aumentati i minuti delle ripetute e sicuramente i wattaggi. 

Qual era l’obiettivo del 2023?

Capire dove andassi forte, se nelle corse a tappe oppure nelle gare di un giorno. Ho visto che nelle prime reagisco bene anche dopo cinque o sei giorni, nelle seconde invece mi sento più reattivo, come detto prima. 

Un rimpianto per Pinarello è stato il Giro Next Gen, ma nel 2024 vuole riprovarci
Un rimpianto per Pinarello è stato il Giro Next Gen, ma nel 2024 vuole riprovarci
Che stagione è stata quella appena conclusa?

Non la stagione perfetta. Sotto alcuni aspetti non è andata come avrei voluto, sono contento di aver fatto esperienze come l’Avenir, anche se chiamato all’ultimo. Un rimpianto è il Giro Next Gen, dove sono caduto un paio di volte e non ho raccolto quanto avrei desiderato. Il finale di stagione mi ha lasciato più soddisfatto e ripartirò da qui. 

Pellizzari, che ha iniziato il progetto insieme a te, ha avuto un grande exploit quest’anno, ti spaventa?

Non mi spaventa il paragone e non ho paura ad ammettere che è andato davvero forte. Se avessi paura dei paragoni non dovrei nemmeno guardare all’estero, dove il livello si alza ancora di più. 

La condizione a fine stagione era in crescita, base su cui costruire il prossimo futuro (foto DirectVelo)
Alessandro Pinarello, Green-Project Bardiani CSF-Faizanè (foto DirectVelo)
Hai ancora due anni di contratto, cosa ti aspetti nella seconda metà del cammino?

L’anno prossimo mi piacerebbe correre ancora di più con i professionisti, con gli under 23 vorrei correre la Liegi e la Flèche Ardennaise. Un obiettivo sarebbe quello di tornare al Giro Next Gen, non mi va giù com’è andata quest’anno e voglio riscattarmi. 

Quando riparti?

Il 15 novembre riprendo da solo, mentre con la squadra avremo un primo ritiro di due settimane a Benidorm ai primi di dicembre.

Il viaggio lungo e bellissimo di Bertazzo sulla bici

24.10.2023
7 min
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L’appuntamento con Bertazzo è dopo il lavoro. Una volta girato l’interruttore, la vita del padovano ha cambiato decisamente strada e adesso si svolge nell’azienda di famiglia. La Veneto Classic è stata l’ultima corsa di un atleta che negli ultimi tempi ha dovuto penare per un infortunio alla schiena mai risolto del tutto e che comunque ha conquistato il mondiale dell’inseguimento a squadre nella fantastica nazionale di Marco Villa.

«Sono qui in ditta dei miei genitori – spiega – hanno un’azienda di pressostati per pompe per l’acqua. Adesso sono nel reparto produzione, nell’area dei torni. Seguo la catena di montaggio. Ho sempre fatto il ciclista, non ho una base tecnica, quindi è giusto che parta da zero. L’obiettivo di mio padre è quello di farmi capire prima di tutto il prodotto e poi le varie fasi della lavorazione. Quando avevo vent’anni, a volte venivo qua a lavorare perché mio padre non vedeva di buon occhio che andassi in vacanza. Invece quando a primavera ho deciso si smettere, ho cominciato subito a lavorare. Facevo un part time: la mattina mi allenavo e di pomeriggio venivo in azienda».

Sta rinascendo l’Italia del quartetto. Qui siamo ai mondiali di Minsk 2013, con Bertazzo, Scartezzini Coledan e Ignazio Moser
Sta rinascendo l’Italia del quartetto. Qui siamo ai mondiali di Minsk 2013, con Bertazzo, Scartezzini Coledan e Ignazio Moser
Come è maturata questa decisione? Hai appena 31 anni…

Diciamo che gli ultimi risultati non sono stati quelli che avrei voluto. In più, i giovani all’interno della nazionale spingevano forte, la schiena mi faceva diventare matto e i miei avevano bisogno di una mano. Un po’ di situazioni che, messe tutte assieme, mi hanno dato la spinta definitiva. E’ stato bello, ma a un certo punto bisogna essere obiettivi. Così mi sono detto che fosse tempo di cominciare a lavorare. Se non fosse stato quest’anno, sarebbe stato il prossimo: non cambiava molto.

Hai lasciato proprio alla vigilia dell’anno olimpico: credi che non avresti trovato il tuo spazio?

Non sarebbe stato facile. E poi il problema della schiena, che da fuori potrebbe sembrare di poco conto, in realtà mi ha cambiato parecchio (Bertazzo ha subito un intervento di microdiscectomia, dopo la caduta al Tour Colombia del 2019, ndr). Se non avessi avuto quel problema, forse ora sarebbe tutto diverso, ma non rimpiango niente.

Agli europei di Apeldoorn 2013, arriva la vittoria della madison in coppia con Viviani
Agli europei di Apeldoorn 2013, arriva la vittoria della madison in coppia con Viviani
La decisione l’hai presa a marzo, ma alla Veneto Classic l’emozione sembrava forte.

Quella domenica è stata una giornata molto dura per me. Un conto è deciderlo a marzo, ma non è stato facile vedere tutti i messaggi d’affetto, le persone che venivano a salutarmi. Ho cominciato a correre in bici a 12 anni e adesso ne ho 31, si è chiusa una grande parte della mia vita. In più la mia caratteristica è sempre stata quella di condividere ogni momento con le persone che avevo intorno e rendersi conto che certi momenti non torneranno più non è stato indolore.

Sei stato uno dei pionieri della pista azzurra, quando quasi non se ne sapeva più nulla…

Quello che ho vissuto con la nazionale è stato un percorso lungo e unico. Quando ho cominciato nel 2012, nessuno sapeva che esistesse la pista, la gente non sapeva neanche quanto fosse lunga. C’era Elia (Viviani, ndr) che ci faceva da timone e Marco Villa che ci ha creduto. Se siamo andati alle Olimpiadi di Rio è stato solo merito suo. Ci mandava sempre a fare le Coppe del mondo, anche se eravamo gli ultimi. Però così intanto arrivammo al nono posto del ranking e quando fu tolta la Russia, si aprì la porta per noi. E da quel punto di partenza, l’Italia è diventata la punta di diamante. Tutte le nazioni ci guardano, mentre prima il riferimento era l’Australia e questo mi fa sorridere. Provo già nostalgia, ma so di aver fatto la mia parte.

Com’è passare dalla sella di una bici al tornio?

Da un certo punto di vista è un altro mondo. Però il ciclismo, soprattutto nella gare a tappe, ti insegna che se sei senza gambe, devi arrivare in cima alla salita. E questo nella vita lavorativa ti dà una marcia in più. Quando sei stanco, riesci a gestirti a livello fisico e anche mentale. D’altra parte il mondo del lavoro è diverso, perché c’è lo stress fisico, ma anche quello mentale. Io sono ancora all’inizio, ma lo sport mi sta aiutando anche qui. Dico sempre che il ciclismo è una scuola di vita, perché ti insegna la fatica e ti insegna che in un modo o nell’altro, devi arrivare in cima alla salita.

Continuerai a usare la bici?

Pensavo che le mie ultime gare fossero state quelle di settembre in Bulgaria, quindi nell’ultimo mese e mezzo sarò uscito 5-6 volte. Finché non mi inserisco bene in azienda, preferisco dedicarmi al lavoro. Però la bici voglio tenerla. Mi piace usarla per vedere i posti in maniera più tranquilla. Prima vedevo le montagne con odio, adesso mi piace andarci per rilassarmi e godermi il paesaggio.

Il mondiale in pista di Roubaix è stato il momento più bello della carriera?

Bella domanda. Ci ho pensato parecchio, ma fortunatamente ho tanti bei ricordi. Ovvio, il mondiale è stato l’apice, però ne ho tanti legati anche solo alle semplici trasferte. Come dicevo, il mio obiettivo è sempre stato quello di condividere ogni piccolo momento. I primi tempi erano un’avventura, sempre in cerca di un risultato e ci divertivamo. Quindi se dovessi individuare il ricordo più bello, farei fatica. Dopo aver fatto le Olimpiadi di Rio, poi quelle di Tokyo e aver corso il Giro d’Italia, ho cercato di vivere ogni giornata davvero a fondo. Soprattutto in questo ciclismo così frenetico, bisognerebbe far capire che certe giornate non torneranno mai più, quindi bisogna vivere ogni momento, ogni persona e ogni situazione al meglio possibile.

Abbiamo letto sui social messaggi di auguri molto toccanti.

Anche qui, non ce n’è uno in particolare, però quelli della nazionale sono stati bellissimi. Quello di Marco Villa, che comunque ha sempre creduto in me e mi ha aiutato a passare professionista. Marco è sempre stato un punto cardine della mia carriera. Quando siamo partiti, anche Ganna all’inizio faceva fatica a entrare nel quartetto e adesso è diventato… Ganna. I loro messaggi mi hanno fatto capire che, al di là dell’ambito sportivo, mi sono stati vicino e possiamo sempre trovarci e stare insieme. Stessa cosa con Frassi, che mi ha aiutato tanto alla Corratec, perché dopo l’infortunio non stavo benissimo, mentre lui ha visto il mio potenziale e mi ha aiutato a ritornare. 

Ti vedresti ancora a fare qualcosa nel ciclismo?

L’anno prossimo mi piacerebbe salire qualche volta in ammiraglia con Frassi o magari seguire i ragazzi del Maloja Pushbikers (la sua ultima squadra, ndr) che in questi due anni è cresciuta tanto. Se poi davvero faranno il velodromo a Spresiano, allora sarò anche più vicino. Ma ogni cosa ha il suo tempo e di certo qui il lavoro non mi manca.