Il quartetto, il recupero e un gap da colmare

05.06.2021
5 min
Salva

Diego Bragato, colui che sta dietro alla preparazione dei nostri pistard, ha ormai un quadro abbastanza chiaro della situazione. Il quartetto dell’inseguimento deve essere un’orchestra così ben affiatata, che avere alcuni membri reduci dal Giro d’Italia e altri che non corrono da chissà quanto rischia di essere un bel problema. Soprattutto ora che gli europei di giugno sono stati rinviati e che, come si diceva ieri con Vittoria Guazzini per le ragazze, mancherà un importantissimo momento di verifica e confronto.

«Sarebbero stati un bel test per misurarci a livello internazionale – dice – e mettere un po’ d’ordine in vari aspetti tattici. Ognuno ha il suo ruolo, ma è chiaro che atleti come Ganna, Viviani e Consonni hanno nelle gambe il grosso volume del Giro e non avranno paura di sostenere i tanti lavori di intensità che andremo a proporgli, mentre gli altri avranno bisogno di un’integrazione di corse su strada. Per questo, Ganna farà i campionati italiani a cronometro, il Giro di Sardegna e poi andrà a Tokyo. Gli altri, Elia compreso, faranno la Adriatica Ionica Race, poi il Sardegna e andranno a Tokyo».

Per Viviani dopo il Giro buoni numeri, ma pochi picchi: c’è da lavorare
Per Viviani dopo il Giro buoni numeri, ma pochi picchi: c’è da lavorare
Al momento i ragazzi sono a Livigno: quale la loro… missione?

Lavorare per rialzare la frequenza di pedalata che il Giro d’Italia inevitabilmente ha abbassato, lavori di forza facendo partenze da fermi ed esercizi in palestra per recuperare il massimale. Un’altra fase di lavoro su strada sarà fatta nelle corse appena dette, mentre i lavori specifici ad alta intensità li faremo invece in pista a Montichiari.

Che cosa gli avevate chiesto vedendoli partire per il Giro?

Che con il passare delle tappe ci dessero dei feedback con le loro sensazioni e cosa eventualmente mancasse alla loro preparazione. Ganna lo abbiamo visto tutti, Consonni ha finito in crescendo, Viviani non ha vinto ma non ha mostrato problemi di condizione.

Con quali obiettivi correranno alla Adriatica Ionica Race e in Sardegna?

Non abbiamo più bisogno di salite lunghe, mentre prendere il vento in faccia nelle tappe nervose e vallonate sarà molto utile.

Il quartetto è formato da individualità che si dovranno uniformare. Qui Viviani, Lamon, Ganna, Scartezzini e Bertazzo
Il quartetto è formato da individualità che si dovranno uniformare
Il Giro offre davvero una base così buona su cui impostare la preparazione?

La differenza è evidentissima, si nota soprattutto la prima volta che un atleta affronta una gara di tre settimane. Ti accorgi che assimila i carichi di lavori con una facilità di recupero che gli altri non hanno. Penso a Ganna, che a Tokyo farà la crono e poi dovrà recuperare per la pista. Oppure a Viviani e Consonni che potrebbero fare il quartetto e poi correre le prove di gruppo. Per tutti loro, aver fatto il Giro sarà un grosso vantaggio.

Il Tour non sarebbe stato altrettanto prezioso?

Se ragionassimo di una prova secca, un pezzo di Tour e poi una serie di lavori specifici potevano essere una soluzione. Ma il regolamento non lo consente, chi fa le prove veloci deve far parte anche del gruppo degli inseguitori.

Consonni ha chiuso il Giro in crescendo: ottimo segnale, dato che l’inizio di stagione era stato sofferto
Consonni ha chiuso il Giro in crescendo: ottimo segnale, dato che l’inizio di stagione era stato sofferto
Hai detto che Viviani ha una buona condizione, ma al Giro è parso un po’ indietro…

Elia ha sempre avuto bisogno di correre tanto per trovare la condizione. Il lockdown, il 2020 con la caduta e le poche corse e quest’anno con l’intervento al cuore e la relativa pausa non lo hanno aiutato. Al Giro non ha mai rischiato di andare a casa, ma non aveva la brillantezza dei tempi migliori.

Per questo correrà la Adriatica Ionica Race?

Ci sono dei lavori che deve fare. Non dimentichiamo che anche su strada ha raggiunto il suo livello grazie a quello che faceva su pista e che dopo Tokyo ha smesso di fare per almeno due stagioni. Non è un caso che non abbia più ritrovato quella brillantezza e ora quelle sono le sensazioni che sta cercando. I numeri ci sono, ma le gare non si vincono con i numeri. Al Giro gli è mancata la testa, in certi momenti la squadra e la capacità o la fortuna di cogliere i momenti che in certi finali fa la differenza.

Marco Villa, Francesco Lamon
Marco Villa e Francesco Lamon: il veneto è il primo uomo del quartetto
Marco Villa, Francesco Lamon
Marco Villa e Francesco Lamon: il veneto è il primo uomo del quartetto
Al di là del peso che forse era ancora da limare, i 32 anni possono essere un problema?

La teoria dice che con l’età si perdono i picchi e per questo servirà un lavoro importante di intensità che faremo. Comunque Elia è ancora giovane fisiologicamente. Quattro anni fa avrebbe avuto bisogno di due settimane per mettersi a posto, questa volta servirà più tempo. Lui è uno di quelli che dall’europeo avrebbe tratto tanto vantaggio.

Quindi nei giorni degli europei sarete in pista simulando le gare?

Esatto, faremo delle simulazioni dormendo in quota al passo Maniva e scendendo per allenarci. Da giovedì però saremo insieme a Livigno. Ci aspetta proprio un bel compito. 

Il Cassani della moto parte da Nibali e sgrana il rosario

30.05.2021
6 min
Salva

Cassani sulla moto azzurra ha vissuto un Giro davvero speciale. Chiunque abbia seguito una corsa in moto lo sa bene. E’ come essere in gruppo. Vedi gli sguardi. Senti le voci. Impari i gesti. Riesci a scambiare poche parole. E semmai vedi cose che alle telecamere sfuggono e ti permettono, se hai un ruolo come il suo, di approfondire il discorso dopo le tappe. Cassani infatti non ha raccontato tutto, ma di certo sul suo taccuino sono finiti i nomi per le Olimpiadi. Gli azzurri di Tokyo usciranno dal Giro e non dal Tour. Del resto, se il percorso ha una salita di 6 chilometri al 10 per cento, non puoi prescindere dagli scalatori. Già, ma chi portare?

Dalla moto Rai, Cassani ha potuto osservare al meglio i suoi azzurri
Dalla moto Rai, Cassani ha potuto osservare al meglio i suoi azzurri

Come sta Nibali?

Quando ci si trova fra giornalisti a parlare della squadra per le prossime Olimpiadi, il primo nome su cui ci si sofferma è quello di Vincenzo Nibali. Una sorta di diritto all’azzurro che gli viene dalla storia e dalla sete di rivalsa sulla sfortuna di Rio. Si disse che il siciliano avesse prolungato la carriera proprio per prendersi la rivincita olimpica, ma le cose non stanno andando secondo i suoi disegni. La frattura del polso prima del Giro d’Italia gli ha impedito di esprimersi come avrebbe voluto. Cassani lo sa.

«Più o meno sto ricevendo le risposte che mi aspettavo – dice il commissario tecnico azzurro – ma con Vincenzo dovrò fare una chiacchierata. Sono stato molto chiaro, ora dobbiamo verificare, come lui per primo ha raccontato due giorni fa al Processo alla Tappa. Quel Nibali ora non c’è e non so se si ritroverà. Però è uno che lotta, per questo voglio parlarci chiaramente nei prossimi giorni».

Caruso ha conquistato con il coraggio, la personalità l’ha sempre avuta
Caruso ha conquistato con il coraggio, la personalità l’ha sempre avuta

Conferma Bettiol

Se aver vinto grandi corse è un titolo preferenziale, alla rosa degli azzurri si aggiunge subito il nome di Bettiol, re del Fiandre 2019, su cui Cassani ragiona in modo concretissimo.

«Certo che aver vinto grandi corse è importante – sorride – non credo che uno che non ha mai vinto possa pensare di cominciare dalle Olimpiadi. Con Alberto sono rimasto sempre in contatto e a parte l’ultimo periodo un po’ spento, non aveva più dato grossi segnali in salita, cosa che invece qui al Giro ha fatto alla grande. Mi ha impressionato in un paio di situazioni per il lavoro fatto con Carthy. Sul Giau e soprattutto a Sega di Ala se lo è portato sulle spalle. E poi ha vinto. Uno così non lo puoi lasciare fuori, ma ricordiamoci che il risultato in una corsa come quella viene solo se si mette insieme una grande squadra. E’ per questo che devono essere uomini speciali ed è per questo, ad esempio, che cinque anni fa uno come Damiano Caruso faceva già parte della spedizione».

Bettiol ha vinto, ma soprattutto ha dato grandi segnali in salita
Bettiol ha vinto, ma soprattutto ha dato grandi segnali in salita

Caruso, capitano vero

Già, come non parlare del Damiano nazionale che ieri ha fatto venire i brividi all’Italia del ciclismo? Per dare al pezzo un po’ di sapore di Giro, vale la pena annotare che l’intervista con Cassani si è fatta tentando di scendere da Campodolcino verso Chiavenna, in una coda interminabile provocata dalla rottura di uno dei camion che trasportano le transenne (altro che pullman), proprio nella serata di gloria di Caruso.

«Mi è piaciuto – dice Cassani, che ha seguito anche la tappa di Valle Spluga sulla moto – perché in una situazione per lui nuova, in cui tutti pensavamo avrebbe gestito, ha dato più di quanto anche lui si aspettasse. Non ha avuto paura, ha rischiato. Ha ragionato da capitano vero, lui che in fondo capitano di strada lo è sempre stato. E a margine di tutto questo, non si è mai snaturato, è sempre stato se stesso. Oggi (ieri, ndr) ci ha regalato una tappa bellissima».

Moscon è uno di quelli su cui il cittì conta: «Lo conosco bene»
Gianni Moscon è uno di quelli su cui il cittì conta: «Lo conosco bene»

Moscon e gli altri

Il quarto di cui si parla è Moscon, quello del Tour of the Alps più che quello di fine Giro, dove una caduta l’ha un po’ messo fuori gioco.

«Gianni è partito bene – dice Cassani – poi la caduta gli ha messo un po’ di sabbiolina negli ingranaggi. Con lui ho sempre avuto uno splendido rapporto e anche molto chiaro. Ci sono stati anni in cui nessuno gli dava fiducia e lui ha tirato fuori due mondiali coi fiocchi a Innsbruck e Harrogate. E anni come lo scorso in cui mi sono reso conto che non stava bene ed è rimasto a casa. Con Gianni so parlare, è un punto di forza. Ma come ci siamo detti, non è la sola alternativa a Nibali.

«Sto prendendo in considerazione anche Formolo, che per caratteristiche è uno da classiche e vorrei tanto sapere perché, dopo aver detto che avrebbe puntato alle tappe, si è messo a far classifica. E poi ci sono De Marchi, con cui comunque voglio parlare, Ciccone sperando che si rimetta presto e Ulissi che ha fatto vedere qualcosa di buono. Mi servono dei fondisti e non avendo fra i nostri cinque un favorito per l’oro, bisognerà correre in base ai corridori che abbiamo».

Grazie Rai e Fci

Ultimi due capitoli, l’avvicinamento e la crono. «Il Tour lo faranno in pochi – dice – fra quelli che puntano alle Olimpiadi. I nostri sono seri professionisti, per cui immagino una fase di altura e semmai la Settimana Italiana in Sardegna per rifinire. Quanto alla partenza per Tokyo, stiamo valutando due date, perché c’è il dubbio che, una volta là, non ci permettano di allenarci su strada. Mentre per la crono, a Ganna si potrebbe affiancare Bettiol che va molto bene. E’ tutto scritto negli appunti di questo Giro, durante il quale ho avuto la grande opportunità della moto grazie alla Rai e alla Federazione. Sono riuscito a restare concentrato sul mio ruolo, sono stato un Cassani diverso da quello degli anni in postazione. E’ stata un’esperienza bellissima, che ha aggiunto tasselli importanti al mio lavoro. Non mi ha deconcentrato, mi ha permesso di farlo a un livello superiore».

Il Muro d’Huy, trampolino di un’Elisa più fredda? Chissà…

07.05.2021
6 min
Salva

«La vittoria di Cittiglio è stata l’highlight di primavera – racconta Elisa Longo Borghini – ma devo dire che anche il Muro d’Huy mi ha dato una bella soddisfazione, perché ho corso con una lucidità che a volte dimentico nel cassetto e non porto con me in corsa…».

A Torino sta per partire il Giro d’Italia, ma ovunque ti giri ti accorgi di quanto ciclismo ci sia in Europa. I professionisti stanno correndo in Algarve, le ragazze sono alla Valenciana. Elisa è a casa e da qualche giorno ha ripreso ad allenarsi seriamente dopo la stagione delle classiche. A breve però anche lei ripartirà proprio dalla Spagna, poi punterà sul Giro Rosa con le Olimpiadi nel mirino. E’ il momento giusto per rivivere la prima parte della stagione e lanciare un ponte sulla seconda.

Il Trofeo Binda di Cittiglio è stato l’highlight di primavera: vittoria per distacco
Il Trofeo Binda di Cittiglio è stato l’highlight di primavera: vittoria per distacco

Istinto e freddezza a Huy

«Penso troppo – continua – lo so da me. E a volte per questo pensare mi capita di perdere l’attimo. Oppure reagisco troppo presto. Sono sempre pronta. Attacco. Inseguo. Calcolatrice non sarò mai, però alla Freccia Vallone sono riuscita a fare rapidamente il ragionamento giusto. Ho capito che se fossi rimasta a ruota di Anna Van der Breggen mi sarei fatta male. Così l’ho mollata e ho preso il mio passo. Ho lasciato passare le due che mi seguivano, pensando che le avrei avute come punto di riferimento. E quando sono arrivata ai 180 metri sul Muro d’Huy, mi sono detta: “E’ il momento di sprintare”. Così sono partita. Le ho saltate. Ed è venuto il terzo posto».

L’aiuto di Borgia

E’ un percorso non semplice. Ci sono corridori con la freddezza innata. Quelli che ne fanno una virtù perché sanno di avere una sola cartuccia da sparare e devono farlo con metodo. E poi ci sono quelli che hanno tanta forza e sono sempre stati abituati a risolvere le situazioni aprendo il gas. Eppure quello che è successo a Huy fa intravedere un cammino diverso.

«Forse è il mio caso – ammette – ho spesso una buona condizione, mi viene facile. A volte si chiude la vena e parto. Quando magari con più freddezza e meno sforzo si potrebbero ottenere risultati migliori. Ci sto lavorando. La squadra collabora con Elisabetta Borgia, che è una bravissima mental coach. Ma credo che ci si arrivi con l’esperienza, facendolo e rifacendolo…».

Il lavoro di Elisabetta Borgia sta dando ottimi frutti: la freddezza di Huy ne è il segno?
Il lavoro di Elisabetta Borgia sta dando ottimi frutti

La zia Elisa

Elisa e il suo ritrovato sorriso sono nati lo scorso anno dopo il lockdown, quando si rese conto del bello che aveva nella sua vita e del rischio di perderlo.

«Sto bene – ammette – mi diverto. A volte momenti così servono per realizzare tante cose. E se capisci di essere fortunato per la vita che hai, ti viene anche di viverla con più leggerezza senza darla per scontata. In questi giorni sono stata a casa. Un recupero blando che ci voleva. Un po’ di relax in famiglia di cui avevo bisogno, perché sono stata a lungo fuori per le corse e prima quando abbiamo cercato di rimanere il più possibile con la squadra. Ho approfittato della zona gialla per andare a salutare qualche amica. Ho portato fuori i miei nipoti in bici. Sono i figli di Paolo. Anna, che ha 12 anni. Marta, la seconda, che ne ha 9. Poi Cristian e Pietro, l’ultimo arrivato. Anna si allena già su strada. Siamo usciti con lei e mio fratello nei dintorni di Ornavasso. Marta si allena con Pietro e altri bambini in un circuito nella zona industriale. Sono bei momenti, ma nel frattempo, da lunedì ho ripreso ad allenarmi anche io. Giusto ieri ho fatto cinque ore e la prossima settimana si riparte. Il 13 maggio alla Emakumeen Nafarroako, il 14 alla Navarra Classics e il 16 al Gran Premio di Eibar, nei Paesi Baschi. E poi dal 20 la Vuelta Burgos».

Seconda alla Strade Bianche, seconda gara della stagione. Il debutto alla Het Nieuwsblad
Seconda alla Strade Bianche, seconda gara della stagione

Test Giro

La Spagna sarà il primo passo verso il Giro Rosa e il Giro Rosa sarà il trampolino verso le Olimpiadi, in una consecutio che le permette di non fare troppi voli pindarici e dare una logica al lavoro, in modo che quel tanto pensare le dia tregua e si concentri su un obiettivo per volta.

«In Spagna si va per riprendere il ritmo – conferma – e per gestire la transizione dal periodo delle classiche al Giro. Sono gare impegnative, in cui davvero potrò testare la gamba. Tornate in Italia, andremo in ritiro a Sestriere, per l’altura e per visionare le prime tappe del Giro, che parte da Cuneo, ma ad esempio ha l’arrivo di Prato Nevoso che andremo a vedere. Ci sarebbe anche una cronoscalata vicino casa mia, ma è scomoda da raggiungere e comunque la conosco benissimo. Provare i percorsi è utile. Abbiamo piattaforme e supporti che permettono di vedere le strade, ma il riscontro personale è quello che ti permette ad esempio di scegliere i rapporti. Il Giro sarà un obiettivo, ma non mi sento di dire: vado e lo vinco. Un po’ perché non è nella mia natura fare proclami e poi perché so che devo lavorare. Lavoro e sacrificio sono una costante nella mia vita. Mi presenterò in buona condizione e poi vedremo le altre. I percorsi sono duri e io non sono una scalatrice pura. Una Van der Breggen pesa 5 chili meno di me e su certe pendenze si sentono. Ma lo stesso sarò lì a combattere».

Olimpiadi di Rio 2016, Elisa Longo Borghini ha appena centrato il bronzo
Olimpiadi di Rio 2016, Elisa ha appena centrato il bronzo

A Tokyo, semmai…

E poi arriverà il momento di pensare a Tokyo, anche se c’è ancora tanto tempo e ti fa capire che il pensiero c’è, ma per ora sta bene nel cassetto.

«E’ meglio andare un passo per volta – conferma – ora la Spagna, poi Sestriere, poi il Giro. Ci sono tante cose da fare, per appiattire tutto sulle Olimpiadi».

Ha ragione, ma il ricordo del bronzo di Rio affiora spesso nei ricordi. Così come capita di pensare alle parole di Salvoldi, una sera sull’Etna a inizio stagione.

«Ogni volta che parlo di convocazioni con la Longo Borghini – disse il tecnico azzurro – le chiedo: “Quando ti ho lasciato fuori?”. E le punta il dito e risponde: “A Londra!”».

Elisa ascolta e fa un mezzo sorriso.

«Preferisco guardare alle Olimpiadi che devo fare – dice – piuttosto che quelle che non ho fatto. Ma indubbiamente ci rimasi molto male. Correre a Londra era un sogno per me, ma devi accettare le scelte».

Adesso basta con i pensieri scomodi. Quello sprazzo di lucidità sul Muro d’Huy è un ottimo riferimento. La stagione sta per rientrare nel vivo e immaginarla sulle sue strade a costruire la forma per andarsi a prendere altri traguardi strappa il sorriso. Sarà la maglia tricolore che indossa. Sarà la generosità in corsa. Saranno lo sguardo e il sorriso. Sia quel che sia, viene da sé pensare a lei come alla nostra bandiera più bella.

Damiano, tre settimane per Mikel e poi per l’azzurro

Giada Gambino
05.05.2021
6 min
Salva

Qualche giorno fa, al Giro di Romandia, un ciclista che mirava ad entrare tra i primi dieci nella classifica generale ha fatto un qualcosa che raramente, o forse mai, si vede fare da parte dei capitani delle squadre: tirare la volata al compagno velocista facendogli centrare la vittoria. Il ragusano della Bahrain Victorious Damiano Caruso racconta…

«Venivo da un periodo di stop. L’ultima gara che avevo fatto era la Milano Sanremo – dice – ma sapevo che il periodo programmato per iniziare ad entrare in condizione era proprio questo. Il Romandia era una gara in cui tenevo a far bene. Mi serviva per testarmi, per capire a che punto della preparazione fossi e quanto bene avessi fatto a casa. Ho avuto dei buoni risultati sia per il fatto di aver centrato l’obiettivo principale ovvero chiudere in top 10, sia per la giornata con la vittoria di Colbrelli. Aiutare un proprio compagno a vincere è stata una bella sensazione. Sonny mi ha restituito il “favore” aiutandomi lungo tutta la corsa». 

Al Tour ha fatto grandi cose per Porte, qui nel 2016
Al Tour ha fatto grandi cose per Porte, qui nel 2016
Quest’anno farai il Giro, ma non passerà dalla tua Sicilia. 

Adesso sono quasi rassegnato, prima o poi succederà… Magari prima che smetta di correre (sorride, ndr). Mi farebbe piacere poter fare un Giro d’Italia nelle strade di casa, ma capisco anche che ogni anno è diverso e ci sono delle priorità. Per obiettivi personali, di squadra e tanti motivi diversi negli anni passati non sono riuscito, ma confido nel poterlo fare in un prossimo futuro

Conquistare la maglia rosa anche solo per un giorno…

Difficile! Si dovrebbero allineare troppi pianeti (ride, ndr). Il mio ruolo sarà il solito: quello di appoggio a Landa per cercare di vincere. Non ti nego che, però, centrare una vittoria di tappa sarebbe una bella soddisfazione. 

Porte, Nibali, Landa…

Ho avuto il piacere di poter lavorare con loro e per loro. Sono tre persone completamente differenti, tutti e tre dei bravi ragazzi ma con caratteristiche molto diverse. Quello con cui è più semplice lavorare è sicuramente Nibali, il più difficile Richie Porte. Landa rappresenta la via intermedia. 

A Rio 2016 è stato una delle grandi spalle di Nibali
A Rio 2016 è stato una delle grandi spalle di Nibali
Facile o difficile sotto quale aspetto?

In gara Nibali è super reattivo! Non hai bisogno di controllarlo continuamente per vedere dove si trova, lui ti segue o addirittura te lo ritrovi davanti. Con Richie dovevi proprio prenderlo per mano e portarlo in giro (ride, ndr). Il più talentuoso tra i tre, sotto i vari punti di vista, è sicuramente Vincenzo

Come mai quest’anno non hai fatto le classiche per avvicinarti al Giro, come nel 2019? 

Il programma è stato un po’ differente e non l’ho deciso io, ma la squadra. Anche per darmi la possibilità di fare classifica in una gare a tappe di una settimana come il Romandia. Se fossi andato anch’io nei paesi Baschi, avrei fatto solo da gregario a Landa. Per quanto riguarda le classiche… farle insieme al Romandia e al Giro sarebbe stato troppo.

La Bahrain Victorious ha recentemente cambiato fornitore di abbigliamento, ci si adatta facilmente ai nuovi materiali ?

La cosa è molto soggettiva. Io personalmente non ho alcun problema con i tipi di fondelli un po’ di tutte le marche, quindi il cambio durante la stagione non l’ho sofferto. Qualche corridore potrebbe accusare qualche fastidio, ma non penso sia qualcosa di così stravolgente. 

Al Tour dello scorso anno ha scortato Landa fino al quarto posto
Al Tour dello scorso anno ha scortato Landa fino al quarto posto
Quali sono gli obiettivi post Giro? 

Alla fine della corsa rosa tireremo una linea per vedere cosa si è fatto e cosa si dovrà fare. L’obiettivo sicuramente sarà quello di conquistarsi un posto per le Olimpiadi, ma sarà difficile, perché i posti sono pochi. Ho avuto già l’onore di partecipare a quelle di Rio, farle per la seconda volta sarebbe davvero incredibile. Ce la sto mettendo tutta per farmi scegliere da Cassani. In base alla mia partecipazione alle Olimpiadi o meno, si deciderà la preparazione da dover svolgere. Nel caso in cui non dovessi partecipare a Tokyo 2021, andrei alla Vuelta

Sei Damiano Caruso, quasi impossibile non portarti alle Olimpiadi!

Sono i fatti a dover parlare per me, tutto ciò che conquisto è perché lo guadagno con il duro lavoro. Devo far capire a chi di dovere che non solo servo alla nazionale, ma che sono indispensabile. 

Sei il gregario che riesce a fare classifica, ma se non facessi il gregario?

In tutto il gruppo, quante persone ci sono che possono ambire a vincere un grande Giro? Sei, sette in tutto il mondo. E’ vero che, allo scorso Tour, sono arrivato decimo. E’ vero che se avessi fatto la mia corsa avrei potuto scalare un po’ di più la classifica, ma sarei sempre arrivato a 10’ dal vincitore. C’è tanta differenza tra fare decimo e quarto, come c’è tanta differenza tra fare quarto e vincere. Più ti avvicini alla vittoria, più è difficile e più qualità ci vogliono. Non che io non abbia le giuste qualità, ma non si arriva mai per caso a vincere un grande Giro. Ad un certo punto ti scontri con i tuoi limiti e io do sempre il massimo e oltre quello non riesco a fare. 

Nono posto finale al Romandia e una mano decisiva a Colbrelli per vincere la sua tappa
Nono posto finale al Romandia e una mano decisiva a Colbrelli per vincere la sua tappa
E se avessi avuto il baffo che ultimamente ti ha dato tanta forza? 

Questa storia mi sta iniziando a perseguitare (scoppia a ridere, ndr), non so più se tagliarlo o meno. Tutto è iniziato un pomeriggio dal barbiere… Avevo capelli e barba molto lunghi, ci siamo messi a scherzare. Mi ha tagliato i capelli, la barba e ha lasciato il baffo. Voleva togliermelo, ma l’ho lasciato per far ridere un po’ tutti a casa, con l’intento di tagliarlo poi da me. Ho iniziato a rinviare il giorno del taglio e adesso sono due settimane che ce l’ho. Mi hanno detto di tenerlo almeno fino alla fine del Giro, quindi mi sa che lo terrò ancora per un po’! Dicono anche che mi dona…

Cambieresti qualcosa del tuo percorso ciclistico ?

Forse da giovane, nei primi anni da professionista. La differenza tra i giovani che passano al professionismo adesso è che vengono “programmati” per vincere. Mentre quando sono passato io, i ragazzi che vincevano erano veramente pochi e agli altri, tra i quali anche io, si chiedeva di crescere e di fare il proprio. Tornando indietro cambierei l’approccio ai primi anni, per non perdere quella mentalità da vincente. Negli anni mi sono un po’ appiattito, ma ciò non significa che non sia soddisfatto della mia carriera, anzi… tutt’altro. Non cambierei nulla di tutto il mio percorso. Forse metterei un po’ più di determinazione in certi momenti passati. 

Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020

Ganna a Gran Canaria mette Tokyo nel mirino

10.12.2020
5 min
Salva

Ganna è a Gran Canaria con Moscon e Leonardo Basso per riallacciare i fili con la fatica e l’aria aperta. Hanno scelto la base del primo raduno invernale del Team Ineos-Grenadiers, quasi ad esorcizzare il fatto che il raduno non ci sarà. Sono arrivati l’8 dicembre, martedì. Ieri Filippo ha fatto quattro ore e mezza e finalmente il tempo ha ripreso ad essere scandito da ritmi più normali. Il 2020 dello stress è alle spalle, quello dei grandi risultati rimarrà invece scolpito nella storia dello sport.

Il quarto mondiale dell’inseguimento.

La crono dei campionati italiani.

Quella di San Benedetto del Tronto alla Tirreno.

L’impresa iridata di Imola, primo mondiali di specialità per un italiano e il secondo (per lui) di stagione.

Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020, Valdobbiadene
Giro d’Italia: primo nella crono di Palermo, primo a Valdobbiadene. Manca Milano…
Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020, Valdobbiadene
Dopo Palermo, Ganna 1° a Valdobbiadene. Ora Milano…

E poi le tre crono del Giro d’Italia. Palermo, annunciata quindi difficilissima. Valdobbiadene, vera prova di forza. Milano, al termine di tre settimane durissime nel primo grande Giro, a confermare la resistenza da campione. E in mezzo la maglia rosa e la fuga di Camigliatello Silano a sparigliare le carte. Una vera sbornia di risultati.

«Anche se a dire il vero – scherza riferendosi al fatto che sul più bello è stato costretto alla quarantena – non ho neanche potuto bere molto. Sarei andato volentieri agli europei in pista proprio per avere uno stacco mentale. Quando sono con i ragazzi riesco a mollare la tensione. Invece mi sono ammalato e mi sono rilassato per forza. Così adesso me ne sto qui, pacato. Tranquillo come sempre. A fare bene quello che si deve fare, dopo una stagione che mi ha dato una bella botta di morale».

David Brailsford, Filippo Ganna, Dario Cioni, crono Milano, Giro d'Italia 2020
Brailsford, Ganna e Cioni, Milano: vinta la crono e vinto il Giro con Geoghegan Hart
David Brailsford, Filippo Ganna, Dario Cioni, crono Milano, Giro d'Italia 2020
Ganna-Cioni a Milano, vinta la crono e vinto il Giro con Tao
Ti aspettavi che sarebbe ripartita oppure a un certo punto hai temuto?

Sicuramente lo speravo, sennò la grinta scemava. Stare sui rulli e poi allenarsi senza un vero obiettivo non è la stessa cosa.

Due figure chiave nel tuo percorso, Cioni e Villa, secondo i tuoi genitori sono alla radice della tua crescita e dei tuoi risultati.

A entrambi rompo le scatole. Cerco di ottenere quello che voglio in qualsiasi modo. Sono entrambi pacati e ragionevoli, sanno ascoltare. Non li ho mai sentiti alzare la voce, ma il giorno che lo faranno dovrò aver paura. Perché significherà che gliel’ho fatta troppo grossa. Insieme lavoriamo bene, si tratta di continuare in perfetto accordo fino alle Olimpiadi, poi magari si darà più spazio alla strada.

Filippo Ganna, Vuelta San Juan 2020
E’ sfinito. Alla Vuelta San Juan prova l’attacco da lontano e quasi coglie in castagna Evenepoel
Filippo Ganna, Vuelta San Juan 2020
San Juan, un Ganna inedito attacco da lontano
E già sembra di sentire Villa che parla di Viviani, che non vince più perché ha mollato la pista…

Ma io non abbandono la pista, solo che non andrò a tutte le manifestazioni come invece è adesso. Coppe del mondo, europei, mondiali. Ma di sicuro i miei allenamenti continuerò a farli, perché danno il colpo di pedale che funziona.

Quanto è lontana Tokyo?

Non così tanto. Sto già pensando che dovrò fare prima la crono e insieme lavorare in pista per non perdere quel tipo di forza e non rimanere staccato dal quartetto.

Si parla già del confronto con Evenepoel…

In Argentina mi ha battuto, ma sono passati dieci mesi e si usava la bici da strada, non quella da crono. Sono contento per lui quando è tornato a pedalare, sarei un vigliacco se pensassi diversamente.

Filippo Ganna, inseguimento a squadre, mondiali pista Berlino 2020
Ai mondiali di Berlino 2020 il bronzo col quartetto prima del 4° oro individuale
Filippo Ganna, inseguimento a squadre, mondiali pista Berlino 2020
Ai mondiali di Berlino 2020, bronzo col quartetto
In Castelli ci hanno raccontato di quando facesti il manichino per Hesjedal…

Gli assomigliavo di fisico, fu un’esperienza bella e interessante. Anche perché mi ritrovai in galleria del vento con Contador che preparava il Tour. Una giornata di alta scuola senza pagare il biglietto. Però, ora che ci penso, sarei curioso di sapere chi sia oggi il mio manichino.

Raccontano che tu sia molto esigente.

La posizione non è mai perfetta, la bici non è mai perfetta. C’è sempre da migliorare. Negli ultimi tempi ho fatto un bel salto in avanti, ma mentirei se dicessi di aver trovato la posizione migliore e definitiva. Ci sono materiali e componenti da studiare, ma al netto di questo ciò che non cambia è il mal di gambe. Lo scopo è ottenere il risultato migliore.

Il giovane del quartetto, Jonathan Milan, è passato al Team Bahrain. Ti senti di dargli un consiglio?

Non deve voler strafare. Deve trovare con la squadra il giusto compromesso fra strada e pista, ma a quello penserà il suo preparatore.

Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020
I giorni in maglia rosa hanno portato la popolarità di Ganna alle stelle
Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020
La maglia rosa gli ha dato un’altra popolarità
E’ presto per capire se il Giro d’Italia ha cambiato qualcosa nella capacità di prestazione?

E’ ancora presto, direi di sì. Venti giorni senza lavorare lasciano addosso parecchia polvere. Vediamo se cambia quando avrò ripreso il passo. Rimarremo qui fino al 19 dicembre, giusto per non dover fare la quarantena al rientro. Sennò saremmo tornati il 23 e quei quattro giorni di lavoro in più sarebbero serviti.

E con la squadra?

Dovremmo tornare qua, ma davvero in questo periodo si vive alla giornata. Per cui mettiamo il primo traguardo a Natale, il secondo a Capodanno e poi vedremo dove e quando faremo il ritiro.

Dino Salvoldi, Elisa Balsamo, europei Plovdiv 2020

Ragazze in vacanza, ma dicembre è già qui…

17.11.2020
3 min
Salva

Europei e stagione finita anche per Dino Salvoldi, tecnico delle ragazze. Per lui chiusura col botto, grazie all’oro di Balsamo-Guazzini e il bronzo di Miriam Vece nei 500 metri, a 50 centesimi dall’argento. E dire che l’ultimo giorno era anche iniziato col brivido per Vittoria Guazzini che non si sentiva troppo bene.

«Non era pretattica – si schermisce Salvoldi – era vero. Negli ultimi trenta giri l’ho vista in riserva piena e ho spostato il peso dei giri su Elisa. E quando ci siamo accorti che eravamo sbagliati e Guazzini si sarebbe trovata per ultima, Vittoria è stata bravissima».

Elisa Balsamo, Vittoria Guazzini, europei pista, madison, 2020
Elisa Balsamo, Vittoria Guazzini, madison spettacolare ma sofferta
Elisa Balsamo, Vittoria Guazzini, europei pista, madison, 2020
Balsamo, Guazzini: madison spettacolare e sofferta

Un bilancio si può fare. E quando una nazionale torna a casa con tre ori, quattro argenti e un bronzo mettersi a sottilizzare potrebbe far passare per antipatici.

Che cosa si può dire?

Che ci aspettavamo meglio dalle inglesi, soprattutto nell’ultima madison. Sapevamo quale sarebbe stata la tattica della Russia, ma con poche coppie forti in pista, devi fare tutte le volate. Invece allargando lo sguardo, è stata una stagione davvero compressa, che ha reso difficile programmare gli eventi. Una situazione di grande incertezza…

Chiara Consonni, Plouay 2020
Chiara Consonni a Plouay: la Valcar ha fornito un bel gruppo di atlete alla pista
Chiara Consonni, Plouay 2020
Chiara Consonni, una dei gioiellini della Valcar
Ma guardando i risultati, l’avete ben gestita, no?

Con il gruppo della Bulgaria è andato tutto bene e le ragazze si sono presentate con un’ottima condizione. Se lotti alla pari o arrivi davanti alle inglesi, vuol dire che ci sei.

A sentire le ragazze è un peccato che non si facciano le Coppe del mondo quest’anno…

Si era deciso che nell’anno olimpico non si sarebbero fatte e quando Tokyo è slittato, non si è rimesso mano al calendario. Però posso dire che non condividiamo la scelta di spostarle ad aprile, maggio e giugno come vorrebbero fare. Meglio correrne tre fra febbraio e marzo, per le ragazze non sarebbe un problema. Più avanti si va a interferire con l’attività su strada.

Alzini, Balsamo, Consonni, Guazzini e Vece sono tutte ragazze della Valcar: c’è buona collaborazione?

Non è una cosa ricercata, a cicli c’è sempre una squadra che fornisce un bel numero di atlete alla nazionale, ma devo dire che con loro c’è grande condivisione e mi sento davvero di ringraziarli. Hanno voluto sostenere il progetto olimpico fino a Tokyo. Elisa Balsamo ha ormai un grande valore di mercato, ma non è voluta scendere a compromessi ed è rimasta nella Valcar che per lei è davvero una seconda famiglia.

Vittoria Guazzini, Elisa Paternoster, 2019
E per Tokyo tornerà in pista anche Letizia Paternoster, qui con Guazzini
Vittoria Guazzini, Elisa Paternoster, 2019
Paternoster è guarita. Qui è con Guazzini
C’è da temere che dopo le Olimpiadi, gli squadroni le portino via tutte?

Le ragazze della nazionale si fanno forti della maglia azzurra, che è gratificante come risultato e come visibilità. Se stessimo parlando di professionisti uomini, direi di sì. Ma le ragazze di cui parliamo sono tutte inserite nei corpi militari e, calcolatrice alla mano, non è che gli stipendi che prenderebbero nei team WorldTour giustifichino la rinuncia allo stipendio fisso.

Quindi adesso si va tutti in letargo?

Un paio di settimane per tirare il fiato ce le concediamo. Però come ci siamo già detti a Montichiari, a dicembre si ricomincia a scaldare il motore. Non sappiamo ancora se a febbraio ci saranno gli europei, ma sappiamo per certo che a luglio ci saranno le Olimpiadi. E per quelle c’è da programmare e lavorare tanto.

tadej_pogacar_Tour2020

Fantin, come nasce un occhiale cool?

08.10.2020
4 min
Salva

Claudio Fantin è quel tipo con i capelli bianchi sparati in testa che viaggiava assieme a Rudy Barbazza. Rudy Project era un marchio in rampa di lancio e lui ne era il Worldwide Export Manager. Assieme a suo zio, nel 1985 aveva già fondato SciCon, produttore di borse per il ciclismo

Da allora sono passati parecchi anni. Fantin nel frattempo si è trasferito a Monaco. Ha intrapreso svariate attività. Nel 2010 è diventato socio di T&F Sport di Montecarlo, specializzata in management di squadre di ciclismo e atleti.

Poi si è riavvicinato al Veneto. E’ Group Marketing Strategist del gruppo Asg, è tornato in SciCon e rilanciato forte il marchio delle borse, è tornato al vecchio amore. E’ così nato il mondo SciCon Eyewear, gli occhiali con cui Tadej Pogacar ha conquistato il Tour de France.

Fantin nel frattempo ha tagliato i capelli, ma non ha smesso di essere il vulcano di allora. E non è un caso che nel discorso tornino tante frasi del Barbazza pensiero. Se la scuola da cui vieni è valida, te la porti dietro a lungo.

occhiali_scicon
Gli occhiali della linea SciCon Eyewear, modello Aero Shade
Gli occhiali della linea SciCon Eyewear, modello Aero Shade
Perché un’azienda così nota nel mondo delle borse a un certo punto si dedica agli occhiali?

Per passione. Perché gli occhiali mi piacciono, sono un bel prodotto. Adesso SciCon fa parte del gruppo Asg e uscire dal settore borse, se c’è la possibilità di scalare il business degli occhiali, è stato un bel passo. E poi per certi versi è più facile…

In che senso?

Le scarpe hanno un taglio e non sono uguali per tutti. I caschi hanno una gestazione di mesi. Le borse sono quelle. Le squadre vengono e ne hanno bisogno, non dico che le teniamo in ostaggio, ma in alcuni casi abbiamo dettato le condizioni. Gli occhiali devi azzeccarli, devono essere belli e poi non hai problemi.

Occhiali_Scicon
Altro modello della linea SciCon Eyewear: questi sono gli Aero Wing
Occhiali_Scicon
Altro modello della linea SciCon Eyewear: questi sono gli Aero Wing
Più forma che sostanza?

Il professionista vuole vedersi bello, dà per scontato che il prodotto sia valido. Ma se anche gli dai il miglior materiale del mondo e lui si vede brutto, non lo usa.

Da mettersi le mani nei capelli?

Gli occhiali sono un device di sicurezza. L’occhio è una delle parti più delicate del nostro corpo ed è totalmente scoperto. Dovresti proteggerlo con un prodotto di altissima qualità. Piuttosto che usare un occhiale scadente, è meglio fare senza, perché dilata la pupilla e danneggia la retina. Ma ormai c’è uno spartiacque. Da una parte quelli di ottima qualità, dall’altra quelli cinesi da 49 euro.

tadej_pogacar_Tour2020
Sfilata ai Campi Elisi per Pogacar dopo la vittoria del Tour de France a soli 21 anni
tadej_pogacar_Tour2020
Sfilata ai Campi Elisi per Pogacar dopo la vittoria del Tour de France a soli 21 anni
La gente vuole risparmiare.

E se gli chiedi per un occhiale 150-180 euro ti prende per matto. Ma io penso a una frase di Rudy Barbazza. Fra pensare in grande e pensare in piccolo, sempre devi pensare. Allora tanto vale pensare in grande. Così abbiamo fatto un contratto con Essilor ed è nato SciCon Eyewear. Sapete chi era il primo che volevamo sponsorizzare?

Chi?

Un ragazzino sloveno di cui dicevano un gran bene. Me lo propose Johnny Carera, ci incontrammo in autostrada e gli feci vedere gli occhiali. Il caso vuole che poi abbia sponsorizzato tutta la squadra e quel ragazzino quest’anno abbia vinto il Tour de France. Era Pogacar, roba da matti…

Lui ricorda quel primo incontro?

Ne abbiamo parlato al primo training camp di fine 2019. Gli diedi gli occhiali e gli dissi che ci avrebbe vinto il Tour. L’avevo buttata per ridere, ma hai visto come è andata?

Qual è la ricetta dell’occhiale che sfonda?

Un mix fra bellezza, tecnicità e fortuna. Ci sono stati casi eclatanti di grandi case che hanno investito fiumi di denaro e non hanno sfondato. Devi essere sul pezzo, aspettare i corridori e sperare che ti apprezzino. Se riesci a farti apprezzare dai corridori, allora riesci ad anticipare le grandi aziende.

Fantin contro Oakley, come Davide contro Golia?

Uno come Oakley, che è un mostro e che io ringrazio per aver fatto degli occhiali un oggetto di culto, se decide di distruggerti, lo fa senza problemi. Hanno perso Sagan, ma credo sia stato il loro unico passo falso. Per competere con loro, si deve avere duttilità e sfruttare le conoscenze.

Quanto rende commercialmente aver vinto il Tour?

Rende in termini di onore e rispetto. Prima quando arrivavamo dalle squadre o dalle altre aziende, ridevano. Adesso ci ascoltano. La gente infatti pensa che se Pogacar ci ha vinto il Tour, allora quegli occhiali vanno bene per tutti. Vincere il Tour dà una visibilità mostruosa e se sei giovane, da lì parti per costruire qualcosa.

Se invece sei un marchio già affermato?

Non ti cambia niente. Cosa vuoi che faccia a Oakley vincere un Tour in più? Loro sono come la Coca Cola, sono grandi a prescindere…

Letizia Paternoster

Letizia come stai? «Non ho più paura…»

30.09.2020
3 min
Salva

E se tutti i sorrisi, i social e le sfilate fossero lo schermo dietro cui Letizia Paternoster si nasconde quando è giù dalla bici? Parliamo con la ragazza della Trek-Segafredo mentre sta camminando nei dintorni di casa, a Riva del Garda. Non ha obiettivi puntati addosso, attraverso il telefono si percepiscono forte il rumore dei passi e l’abbaiare di un cane.

«Adesso va tutto bene – dice – sto recuperando bene. Non mi sbilancio, ho paura di farlo. L’idea di tornare a correre al Lotto Belgium Tour è diventato un’ottima motivazione, ma arrivarci non è stato per niente facile…».

Letizia_Paternoster_Dino_Salvoldi
Ad Apeldoorn nel 2019, Letizia Paternoster si confronta con il cittì azzurro Dino Salvoldi
Letizia_Paternoster_Dino_Salvoldi
Ad Apeldoorn nel 2019, Letizia Paternoster si confronta con il cittì azzurro Dino Salvoldi

Il ginocchio fa male

Era la fine di maggio quando la trentina è stata costretta a fermarsi per un problema di cartilagine al ginocchio sinistro. Uno di quei malanni da curare con il tempo e il riposo, mentre il mondo del ciclismo intorno usciva dal lockdown e si cominciava a ragionare sulle prime corse.

«Tutti ripartivano – ammette – io ero ferma. Capirai, sono iperattiva, cerco sempre cose da fare e invece ho dovuto stare ferma. E’ stato uno dei periodi più brutti della mia carriera, con mille paranoie. Tornerò più come prima? E c’è poco da fare. Devi guardarti dentro, farti aiutare, ma alla fine devi cavartela da sola».

In quello stesso periodo, il suo profilo Instagram mostrava foto d’autore, sorrisi da perdere la testa e soltanto da qualche fugace commento sulla voglia di tornare in bici si intuiva l’incertezza del momento. Lo schermo le permetteva di non mostrare la paura.

Verso Tokyo a testa bassa

«Adesso si ricomincia – spiega – con la testa sull’obiettivo di Tokyo. Avendo saltato tutte le corse di quest’anno, ho perso una bella occasione di fare esperienza e crescere, anche fisicamente. Perciò si torna su strada a macinare chilometri e solo più avanti salirò in pista per la preparazione specifica».

Le Olimpiadi sono un sogno, gli atleti usano sempre le stesse parole e non si può certo dargli torto. Da più parti, nelle parole di Marina Romoli e di Giorgia Bronzini, la consapevolezza che Letizia Paternoster sia una garanzia per la pista sono foriere di fiducia.

«Esatto – sorride – ogni tanto provo a immaginare l’emozione di quando sarò lì e trovo la forza per lavorare sodo e stringere i denti. Non mi è ancora capitato di parlarne con chi le ha già fatte. Ho erò conosciuto Michela Mojoli, che le ha vinte nello snowboard. Si è creato un bel rapporto e mi ritrovo tanto in quello che mi dice».

Limiti tutti da scoprire

Dice che le fa piacere sentire le parole di stima, perché le danno morale.

«Accetterò ogni lezione di Giorgia – dice – e cercherò di starci. Non so dove potrò arrivare, non mi pongo dei limiti perché non mi conosco al 100 per cento. Ma adesso non vedo l’ora di ricominciare. Andare a vedere i mondiali di Imola è stato un’esperienza bellissima, che mi ha aiutato a superare il momentaccio. Devo ammettere che anche per la miglior Letizia sarebbe stato un percorso troppo duro».

Davide Cassani, Marco Villa, Filippo Ganna

Da Ganna a Viviani, Villa già a Tokyo

27.09.2020
4 min
Salva

Marco Villa ha seguito la crono iridata di Filippo Ganna con quel suo sorriso bonario che un po’ te l’aveva sempre detto. E Marco in effetti lo aveva detto, già un paio di anni fa.

«Si vedeva che fosse pronto per vincere una grande crono – dice il cittì della pista azzurra – si trattava di raggiungere la giusta resistenza. L’accortezza, su cui il Team Ineos sta lavorando bene, è far arrivare questa resistenza senza compromettere la potenza e l’esplosività dei 24 anni. Privilegiare la resistenza è un errore di tanti velocisti, che per tenere in salita perdono lo spunto».

Europei Glasgow 2018
Il gruppo del quartetto azzurro agli europei di Glasgow 2018
Europei Glasgow 2018
Il gruppo del quartetto azzurro agli europei di Glasgow 2018

Difficile dire se l’oro della crono di Imola sia anche figlio della pista o solo del lavoro su strada. I due mondi non sono poi così distanti a ben vedere e nella storia di Filippo si sono sempre intrecciati alla grande.

«Hanno inciso certamente entrambi – conferma Villa – anche perché Ganna ha fatto crono e pista sin da junior. Continuo a sostenere con i giovani che incontro che questo tipo di percorso funziona e certo non fa male.  Lavori su pista e magari nel frattempo ti togli delle soddisfazioni su strada…».

Ganna ha detto che se pensa a Tokyo, non vede la crono ma l’inseguimento a squadre.

Abbiamo un gruppo che ci crede, nel quartetto non vince uno solo. Siamo riusciti a qualificarci facendo ruotare gli uomini e inserendo i giovani. Ma al momento giusto parlerà solo il cronometro.

A Villa serve un criterio oggettivo per scegliere?

Per forza. Abbiamo 8-10 atleti e potenzialmente in certi giorni sono tutti competitivi. Uno ha trascinato l’altro, il gruppo è cresciuto. Sono contenti di stare insieme e il discorso fatto da Pippo dopo la crono lo dimostra.

Cosa dici dell’inserimento di Jonathan Milan?

E’ entrato con i tempi, non per raccomandazioni. I ragazzi si sono sempre fidati delle mie scelte, lui è una mia scelta. A Berlino ho fatto correre Scartezzini anche in un momento in cui in allenamento non dava grandi certezze, eppure è venuto il terzo posto. Certe cose uniscono il gruppo e gratificano l’atleta. Sono consapevoli dei mezzi degli altri, io guardo il crono e lascio aperta la porta a tutti. La cosa bella è che ne ho dieci che fanno 3’55”.

C’è gloria personale anche nel quartetto?

Per fare bene in quattro, devi credere in quello che fai e a quel punto anche nel quartetto c’è qualcosa di personale. Una specialità olimpica vale l’altra e loro se la giocano nel migliore dei modi. Una volta non riuscivano a qualificarci, ora siamo fra i primi due quartetti al mondo.

Ganna ha parlato anche dello sviluppo tecnologico legato alla crono.

Mi pare che abbia portato la posizione del Bolide da pista sulla strada. Del resto l’inseguimento è la ricerca della prestazione massimale in un tempo limitato. Se aggiungi la galeria del vento e l’esperienza Ineos, ecco che il miglioramento viene per forza. Con Cioni ci sentiamo ogni 15 giorni. Dopo la crono eravamo già a parlare del Giro e poi dei campionati europei in pista.

Ganna sarà in Bulgaria?

Me lo ha chiesto lui dopo la crono, gli ho risposto che ne parleremo dopo il Giro.

Si è sempre detto che il Giro gli darà un extra-boost di resistenza.

Ne sono certo, ma bisognerà che gli insegnino a gestirsi nelle tre settimane. Lui è un generoso entusiasta, potrebbe avere la tentazione di strafare e di trovarsi senza forze durante la corsa. Non è facile trovare un posto per i Giri nella Ineos, per cui si è meritato la convocazione per il Giro d’Italia e credo che Thomas ne sia stato ben contento.

Come lo hai visto alla partenza della crono?

Era super convinto, non aveva paura di niente. Forse perché vivendo la vigilia con Thomas e Dennis, ha misurato loro la pressione. Prima di una finale in pista chiama o scrive dieci volte a Viviani, questa volta non ha chiesto nulla, se non del taping a un massaggiatore.

Viviani… Secondo Villa, ci sarà anche lui nel quartetto olimpico?

Andremo in cinque. Uno di questi farà l’omnium e altri due il madison. Elia questa cosa la sa e credo per lui sia il momento di ripassare la lezione della pista. Gli manca, secondo me. Gli manca la punta di velocità e lo stimolo del quartetto può servire per dargli la scossa, glielo dico ogni tanto…

Simone Consonni, Elia Viviani
Assieme a Consonni ai mondiali di Berlino 2020
Simone Consonni, Elia Viviani
Assieme a Consonni ai mondiali di Berlino 2020, Viviani si è accorto che qualcosa mancava
E lui cosa dice?

Credo che ai mondiali di Berlino abbia visto che qualcosa gli manca. E’ stata una stagione anomala, con due ripartenze. Per uno che in avvio fa sempre fatica, la difficoltà è doppia. E’ caduto al Tour Down Under, ha saltato l’Oman che non si è fatto, non ha fatto la preparazione in pista per correre la Sanremo, ma la Sanremo non si è fatto. Finito il lockdown, è andato al Tour con otto corse. Difficile che potesse far bene…

La stessa analisi fatta da Damiani.

Il miglior Elia fu quello del campionato italiano su Pozzovivo e Visconti vinto dopo il Giro d’Italia del 2018. Per come lo conosco, queste sono sempre state le sue caratteristiche. Non va in forma presto. Al mondiale del 2016 subì una batosta da Gaviria, poi però vinse le Olimpiadi. Questa è la stagione che ci attende. E non è affatto poco…