Adesso comincia il difficile e Bernal lo dice chiaramente. Confermando quel che aveva anticipato Fabrizio Borra, d’ora in poi ogni giorno sarà una scoperta. Presto non si tratterà più di girare le gambe accompagnando i pedali, ma di costruire la condizione. Aumenteranno ore e carichi e a seguire si dovrà parlare di intensità. Il suo fisico è fuori dall’ordinario, ma i traumi ci sono stati e al netto del recupero più o meno rapido e del talento, ci sarà da stringere i denti. Egan l’ha capito e cerca di stare alla larga dai facili entusiasmi, che soprattutto in Colombia sono rapidi ad accendersi.
«Non ha senso – ha detto a margine della pedalata su Zwift con i suoi tifosi dello scorso weekend – rischiare di dare una data per il ritorno, perché sarebbe un po’ irresponsabile. Sarebbe un sogno tornare a correre entro la fine dell’anno, ma come faccio a dire che voglio andare alla Vuelta? Una gara di tre settimane sarebbe troppo dura, forse sarebbe chiedere troppo al mio corpo. Ma non poniamo limiti, lo scopriremo col tempo. Non si può partecipare a una corsa come la Vuelta improvvisando. Se ho dolore, non sarò in grado di finirla, quindi non sarebbe l’ideale. Ci sono alcune altre gare a cui potrei pensare, ma per ora voglio concentrarmi sul mio recupero».
Che analisi fai del tuo presente?
Due mesi fa ero a letto e non immaginavo di riprendermi così. Tutto questo grazie all’incoraggiamento delle persone.
Cosa dice la squadra?
Mi supportano, mi mandano messaggi di incoraggiamento e mi ripetono che devo fare le cose con calma, di prendermi tutto il tempo che serve. Questo mi tranquillizza. Farò di tutto per rientrare il prima possibile, per me sarebbe importante.
Froome ha criticato l’uso delle bici da cronometro in allenamento…
Ho visto il titolo, ma non ho letto la notizia e non so cosa abbia detto in proposito. La bici da crono appartiene al ciclismo, senza di essa non sarebbe lo stesso sport e lo dice uno consapevole di non essere il migliore contro il tempo. E’ chiaro però che guidare una bici da crono è più difficile che guidare una bici da strada.
Com’è stato il giorno in cui sei tornato in sella?
E’ stato il giorno più bello della mia vita. Poter pedalare con i miei amici, la mia famiglia, mia mamma, il mio fratellino… E’ stato molto bello, speciale. Inoltre lo abbiamo fatto con il dottore che mi ha operato la schiena e a sua detta è stato uno degli interventi chirurgici più complicati che abbia mai svolto.
Come è stato rimettersi in movimento?
Ovviamente il ciclismo è la mia vita, mi appassiona, è quello che ho fatto per tutta la vita ed è quello che voglio fare ancora. La prima cosa cui ho pensato è stata ripartire, ma anche e soprattutto di tornare a una vita normale. C’è stato anche il momento in cui ho pensato che del ciclismo non mi importasse più nulla, c’erano prima la mia vita e la mia famiglia. E’ durato una settimana.
Poi cosa è successo?
Ho iniziato a muovere la gamba. Anche sul letto in terapia intensiva, quando il mio papà, mia mamma, il mio fratellino se ne andavano, stringevo la gamba fra le mani e provavo a spingere. Sapevo quando mi davano le medicine per il dolore e facevo le mie prove prima che arrivassero, per sentire davvero come stavo. Grazie a questo e all’aiuto della famiglia, presto mi è venuto il desiderio di alzarmi in piedi, lasciare l’ospedale e iniziare il processo di riabilitazione. Era ancora poco, ma abbastanza per iniziare.
Quando ti sei reso conto della gravità delle ferite?
Non sapevo che intervento avrebbero fatto. Quando mi hanno addormentato, ho pensato che avrebbero operato soltanto il femore. Quando mi sono svegliato e mi hanno detto cosa avevano fatto, ho capito che in realtà la faccenda era ben più complicata. A quel punto hanno cominciato a dirmi poco a poco che la situazione era dura e che era un miracolo che fossi ancora vivo.
Camminare senza bastone è ancora impossibile?
Mi fa più male quando cammino che quando sono in bici, devo usarlo ancora. Sulla bici sto bene, mi aiuta nel recupero.
Che reazione hai avuto dopo l’incidente?
Per fortuna non ho perso la memoria, posso ricordare tutto e un domani raccontarlo ai miei nipoti, ma all’inizio è stato molto doloroso.
Come vanno le tue giornate?
In questo momento, molto meglio. Da una decina di giorni ho iniziato ad andare in bicicletta, sono diventato di nuovo un ciclista. Mi alzo, faccio colazione e poi esco a pedalare. Esco con mia mamma, mio fratello, i miei amici di una vita. Pedalo per due, tre ore. Ci fermiamo due o tre volte per bere il caffè. La cosa che più mi piace è sentire nuovamente l’aria in faccia. Rientro alle quattro del pomeriggio e la sera vado a fare fisioterapia e recupero a Chia, nella Clinica dove mi hanno operato. Facciamo esercizi con le palle, con la fascia. E a quel punto la giornata può anche finire. La sera sono con mia madre e i miei amici.
Hai voglia di tornare in corsa?
Voglio gareggiare di nuovo. Al momento giusto, sarò il primo a fare pressione sulla squadra.
Hai seguito qualche gara?
Poco, è frustrante vedere e non esserci. Io davanti alla televisione e gli altri che corrono, non mi piace. Cerco di evitarlo…
La riabilitazione proseguirà in Europa?
Il team ci sta già pensando. L’idea è di partire, non si sa ancora quando, non prima almeno di aver capito se posso salire su un aereo.
Cosa ti ha colpito in queste settimane?
Tante cose, ma la chiave è stata l’energia buona delle persone. Una volta la donna delle pulizie mi ha detto che aveva recitato il rosario per la mia guarigione e questo mi ha colpito tanto, perché ci saranno di certo molte persone così.
Mentre tu recuperi, i tuoi rivali gareggiano e si allenano…
Non ci penso. Torno a casa e non penso a cosa stanno facendo Pogacar e gli altri. Arriverà quel momento, per vedere cosa stanno facendo e cosa farò io. Per adesso mi concentro sul recupero, sullo stare con la mia famiglia e basta.
Quali tappe mancano per tornare in gara?
Ho passato la parte più difficile. Questo tempo è stato breve, solo due mesi, ma è stato difficile. Pedalo già, posso condurre una vita normale e anche se d’ora in poi ci vorrà un anno o più per gareggiare, bè… Mi sento bene a fare quello che faccio.