Astoria Wines al recente Vinitaly ha tenuto fede ad un appuntamento che oramai è diventata una vera e propria tradizione: parliamo dell’apertura della prima bottiglia ufficiale del Giro d’Italia che i vini della rinomata cantina trevigiana accompagnano lungo le strade del nostro bellissimo Paese da oramai tredici anni.
Erano presenti alla cerimonia Paolo e Filippo Polegato, rispettivamente Presidente e AD di Astoria, il presidente del Veneto Luca Zaia (in apertura), l’assessore regionale all’agricoltura della Regione Veneto Federico Caner, Paolo Bellino e Mauro Vegni in massima rappresentanza di RCS Sport, Davide Cassani, Alessandra Cappellotto e Antonino La Placa, direttore commerciale di Vinventions Italia e Sud Est Europa.
L’innovazione del tappo
Se la bottiglia è ormai una tradizione, la grande novità di quest’anno è… nel tappo. Astoria ha difatti scelto proprio la bottiglia del Giro per utilizzare, per la prima volta al mondo, il nuovo tappo NOMACORCPops targato Vinventions. La caratteristica principale di questo tappo sintetico, nato dopo cinque anni di ricerche e test, è quella di garantire le stesse proprietà meccaniche di un normale tappo in sughero e la conservazione ottimale del gas carbonico disciolto nella bottiglia, ma con una completa neutralità sensoriale e senza rischio di TCA (o TriCloroAnisolo, la molecola che causa il tipico “sapore di tappo” ed è dovuta solitamente a funghi presenti nel sughero). Ma è anche un passo ulteriore sulla via dello sviluppo sostenibile per il mondo vinicolo.
«Pops – ha dichiarato Antonino La Placa, Direttore Commerciale Vinventions Italia e Sud Est Europa – offre il vantaggio competitivo di essere l’unica chiusura per spumanti dotata di impronta carbonica netta neutra e di essere progettata per essere riciclabile. Questa partnership segna un passo significativo verso la sostenibilità nel settore vinicolo e siamo estremamente orgogliosi di essere i primi in Italia coinvolti in questo progetto pionieristico.
«La decisione di Astoria Wines di adottare i tappi NOMACORC Pops è un riconoscimento del valore e dell’innovazione che portiamo al mercato. Siamo certi che questo contribuirà a ridefinire gli standard di sostenibilità nel settore, offrendo al contempo una soluzione di alta qualità per la conservazione degli spumanti».
La presentazione della bottiglia per il Giro è andata in scena al VinitalyAstoria utilizza un nuovo tappo: il NOMACORC Pops targato Vinventions
Sostenibilità a 360 gradi
Un progetto innovativo che aveva bisogno di un marchio spumantistico importante per essere messo alla prova e ha trovato in Astoria un partner a dir poco ideale.
«Da sempre attenti all’innovazione – ha poi aggiunto l’Amministratore Delegato di Astoria Filippo Polegato – ma anche al miglioramento continuo e ad un concetto di sostenibilità a 360 gradi, che sia sociale, ambientale e culturale, abbiamo dato il via con entusiasmo a questa collaborazione innovativa con un’azienda di riferimento come Vinventions. E dopo mesi di prove, quale occasione migliore se non esordire con il Giro d’Italia?».
Il 10 e 11 giugno nella splendida e romantica cornice di Verona andranno in scena due giornate di ciclismo per gli amanti della bicicletta. La regina del weekend sarà la Gran Fondo internazionale Alé La Merckx. Un evento ciclistico unico che ogni anno attira granfondisti da ogni parte del mondo, portandoli a pedalare dal cuore della città veneta, sui monti e le colline della Lessinia, tra malghe e vigneti, fino all’arrivo in località “Le Torricelle”. Fianco a fianco degli atleti professionisti vestiti dal marchio Alé che è organizzatore dell’evento.
Ad accompagnare la GF ci saranno attività inclusive per chi pedalerà senza attaccare il numero sulla schiena. Per i più piccoli la “Sprint Giovanissimi“, oppure attività che coinvolgono accompagnatori, amici, famiglie dei partecipanti, con l’opportunità di mettersi in gioco, divertirsi e partecipare attivamente durante il weekend dell’evento, uniti dalla passione per la bicicletta.
Non mancano i saliscendi per misurarsi a suon di pedalateNon mancano i saliscendi per misurarsi a suon di pedalate
Un luogo romantico
Il teatro o meglio dire l’arena che accoglierà la Alé La Merckx sarà Verona. Infatti la bella e maestosa Piazza Bra, sulla quale si affaccia la celebre Arena di Verona, si trasforma nel palcoscenico perfetto per ospitare la partenza delle gare di medio fondo e gran fondo.
Dopo aver superato la lapide in memoria di Shakespeare che recita “Non esiste mondo fuor dalle mura di Verona…”, i partecipanti dei due percorsi pedaleranno insieme per circa 60 chilometri, prima tra le vie della città scaligera costeggiando i suoi Bastioni Austriaci, poi lungo i magnifici percorsi che si snodano nei territori della Provincia di Verona, tra le meraviglie della bassa Valpolicella, i curatissimi vitigni dei più pregiati vini veneti e i borghi storici pedemontani.
I patecipanti potranno scegliere tra due percorsi: il lungo di 129 chilometri con un dislivello di 2.600 metri e il medio di 82 chilometri con un dislivello di 1.450 metri. Inoltre la 16ª edizione della granfondo ciclistica Alé La Merckx, sarà anche tappa unica europea per l’assegnazione delle maglie del Campionato Granfondo Mediofondo dell’Union Européenne de Cyclisme (UEC).
Qui Alessia Piccolo AD Alé e Sonny ColbrelliIl percorso affronta luoghi iconici per le due ruote come “Le Torricelle”Qui da sinistra, Ass. Filippo Rando, Alessia Piccolo AD Alé, Sonny Colbrelli, Renzo Marchi presidente ASD Alé organizzatori Il percorso affronta luoghi iconici per le due ruote come “Le Torricelle”
Il percorso
A rendere iconica questa Gran Fondo c’è la lunga salita di 18 chilometri dove in omaggio al campione Eddy Merckx, è stato inserito il tratto cronometrato denominato “la salita del Cannibale”.
Il percorso offre un’infinita e preziosa selezione di luoghi unici che il territorio veronese regala agli occhi appassionati dei ciclisti. Il panorama non smette di stupire neanche quando si pedala a cavallo della dorsale: lo sguardo spazia senza limiti dall’alto verso il basso in direzione sud su una parte della Pianura Padana in direzione nord verso le creste dei Monti Lessini e del Monte Baldo dove si intravede in lontananza il Lago di Garda. Raggiunto il paese di Ronconi, i ciclisti sono accolti da una lunga discesa tecnica che richiede attenzione e prudenza e porta verso la Valpantena. Ecco che qui, dopo circa 60 chilometri dalla partenza, le strade del Lungo e del Medio si dividono al bivio tra lungo e medio.
Il gran finale si inoltra nella città di Verona, nel quartiere di Borgo Venezia (così chiamato perché rivolto verso la città lagunare), per poi raggiungere l’agognato traguardo che, per entrambi i circuiti, è fissato in salita, in località “Le Torricelle”. Lungo 4,5 chilometri, con una pendenza media di poco meno del 5%, questo celebre tratto finale è stato inserito nel percorso dei Mondiali di Ciclismo del 1999 e del 2004, oltre che del Giro d’Italia.
Alé è da sempre impegnata nell’organizzazione di eventi per i più piccoliVerona sarà la cornice di queste due giornate di ciclismo firmate AléAlé è da sempre impegnata nell’organizzazione di eventi per i più piccoliVerona sarà la cornice di queste due giornate di ciclismo firmate Alé
Romeo, Giulietta e i giovanissimi
Un’edizione ricca di novità. E’ infatti in arrivo la “Romeo e Giulietta”, una pedalata gratuita di circa 31 chilometri che, da quest’anno, sarà aperta a tutti. Prevista per sabato 10 giugno, precederà la gran fondo, snodandosi lungo un percorso tutto nuovo, con partenza alle 9.30 dall’Area Expo dell’evento, in via Pallone. Si tratta di un’iniziativa inclusiva a 360°, anche grazie alla collaborazione con il C.E.R.R.I.S., che aiuta e supporta molti ragazzi disabili, anche attraverso la pratica sportiva. Per loro, è stato pensato un percorso ad hoc più breve.
L’impegno di Alè passa anche dai più piccoli, con l’organizzazione degli “Sprint Giovanissimi”. Anch’essi previsti per sabato 10 giugno, sono invece una manifestazione dedicata ai piccoli atleti in età dai 7 ai 13 anni, dalla categoria G1 alla G6. Sarà possibile iscriversi alla Sprint, dal 26 maggio all’8 giugno, unicamente tramite Fattore K, il portale KSport della Federazione Ciclistica Italiana. Le iscrizioni sono aperte solo alle società venete per un massimo di 150 piccoli atleti.
I percorsi si snodano tra i panorami veronesiI percorsi si snodano tra i panorami veronesi
Pedalare insieme
Altra iniziativa che accompagnerà la Gran Fondo Alé La Merckx, sarà la “Griglia Scaligera”. Consiste in una griglia speciale che non concorre a premiazione, ideata per rispondere ad un’esigenza spontanea manifestata da molti cicloamatori. Quella di pedalare in assoluta sicurezza, privi di tensioni di sorta, ansie di classifica o stress “da gara”, godendosi la magnificenza del paesaggio circostante e le bellezze scenografiche dell’autorevole palcoscenico veronese.
Un format particolare all’interno della gara stessa, che si avvarrà della compagnia di alcuni ex ciclisti professionisti d’eccezione che “scorteranno” i partecipanti dispensando anche qualche consiglio tecnico. Novità di quest’anno è l’inserimento delle e-bike: al momento dell’iscrizione online, i partecipanti dovranno segnalare il tipo di bici con cui affronteranno la “Griglia Scaligera”. Per poter iscriversi è inoltre necessario appartenere ad una squadra oppure fare in loco la tessera giornaliera assicurativa (al costo di 10 euro) ed essere dotati della copia originale del certificato medico agonistico valido alla data della manifestazione.
L’edizione 2023 della GF non sarà però solo ciclismo: durante la mattinata della competizione, sarà proposto un tour guidato (in lingua italiana e inglese) gratuito per tutti gli accompagnatori dei ciclisti in gara, alla scoperta delle bellezze di Verona.
Nicola Minali e suo figlio Riccardo. Entrambi velocisti, ma due mondi diversi. Leggero il primo, potente il secondo, che ora ha solo bisogno di fortuna
Una chiamata per farsi raccontare della nuova sistemazione alla Eolo-Kometa e l’incontro con Alessandro Fedeli, 26 anni, diventa un viaggio attraverso la sua carriera colpita, frenata e deviata da circostanze che avrebbero fiaccato chiunque. L’UCI fermò la Gazprom-RusVelo nel giorno del suo compleanno, quando avrebbe dovuto correre a Laigueglia il debutto in Italia. Quello che è successo dopo ai corridori del team lo avete letto spesso su queste pagine, fino al giorno in cui Basso in una telefonata ci confidò di averlo ingaggiato. Lo avevamo appena incontrato assieme alla sua ragazza alla crono di Verona di fine Giro, la notizia venne fuori circa una settimana dopo.
«E’ stata una cosa abbastanza veloce – dice il veronese – quando è venuta fuori la notizia, avevo firmato da una settimana. Alla crono di Verona c’è stato il primo avvicinamento, abbiamo parlato di disponibilità, di budget da verificare e fatto quattro chiacchiere. Però non c’era niente di concreto».
Al Giro di Sicilia, corso in appoggio di Caruso, si era parlato di un passaggio alla Bahrain-VictoriousAl Giro di Sicilia, corso in appoggio di Caruso, si era parlato di un passaggio alla Bahrain-Victorious
Ma alla fine hai firmato…
Sono contento di essere entrato in una squadra seria e di avere il contratto anche per il 2023. Il materiale è buono, la bicicletta buonissima. Questa è una bella cosa, però mi dà ancora fastidio quello che è successo. Alla fine mi hanno fatto perdere la parte più bella della stagione. Adesso devo fare un mese a casa perché non ci sono corse, c’è solo il Tour. Ripartirò il 25 luglio con una corsa a tappe, poi mi concentrerò sull’ultima parte di stagione, che di solito è quella che mi viene meglio.
Se non altro hai debuttato al tricolore.
Speravo di fare meglio. Avrei voluto cominciare bene con loro, perché comunque era una gara abbastanza adatta. A parte il caldo che non amo, il percorso tutto sommato mi si addiceva. Ma ho cambiato tutto in una settimana. Le scarpe, la bici, la sella… tutto diverso. Ho fatto i primi tre giorni ad allenarmi troppo forte e ho sbagliato. Muscolarmente l’ho pagato per una settimana. Errori da principiante, però magari sarei stato in difficoltà anche se mi fossi allenato poco. Una corsa singola dopo un mese che non correvo, potevo aspettarmelo…
Fedeli ha ricevuto il nuovo materiale poco prima dei campionati italianiFedeli ha ricevuto il nuovo materiale poco prima dei campionati italiani
Come ci si riprende da un periodo così?
Ho avuto parecchie batoste, sin da quando ero piccolo. Da junior vinsi corse importanti il primo anno e feci anche il mondiale arrivando 18°. Il secondo doveva essere il mio anno, invece ebbi una grossa diatriba con la società e non mi fecero correre per buona parte della stagione. Non era come adesso, che gli juniores sono l’anticamera del professionismo, ma era ugualmente importante. E io purtroppo il secondo anno sono partito fortissimo, poi mi hanno fermato ed è stata la batosta più grossa.
Più dell’ultima?
Sembra una stupidata, però è stata molto più grossa della Delko e della Gazprom. Persi tantissima sicurezza nel ciclismo e nell’approcciarmi con la gente nel ciclismo. In questo sport basta litigare con una persona e ti può rovinare la carriera. Sei in balia della situazione e a me questa cosa ha sempre messo paura. Da lì purtroppo è stato un susseguirsi di problemi.
L’arrivo di Fedeli al Liberazione 2018, una vittoria di forza con 45″ sul gruppoL’arrivo di Fedeli al Liberazione 2018, una vittoria di forza con 45″ sul gruppo
Quali?
Al quarto anno da dilettante ho vinto una tappa al Val d’Aosta, Collecchio e il Liberazione, però la Trevigiani era in una situazione economica difficile e abbiamo dovuto rinunciare a tante corse. Ringrazio Mirko Rossato, che ha sempre cercato di darci tutto, ma nonostante le vittorie e la partecipazione al mondiale, sono passato in una professional francese. Quelli che vincevano tappe al Val d’Aosta sono sempre andati nelle WorldTour, io ne ho vinte due e sono andato alla Delko (sorride amaramente, ndr).
Però ti ambientasti bene, no?
E’ bello andare fuori dall’Italia, però c’era la difficoltà di un Paese estero, di un calendario limitato, di dover prendere l’aereo tutte le volte per andare a fare anche la corsa più piccola. Per fortuna il francese l’avevo studiato a scuola. Comunque al primo anno sono andato bene, ho vinto la prima e l’ultima corsa del calendario. La tappa di Kigali al Rwanda e una alla CRO Race. Il secondo anno c’è stato il Covid e l’ho preso subito, poco prima che si fermasse tutto. Ugualmente a fine anno ho vinto la tappa al Limousin e ho fatto quinto a Plouay.
Nel 2019, Fedeli vince alla CRO Race, il Giro di Croazia, a fine stagioneNel 2019, Fedeli vince alla CRO Race, il Giro di Croazia, a fine stagione
E il terzo?
E il terzo anno, che la squadra era centrata su di me, al primo raduno ci dissero che c’erano problemi economici e poi è fallita. Mi trovavo bene, avrei potuto fare tanto, ma non abbiamo neanche iniziato. Mancavano i materiali. Si correva solamente in Francia, quindi mai. Insomma, quest’anno che alla Gazprom sentivo di aver riagganciato il pedale, è successo ancora. Mi chiedete come ci si riprende? Vediamo…
La Gazprom sembrava la squadra giusta?
Sono stati bravi a creare un gruppo. Abbiamo fatto mesi di ritiro vero, la squadra ha investito un sacco di soldi in questo. Da un lato era pesante, perché comunque stai lontano dalla famiglia, però loro avevano questa disponibilità economica di farlo e noi ci abbiamo creduto. Alla fine li abbiamo ripagati con delle bellissime prestazioni. La piccola professional Gazprom è stata una delle migliori al mondo, contando anche le nostre prestazioni in nazionale. Nulla da invidiare a certe squadre francesi che hanno il quadruplo del budget, come Total Energies e la B&B. Spero che Renat (Khamidouline, il manager della squadra russa, ndr) si rimetta in piedi, con me o senza di me. Glielo auguro perché fa bene al ciclismo. C’è bisogno di persone così. Dava sicurezza ai dipendenti, ti dava tutto, era proprio un bel sistema.
Fedeli si era messo in luce nell’arrivo in salita del Tour of Antalya, con il secondo postoFedeli si era messo in luce nell’arrivo in salita del Tour of Antalya, con il secondo posto
E’ stato bello finché è durato…
Posso solo ringraziare la Gazprom, il manager, tutti… Avevo trovato la mia dimensione, ero vicino a casa, era un sistema di lusso, tante squadre avrebbero da imparare, purtroppo però è andata. Sono felice di essere qua. Se non avessi trovato una squadra di livello, avrei smesso di correre. Non avrei avuto paura di farlo, perché il ciclismo mi ha fatto troppo male.
Questi passaggi lasciano il segno?
Sono tutte cose che non ti faranno mai esplodere, perché ti bloccano mentalmente. Hai paura del futuro e delle situazioni. Sembra che ogni corsa sia l’ultima della tua vita e quindi vai con l’ansia e commetti anche errori d’ansia. Io so che avrei potuto fare tanto di più nella mia carriera, però purtroppo il ciclismo è fortuna al 90 per cento e non posso dire di averne avuta….
La prossima corsa di Fedeli a fine luglio, preparando il finale di stagioneLa prossima corsa di Fedeli a fine luglio, preparando il finale di stagione
Alla Eolo hai un direttore sportivo di riferimento?
Mi interfaccerò con Zanatta, il capo dei tecnici. Stefano mi sembra una persona di grande esperienza, da quello che ho potuto vedere al campionato italiano. Ci tengono molto che non manchi nulla e questo è sicuramente diverso rispetto a come ero abituato alla Delko, in cui si facevano le cose un po’ alla carlona.
Cosa farai in vista della prossima gara?
Adesso andrò qualche giorno al mare con la ragazza, però sempre con la bicicletta dietro per prenderci confidenza. Poi una decina di giorni in altura, non per la quota, ma per fare qualche bell’allenamento lungo e al fresco. Poi torno a casa, faccio una settimana di rifinitura dietro moto per riprendere l’esplosività e finalmente si inizia a correre.
Il nostro corpo ha bisogno di cibo per vivere, l’uomo trova negli alimenti la benzina necessaria per far funzionare il proprio motore. Ma, mentre il corpo si nutre di cibo, la nostra anima per vivere ha bisogno di emozioni. Più queste sono forti più noi ci sentiamo vivi. Un ciclista, o uno sportivo in generale, trova nell’adrenalina della vittoria la benzina per andare avanti. Per uno specialista delle prove contro il tempo come Sobrero la conquista si è chiamata: campionato italiano.
Matteo, in questo stesso periodo del 2021 conquistava la maglia tricolore dedicata alla cronometro. Ora, tra pochi giorni, questa maglia sarà messa nuovamente in palio e toccherà al corridore della Bike Exchange fare gli onori di casa e difenderla. Sobrero in questi giorni corre in Slovenia, giovedì il suo compagno Groenewegen ha vinto in volata la seconda tappa.
Ora Matteo si trova al Giro di Slovenia, nella seconda tappa è arrivato il successo di Groenewegen, suo compagno di squadra Ora Matteo si trova al Giro di Slovenia, nella seconda tappa è arrivato il successo di Groenewegen
E tu, Matteo, come stai?
Quando vince un compagno – esordisce con un sorriso – sempre bene. A parte tutto, arrivo a questi campionati italiani sereno, ho indossato la maglia per un anno con grande orgoglio.
Torniamo ad un anno fa, ti aspettavi di poter vincere?
Arrivavo anche lo scorso anno dal Giro di Slovenia, anche se in condizione migliore rispetto ad adesso. Mi aspettavo di poter far bene ma non di vincere, il percorso era adatto alle mie caratteristiche ma tra il dire ed il fare…
Eppure ce l’hai fatta, quale è stata la prima emozione?
Dopo aver tagliato il traguardo sorpresa, poi prima della premiazione sul palco gioia e un po’ di commozione. Indossare quella maglia è una sensazione straordinaria, l’avevo già provata da under 23 ma da pro’ ha un sapore un po’ diverso.
Ecco il podio del campionato italiano a crono del 2021, in mezzo Sobrero, a sinistra Affini e a destra CattaneoLo scorso anno Affini finì secondo dietro Sobrero, riuscirà a prendersi la rivincita sulle strade friulane?
Come mai?
Mah, per il calibro degli avversari, la tensione, l’attenzione mediatica che c’era sull’evento…
Che cosa ha rappresentato per te?
E’ stata una crescita personale, ho preso consapevolezza di me stesso, delle mie possibilità. Ho provato che nelle crono piatte faccio fatica rispetto a corridori che pesano 20 chili in più di me. Invece, nelle crono ondulate posso difendermi bene, quella vittoria mi ha aiutato a focalizzarmi su questi percorsi.
Cosa cambia rispetto a quando corri con la maglia del team?
La prima cosa da fare è abituarsi all’attenzione che la gente ti riserva, quella maglia ti rende visibile. Anche nelle gare non adatte alle mie caratteristiche i tifosi si aspettavano comunque qualcosa da me. E’ bello, perché comunque ogni volta che stai per partire senti l’abbraccio ed il calore del pubblico.
L’esperienza di Sobrero con la maglia tricolore si è chiusa con la vittoria nell’arena di Verona al Giro, non poteva chiedere di meglio L’esperienza di Sobrero con la maglia tricolore si è chiusa con la vittoria nell’arena di Verona al Giro
Che anno è stato?
Lo definirei a due facce. Nella seconda parte del 2021 dopo il campionato italiano ero rimasto fermo per un po’ e di conseguenza nel finale di stagione ho cercato di onorarla al meglio ma non è andata benissimo.
E il 2022?
E’ iniziato subito bene, alla cronometro della Tirreno ho fatto decimo, e non era un percorso adatto alle mie caratteristiche. Al Romandia ero in fase di preparazione per il Giro e non ho fatto bene. Una volta alla Corsa Rosa però ho trovato percorsi adatti a me ed è andata molto bene. Prima il quarto posto di Budapest e poi la vittoria di Verona.
Vincere con la maglia di campione nazionale al Giro, forse il miglior modo per lasciarla, anche solo momentaneamente.
Miglior cosa non potevo chiedere. Entrare nell’arena con il tricolore addosso ed aver vinto la tappa è stato un vero e proprio uragano di emozioni. Devo dire la verità, mentalmente sto già pensando di perderla mercoledì. Il percorso non l’ho ancora visto, ma ho guardato i dati, il chilometraggio sarà il doppio rispetto alla crono di Verona ma con metà del dislivello. Ci sarà una salita di un chilometro, ma è troppo poco per recuperare l’eventuale svantaggio accumulato in pianura.
Sobrero sperava di avere una condizione migliore allo Slovenia ma nella seconda tappa si è reso conto di essere un po’ affaticato Sobrero sperava di avere una condizione migliore durante il Giro di Slovenia
Perché?
Non arrivo alla gara in formissima, quest’anno l’italiano è stato spostato una settimana in avanti rispetto al 2021. Di conseguenza ho pensato di andare a fare il Giro di Slovenia per mantenere alta l’attenzione e l’impegno. Stare fermo tre settimane (come al contrario ha fatto Affini, ndr) è un rischio secondo me, avrei rischiato di rilassarmi un po’ troppo. Correre con il motore sempre ad alti regimi aiuta a non distrarsi.
C’è anche il rischio di “finirsi”.
Vero, l’altra faccia della medaglia è che ci si potrebbe stancare troppo a livello mentale. Se si va a correre dopo un grande Giro e si ha condizione viene tutto più semplice. Io credevo di stare meglio, ma proprio ieri, durante la seconda tappa qui in Slovenia, ho avuto delle sensazioni negative.
Hai parlato con qualche avversario?
Al Giro ho parlato un po’ con Affini e De Marchi. Il primo si lamentava che non ci fossero cronometro adatte a lui in questa edizione. Gli ho risposto che al campionato italiano avrebbe trovato il percorso adatto (dice con un sorriso, ndr). Insieme a De Marchi abbiamo parlato di quale sarebbe stato il percorso, durante la Corsa Rosa non avevamo ancora la certezza che si sarebbe corso a Udine.
Kevin è figlio di Paola Pezzo e Paolo Rosola. E da quest'anno correrà su strada dopo averlo fatto in Mtb. E' con il team Tirol. E' veloce e tiene in salita
Dal ritiro UAE Emirates di Benidorm arriva la notizia che Ayuso sarà leader del team al Giro d'Italia. Lo spagnolo vuole crescere, con Pogacar come modello
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«Mi fa sorridere che mi chiedi questa cosa – dice Hendrik Werner, coach alla Bora-Hansgrohe – perché l’abbiamo notata anche noi…».
E’ passata una settimana dalla fine del Giro e grazie a Sylwester Szmyd siamo arrivati al preparatore di Jai Hindley, con qualche curiosità a proposito dell’australiano e del suo modo di pedalare. E così per rompere il ghiaccio, siamo partiti dalla grande agilità della maglia rosa in salita. Così ogni santo giorno, fino alla bordata sul Passo Fedaia.
«Hindley non è mai andato tanto agile in salita – sorride ancora Werner – tutt’altro. Lui di solito usa rapporti troppo lunghi. Non ci abbiamo lavorato, perciò quando lo incontrerò e avremo tempo per parlare, gli chiederò se l’ha notato anche lui».
Werner ha conosciuto Hindley nel 2018-2019 alla Sunweb: quest’anno Jai gli è stato affidato (foto Bora-Hansgrohe)Werner ha conosciuto Hindley alla Sunweb, ora è il suo allenatore (foto Bora-Hansgrohe)
Dalla Sunweb alla Bora
Werner è del 1983 e risponde dalla Spagna. E’ arrivato alla Bora-Hansgrohe quando ne è uscito Patxi Vila, in precedenza era al Team Sunweb, dove ebbe modo di conoscere Hindley, pur non essendone l’allenatore. Quando poi l’australiano è approdato al team tedesco, è parso naturale affidarlo a lui. Jai ha vinto il Giro d’Italia e per un po’ il gruppo si è disperso per recuperare le energie. Il momento di ripartire verrà, ma per ora non se ne parla.
«Abbiamo vissuto giorni di super stress – dice Werner – super fatica, super pressione mediatica. Di colpo niente è più stato normale. Ora Jai si sta godendo due settimane di vacanze, in cui immagino ci siano anche dei festeggiamenti. A un certo punto però dovrà tirare una riga e fare i conti con questa stanchezza. Perciò, in attesa di affrontare il tema, confermo che il suo prossimo obiettivo è la Vuelta e non dovrebbero esserci cambi nell’avvicinamento e nella preparazione».
Carapaz e Landa in piedi, Hindley seduto: la sua agilità ha stupito anche WernerCarapaz e Landa in piedi, Hindley seduto: la sua agilità ha stupito anche Werner
Credevi che sarebbe tornato ai suoi livelli top?
Ne abbiamo parlato molto all’inizio di questa stagione. Gli abbiamo chiesto di descriversi e ci ha parlato del suo anno duro, non certo un anno da ottava meraviglia. Però i test hanno parlato subito di un ottimo recupero e di un ragazzo con la testa da corridore vero. Era dispiaciuto per aver perso il 2021 e la sensazione è stata subito che avesse bisogno di un ambiente come questo. Poi abbiamo cominciato a lavorare. Corsa dopo corsa, tappa dopo tappa, mi sono reso conto che migliorasse costantemente. In più, è stato il solo in squadra a non essersi preso il Covid e ad aver lavorato con continuità dall’inverno, che è stato buono, fino alla Liegi.
Come ti spieghi questo nuovo colpo di pedale così agile?
Se non è stato qualcosa di spontaneo, devo pensare che ci sia arrivato col ragionamento e abbia pensato di dover salvare la gamba. Davvero glielo chiederò. Mi viene il dubbio che neanche lui se ne sia accorto (sorride, ndr).
A Lavarone, Hindley ha provato un paio di allunghi, ma da fine salita all’arrivo c’era troppa pianuraA Lavarone, Hindley ha provato un paio di allunghi, ma da fine salita all’arrivo c’era troppa pianura
Hai imparato qualcosa di nuovo su di lui nelle tre settimane del Giro?
Lo conoscevo già bene, avevo solo il dubbio che dopo il 2020 potesse mancargli un po’ di convinzione. Mi ha colpito con quanta determinazione abbia trasformato quella delusione in coraggio. In ammiraglia scherzavamo spesso su cosa servisse per arrivare in rosa a Verona e ha sempre risposto da leader. Sapeva di dover guadagnare.
Ha aspettato il Fedaia per farlo…
Nel momento in cui ha dato tutto, ha trovato il feeling giusto e si è ripagato di tutto il lavoro fatto. A Torino ha assecondato il piano della squadra con una sicurezza nuova.
Sul Fedaia Hindley ha raccolto il frutto del grande lavoroSul Fedaia Hindley ha raccolto il frutto del grande lavoro
Credi che Hindley abbia imparato qualcosa di nuovo su… Hindley?
Sì e no. Dopo la Liegi abbiamo parlato di arrivare in Ungheria come leader e lui sapeva di essere pronto per farlo. Restava il dubbio se riuscisse a crescere col passare dei giorni. Parlava da giorni della Marmolada: era il solo posto in cui prendere la maglia rosa. Sapeva di dover cogliere ogni opportunità, ma quella l’aveva cerchiata di rosso. Sapeva che lassù, quel giorno, avrebbe guadagnato tempo.
Secondo Pozzovivo era prevedibile che crescesse così nella terza settimana.
Bello che lo dica un corridore così esperto. Jai ha trovato fiducia e recupero, confermando quel che avevamo visto in ritiro. Abbiamo fatto dei test incrementali e anche se lui non era quello capace di fare gli sforzi più lunghi, nel ripeterli era quello che recuperava meglio. La terza settimana è il suo terreno.
La decisione di attaccare sul Fedaia è stata dettata dalla voglia di non rischiare a crono
I passi avanti nella crono ci sono stati: 28° a Budapest, 15° (senza rischiare) a Verona
La decisione di attaccare sul Fedaia è stata dettata dalla voglia di non rischiare a crono
I passi avanti nella crono ci sono stati: 28° a Budapest, 15° (senza rischiare) a Verona
Cioni non è certo che Hindley avrebbe vinto il Giro se fosse partito con 3 secondi da Carapaz.
Avrei voluto vederlo fare quella crono con i 3 secondi di ritardo. Avrebbe avuto tanto da perdere e di sicuro il ricordo del 2020 quando perse la rosa da Tao Geoghegan Hart sarebbe stato più ingombrante. Sono certo che sia migliorato a crono, ma non si può dire come sarebbe finita nella terza settimana. Per questo abbiamo deciso che avrebbe dovuto attaccare. C’erano tante teorie, ma era meglio guadagnare prima della crono. Quanto al ritardo di Verona da Carapaz, direi che in discesa non ha voluto rischiare nulla. Facendo le curve piano, è arrivato 15°. Se avesse tirato, poteva essere 7°-8°. Non sono affatto sicuro che Carapaz avrebbe fatto meglio.
Alla Vuelta sarà super osservato.
Può fare bene, ma è chiaro che ci saranno delle aspettative e sarà un privilegio lavorare con lui per sostenerle. Tornerà in altura, come dopo il Catalunya. A primavera ebbe la prima settimana in cui era affaticato e ha dovuto recuperare, mentre i compagni erano già brillanti. Poi ha ingranato anche lui. E’ stato il solo caso in cui non si sia adattato bene all’altura, altrimenti ha ottime reazioni. Vediamo come starà dopo le vacanze e valuteremo il suo percorso attraverso l’estate.
Matteo Fabbro è il solito concentrato di grinta ed esplosivirà. Sa che il suo livello sta crescendo e vuole giocarsi bene le sue carte. Da qui al Giro...
Nicola Minali e suo figlio Riccardo. Entrambi velocisti, ma due mondi diversi. Leggero il primo, potente il secondo, che ora ha solo bisogno di fortuna
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Quando si sono resi conto che Fortunato stava uscendo dal Giro in buona condizione e che il ferro, battuto caldo, potrebbe ancora prendere la forma voluta, i vertici della Eolo-Kometa hanno riscritto il programma. Così il bolognese, originariamente puntato sul Giro di Slovenia, ha vinto un biglietto per la Adriatica Ionica Race, peraltro conquistata lo scorso anno. Nei giorni dopo la crono, trascorsi a Erba a casa della sua ragazza, ha impostato una settimana di mantenimento in vista della corsa che scatterà domani da Tarvisio.
«E’ venuto fuori nel giorno della crono di Verona – sorride – sto bene e purtroppo non ho raccolto quel che speravo. Ma al Fedaia sono andato forte. Perciò stringo i denti, mantengo ugualmente lo Slovenia e dopo l’italiano stacco un po’ la spina».
Dopo Verona e le buone sensazioni a fine Giro, si è deciso che Fortunato correrà la Adriatica Ionica RaceDopo Verona e le buone sensazioni a fine Giro, si è deciso che Fortunato correrà la Adriatica Ionica Race
Come si passa una settimana come questa, fra il Giro e la corsa successiva?
Innanzitutto devi chiuderti la bocca, cosa piuttosto difficile dopo un Giro in cui comunque mangi tutto pesato. In realtà la prima sera c’è sta la cena del fan club, per cui uno strappo me lo sono concesso. Mercoledì invece ho portato fuori la Veronica, ma per il resto sono stato bravo.
La bici?
La bici non l’ho toccata lunedì. Poi due ore martedì. Tre ore e tre ore mercoledì e giovedì. Due ore oggi e domani si corre.
Sei uscito presto, visto il caldo che c’è?
Presto per me vuol dire le 9, altrimenti di solito esco fra le 10 e le 11. Sono abbastanza tranquillo la mattina e poi qui a Erba, complici forse il lago e le montagne vicine, non è caldissimo. Ci sono 25-28 gradi. E poi dovremo correre nel caldo, tanto vale abituarsi.
Due settimane prima del Giro, il secondo posto finale alla Vuelta Asturias diceva che la gamba c’eraDue settimane prima del Giro, il secondo posto finale alla Vuelta Asturias diceva che la gamba c’era
Bocca chiusa va bene, ma cosa si mangia?
Tanta frutta, che al Giro non mangio mai. Insalatone. Cibi semplici. Carni bianche. Non salto il pranzo, ma esco senza fare colazione. I pasti è meglio salvarli.
Perché al Giro non mangi frutta o verdura?
Perché mangio tanta pasta, verdure quasi mai.
Una settimana con 10 ore di lavoro, facendo cosa?
Assecondando le sensazioni. Fatti gli esami del sangue prima e dopo il Giro, sai come stai. Per cui sono andato tranquillo i primi due giorni, ma già ieri e oggi ho provato qualche accelerata. Le sgasate che si danno per capire come stai davvero e perché comunque sul Monte Grappa voglio essere forte.
Il giorno di Aprica, per Fortunato 139 chilometri di fuga, ma alla fine un passivo molto pesanteIl giorno di Aprica, per Fortunato 139 chilometri di fuga, ma alla fine un passivo molto pesante
Soddisfatto del tuo Giro?
Ero partito per stare davanti, ma la forza per rimanere con i 5-6 migliori non ce l’ho. Il solo modo per fare classifica sarebbe stato entrare in una fuga nella terza settimana, ma non l’ho mai presa bene come l’anno scorso. Nella tappa di Aprica, il gruppo in fuga si è rotto e io sono rimasto dietro. Ci siamo trovati a fare 30 chilometri nella valle con il vento contro. Così alla fine, al posto di guadagnare, ho perso 10 minuti. Il giorno dopo lo stesso.
Confermi che era difficile prendere la fuga giusta?
La fuga giusta è quella che puoi pensare di vincere la tappa e di rientrare in classifica. Non è facile. O sei super, oppure ce ne sono altri dieci sullo stesso livello. E’ quello che è riuscito a Hirt, che tra Aprica e Lavarone ha vinto la tappa ed è salito al sesto posto.
La sera del Fedaia, in casa Ineos Grenadiers si sono resi conto probabilmente che per la prima volta dal 2012 potrebbero chiudere la stagione senza aver vinto un grande Giro.
L’incidente di Bernal ha ridotto il potenziale per il Tour, mentre sarà dura andare contro il… solito Roglic della Vuelta. Il ciclismo offre spazio a variabili imprevedibili, ma in sede di bilancio bisogna essere realisti. D’altro canto il mercato dei corridori di punta è blindato da un pezzo. Lo stesso team britannico parrebbe sul punto di rinnovare il contratto di Ganna, che pure scade alla fine del 2023. E così, non potendo prendere Pogacar, sotto contratto fino al 2027, il team di sir David Brailsford ha iniziato a costruirsi il futuro in casa. E nel frattempo ha prolungato fino al 2027 il contratto con Pidcock.
Parlando con i team manager in giro per le corse, questa è l’osservazione che più circola: vedrete fra 3-4 anni una Ineos ben più incisiva.
Una vita al Team Sky, poi un anno alla Bahrain McLaren e dal 2021 Ellingworth è tornato alla IneosUna vita al Team Sky, poi un anno alla Bahrain McLaren e dal 2021 Ellingworth è tornato alla Ineos
Sedici corridori U26
Su 31 corridori del team, ce ne sono 14 al di sotto dei 25 anni. Nomi come Bernal (25), Ganna (25), Dunbar (25), Narvaez (25), Sivakov (24), Hayter (23), Pidcock (22), Plapp (21), Rodriguez (21, foto di apertura), Tulett (20), Sheffield (20). Martinez, Rivera e De Plus ne hanno 26. Ragazzi che hanno già vinto e anche bene e che stanno seguendo un percorso di crescita progressivo che punta dritto verso il futuro. Quelli più maturi servono invece a garantire il presente.
Individuare il talento
Tra i motivi che due anni fa spinsero Brailsford a richiamare Rod Ellingworth nel suo team ci fu proprio la voglia di rifondarlo. Il “rosso di Burnley” aveva voltato la pagina e nel 2020 era approdato al Team Bahrain, portando con sé la mentalità Sky. Aveva reimpostato lavoro e rapporti interpersonali. E anche se non tutti riuscivano allora a farsene una ragione, i buoni risultati odierni del team di Miholjevic dipendono anche da quel tipo di inquadramento. Ma non fu mai del tutto amore, tanto che nel 2021 Rod è tornato alla casa madre.
Sivakov ha 24 anni e ha corso il Giro in appoggio a Carapaz. Ha un futuro da leader?Sivakov ha 24 anni e ha corso il Giro in appoggio a Carapaz. Ha un futuro da leader?
«Tra i motivi del ritorno – ci ha raccontato il mattino di Verona, prima che iniziasse la crono finale del Giro – ci fu anche l’intenzione di iniziare un lavoro diverso sul piano dello sviluppo con i corridori più giovani. Non ci è mai interessato aprire una continental, è solo un modo di legarsi le mani. Ma è innegabile che il ciclismo stia cambiando molto e serviva un modo nuovo per scoprire e gestire il talento».
Programma interno
Il ciclismo che cambia sta anche nella necessità di anticipare la selezione. Mentre prima nessun giovane britannico si sarebbe sognato di passare professionista senza prima fare un passaggio con il team di Brailsford, aver perso l’aggancio diretto con British Cycling ha fatto sì che nel 2020 Ben Tulett abbia firmato con la Alpecin-Fenix ad appena 19 anni. Riprenderlo era una missione e così è stato.
Tulett è arrivato quest’anno alla Ineos dopo due stagioni alla Alpecin. Al Giro, è stato 5° in entrambe le cronoTulett è arrivato quest’anno alla Ineos dopo due stagioni alla Alpecin. Al Giro, è stato 5° in entrambe le crono
«Ben è un giovane – ha sorriso Ellingworth – che seguivamo da un po’. Ha fatto progressi impressionanti nell’ultimo anno e il suo approccio e il suo atteggiamento sono esattamente ciò che cerchiamo. La sua passione per le corse unita all’ambiente del nostro team lo aiuterà a salire un altro scalino. Quel che vorrei sottolineare infatti è che abbiamo iniziato subito con un nostro programma interno. Certo ricorriamo anche ai suggerimenti dei procuratori, ma soprattutto puntiamo su un mix tra il nostro lavoro di scouting e i buoni rapporti con i club più piccoli e le federazioni. Avere buoni rapporti con loro serve a sapere che magari ci sono dei ragazzi giovanissimi in arrivo».
Diversi livelli di accesso
Il programma interno prevede anche la possibilità indicata giorni fa da Fabrizio Tacchino. Il giovane che voglia essere valutato e che non rientri nel programma di scouting del team può essere considerato previa valutazione di tutti i suoi allenamenti e le gare dell’ultimo anno.
Pidcock ha il contratto fino al 2027: come Pogacar alla UAE, blindato per evitare sorpresePidcock ha il contratto fino al 2027: come Pogacar alla UAE, blindato per evitare sorprese
«Conosco Tacchino – ha confermato Ellingworth – e quello che ha detto è vero. Abbiamo diversi livelli di accesso al nostro team. Chiunque può entrare in contatto con noi, ma è chiaro che se non lo conosciamo, abbiamo bisogno di valutarlo. In questo modo, possiamo renderci conto del suo livello e valutare se approfondire o meno la conoscenza».
Il nodo Rodriguez
E così il Team Ineos Grenadiers si affaccia sul futuro dovendo ancora rinnovare il contratto di Carapaz, con Richie Porte che si ritirerà a fine stagione e corridori come Thomas e Swift impegnati sino a fine 2023. Quella è anche la data di fine contratto di Carlos Rodriguez e sarà curioso capire se si procederà presto al rinnovo, dato che si tratta di uno dei ragazzi più promettenti, che però al pari di Ayuso è nell’orbita di Matxin. La corte britannica saprà trattenerlo oppure rimarrà anche lui… vittima della seduzione araba?
Lottare tra i giganti. Deve essersi sentito un Davide tra i Golia, Edoardo Zardini nelle ultime tappe del Giro d’Italia. Il veronese della Valpolicella si è dato da fare in questa corsa. Ha cercato la fuga all’inizio e ma soprattutto l’ha trovata nelle frazioni finali: Castelmonte e Fedaia.
Era da un po’ che non lo vedevamo davvero protagonista. Il terribile incidente avuto nel Gp Lugano del 2016, una giornata tremenda dal punto di vista del meteo, ha inciso parecchio nella sua carriera. Zardini era uno dei ragazzini rampanti del Giro e del gruppo. Nel 2014 aveva vinto una tappa al Giro del Trentino. Era spesso in fuga. Tanti scatti. Uno di quei “piccoletti” tremendi che tanto piacciono al pubblico. Una crescita costante.
Per Edoardo Zardini un finale di Giro all’attaccoPer Edoardo Zardini un finale di Giro all’attacco
Coltello fra i denti
Il corridore della Drone Hopper-Androni lo abbiamo intercettato mentre se ne ritornava ai bus costeggiando il lago Fedaia. Aveva la testa incassata tra le spalle, lo sguardo stanco di chi aveva dato tutto e il pantalocino strappato all’altezza del gluteo.
Un cenno, i complementi per un’altra lunga fuga (era nel gruppo con Covi) e si è fermato a parlare.
«Oggi avevamo l’obiettivo di entrare in fuga – diceva Zardini – non era facile però ci sono riuscito. Mi sono fatto trovare pronto. Sono anche caduto nella discesa bagnata all’inizio, ma fortunatamente la bici era okay e sono riuscito a rientrare.
«E questa scena è un po’ la foto del mio Giro». Molta fatica e nessuno che ti regala nulla. Specie se non sei di una WorldTour ogni cosa te la devi sudare col coltello tra i denti. E in qualche modo costa il doppio.
Il veronese si è guadagnato il posto al Giro grazie ad un buon Tour of Hellas (qui secondo dietro il belga Teugels)Il veronese si è guadagnato il posto al Giro grazie ad un buon Tour of Hellas (qui secondo dietro il belga Teugels)
Esperto all’improvviso
A novembre compirà 33 anni. Ha ormai una certa esperienza. Però questa maturità sembra arrivata all’improvviso. Non è più un ragazzino ed è inevitabile iniziare a fare anche un bilancio della carriera. Tanto più nell’atmosfera di un Giro che volgeva al termine.
«Penso che ho buttato un po’ di anni – racconta Zardini – per vari motivi: infortuni, squadre che non sono andate bene, pandemia. Quest’anno il team mi ha dato fiducia e sono tornato al Giro d’Italia e già questo per me è stato importante, se non fondamentale.
«Ero qui a lottare, e lottare su questi palcoscenici vuol dire tanto. Forse avevo anche un po’ perso l’abitudine per certe corse e per fare certe cose, però… sono solo contento di dare il massimo. Qualcosa di buono c’è ed da qui che bisogna ripartire».
«Adesso non sono più un ragazzino anche per questo nei prossimi anni voglio divertimi. Adesso che ho ritrovato la fiducia del team ho trovato un po’ la quadra di nuovo vorrei tornare alla vittoria. Magari in qualche gara più abbordabile».
Zardini parla con passione. Sempre più lentamente. Alla fine c’è commozione. Provate ad immedesimarvi. Due giorni di fuga, due giorni di fatica estrema. Si arriva sulla Marmolada, luogo quasi mistico di suo, figuriamoci in quel momento, e il Giro che volge al termine. E’ la tempesta perfetta per le emozioni.
Zardini (classe 1989) è pro’ dal 2013Zardini (classe 1989) è pro’ dal 2013
Obiettivo divertimento
L’indomani, con le gambe e la testa più freschi, Edoardo ritrova sorriso e buon umore, tanto più che si corre nella sua Verona. C’è tanta, tanta voglia di continuare a fare bene.
«Il mio ciclismo adesso so qual è – dice mentre si prepara per la crono – so dove sono e che corridore sono. L’idea pertanto come ho detto ieri è di continuare a fare bene, ma con più consapevolezza.
«Il ciclismo voglio godermelo».
E magari potrà goderselo già a partire da oggi. Uscito con una buona gamba dal Giro d’Italia la squadra lo ha portato al Giro dell’Appennino. Una corsa adatta ad uno scalatore coraggioso come Edoardo.
Magari non si vede, attratti dai campioni che sgomitano in testa o che fanno gli show altrove, ma c’è anche chi il suo Giro lo ha vinto, arrivando al traguardo. Non trovando la vittoria, ma ritrovando sé stesso. Lottando come un Davide tra tanti Golia.
Dopo un Giro come quello dello scorso anno non era facile tenere i piedi per terra. Soprattutto se arrivano altre squadre e provano a portarti via i gioielli di famiglia. Così alla Eolo-Kometa, una volta blindati Fortunato e Albanese, si sono avviati alla corsa rosa facendone il centro della stagione. Con Fortunato da rivedere all’opera dopo lo Zoncolan e il Monte Grappa del 2021 e Albanese da condurre alla prima vittoria dopo tanti piazzamenti interessanti.
Zanatta ha seguito il Giro osservando i suoi atleti e prendendo nota dei loro marginiZanatta ha seguito il Giro osservando i suoi atleti e prendendo nota dei loro margini
Lampi di Eolo-Kometa
Le cose sono andate parzialmente come si voleva. Rosa ha fatto vedere di avere nuovamente gamba e l’ha immolata nella rincorsa alla maglia azzurra dei Gpm. Fortunato ha mostrato di avere ancora bisogno di consolidarsi prima di reggere il passo dei grandi: una considerazione persino banale, a pensarci bene. Gavazzi è stato la solita granitica certezza. Mentre Albanese è stato il primo degli umani nella tappa di Jesi, battuto solo da Van der Poel e Girmay, poi si è progressivamente estraniato dalla corsa, facendo venir meno il suo appoggio a compagni, come lo stesso Fortunato, che probabilmente ne avrebbero avuto bisogno per entrare in fuga.
Rosa ha speso molto per rincorrere la maglia dei GPM ed è stato a lungo protagonistaRosa ha speso molto per rincorrere la maglia dei GPM ed è stato a lungo protagonista
Parla l’ammiraglio
Con Stefano Zanatta abbiamo voluto ripercorrere i giorni rosa del team varesino, che nel prossimo futuro potrebbe voler fare delle scelte di organico, puntando su qualche nome ancora nel pieno dell’efficienza che garantisca punti e risultati che tengano i giovani al riparo da attese eccessive.
«E’ stato un Giro – dice il tecnico veneto – da qualche parte bello, da qualche parte un po’ meno bello. Un Giro d’Italia combattuto. Abbiamo mantenuto lo stesso spirito dello scorso anno, correndo secondo le nostre possibilità. Siamo entrati nelle fughe in qualche occasione e non abbiamo avuto la fortuna di arrivare come l’anno scorso. Quella fu una cosa eccezionale, dove tutti gli astri si misero a nostro favore».
Albanese terzo a Jesi alle spalle di Girmay e Van der Poel, eccolo dietro in pieno sprintAlbanese terzo a Jesi alle spalle di Girmay e Van der Poel, eccolo dietro in pieno sprint
Una prestazione pari al 2021?
Credo che il livello della squadra sia stato superiore. Abbiamo lottato con Diego Rosa e preso la maglia dei Gpm. Albanese ha fatto due risultati di livello. E’ arrivato a Potenza dopo 5.000 metri di dislivello con tutti i migliori della classifica e ha lottato per un piazzamento (Vincenzo è arrivato 7°, battuto da Kamna nella volata alle spalle della fuga di Bouwman, ndr). E poi a Jesi l’hanno battuto solo Girmay e Van der Pool, i due più forti che ci sono in questo momento in tappe come quelle. Quindi credo che il livello di Albanese e della squadra sia stato buono.
Quanto a Fortunato?
Lorenzo ha dimostrato ancora una volta che in salita va. Sul Fedaia, togliendo la fuga, ha dimostrato che dove le pendenze si fanno più importanti, lui c’è. Deve avere magari la fortuna di trovarsi in una fuga dove non ci siano i leader di altre squadre WorldTour, perché abbiamo visto che dopo metà Giro tutti quelli che non erano più in classifica hanno lottato per entrare nelle fughe. Se ti trovi a confronto con i più forti, poi diventa un po’ più difficile. Questo è lo spirito della squadra, questo è lo spirito di una professional come la nostra.
Sfinito dopo la tappa di Torino, Francesco Gavazzi è stato un solido regista in corsa per la Eolo-KometaSfinito dopo la tappa di Torino, Francesco Gavazzi è stato un solido regista in corsa
Gli altri giovani?
Sono cresciuti. Ragazzi come come Bais, Rivi e Fetter si sono messi in mostra in qualche occasione e sicuramente ci porteranno valore aggiunto nei prossimi anni.
Fortunato era partito per far classifica?
Credo che questo sia stato detto solo a titolo di cronaca. Però noi abbiamo pensato, soprattutto io che ho parlato sempre con Lorenzo, di poter correre come abbiamo fatto l’anno scorso. La classifica viene di conseguenza e lui attualmente non ha ancora nelle corde la possibilità di arrivare nei 10 facendo corsa di testa. Soprattutto con questa partecipazione. Può arrivare nei 10 in un grande Giro, però entrando in qualche fuga nell’ultima settimana. La dinamica della gara si è rivelata un po’ penalizzante per lui…
Davide Bais e Samuele Rivi, due giovani per cui il Giro è stato una grande esperienzaDavide Bais e Samuele Rivi, due giovani per cui il Giro è stato una grande esperienza
Quindi la mancata classifica dipende dal non essere entrato in una fuga giusta?
Magari tutti si aspettavano che Lorenzo potesse fare classifica, ma nella mia testa e soprattutto nella sua questo non c’era. Lo Zoncolan fu una scoperta, quest’anno c’era la consapevolezza che lui andasse bene. E’ partito subito forte all’inizio dell’anno, con il secondo posto nell’ultima tappa alla Vuelta Andalucia. E’ stato a lungo con i migliori nella tappa di Carpegna alla Tirreno e questo ha fatto sì che il ragazzo abbia più consapevolezza delle proprie forze. Solo che manca ancora l’esperienza necessaria per arrivare con i primi.
Esperienza o forza fisica?
L’anno scorso è arrivato al Giro quasi per caso. Quest’anno l’ha preparato in maniera diversa e adesso ha la consapevolezza di dove si può lavorare e migliorare. Abbiamo i parametri perché nella seconda parte di stagione possa lavorare per togliere il gap e salire ancora uno scalino.
A Lavarone, Fortunato è stato in fuga e si è poi piazzato a 4’56” da BuitragoA Lavarone, Fortunato è stato in fuga e si è poi piazzato a 4’56” da Buitrago
E’ stato un Giro allenante per lui?
Dice di esserne uscito bene, per cui si è deciso proprio domenica dopo la crono di portarlo alla Adriatica Ionica Race. C’erano aspettative da parte sua, dell’entourage, gli amici, la famiglia, dei giornalisti. Però considerando l’aspetto tecnico, noi abbiamo sempre considerato di mantenere un basso profilo e lavorare. C’era la consapevolezza che lui potesse essere ancora un gradino sotto ai suoi livelli, ma certo è stato un Giro duro, soprattutto nell’ultima settimana. Per cui con la Adriatica Ionica Race e poi lo Slovenia si lavorerà per puntare al campionato italiano, dove si concluderà la prima parte della nostra stagione.
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