«Finalmente la stagione è finita, non ne potevamo più…». Non usa mezze misure Cedric Vasseur, il capo della Cofidis nel mettere la parola fine a un 2024 estremamente deludente per la sua squadra, con sole 5 vittorie all’attivo. Parliamoci chiaro: con un bilancio simile, nel calcio non ci sarebbero stati dubbi e il tecnico francese sarebbe già alla porta. Nel ciclismo (per fortuna, verrebbe da dire) non funziona così e si può ragionare su quanto avvenuto.
Il diesse promette cambiamenti
Il bilancio del team transalpino è molto deficitario, a fronte di un anno precedente quasi radioso, illuminato da ben due successi al Tour. Vasseur si è prestato a una lunga disamina, quasi un processo su Cyclism’Actu, senza reticenze come suo costume: «Potrei dare tante giustificazioni e attenuanti, ma la realtà è che non siamo stati all’altezza, abbiamo sprecato molte occasioni. Forse dopo le vittorie del Tour dello scorso anno, arrivate dopo 16 anni di attesa, ci siamo un po’ rilassati».
Vasseur guarda a quelle poche note positive come spinta per andare avanti: «La vittoria più bella dell’anno è stata quella di Benjamin Thomas al Giro, perché ha dato ossigeno al team, ma il momento positivo è durato solo qualche settimana. Non siamo stati squadra da WorldTour e questo deve spingerci a lavorare duro per il 2025, con un team cambiato perché le stagioni difficili non possono non avere conseguenze. Io credo che possiamo avvicinarci alla Top 10 del ranking, ma devono cambiare molte cose».
Parole dure su Martin (e non solo…)
Infatti la squadra perde un riferimento storico come Guillaume Martin, il filosofo che passa ai rivali della Groupama FDJ e il giovane Axel Zingle che si accasa alla Visma-Lease a Bike. Prima di scendere nel dettaglio delle due dolorose partenze il tecnico ammette che la squadra senza di loro perde un po’ d’identità nazionalistica: «Abbiamo bisogno di risultati, di gente che lotta per vincere se per far questo devo cercare corridori agli antipodi lo faccio. Magari un domani potremmo ridare un po’ di tricolore al team, ma sappiamo bene che ormai le squadre sono multinazionali. I Moncoutié che sono bandiere del team e vi trascorrono tutta la carriera non esisteranno più…
«Penso che continuare con un corridore che in fondo non ha più davvero voglia di lavorare fianco a fianco con la struttura non sia una buona cosa – afferma Vasseur a proposito di Martin – non è quello del 2020, ha avuto difficoltà a tenere il ritmo di altri scalatori al suo livello. Ci siamo lasciati in buoni rapporti, al suo posto arriva Emanuel Buchmann pronto ad accettare un nuovo ruolo. E’ uno che ha sfiorato il podio del Tour, anche se nel 2019 e so che può tornare a quel livello».
Ziingle, una scelta azzardata?
Su Zingle, il tecnico va giù ancora più duro: «Qui poteva essere leader, alla Visma che cosa farà? Io ho la sensazione che avesse già il contratto in tasca a inizio anno, man mano ha perduto slancio. Puntavamo su di lui per le Classiche del Nord ma siamo stati costretti a estrometterlo visto il suo rendimento. Al Tour volevamo mettere la squadra a disposizione di Coquard, ma non tutti hanno risposto… Zingle ha fatto altre scelte, ha altri progetti. Mi ricorda quando scelsi di andare alla corte di Lance Armstrong: ho dovuto lavorare per lui e ignorare del tutto le mie ambizioni personali. Forse tra un anno o due, Axel dirà di aver fatto la scelta giusta, o al contrario che avrebbe dovuto rimanere leader piuttosto che correre dietro alle lattine o correre per Van Aert…».
Il mercato del team è stato (ma dovremmo dire è, visto che un paio di posti sono ancora disponibili) tra i più movimentati del WT: «Arriva lo spagnolo Aranburu che è un combattente e voglio che sia questa l’immagine della nuova Cofidis. Qui sarà leader, lotterà per i maggiori traguardi e gli altri dovranno aiutarlo ma anche ispirarsi a lui. Buchmann è uno di questi, Teuns anche, un corridore che anche quest’anno ha dimostrato di essere un uomo da Classiche. Attenzione poi a Simon Carr che reputo una delle sorprese in assoluto per il nuovo anno».
L’ingratitudine dei ragazzi
La Cofidis è una delle poche squadre a non avere una propria filiera e su questo tema Vasseur mostra tutta la sua amarezza di uomo di ciclismo vecchio stampo: «Oggi si individuano i talenti, si permette loro di imparare, migliorare, affermarsi e poi li vedi andar via senza nemmeno un grazie, seguendo quel che freddamente consiglia il suo agente. Mettere mano a una filiera comporta tempo, soldi (almeno un milione e mezzo…), energie che toglieremmo alla squadra maggiore, visti i presupposti non ne vale la pena.
«Torniamo invece all’argomento principale. Nel 2025 non faremo la corsa sui punti per il ranking perché disperdi energie e dai spazio allo scoramento. Corriamo da leader, puntiamo a vincere il più possibile, poi vedremo. Cambieremo alcune cose a livello di preparazione, per restituire fiducia ai corridori verso i nostri metodi».
La disparità di trattamento
Nella sua intervista, Vasseur cita anche la situazione del ciclismo francese paragonata a quella nostrana: «Noi in Francia siamo dei privilegiati, la nazione con più team nel WT, l’Italia non ne ha più da diversi anni. Il problema è che viviamo in un sistema dove non tutti operano allo stesso modo, soprattutto hanno gli stessi strumenti, e parlo di denaro. Non c’è competizione con squadre che spendono almeno 5 volte tanto, questo è un handicap per tutto il ciclismo francese. Il tetto salariale non risolverà il problema perché ci sono mille sistemi per gonfiare artificialmente il proprio budget. Bisogna agire sulle regole, i team devono partire alla pari in base ai vincoli del gioco».