La cancellazione della Adriatica Ionica Race il giorno prima della partenza continua a macchiare il finale della stagione. A poco sono serviti i tentativi di spiegare, perché sostanzialmente alle veementi rimostranze di Argentin non sono pervenute risposte da parte della Lega Ciclismo. L’ex campione del mondo ha prima riunito la conferenza stampa del 5 ottobre a Roma e poi si è messo a cantarle a tutti dal suo profilo Facebook, che tuttavia è stato hackerato e non ve ne è più traccia.
Argentin ha commesso i suoi errori, ha gestito i pagamenti con eccesso di disinvoltura, tuttavia a nostro avviso meritava un diverso trattamento e lo meritavano anche la sua corsa e il ciclismo, che invece è stato messo alla berlina da chi dovrebbe tutelarlo. Il tirarsi indietro iniziato il giorno prima con perfetto sincronismo da parte di tutte le componenti coinvolte continua a non sembrare casuale.
Il punto sull’Accpi
Tirato in ballo da Argentin con vari argomenti, compreso il presunto stipendio da parte dell’Accpi che dirige, Cristian Salvato ha avuto un ruolo nella vicenda, partecipando alla decisione di fermare una corsa che si poteva svolgere, consentendo a corridori in cerca di contratto di farsi valere e guadagnare i premi che avrebbero incassato. E questo resta un danno al ciclismo e alla sua immagine. Abbiamo contattato il presidente dell’Accpi per fare luce su quelle ore convulse e il suo coinvolgimento.
«La prima cosa che vorrei dire – comincia Salvato – è che io non ce l’ho con Argentin, di cui ero anche tifoso. Ma siccome mi ha chiamato dicendosi deluso perché pensava che io avessi le palle, qualcosina da dire ci sarebbe. Intanto che non è affatto vero che prendo quei soldi dall’Accpi, come dimostrano i bilanci firmati ogni anno dai corridori. E poi che probabilmente il problema della Adriatica Ionica Race non è iniziato il giorno prima della corsa, come invece si è voluto raccontare. Senza andare troppo indietro, basterebbe dire che un giorno mi ha chiamato il direttore di corsa della prova, scusandosi perché si era dimesso dall’incarico».
Perché?
Mi disse che non c’erano le necessarie condizioni di sicurezza. E io gli risposi di pensare alle sue responsabilità, perché sarebbe stato chiamato lui a rispondere di eventuali problemi, se si fossero create situazioni pericolose.
A quale punto della storia sei stato coinvolto come presidente dell’Associazione corridori?
In Italia, il regolamento per il pagamento dei premi è molto semplice. Si deve pagare un mese prima. Altrimenti produci una fideiussione, una garanzia bancaria oppure una garanzia assicurativa. L’unico che fa eccezione è Amici, la cui banca gli permette di fare un bonifico irrevocabile. Non si è mai arrivati all’estremo come in questo caso. Io sono stato chiamato quando la Lega mi ha detto che erano passati i 30 giorni entro cui versare i premi e Moreno non lo aveva fatto. Non siamo giudici, siamo solo responsabili dei premi in Italia. Una volta li teneva l’Associazione e poi pagava le squadre e i corridori. Dal 2019 invece, anche grazie all’Accpi, si è fatto in modo che per avere ancora più sicurezza la gestione dei premi sia stata affidata al CPA, l’Associazione mondiale dei corridori, sotto la tutela e la garanzia dell’UCI.
Perché è stato necessario?
Perché c’erano vari gruppi privati che cominciavano a mettersi in mezzo. La somma dei premi mondiali è di circa 13 milioni di euro e si può capire che gestirli faccia gola. Per cui oggi noi siamo i garanti per l’Italia e quando mi hanno chiamato per dire che la AIRace non aveva pagato, ho detto: «Vabbè, vediamo come fare per dargli una mano».
Tu non hai mai avuto contatti con Argentin prima della corsa?
Mi aveva cercato e mi aveva detto di voler pagare a 60-90 giorni. Il punto non era convincere me, ma bisognava parlare con la Lega, perché è la Lega che ha l’ultima parola. Poi, mano a mano che il tempo passava, è stato tutto un susseguirsi di messaggi e chiamate. Fino a che si è svolta a Roma la riunione fra il commissario Di Cintio e l’avvocato Vulpis, in seguito al quale sono stato chiamato e mi è stato detto che la situazione non fosse proprio proprio a posto. Mi aveva richiamato anche Moreno e gli avevo risposto che non c’era problema a concedere il pagamento dei premi a 60-90 giorni, purché ci fosse una garanzia bancaria. Lui voleva che si procedesse sulla parola e quello non si può fare.
Perché Argentin ha detto che il Giro d’Italia paga i premi in ritardo e nessuno fa nulla?
E’ vero che il Giro paga i premi dopo la corsa, ma dà una garanzia bancaria come quella che era stata richiesta a lui. A quanto so, l’ultima volta che in Italia non è stata pagata parte del montepremi fu con il Giro di Padania.
Intanto il tempo passava ed eravamo a pochi giorni dalla partenza…
Mi hanno richiamato quelli della Lega. Hanno confermato che la situazione non fosse ancora a posto e hanno elencato il discorso della Polizia e di altri che chiedevano di essere pagati per lavorare nuovamente. C’erano delle insolvenze e mi hanno detto che bisognava stringere le maglie per evitare che la situazione scappasse di mano. Finché mi hanno chiamato per l’ultima volta, affinché dessi la mia opinione sulla questione dei premi, prima che la Lega desse l’ultima parola.
E cosa hai detto?
Ho fatto una riunione in cui c’era anche Marcello Tolu, segretario generale della Federazione, e Di Cintio, il commissario della Lega. Mi hanno ribadito la situazione generale e quando ho provato a dare una mano ad Argentin, spingendo perché potesse pagare dopo con una garanzia bancaria, mi hanno risposto che il discorso dei premi era solo una parte. C’era anche il problema del Direttore di corsa che si era dimesso, delle motostaffette che non volevano andare giù, di alcuni fornitori e della Polizia. C’erano un problema di sicurezza e pagamenti sospesi da 15 mesi, dato che nel 2022 la corsa si era svolta a giugno.
Hai partecipato anche tu alla riunione con il Prefetto dell’Aquila che avrebbe bloccato definitivamente la corsa?
Macché, figuratevi se da Bassano vado all’Aquila per fare una cosa che neppure mi compete. Ho letto vari commenti, perché è facile sparare contro di noi. Io non ho nulla contro gli organizzatori italiani, anzi li ringrazio, ma non sento di essermi allineato ad alcun palazzo.
Secondo te è credibile che Argentin si sia ridotto all’ultimo coi pagamenti perché prende soldi dagli Enti Pubblici che pagano con i loro tempi?
E’ possibile. Lo stesso problema l’ha avuto Pozzato con le sue corse: se lo chiamate, non lo nasconde. E se Pippo mi dice che paga, dato che è un mio amico e lo conosco bene, io sono tranquillo. Infatti non ha pagato con un mese di anticipo, ma c’è riuscito 15 giorni prima.
Se la situazione era così compromessa, perché la Lega ha concesso ad Argentin una proroga fino alle 16 del giorno prima?
Ne ho parlato anche con Di Cintio e Dagnoni, secondo me hanno sbagliato. Nel frattempo Argentin si era messo a fare pagamenti a raffica, è arrivato il suo avvocato a rassicurare che la corsa si sarebbe potuta fare. Quando però c’è stata la conferma che non c’erano direttori di corsa e che tanti non sarebbero andati, hanno deciso di fermare tutto.
Argentin non è stato tenero con te…
I rapporti sicuramente si sono deteriorati, da parte sua almeno. Ha speso parole poco piacevoli, ma io non sono andato a raccontare bugie. Mi dispiace perché chi organizza una gara lo fa per avere un guadagno e non è bello per tutto il movimento andare così avanti senza avere le carte in regola.
Come funziona l’Accpi, quando si creano queste situazioni? Sei tu che decidi o parli con i tuoi associati?
Abbiamo una chat Whatsapp in cui riportavo la situazione. Dentro c’è anche Matteo Trentin, che è il vicepresidente, e tutti quanti hanno appoggiato la mia proposta, che poi è diventata la scelta dell’Associazione. Ho parlato anche con Reverberi, chiedendogli cosa ne pensasse e anche lui ha detto che non c’erano le condizioni per andare. Io spero che Moreno ritrovi le risorse e quello che serve per ripartire l’anno prossimo. Penso però che quest’anno non ci fossero le condizioni per correre.
La sensazione che resta invece è che con la giusta volontà, la corsa si sarebbe potuta salvare. Resta così una domanda: se Argentin avesse ceduto i suoi diritti televisivi e questi fossero diventati patrimonio della Lega, si sarebbe fatto qualcosa di più per far partire la corsa e salvare l’investimento?