Cofidis, un buon inizio per salvare la licenza WT

25.02.2022
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L’inizio di stagione è sempre un ottimo periodo per mettere fieno in cascina ma senza viverci di rendita. Per la Cofidis sembra essere questa la filosofia dell’avvio di 2022, soprattutto in ottica ranking World Tour. Le licenze per il 2023 infatti verranno assegnate in base ai punti di graduatoria al termine dell’attuale ciclo triennale alla fine di quest’anno.

Damiani guida la Cofidis. Qui al Tour of Oman 2019
Damiani guida la Cofidis. Qui al Tour of Oman 2019

Damiani e gli obiettivi

La formazione francese (che partiva dalla zona retrocessione del WT) ha aperto la sua annata in grande spolvero centrando già quattro vittorie (tra il 3 e il 12 febbraio) con due degli undici nuovi innesti. Bryan Coquard e Benjamin Thomas sono andati a segno due volte ciascuno. Seconda tappa sia all’Etoile de Besseges sia al Tour de la Provence per il 29enne velocista di Saint-Nazaire giunto dalla B&B Hotels Ktm. Terza frazione e classifica generale all’Etoile de Besseges invece per il 26enne cronoman bresciano d’adozione arrivato dalla Groupama-Fdj.

Due corridori (entrambi pistard con medaglie olimpiche e mondiali) con grandi ambizioni di rilancio, se non addirittura di definitiva consacrazione, che sembrano perfetti per meccanismi e strategie con il resto della squadra biancorossa. Abbiamo sentito Roberto Damiani, diesse della Cofidis dal 2018, per parlare di questo momento e capire i loro obiettivi.

Coquard Provence 2022
La vittoria di Coquard nella seconda tappa del Tour de la Provence, battendo due campioni come Alaphilippe e Ganna
Coquard Provence 2022
La vittoria di Coquard nella seconda tappa del Tour de la Provence, battendo due campioni come Alaphilippe e Ganna
Roberto, siete partiti molto forte…

Le vittorie sono sempre una buona cosa, soprattutto ad inizio stagione perché ti danno l’idea del lavoro fatto in inverno. Siamo contenti di questi quattro successi, che sono un buon bottino. Ma restiamo con i piedi per terra. Dobbiamo continuare a progredire perché è un anno importante per i punti e per il rinnovo delle licenze.

Che vittorie sono state?

Innanzitutto ci danno un grande morale. Sono state conquistate con atleti nuovi che non vincevano da diverso tempo. Coquard che batte in volata prima Pedersen e poi Alaphilippe (gli ultimi campioni del mondo, ndr) è un bel vedere. Stesso discorso vale per Thomas. Hanno portato una bella ventata di tranquillità ed euforia allo stesso tempo. Non dimenticherei nemmeno Guillaume Martin che si è già fatto vedere al Tour des Alpes Maritimes et du Var (per lui un quinto e un secondo di tappa e terzo nella generale, ndr). Stiamo lavorando serenamente.

La lotta per aver nuovamente diritto alla licenza sembra serratissima.

Noi siamo rientrati nel WT nel 2020 e ce la giochiamo con 5-6 formazioni. Ci sono differenze di struttura e budget. Noi non abbiamo i fondi di Ineos Grenadiers o Quick Step-Alphavinyl pur avendo con Cofidis tutta la tranquillità economica del mondo. Facciamo la corsa su team come Lotto-Soudal, Intermarchè-Wanty-Gobert e le altre squadre che stanno lottando per questo obiettivo (Israel-Premier Tech, Movistar e BikeExchange-Jayco sono le altre che rischiano di essere trascinate nella zona retrocessione, ndr).

Avete cambiato la vostra anima con le tante operazioni di ciclomercato?

C’è stato un grosso cambiamento nel nostro roster, con undici nuovi arrivi. E’ stato fatto chiaramente con l’idea di migliorare. Abbiamo cercato di prendere atleti che nei loro settori, di capacità di aiuto o di risultato, potessero far crescere il peso specifico della squadra.

Guillaume Martin quest’anno esordirà al Giro d’Italia cercando di fare classifica
Guillaume Martin quest’anno esordirà al Giro d’Italia cercando di fare classifica
I vostri intenti quali sono?

Il buon inizio di stagione, ripeto, ci ha dato serenità. Andiamo avanti senza eccessi anche se chiaramente vogliamo fare più vittorie e punti possibili. Il Tour de France, per una formazione storica francese come la nostra, resta un obiettivo primario. Quest’anno verremo al Giro d’Italia con Martin, uno dei nostri migliori scalatori, che viene anche per conoscere la corsa rosa visto che non l’ha disputato prima. Ovvio che con un corridore di questo genere cercheremo di fare il meglio possibile in classifica ma senza fare proclami.

Il marchio Cofidis è uno dei più longevi nel ciclismo professionistico essendoci ininterrottamente dal 1997. Come la vivi da italiano?

Con grande invidia per la qualità del movimento ciclistico francese. Vorrei una Cofidis italiana, ovvero una azienda italiana che creda nel ciclismo come ci crede Cofidis. Sarebbe una luce accesa per noi. Di fatto ha triplicato le sue forze. Dopo la squadra di paraciclismo, che era presente già da tanto tempo, quest’anno c’è anche il team continental femminile. E il loro progetto è a lungo termine. Da diesse invece, il fatto di avere alle spalle una azienda come Cofidis ci inorgoglisce e ci stimola ancora di più. E’ una squadra che ha la sua… francesità, pur essendo una formazione francese con meno corridori della sua nazione.

Roberto prima di salutarti, a parte i nomi che abbiamo già fatto, quali altri corridori ci vuoi segnalare per questo 2022?

Uno è certamente Simone Consonni, che ormai è decisamente più libero di fare la propria gara. Non posso dimenticare Ion Izagirre che purtroppo è caduto in Algarve facendosi male ad una mano. Lui è uno dei punti di forza che abbiamo preso quest’anno (arriva dall’Astana, ndr). Infine faccio i nomi di due giovani francesi, Axel Zingle e Hugo Toumire (che erano stagisti nel finale del 2021, ndr). Il primo è un passista classe ’98. Un uomo da classiche, con un buono spunto veloce che tiene bene su certi tipi di strappi. Il secondo invece ha 20 anni, fisico e caratteristiche da scalatore. Ovviamente bisogna dargli un po’ di tempo ma sono due ragazzi molto interessanti. Questo dimostra come Cofidis, in tutti questi anni, guardi ancora ai giovani. E su di loro ve lo dico, seguiteli.

Alé raddoppia: sono ancora italiane le maglie del UAE Tour

18.02.2022
3 min
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Per il secondo anno consecutivo saranno firmate Alé le maglie ufficiali indossate dai capi classifica in occasione dell’UAE Tour, la breve corsa a tappe in programma negli Emirati Arabi dal 20 al 26 febbraio. Come avvenuto per la passata stagione, le maglie appannaggio dei leader delle differenti classifiche saranno quattro. La maglia rossa, verde bianca ed infine c’è la bellissima maglia nera.

Un impegno a 360 gradi

Già partner di eventi e di squadre WorldTour (Bahrain Victorious, Bike Exchange Jayco e Groupama-FDJ) Alé segue anche federazioni nazionali di assoluto prestigio, tra cui quella francese due volte iridata con Julian Alaphilippe, ma anche della UEC (l’Unione Ciclistica Europea). Alé prosegue nel proprio cammino mettendo a disposizione dell’UAE Tour la più avanzata ingegneria tessile unitamente alla propria inconfondibile ricerca grafica. 

Alé vestirà i campioni che parteciperanno all’UAE Tour anche nel 2022
Alé vestirà i campioni che parteciperanno all’UAE Tour anche nel 2022

Il percorso dell’UAE Tour 2022 prevede sette tappe per un totale di 1.081 km. Due saranno gli arrivi in quota. Le maglie riservate ai leader di classifica fanno parte della collezione PR-R: una gamma completa di capi in grado di fondere qualità importanti per tutti coloro che vanno in bicicletta: leggerezza, traspirabilità ed ergonomia “fit race”. Il tutto abbinato a tecnologie estremamente innovative…

Una corsa, grandi campioni

«Siamo davvero felici, anzi onorati, di poter affiancare in qualità di partner e per il secondo anno consecutivo l’UAE Tour – ha dichiarato Alessia Piccolo, CEO di Alé – una corsa bellissima, ottimamente organizzata e che ogni anno viene vinta da un campione vero: come avvenuto l’anno scorso con il successo di Tadej Pogacar. Vestendo i corridori che indosseranno le maglie di leader dell’UAE Tour, diamo anche ufficialmente il nostro via alla stagione ciclistica 2022, e per questo motivo auguro a tutti gli atleti ed a tutti i team partecipanti un bellissima ed entusiasmante corsa».

Alé

Nalini Ergo Shield Jacket: uno scudo per l’inverno

09.02.2022
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Pedalare ed allenarsi in inverno è complicato ed il materiale tecnico deve essere di primo livello. L’esercizio fisico fa produrre calore al nostro corpo anche alle temperature più rigide, per questo diventa fondamentale la traspirabilità del vestiario. Tuttavia, non bisogna dimenticarsi di proteggersi dalle basse temperature e da tutte le condizioni meteorologiche. Nalini, nella stagione 2022 vestirà due squadre WorldTour: Team DSM e Intermarché Wanty Gobert Materiaux.

Grazie agli anni di lavoro con i pro’, il brand lombardo ha perfezionato e implementato i propri prodotti e nella sua nuova collezione autunno-inverno della linea Ergo, il top di gamma, presenta la Ergo Shield Jacket.

La Ergo Shield Jacket grazie al tessuto termico a tre strati protegge e crea una barriera agli agenti climatici
La Ergo Shield Jacket grazie al tessuto termico a tre strati protegge e crea una barriera agli agenti climatici.

Uno scudo per l’inverno

Shield in inglese vuol dire appunto scudo e la giacca di Nalini è stata progettata proprio per creare una barriera contro il clima invernale.

La membrana esterna è idrorepellente ed antivento, la traspirabilità è garantita da due aperture, regolabili con zip, poste sotto le ascelle. La scelta di questo metodo di aerazione permette di regolare la temperatura interna senza dover aprire la giacca evitando così spiacevoli sbalzi termici.

Dettagli tecnici

La Ergo Shield Jacket è dotata di due flap posteriori, in zona scapolare, che permettono la fuoriuscita del calore. La zip di chiusura è totalmente apribile con all’interno una membrana antivento per una maggiore protezione.

Le tasche sono in totale sei: cinque posteriori ed una anteriore. Le tasche posteriori sono su due livelli, le classiche tre e due aperture superiori. Sono dotate di una membrana 3D che permette di scaricare la pioggia in eccesso.

Le estremità delle maniche sono idrorepellenti e antimacchia, invece, il fondo della giacca ha un elastico grippante per non perdere la vestibilità durante la pedalata.

Il range di temperatura consigliato per l’utilizzo è tra i meno 2 e i 5 gradi, è inoltre dotata di dettagli rinfrangenti per garantire maggiore visibilità al ciclista.

Il prezzo è di 229 euro.

Nalini

Giovani e un ciclismo che corre veloce: le parole di Gatto

11.01.2022
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Parlando con Ilario Contessa, diesse del team Work Service, si è toccato, inevitabilmente, il tema degli under 23. Lo stesso Contessa nell’intervista ha detto delle parole che abbiamo voluto approfondire: «Quando io sono passato under, i corridori che entravano nel mondo del professionismo erano gli elite. Poi è arrivata la generazione tra l’85 e l’86 e anche molti di loro sono passati professionisti giovani».

Una considerazione importante in quanto lo stesso diesse ritiene che l’andare a ricercare corridori giovani sia una cosa ciclica. Tra i corridori di quegli anni c’era Oscar Gatto, ritiratosi a fine 2020 a 35 anni dopo 14 stagioni corse nei professionisti, più lo stage nel 2006 con la LPR Brakes Farnese Vini.

Dopo la Gerolsteiner Oscar Gatto ha trovato una seconda occasione alla LPR Brakes Farnese Vini, dove ha ottenuto la prima vittoria in carriera
Dopo la Gerolsteiner Oscar Gatto ha trovato una seconda occasione alla LPR Brakes Farnese Vini

Oscar non segue molto il ciclismo, ci confessa, è entrato nel mondo dell’edilizia e si gode i suoi due figli (che creano una bella e rumorosa cornice alle sue parole).

«E’ un bell’argomento da approfondire – inizia Oscar – anche se non basterebbe un’intervista per sviscerarlo tutto. Quando correvo io negli under 23 si passava leggermente più tardi, solo Pozzato e Agnoli sono passati quasi da junior, ma erano delle mosche bianche».

Sembra esserci una corsa spasmodica ai giovani di talento.

Molti ragazzi passano professionisti e non lo meriterebbero perché non hanno ottenuto dei risultati degni di nota. Io sono passato pro’ con 26 vittorie nelle tre stagioni da under, questo vuol dire continuità di rendimento e risultati. Poi lo sapete meglio di me quanto è difficile confermarsi nei professionisti.

Adesso passano atleti che hanno vinto una o due corse.

E’ brutto da dire ma prima di dire: «Poverino non gli hanno dato spazio», dovremmo guardare cosa ha fatto nelle categorie precedenti… Se si vuole correre bisogna meritarselo, altrimenti è brutto da dire ma si cambia lavoro.

I ragazzi però vivono con il sogno del professionismo: lottano e ci credono per ottenerlo, forse, il problema sono le persone che li “illudono” di poterci stare?

Vero anche questo, se passano pro’ c’è qualcuno che ce li manda e bisognerebbe interrogarsi sul perché.

Alessandro Ballan e Oscar Gatto, in un’immagine del marzo 2008, prima dei mondiali di Varese
Alessandro Ballan e Oscar Gatto, in un’immagine del marzo 2008, prima dei mondiali di Varese

I procuratori spesso, come abbiamo avuto modo di leggere, mandano ragazzi che non ritengono pronti. In questi casi le squadre si trovano con atleti che non sono all’altezza, in altri casi però, sono i team che cercano addirittura tra gli junior per accaparrarsi il fenomeno. Anche se questa parola dovrebbe sottolineare che si tratta di un caso raro, di un’eccezione.

«Il mondo di oggi, non solo nel ciclismo – continua Oscar Gatto – corre a mille all’ora. Non hai il tempo di sbagliare e se lo fai sei fuori. Mi sono reso conto ancor di più di ciò ora che sono nel mondo “reale”».

Una delle grandi differenze con la tua generazione quale può essere?

La pazienza. Io sono passato professionista con la Gerolsteiner e i primi anni non avevo pressioni, nulla. Questo mi ha anche permesso di sbagliare e di fare delle sciocchezze che forse ora avrei pagato a più caro prezzo.

Un’altra differenza?

Beh i soldi. Per mettere insieme una squadra World Tour ci volevano una quindicina di milioni, ora il doppio o quasi. Le squadre sono diventate delle aziende e devono tutelare i loro investimenti, quindi, se ottieni risultati rimani, altrimenti no.

Le squadre continental sono sempre di più, questo rischia di far scomparire i team under 23?
Le squadre continental sono sempre di più, questo rischia di far scomparire i team under 23?

Serve fare un passo indietro

Questo modo di pensare non permette ai giovani di sbagliare ed imparare e di correre, forse, con più timore e meno spirito “avventuriero”. Si potrebbe dire che sia anche un controsenso: la categoria under 23 è fatta per imparare e sbagliare, contrariamente, se un corridore viene portato troppo presto tra i pro’ rischia di appassire. D’altronde prima di travasare una pianta in un terreno più arido bisogna prima prendersene cura e aspettare che le radici siano forti e robuste, altrimenti appassirà.

«Un secondo problema sono le squadre continental – riprende Oscar – ce ne sono davvero tante ed accelerano anche loro il processo di crescita dei giovani. Non è più possibile fare un percorso “lineare” con due o tre anni in una squadra under 23 e poi in una continental. Queste squadre ti danno la possibilità di correre delle gare con i professionisti e questo crea un grande divario. Pensate ad un ragazzo che corre il Poggiana o la San Geo ed uno che ha già corso alla Coppi e Bartali, è ovvio che il secondo ha una gamba ed un ritmo diversi. Come detto prima, è un mondo che corre veloce e non è facile stargli dietro…».

Il mondo corre sì veloce, ma chi lo fa andare così sono le persone… la Terra per fare un giro intorno al Sole ci impiega sempre lo stesso tempo, è l’uomo che vuole tutto e subito.

Componenti bici e Covid, come si gestisce un team WorldTour?

10.01.2022
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Le problematiche legate alla reperibilità dei materiali, dei componenti bici e di tutta l’area tecnica sono cosa ben nota e tangibili nei diversi livelli. Questi problemi toccano anche un team WorldTour che movimenta dei numeri incredibili? Ci sono dei fattori che possono creare un vantaggio e minimizzare le difficoltà di gestione? Abbiamo chiesto a Filip Tisma, per anni colonna portante del Team Sky e ora responsabile tecnico del Team Bahrain-Victorious. Le risposte non sono nulla di scontato, perché fanno ragionare su quello che rappresenta una squadra della Serie A del ciclismo, che è una vera e propria azienda.

Filip Tisma con Sonny Colbrelli. Filip è il responsabile tecnico e uomo operativo al fianco dello staff dei meccanici (foto Bahrain)
Tisma è il responsabile tecnico dello staff dei meccanici (foto Bahrain)
Filip, avete affrontato dei problemi legati al fatto di avere il materiale nuovo per la stagione 2022 e tutti i componenti bici ?

Vi sembrerà strano, ma in questo momento non abbiamo dei problemi particolari, perché tutto quello che avevamo ordinato nel corso della stagione 2021, in previsione di quella agonistica 2022, è arrivato e nelle quantità richieste. Devo pur dire che, rispetto ad una stagione normale, abbiamo ordinato tutto il necessario con largo anticipo, per non trovarci impreparati a dover gestire la situazione all’ultimo momento e non mi riferisco solo ai componenti bici. Questo però ci ha ripagato.

I meccanici lavorano per tutta la stagione con ampia disponibilità di ricambi (foto Bahrain)
I meccanici lavorano per tutta la stagione con ampia disponibilità di ricambi (foto Bahrain)
Ma quindi, anche voi ordinate il materiale?

Sì certo, noi ordiniamo il materiale alle case che ci supportano e ci comportiamo come un’azienda vera e propria. Poi ci sono gli sponsor, questo è ovvio, ma il materiale va ordinato. La differenza è che siamo una squadra di ciclismo e il materiale che dobbiamo avere a disposizione è tanto e tocca differenti categorie merceologiche.

Hai parlato di ordini fatti in anticipo. Cioé? Cosa significa? Componenti bici e altro?

Per quanto riguarda i materiali, anche in base agli sponsor, un team inizia a fare la programmazione e gli ordini del materiale, durante e subito dopo il Tour de France. In questo periodo così particolare, già alla fine del Giro d’Italia avevamo già stilato gli ordini e le eventuali previsioni. Tutto è stato anticipato e comunque non è stato facile! Componenti bici e le stesse biciclette? No, non è solo questo.

Una bici è composta da decine di parti che vanno ordinate allo sponsor tecnico (foto Bahrain)
Una bici è composta da decine di parti che vanno ordinate allo sponsor tecnico (foto Bahrain)
Ordinando quello che serve con largo anticipo è necessaria una strategia di squadra, ci sono delle variabili che sono complicate da affrontare?

Diciamo che abbiamo cercato di contenere i margini di errore e di capire in anticipo i vari cambi dei corridori. Le complicazioni, se così possiamo definirle, arrivano nel momento in cui un atleta vuole cambiare, oppure ha necessità di cambiare un componente che ha usato fino a ieri. Può succedere di rimanere a corto di una misura di pedivelle, per farvi un esempio. Oppure se un corridore dovesse cadere e spaccare qualche pezzo che deve essere riordinato. Proprio il riordino in questo momento diventa un problema, perché ci vogliono mesi! E poi è fondamentale capire che per un team come il nostro tutto è moltiplicato. Quella pedivella di quella misura, non è solo una, ma diventano 4/5/6 per le diverse biciclette del corridore.

Tutto viene moltiplicato. Ciascun corridore infatti ha a disposizione più di una bici (foto Bahrain)
Tutto viene moltiplicato. Ciascun corridore infatti ha a disposizione più di una bici (foto Bahrain)
Oltre al personale, allo staff e ai corridori che si muovono per le corse, nel magazzino sloveno del team, opera costantemente del personale?

Si, perché c’è sempre bisogno di qualcosa e di supporto. Dovete pensare che nel corso della stagione ci sono i vari gruppi che sono posizionati nei diversi punti dell’Europa. Ad esempio quando è in corso la campagna del Belgio, un gruppo di corridori è in Spagna ad allenarsi, oppure ci sono più gare in contemporanea. Il magazzino ha due meccanici fissi, che si occupano dei mezzi, dei materiali per i corridori e della gestione del magazzino in generale. A questi si aggiungono altre due persone che si occupano di tutto quello che è slegato dalle biciclette. Abbiamo anche un autista, sembra banale, ma ci dà una grossa mano con i vari spostamenti, da e per gli aeroporti.

Filip Tisma sistema le tacchette delle calzature di Colbrelli (foto Bahrain)
Filip Tisma sistema le tacchette delle calzature di Colbrelli (foto Bahrain)
Quanti mezzi ha il Team Bahrain-Victorius?

Abbiamo 13 ammiraglie Audi A6 e due suv Audi Q3. A questi si aggiungono 2 furgoni Crafter della Volkswagen e 2 camion officina, oltre ai due pullman. E poi c’è il camion articolato da 18 metri che funge da cucina.

Ci puoi dare qualche altra cifra?

Abbiamo 28 corridori in totale. Ognuno di loro ha un minimo di 4 biciclette e 4 da crono. Le gestiamo in modo che ogni singolo atleta abbia a casa una normale e una da crono. I leader, ad esempio Caruso e Landa, hanno delle bici in aggiunta che gli vengono fornite nel corso della stagione. Oppure gli atleti del Sudamerica, che hanno almeno due bici in più, in modo che abbiano lo stesso materiale nella casa in America Latina e in quella europea.

E ad esempio i gruppi?

Abbiamo ordinato 160 gruppi di Shimano, il nuovo Dura Ace Di2 e 100 trasmissioni per le bici da crono. Ci sono poi una serie di piccoli componenti, ad esempio fondamentali per le bici da crono, che in quest’ultimo periodo facciamo fare da aziende italiane e slovene. Costano qualcosa in più rispetto a quelli provenienti dal far-east, ma sono molto ben fatti e li abbiamo disponibili in tre settimane. Per noi anche il fattore comodità nell’avere il materiale in fretta è molto importante.

Enrico Pengo alla Bahrain

Il meccanico, lavoro a tempo pieno: parola di Enrico Pengo

28.12.2021
6 min
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La bicicletta si è evoluta molto nel corso degli anni, i progressi sono stati continui e hanno riguardato tutte le componentistiche. Una delle prime novità ha riguardato le ruote che sono passate dallo sgancio rapido al perno passante. La tecnologia, però, non si è pian piano insinuata solamente negli allenamenti e nella programmazione della stagione, ma anche nelle bici. Il meccanico è uno di quei lavori che si è dovuto adattare ed aggiornare in maniera continua. Enrico Pengo è uno di quei meccanici che hanno attraversato generazioni di corridori e di bici. Non lavora più nel professionismo ma la sua passione non è diminuita, e anche nella sua officina ne vede delle belle.

Sulle bici da cronometro il lavoro di cablaggio si complica ulteriormente a causa del taglio sempre più sottile dei tubi
Il taglio obliquo dei tubi complica il lavoro di cablaggio nelle bici da cronometro
Com’è cambiato il lavoro del meccanico negli anni?

E’ un ruolo che nel corso del tempo si è complicato molto. Io ho iniziato nel 1993 con la prima esperienza nel professionismo ed all’epoca eravamo solamente due meccanici per team. I corridori avevano solamente due bici: una per la gara ed una per l’allenamento. Che si tenevano nel furgone della squadra perché ancora non esistevano i magazzini.

In che cosa consisteva la maggior parte del lavoro?

Prima del Giro d’Italia, o comunque delle grandi corse a tappe, il meccanico faceva il cambio bici facendo passare quella da gara per l’allenamento e viceversa. Si riportavano le misure e si controllavano i materiali ma era un lavoro circoscritto ad un dato periodo.

Nel corso degli anni sono cambiate tante cose…

Sì, le squadre hanno anche più di un magazzino ed ogni corridore ha a disposizione 4-5 bici: una da gara, una da allenamento e due o tre di scorta. Anche i materiali sono cambiati. Nel primo Giro d’Italia che ho fatto, nel 1993, avevamo i telai in acciaio ed era difficile che si rompessero. Ora ci sono i telai in carbonio e ad ogni caduta il lavoro da fare è tantissimo.

E’ diventato più complicato per i meccanici assecondare le richieste degli atleti vista la quantità di lavoro che passa dietro ad ogni modifica
E’ diventato più complicato per i meccanici assecondare le richieste degli atleti
Ad esempio?

Per prima cosa devi vedere se la bici ha subìto danni strutturali; controlli il manubrio ed il telaio per prima cosa. Dovete anche considerare che si rientra in hotel alle 20 e quindi puoi controllare solo la mattina dopo, la giornata ha sempre 24 ore ed il meccanico ne passa un bel po’ sveglio.

Anche le aziende si mettono in mezzo…

E’ entrato nell’ideologia delle squadre, ma soprattutto delle aziende, il senso dell’immagine, quindi anche se una bici non subisce danni visibili si preferisce cambiarla piuttosto che rischiare.

Il freno a disco è una delle novità tecniche che ha messo maggiormente in difficoltà i meccanici a causa del grande lavoro di manutenzione
Il freno a disco è uno dei componenti che richiede più lavoro per essere collaudato
Qual è stato il cambiamento più grande che voi meccanici avete dovuto affrontare?

I freni a disco, senza alcun dubbio. Il lavoro per montare un manubrio integrato per una bici con freni a disco è diventato anche di 3 ore. Il meccanico è diventato quasi un chirurgo, con una siringa devi inserire l’olio nell’impianto idraulico e devi stare attento a non far entrare aria altrimenti la bici non frena più.

Ed il passaggio dei cavi?

Quello richiede due meccanici se si vuole fare in tempo ragionevole, soprattutto se si è alle corse. Uno con il magnete fa scorrere i cavi ed il secondo lo segue con la guaina.

Immaginiamo che anche alle corse i meccanici siano tanti…

In una squadra WorldTour si prevede un team di dieci meccanici che si dividono per le varie attività. Alle corse a tappe sono almeno quattro. La mattina il capo meccanico sta sul camion officina e sistema le bici: controlla le batterie e le pressioni delle gomme, gli altri tre preparano le ammiraglie.

Siamo nel periodo dei primi ritiri, dove i corridori prendono le misure con i nuovi mezzi, anche qui il lavoro è cambiato…

Ai primi ritiri della stagione il lavoro è infernale. Se un corridore vuole eseguire anche la più piccola modifica per fare una prova in allenamento il lavoro è da rifare da capo. Considerate che per cambiare attacco manubrio o semplicemente la larghezza dello stesso si deve smontare la bici.

Il cablaggio di un manubrio integrato richiede molte ore di lavoro vista la grande quantità di cavi che passano al suo interno
Il cablaggio di un manubrio integrato richiede molte ore di lavoro
Perché è tutto collegato.

Sì, devi smontare il pezzo e di conseguenza i cavi. Con le componentistiche che si usano oggi, dove è tutto al millimetro, devi tagliare ed inserire nuovamente i cavi e le batterie. Per una modifica che poi magari non va nemmeno bene e si deve poi riportare tutto a com’era prima.

Poi i corridori sono estremamente esigenti.

E’ anche giusto sia così visto che è il loro lavoro. Devono avere tutto quel che chiedono e testare prodotti diversi per ottenere il massimo della prestazione. Alla fine dei primi giorni di ritiro i corridori ritornano dall’allenamento con il “menu” di quel che c’è da cambiare e a noi meccanici viene da piangere conoscendo le ore di lavoro che ci attendono (conclude ridendo, ndr).

La batteria del cambio elettronico viene caricata prima di ogni gara
Il cambio elettronico prevede un lavoro di installazione e manutenzione più meticoloso
Anche in officina il lavoro è aumentato?

Assolutamente, in una squadra WorldTour lavori con gli stessi componenti e marchi, mentre ora devo essere pronto e preparato su tutto. Ho notato che anche gli amatori ora faticano di più a mettere mano sulle bici perché gli accorgimenti sono molti ed è facile commettere un errore e che si rompa qualcosa.

A proposito di corridori, organizzi anche un’asta di beneficenza con i “cimeli” degli atleti.

Nel corso della mia carriera ho conosciuto molti atleti e con loro ho sempre avuto un ottimo rapporto. Dieci anni fa è partita un po’ per gioco, l’idea di fare un’asta di beneficenza con i materiali donati dagli atleti: body, caschi, magliette e chi più ne ha più ne metta. Nel tempo anche le aziende hanno iniziato a mandarci oggetti.

Come si chiama quest’asta?

Regala un sogno e partirà il 30 dicembre e si concluderà in tre date: 7, 9 ed 11 febbraio, così chi non riesce ad aggiudicarsi qualcosa può riprovarci i giorni successivi. Si svolge on-line ed ogni anno abbiamo un testimone digitale, quest’anno tocca a Sonny Colbrelli. Sul sito di riferimento trovate tutto. L’intero importo viene devoluto all’associazione Casa del sogno di Camisano Vicentino, il mio paese.

Quindici neopro’ azzurri: Amadori, raccontaceli

23.12.2021
5 min
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Ogni anno, a inizio stagione, arrivano in gruppo i neopro’. C’è chi passa calcando il “red carpet” iniziando la propria avventura nelle squadre WorldTour, gli altri invece iniziano dalle squadre professional. C’è chi lo ritiene il modo migliore di approcciarsi a questo mondo, i team hanno (o dovrebbero avere) più pazienza ed i corridori più chance per mettersi in mostra.

I ragazzi italiani che nel 2022 entreranno nel mondo del professionismo sono 15: tre lo faranno in squadre WorldTour, gli altri con le professional. Si tratta di ragazzi che sono passati sotto la lente di Marino Amadori, per questo ce li facciamo descrivere direttamente da lui.

Baroncini ed Hellenmose, i due correranno insieme con la Trek nella prossima stagione
Baroncini ed Hellenmose, i due correranno insieme con la Trek nella prossima stagione

Parola al cittì

Filippo Baroncini (Trek Segafredo, 2000): «Colui che avrà tutti gli occhi puntati addosso, vista la vittoria al mondiale di Leuven. Anche uno dei tre a passare in una squadra WorldTour. Le aspettative saranno alte, è un ragazzo molto determinato e sicuro di sé. Sarebbe potuto passare pro’ lo scorso anno in una professional, ma ha aspettato la grande chiamata».

Gabriele Benedetti (Drone Hopper, 2000): «Altra maglia importante che però non potrà sfoggiare, quella di campione italiano. Come ha dimostrato nella vittoria al campionato italiano è un attaccante nato, non si tira mai indietro. E’ un po’ discontinuo. Con Savio può lavorare bene e mettersi in mostra in qualche fuga».

Gazzoli si è messo in mostra con ottimi risultati nel 2021, tra cui la vittoria al GP Liberazione
Gazzoli si è conquistato la maglia dell’Astana grazie ad buon 2021

Luca Colnaghi (Bardiani CSF Faizanè, 1999): «Un vincente nato ed una ruota veloce che tiene bene anche in salita, le caratteristiche giuste per un corridore moderno. Ha ottenuto degli ottimi risultati negli under 23 con delle belle vittorie internazionali».

Omar El Gouzi: (Bardiani CSf Faizanè, 1999): «Mi sarebbe piaciuto portarlo con me al Tour de l’Avenir ma una caduta glielo ha impedito. Non è riuscito ad esprimersi sempre ad alti livelli, è uno dei ragazzi che ha bisogno di maturare. Le somme dovremo farle tra un paio d’anni».

Alex Tolio è uno dei nove corridori ingaggiati dal team Bardiani
Alex Tolio è uno dei nove corridori ingaggiati dal team Bardiani

Michele Gazzoli: (Astana Pro Team, 1999): «Il secondo a passare in una squadra World Tour. E’ un predestinato, negli juniores ha fatto molto bene, negli under 23 un po’ meno. L’ho portato al campionato del mondo perché era un percorso adatto a lui, infatti è arrivato quarto. L’Astana è una squadra ambiziosa ma con gente con le sue caratteristiche dai quali imparare».

Martin Marcellusi (Bardiani CSF Faizanè, 2000): «Un finisseur, è un terzo anno, molto talentuoso. Anche lui per varie vicissitudini non è riuscito ad esprimersi al cento per cento. E’ un corridore da côte, da semiclassiche. Con me ha corso il Piccolo Lombardia, dove ha fatto abbastanza bene (undicesimo all’arrivo, ndr)».

Alessio Martinelli (Bardiani CSF Faizanè, 2001): «E’ un secondo anno, come sappiamo la giovane età può essere un’arma a doppio taglio. Ha fatto un bellissimo Giro d’Italia U23 in appoggio ad Ayuso. Nonostante sia un 2001 è molto intelligente tatticamente».

Alessio Nieri (Bardinai CSF Faizanè, 2001): «Uno scalatore nel vero senso della parola, leggero ed agile. Al Giro d’Italia U23 è arrivato settimo nella tappa Aprica-Andalo, rimanendo con i migliori. Ci vuole pazienza nel far crescere ragazzi così giovani, data l’età farà qualche gara internazionale under 23 con la Bardiani».

Luca Rastelli (Bardiani CSF Faizanè, 1999): «Ha fatto una buona stagione, con la nazionale ha corso alla Coppa delle Nazioni. Ha già fatto qualche gara con i pro’ ma senza grandi acuti, ha fatto il passaggio nel momento giusto essendo un quarto anno».

Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Edoardo Zambanini al suo primo anno da under 23 ha conquistato la maglia bianca al Giro d’Italia 2020
Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Zambanini nel 2020 ha conquistato la maglia bianca al Giro U23

Filippo Ridolfo (Team Novo Disk, 2001): «L’unico che non ho avuto il piacere di vedere da vicino. Corre nel team giusto per lui, quello riservato ad atleti diabetici. Un 2001 anche lui, sarà tutto da scoprire».

Alessandro Santaromita Villa (Bardiani CSF Faizanè, 1999): «Un fondista nel vero senso della parola, le gare under forse per lui erano addirittura troppo corte. Sono curioso di vederlo sulle distanze che gli appartengono».

Manuele Tarozzi (Bardiani CSF Faizanè, 1998): «E’ cresciuto anno dopo anno. E’ molto discontinuo, bisognerà lavorare su questo. Ha dimostrato di essere un’attaccante nato, una dote molto apprezzata nelle squadre professional».

Alessandro Verre, uno dei migliori scalatori, passerà all’Arkea Samsic, dove potrà correre con atleti del calibro di Nairo Quintana
Alessandro Verre, classe 2001 correrà con la maglia dell’Arkea la prossima stagione

Alex Tolio (Bardiani CSF Faizanè, 2000): L’anno prossimo sarà ancora under quindi vale il discorso di Nieri e Martinelli. Ha già fatto delle bellissime gare ed altrettante vittorie. Con la nazionale lo avevo portato alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali, stava andando bene ma poi è caduto, è molto determinato e può fare davvero bene».

Alessandro Verre (Arkea Samsic, 2001): «Miglior scalatore under 23 che abbiamo in Italia. Ha fatto un discreto Tour de l’Avenir, è passato nella miglior squadra professional che c’è. Con la possibilità di correre accanto ad uno scalatore vero come Quintana dal quale può imparare tanto. Mi auguro di lavorarci ancora insieme, magari al prossimo Tour de l’Avenir».

Edoardo Zambanini (Bahrain Victorious, 2001): «Terzo corridore a passare in una squadra WorldTour. Negli under 23 ha fatto grandi cose, al primo Giro d’Italia U23, nel 2020 è arrivato decimo nella classifica generale. Quest’anno si è ripetuto, è un atleta che appare sempre nell’ordine d’arrivo e questa cosa le World Tour la notano subito».

WorldTour e professional, un gap sempre più grande

19.03.2021
6 min
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Strade Bianche e Tirreno-Adriatico hanno evidenziato una volta per tutte la grande differenza tra squadre WorldTour e professional. Quando la corsa entra nel vivo davanti restano quasi solo corridori appartenenti alla massima categoria, Van der Poel escluso. 

Con Roberto Reverberi, manager e diesse della Bardiani Csf Faizanè, tra l’altro una delle professional meglio attrezzate sotto ogni punto di vista, ne è emersa un’analisi interessante: certi gap non riguardano tanto (o solo) le squadre, ma anche i corridori.

Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Dopo la Strade Bianche eri “contento” perché due dei tuoi corridori erano riusciti a concludere la corsa: una frase che ci ha colpito.

Vero, può sembrare poca cosa, ma non è mica una situazione solo nostra. Alcune squadre WorldTour non lo dicono, ma spesso anche loro hanno corridori che non arrivano davanti o che semplicemente finiscono le gare. Solo che loro investono 25 milioni di euro. C’è da pensare, no? Con quelle cifre, se davanti sono in venti dovrebbero avere due-tre corridori come minimo.

E’ un punto di vista che spesso da fuori si tende a trascurare…

Che poi noi puntiamo soprattutto sui giovani. E ti può capitare il ragazzo che ti arriva davanti, penso a Modolo quarto alla sua prima Sanremo. Più che altro non è una questione di professional e WorldTour.

E di cosa?

Di fatto ci sono 5-6 squadre che vincono tutto e portano via forza al ciclismo. Tutto il resto non fa nulla o quasi. Non tutte hanno le strutture per fare bene in tutte le gare. A loro, come a noi professional, se va bene vincono una tappa in un grande Giro, perché nelle corse di un giorno è più difficile fare il colpaccio. Ma con un investimento ben diverso dal nostro. Per me il ciclismo non può supportare 19 squadre WorldTour. Alcune non ce la fanno. Con la seconda o terza squadra, le scelte secondarie per intenderci, fanno fatica anche nelle corse di secondo livello, dove noi magari andiamo con i nostri migliori atleti. Ci sono team che lo scorso anno a fronte di 21 milioni di euro d’investimento hanno raccolto 7 vittorie e non erano tutte gare di primo livello. Una vittoria gli costava 3 milioni di euro, ne vale la pena? Noi con un budget sei volte inferiore ne abbiamo vinte nove.

E quindi quale potrebbe essere la soluzione?

E’ un ciclismo gonfiato, 19 squadre WorldTour sono troppe. Ognuna deve avere minimo 25 corridori, alcune ne hanno anche 30, e fanno fatica a farli correre tutti. E noi professional, che non abbiamo diritto e certezza di correre, dobbiamo tenerne minimo 20. Perché? Se avessi 8-9 milioni di budget non farei la WorldTour, anche se poi l’Uci mi spingerebbe a farla e di conseguenza a fare sforzi enormi, piuttosto cercherei di prendermi, o se ce l’ho già di tenermi, il corridore buono e con il resto ci faccio una discreta squadra. Punto alla classifica Uci delle professional e se la vinco ho diritto a fare le corse più importanti. E non sarebbe una cosa impossibile, basta vedere la Alpecin Fenix con Van der Poel.

Al Trofeo Laigueglia nel finale si è vista la differenza tra le WT e le altre squadre
Al Trofeo Laigueglia nel finale si è vista la differenza tra le WT e le altre squadre
Dover avere un certo numero di corridori senza certezza del calendario non è facile…

Qualche anno fa, dirigenti dell’Uci ci dissero che “avevamo diritto ad essere invitati”. Cioè diritto a niente, nessuna certezza. Guardate che è una frase molto fine. Per me bisognerebbe ridurre i team WorldTour perché non c’è la qualità sufficiente. Le associazioni dei corridori vogliono assicurarsi il “posto di lavoro”, ma qui siamo nello sport e se non c’è qualità che lavoro assicuri? Se io potessi terrei dieci corridori, ma buoni, e investirei su di loro. Vedete che adesso le grandi squadre schierano tutti capitani? Perché? Perché li devono far correre. Le corse sono poche e ogni volta è un campionato del mondo, basta vedere l’ordine di partenza che c’era a Laigueglia o a Larciano. Quando dico della qualità non lo dico a caso. Facciamo due conti. In tutto, tra WorldTour e professional, le squadre sono 38. Ma in realtà sono di più. Le WorldTour con 30 corridori è come se fossero tre squadre e noi con 20 è come se ne fossimo due. Se si fanno i conti alla fine è come se di squadre ce ne fossero 120-130. E quando riesci a farli correre tutti? Per questo dico che è un discorso di atleti di qualità e non di squadre.

Ho più soldi, prendo i corridori più forti: si può riassumere così. E tornando alla Strade Bianche: la gara senese è stato lo specchio di tutto ciò?

Alla Strade Bianche alla fine ci siamo anche fatti vedere. Siamo stati in fuga e due dei nostri l’hanno finita. Uno come Zana era alla sua prima partecipazione ed è stato un successo dal punto di vista dell’esperienza per lui. E per noi che puntiamo sui giovani è stata una soddisfazione. Poi se si va a vedere, specie con quei tre che hanno dominato, molti team ben attrezzati partivano già battuti in partenza. Voi da fuori guardate chi è più forte rispetto a noi. Ma noi guardiamo anche chi va più piano. E quando vedo che in corsa restano dieci ammiraglie e noi ci siamo mi fa piacere. Prendendo ad esempio sempre la Strade Bianche della situazione, il signor Bardiani mi dice: come mai in quegli otto là davanti non c’era nemmeno uno dei nostri? Io gli rispondo: sai quanto costano quegli otto? Costano 30 milioni di euro. Noi ci facciamo la squadra per dieci anni.

Spesso le WT nelle corse di minor livello, fanno fatica contro le professional
Spesso le WT nelle corse di minor livello, fanno fatica contro le professional
Ma allora da cosa manca? Alla fine anche i ragazzi delle professional hanno due gambe, una bici, due polmoni… perché tanta differenza quando davvero si apre il gas?

A noi non manca nulla, eppure in gruppo qualcuno sfotte. Senza fare nomi, dico che spesso per andare in centro gruppo o per mettersi davanti tra i vari treni se non hai l’uomo giusto che ti introduce non ci vai. L’anno scorso, a Fiorelli per un paio di volte che si è buttato nelle volate al Giro, hanno rotto le scatole. E i velocisti certe manovre le fanno da sempre. Se fosse stato in una WorldTour non avrebbero detto nulla.

Quando i tuoi ragazzi si ritrovano ad affrontare queste grandi corse li vedi più spaventati o più gasati?

Noto che oggi i giovani in generale sono più freddi. Una volta prima di una Sanremo si sentiva proprio la tensione nell’aria. Adesso non so se perché sono proprio più freddi o per qualche altro motivo, ma sembra non colgano la storicità della corsa, la sua grandezza. Sembra quasi la normalità.

E tu cosa gli dici?

La si butta un po’ sullo scherzo e nella riunione gli faccio: ohi, non siamo mica alla corsa della parrocchia! Cavolo, siamo alla Sanremo! Poi chiaramente, cerco di motivarli, gli mostro i punti in cui è necessario stare davanti e altri dove invece possono stare più tranquilli. E quando è così vedo nelle loro facce che è il corridore esperto a sentire ancora la corsa. La sento io che ne ho fatte non so quante di Sanremo. A volte, specie se ho un corridore che può far bene, ancora non ci dormo la notte.

Missaglia: «CCC pronta a tornare nel 2022»

24.10.2020
3 min
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E’ passata in secondo piano la vittoria di Josep Cerny. Il ceco è stato autore di un vero numero. E’ scappato via in pianura quando mancavano una quindicina di chilometri all’arrivo. Il portacolori della CCC Sprandi ha sfruttato quei piccoli avvallamenti verso Asti e ha saputo cogliere il tempo giusto nella lotteria degli scatti. Poi una tenuta splendida. Schiena parallela all’asfalto, gomiti a novanta gradi e mani sulle leve. Cerny volava da solo a bocca aperta verso il traguardo.

Gabriele Missaglia (50 anni) è con questo gruppo dal 2013
Gabriele Missaglia (50 anni)

Cerny lezione imparata

«Questo ragazzo l’ho riportato io in prima squadra – racconta il ds Gabriele Missaglia – era già alla CCC nel 2016. Josep era talentuoso, ma non faceva vita da corridore. Imparata la lezione dall’anno scorso è di nuovo nel WorldTour».

E in quel paio d’anno Josef, detto Peppe, ha conquistato due titoli nazionali a crono. Il che spiega anche l’azione formidabile di ieri. Quando è sfilato sotto l’arrivo, abbiamo visto tutta la sua felicità e incredulità. Si è anche goduto gli ultimi 500 metri, nonostante fosse tornato a piovere.

Certo però Cerny presto si ritroverà a piedi. La CCC Sprandi infatti chiuderà i battenti.

«Vero chiuderemo – commenta Missaglia – Ma non è vero che si chiude per motivazioni economiche. CCC è un gruppo molto solido. E’ quotato in borsa, con le scarpe è poco sotto Nike e Adidas, è in salute. Tuttavia per il Covid il titolo ha avuto un forte ribasso e ha dovuto ricorrere ad aiuti statali, quindi per un anno ha preferito interrompere la sponsorizzazione. Abbiamo però la parola che già nel 2022 potremmo tornare. E farlo subito nel WorldTour. Insomma, un anno di attesa».

Alessandro De Marchi (34 anni) passerà alla Israel
Alessandro De Marchi (34 anni)

Scelte complicate

In effetti gli arancio-fluo non sembrano in crisi. Sono alla Vuelta con un team competitivo. E al Giro hanno portato una squadra di attaccanti, guidata da Ilnur Zakarin, però stanco dal Tour de France.

«E’ stata una squadra rimaneggiata – ci disse Missaglia nella prime tappe siciliane – Alcune scelte sono state fatte proprio per dare a tutti la possibilità di mettersi in luce e trovare un contratto per l’anno che verrà».

Ecco spiegato, per esempio, perché al Giro non sia stato portato Alessandro De Marchi. Il Rosso di Buja ha fatto Tour e classiche, inoltre ha già il contratto con la Israel Start-Up Nation per i prossimi due anni. Tuttavia nel suo programma c’era anche il Giro e la scelta di escluderlo ha provocato qualche attrito.

Però grazie anche all’equilibrio e all’esperienza di Missaglia e dell’altro direttore sportivo, Fabio Baldato, la CCC Sprandi se l’è cavata alla grande. Attiva nelle fughe e vincitrice di una tappa.

«Questo ambiente è la nostra passione – dice Missaglia, pro’ per 14 anni e alla CCC dal 2013 – per cui valuterò cosa fare. Avrei anche il posto pronto in azienda, ma preferisco aspettare».