Carapaz vince in Svizzera e prenota un’estate a cinque cerchi

29.04.2024
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Sarebbe perfettamente in linea con la preparazione per il Giro d’Italia. Invece Richard Carapaz, che la maglia rosa la vinse nel 2019 e la perse il penultimo giorno nel 2022, se ne va dal Romandia e mette nel mirino il Tour de France. Lascia la Svizzera con una vittoria di tappa che vuol dire tanto e si somma ai due successi di inizio stagione nel campionato nazionale e poi in una frazione del Tour Colombia.

L’effetto benefico

Sull’arrivo di Leysin, il campione olimpico di Tokyo è rimasto freddo fino ai 2,2 chilometri dall’arrivo, lasciando sfogare persino Egan Bernal. E poi, quando è partito, nessuno dietro è riuscito a contrastarlo. Ci ha provato il sorprendente Lipowitz, che lo ha quasi preso, ma non è riuscito a passarlo.

«Sapevo che la tappa era importante – ha detto – e che avevo molte opzioni. Alla fine ho colto l’occasione e ci ho provato fino al traguardo. Conoscevo le strade e aspettavo il momento giusto per partire. Sono molto felice dopo questa prima parte di stagione in Europa, penso che la squadra abbia dimostrato di che pasta sia fatta. Ma sta per arrivare la parte più bella della stagione».

Subito dopo il successo, forse il più contento di tutti è parso il direttore sportivo Charly Wegelius, che lo ha seguito dall’ammiraglia.

«Richard – dice – ha avuto un inizio di stagione davvero difficile, con alcune battute d’arresto. Ma si è allenato bene, sappiamo che è bravo, ora deve continuare così. Penso che abbia fatto un ottimo lavoro, senza arrendersi. Ha aspettato fino al momento giusto e poi è andato. Avere intorno un corridore del suo livello è motivante per l’intero gruppo».

La vittoria di Carapaz a Leysin rilancia la sua stagione, non proprio fortunata
La vittoria di Carapaz a Leysin rilancia la sua stagione, non proprio fortunata

Il Tour verso Parigi 2024

La scelta del Tour per una volta non è figlia del prestigio della corsa francese, ma di un programma che dovrebbe portare Carapaz di nuovo in gran forma per la sfida di Parigi. L’oro olimpico che simbolicamente porta appeso al collo merita di essere difeso. Anche nel 2021 passò per il Tour e lo chiuse al terzo posto, dietro Pogacar e Vingegaard e poi in Giappone staccò tutti quanti, resistendo anche al fuso orario e a complesse vicende federali che dopo la vittoria lo spinsero a un attacco inatteso.

«Alla fine – dice quando lo incontriamo – penso che sto facendo una buona stagione. Non ho avuto sempre fortuna durante le gare di quest’anno, ma penso di essere molto felice e questo lo trovo la cosa più importante. Questi tre anni da campione olimpico sono stati un periodo molto bello. Ci sono stati molti cambiamenti e penso in meglio. Mi sono divertito molto a essere conosciuto grazie a questo titolo e per lo stesso motivo del 2021 quest’anno è molto importante per me e per il mio Paese. Sto bene, penso che voglio affrontare le Olimpiadi nel migliore dei modi».

Le beghe politiche

La sua partecipazione al Tour dello scorso anno è durata circa 160 chilometri. Poi la stessa caduta che ha messo fuori uso anche Enric Mas ha tolto di mezzo anche lui. A 22 chilometri dall’arrivo della tappa di Bilbao, lo spagnolo si è ritirato, mentre Richard è arrivato fino al traguardo e poi ha deciso di non ripartire. Le radiografie avevano infatti evidenziato una microfrattura della rotula che sconsigliava di insistere.

«Torno in Francia anche per questo – sorride – e penso che ho ancora le carte in regola per dire la mia. Le Olimpiadi si terranno la settimana successiva e ripeteremo lo schema di Tokyo, che per me ha funzionato benissimo. Ho una possibilità e voglio giocarmela. Rispetto ai problemi dell’ultima volta molte cose sono cambiate anche in Ecuador. Nella federazione sono arrivate persone nuove e credo che avremo tutto il supporto di cui abbiamo bisogno per questa avventura».

A Leysin, per Carapaz 2,2 chilometri di attacco in apnea: alla fine era davvero provato
A Leysin, per Carapaz 2,2 chilometri di attacco in apnea: alla fine era davvero provato

Lo studio dei percorsi

Tornando brevemente alla tappa, Carapaz ha fatto capire quanto sia ormai importante conoscere bene i percorsi perché l’attacco sia efficace. Per cui, dopo aver approfittato del lavoro della Ineos per Rodriguez, Richard si è mosso proprio al momento giusto.

«Conoscevo la salita – dice – sapevo che nel finale era più veloce e avrei dovuto anticipare. Conoscere il finale è spesso decisivo. Quando a febbraio ho vinto la tappa regina del Tour Colombia, sapevo di avere una sola opportunità e l’ho sfruttata al meglio possibile. Conoscevo la salita, mi ero allenato da quelle parti. Avevamo studiato il profilo, l’altitudine, il fondo stradale. E alla fine ero riuscito a vincere. Qui in Svizzera è stata la stessa cosa. Ma adesso è tempo di tornare a casa e di rimboccarsi le maniche. Il Tour sembra vicino, ma non manca poi così tanto…».

Compri, la forza giusta per il quartetto fra strada e palestra

11.06.2021
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Un boccone tira l’altro. Così, dopo le parole di Scartezzini sul gap di forza fra gli uomini del quartetto che hanno lavorato tanto in palestra e gli stradisti reduci dal Giro, abbiamo chiamato in causa Marco Compri, figura chiave del Centro Studi Federale, preposto al lavoro in palestra. Rendendoci conto che un conto è il vecchio approccio un po’ sognatore del “prendi la bici e vai” e altra cosa è preparare le Olimpiadi 2020 su pista. Non ti inventi niente!

Lavori di equilibrio e stabiltà, necessari al passaggio dalla strada alla palestra: qui Ganna
Lavori di equilibrio e stabiltà, necessari al passaggio dalla strada alla palestra: qui Ganna
Ha ragione Scartezzini: per Viviani e soci si annunciano tempi duri?

I ragazzi hanno un protocollo per i lavori di forza, sia che vengano dal Giro, sia che siano stati a Livigno per allenarsi. Chiaro che quando arrivi dopo tre settimane di corsa, è necessaria una fase di adattamento prima di approcciare lavori prossimi ai massimale, soprattutto con esercizi complessi come lo squat, che richiede un perfetto controllo della tecnica esecutiva, altrimenti si rischia di farsi male. Non a caso nei giorni a Livigno, Elia ha caricato  con la pressa e non con lo squat.

Parliamo di lui, allora, visto che lo segui direttamente. Che cosa ha significato per lui fare il Giro?

Ha accumulato rilevanti volumi di resistenza alla forza per cui ora è il momento di fare il richiamo dei massimali. Chi invece era già a Livigno ad allenarsi ha mantenuto la confidenza con i gesti e l’affinità con i carichi. Quando è salito a Livigno dopo il Giro, Elia ha iniziato questa fase di adattamento. Siamo in contatto costante con lui e Diego Bragato e abbiamo concordato che la settimana scorsa sarebbe stata usata per riprendere confidenza con il gesto, in riferimento allo squat.

I balzi con i pesi servono ad accrescere l’esplosività
I balzi con i pesi servono ad accrescere l’esplosività
Palestra è solo questo?

No, appunto. Si lavora anche al core stability. Su esercizi complementari legati alla funzionalità dei gesti. Poi si cura l’esplosività, facendo balzi di vario tipo. Non tutti hanno la stessa consuetudine con la palestra, per cui il lavoro non è tanto una ricerca del carico fine a se stessa, ma tutela del corridore.

A cosa è serve allora andare a correre alla Adriatica Ionica Race?

Dal punto di vista metabolico, sarà una ripresa di intensità, mantenendo però la frequenza del lavoro. Si tratta di una corsa di tre giorni, non cambia niente e si può inserire benissimo nella programmazione del lavoro. Invece nella corsa di tre settimane la dimensione dei massimali di forza si riduce perché prevale la resistenza.

Meglio il Giro e poi il lavoro di qualità oppure quello che hanno fatto Scartezzini e gli altri?

Non esiste un meglio o un peggio, bisogna gestire le situazioni che si presentano. Come allenatori abbiamo il monitoraggio dei valori per qualità e quello che non si riesce a coprire con le gare, lo copriamo con gli allenamenti.

Riunione fra tecnici a Montichiari: da sinistra Villa, Lupi della Bmx, Marco Compri e Diego Bragato
Riunione fra tecnici a Montichiari: da sLupi della Bmx, Marco Compri e Bragato
Qual è il vantaggio di fare un Giro d’Italia?

La prerogativa, non so se sia giusto parlare di vantaggio, è che al Giro si mette insieme un grosso volume di lavoro, che permetterà poi all’atleta di concentrarsi su lavori di altissima qualità, sapendo di poggiare su una base molto solida. Gli altri avranno bisogno di aggiungere volume ed è il motivo per cui Villa ha valutato di portarli a correre in Sardegna.

Il Giro e la preparazione in palestra sono in qualche modo paragonabili?

Facciamo una premessa. Quando si lavora sulla forza si ragiona sui massimali, sulla forza resistente e sulla resistenza alla forza. Elia al Giro ha sicuramente lavorato tanto sulla resistenza alla forza , lavori che gli altri a Livigno hanno fatto in bici. Le esperienze sono equiparabili, l’importante, il punto di arrivo è lo stesso per tutti. Fra una decina di giorni dovremo allinearli sapendo che si trovano tutti allo stesso punto o con poca distanza fra loro.

Questi lavori di forza andranno avanti fino a Tokyo oppure a un certo punto si interromperanno?

Finché potremo, continueremo a richiamare la forza. Non sappiamo come sarà in Giappone, ma se non fosse possibile, continueremo comunque a lavorare sulla componente esplosiva tramite i balzi. C’è da dire che raggiunto il massimale, la situazione resta stabile per 10 giorni.

Per Ganna e Scartezzini, due diversi percorsi di avvicinamento
Per Ganna e Scartezzini, due diversi percorsi di avvicinamento
Palestra e bici restano integrate oppure una ha il sopravvento?

Sono e devono essere integrate e complementari. La componente aspecifica, cioè quella con preponderanza della palestra, magari sarà più utilizzata quando l’evento è lontano. Poi, avvicinandosi l’appuntamento, si andrà a intensificare la componente specifica, cioè la bici. A Montichiari ora abbiamo la palestra e combinare le due fasi è molto più semplice. In assoluto però non c’è mai solo una oppure l’altra.

E comunque l’approccio con la palestra è molto cambiato…

Notevolmente. E’ cambiata la consapevolezza degli atleti, che una volta usavano la palestra d’inverno e solo pochi velocisti facevano richiami nei periodi morti della stagione. Ed è cambiata l’impostazione stessa del lavoro in palestra, che ci permette di fare quei lavori che in bici non sono possibili.

Ciccone in Francia, puntando su tricolori, Olimpiadi e Vuelta

11.06.2021
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L’ultima volta che l’abbiamo visto, Ciccone si stava rialzando a fatica dopo l’arrivo di Sega di Ala al Giro d’Italia. La caduta in cui era rimasto coinvolto stava iniziando a presentare il conto. Per cui se in sella e a caldo gli era riuscito di stringere i denti e arrivare al traguardo, sia pure a 7’58” da Daniel Martin (foto di apertura), quel breve tempo seduto per terra aveva dato all’adrenalina il tempo di scendere e anche il gesto più semplice sembrava impossibile. Lo avevano aiutato a vestirsi il dottor Magni e Paolo Barbieri, l’addetto stampa della Trek-Segafredo, accompagnandolo con lo sguardo mentre dolorante scendeva in bici verso i pullman fermi ai piedi della salita.

«Quella notte – racconta sul lettino dei massaggi alla Route d’Occitanie da cui ha ripreso a correre – ho avuto dissenteria e febbre alta. Non so se sia stato legato alla caduta o alla somma delle cose. Mi sono svegliato il giorno dopo che ero morto, ma lo stesso ho provato a vestirmi per andare alla partenza. I pullman erano a un chilometro dal foglio firma e nel fare avanti e indietro ho capito che non ce l’avrei mai fatta ad arrivare a Stradella. E a quel punto ho alzato bandiera bianca».

A Campo Felice un giorno positivo fra buone sensazioni e il pubblico di casa
A Campo Felice un giorno positivo fra buone sensazioni e il pubblico di casa

Bene sul Giau

Da allora, mentre smaltiva i postumi della botta alla mano e alla schiena, l’abruzzese ha fatto i conti con cinque giorni di virus intestinale che l’hanno debilitato. Poi finalmente le cose hanno ricominciato a girare in un verso accettabile, al punto da preparare la valigia e ricominciare a correre. Sembra una vita, ma il Giro è finito da meno di due settimane.

«All’inizio sono stato a casa dei miei in Abruzzo – racconta – perché dovevo andare a Roma per le visite olimpiche al Coni, poi sono tornato a Monaco. I primi 3-4 giorni in bici sono stati brutti, avevo sensazioni pesanti. Poi sono arrivati i primi segnali positivi. Pensare che mi sono nuovamente dovuto ritirare dal Giro mi fa girare le scatole, perché quest’anno è stato davvero inaspettato. L’anno scorso avevo avuto il Covid, ci stava e anzi sarebbe stato un miracolo se l’avessi finito. Quest’anno stavo bene, l’avevo preparato bene, non ero stanco. La condizione reggeva, l’avevo visto sul Giau. E’ stata davvero una mazzata, anche se essere a quel punto ancora con ottime gambe resta una bella cosa che mi dà tranquillità per il futuro».

Bene anche sullo Zoncolan. Sale con Caruso e Martinez e cede 1’09” a Bernal
Bene anche sullo Zoncolan. Sale con Caruso e Martinez e cede 1’09” a Bernal

Nibali e Tokyo

Come capita spesso nel ciclismo, è la strada più che i corridori a cambiare i piani. Il programma iniziale per la Trek era infatti che Ciccone fosse d’appoggio per Nibali, mentre la Vuelta sarebbe stata il suo primo banco di prova come leader in un grande Giro.

«Ma non parliamo al passato – sorride – il programma non cambia. Vincenzo ha avuto addosso la sfortuna da prima del Giro e anche durante. Ha pagato tutto insieme e per lui che ha vinto tutto, è più difficile essere lì e non riuscire a risollevarsi. Il momento non è facile, ma non dimentico che l’anno scorso il progetto Tokyo era nato attorno a lui e secondo me merita ancora quella maglia, anche se capire dai media come siano le cose è sempre difficile. Le Olimpiadi, per le quali ho fatto anche il vaccino, sono un obiettivo anche per me, se ne ragionava dal 2019. Adesso il discorso è arrivare bene al campionato italiano, questa corsa serve per non buttare giù la condizione del Giro. Poi valuteremo in che modo arrivare in Spagna».

Quarto nel tappone di Cortina, con ottime sensazioni sul Giau
Quarto nel tappone di Cortina, con ottime sensazioni sul Giau

Ma Remco vale

Il 2021 ha rimesso parzialmente le cose a posto e Ciccone si è ripreso il suo nella scala gerarchica del gruppo, dopo che il 2020 aveva fatto vacillare le certezze di tanti sotto i colpi dei giovanissimi.

«Ma lo stesso – riflette – quei supergiovani restano dei fenomeni. L’età media in cui si è competitivi si è abbassata di tanto. Noi da junior andavano al mare, loro fanno già la vita dei professionisti. Anche Evenepoel tutto sommato non è uscito affatto male dal Giro, anche se si è ritirato. Non ha preso schiaffi, considerato da dove veniva e l’incidente che aveva alle spalle, è andato anche forte. Non puoi andare alla partenza del Giro d’Italia dopo 10 mesi senza corse e pensare di giocartelo. Non so come e perché abbiano fatto i loro programmi, ma Remco resta un grande corridore».

Ciccone è rientrato in corsa alla Route d’Occitanie, dove ieri ha vinto Vendrame
Ciccone è rientrato in corsa alla Route d’Occitanie, dove ieri ha vinto Vendrame

Dal Tourmalet a Imola

La prima tappa in Occitanie l’ha vinta Vendrame, cui evidentemente portiamo fortuna, dato che con bici.PRO aveva in qualche modo annunciato la vittoria del Giro e l’altra sera ci aveva raccontato dei suoi piani per l’Occitanie. Giulio ha concluso nel gruppo a 4 secondi dal veneto e guarda già avanti.

«Lo sapete come sono – ride – se sto bene, non resto a guardare. Correre per fare ritmo non appartiene al mio dna e qui ci sono le salite. C’è anche il Tourmalet… Ho ancora il buon sapore di alcuni giorni del Giro. Quello in Abruzzo è un gran ricordo, quello di San Giacomo è stato il migliore. Perché nella valle ho sprecato tanto, ma sulla salita finale ho risposto io a tutti gli attacchi di Bernal. Il Giro mi ha dato tante indicazioni. Posso essere lì con loro e nel mezzo ho gestito bene una crisi a Montalcino. Ora perciò guardiamo ai prossimi giorni e poi al campionato italiano che mi ingolosisce tanto. Gli acciacchi del Giro mi hanno un po’ rallentato, pensiamo a ritrovare il colpo di pedale e poi ne parliamo…».

Il viaggio di Castelli da Rio a Tokyo, fra vento e caldo umido

10.06.2021
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Come nasce la maglia per andare alle Olimpiadi? In un ciclismo in cui i dettagli sono ormai il vero ago della bilancia e vengono disegnati nel vento perché uno svolazzare di tessuto può fare la differenza fra l’oro e il nulla, in cui il caldo umido spinge verso un tessuto piuttosto che un altro, che cosa c’è dietro i body quasi argentati con cui correranno gli italiani a Tokyo?

Una premessa è d’obbligo, i body sono in fase di realizzazione proprio in questi giorni: la maglia presentata ieri a Roma servirà per gli allenamenti ed è stata utile per far vedere la grafica.

Tre anni di studio

«Il cammino è stato lungo – ha spiegato Alessio Cremonese, Amministratore Delegato di Manufattura Valcismon che in apertura è con Viviani e Roberto Amadio – ed è iniziato tre anni fa in collaborazione con il Politecnico di Milano e i necessari passaggi in galleria del vento, alla ricerca della riduzione del materiale e del massimo miglioramento aerodinamico, in una fase in cui l’aerodinamica è diventata cruciale».

Clima decisivo

Si è parlato di scelte tecniche legate al clima caldo umido di Tokyo ed è una costante nel disegnare le maglie olimpiche. Già nel 1992, gli azzurri corsero con una divisa celeste su strada e azzurra in pista. Ad Atlanta e Sydney si tornò a un azzurro venato di bianco e di verde. Ad Atene si scelse il bianco e così pure a Pechino, Londra e anche Rio. Dove non arriva la tecnica, si spinge poi il marketing e tutto sommato l’idea di offrire ogni quattro anni un prodotto innovativo dalla grafica rinnovata tira anche sul mercato.

Alessio, quando si è assodato che farà caldo e sarà umido, come vi siete mossi?

Ci siamo messi al lavoro per individuare nuovi tessuti e reingegnerizzare il prodotto, tenendo conto anche delle diverse esigenze di vestibilità.

Si parte dall’ultimo body e si va avanti?

Ne teniamo conto, ma in cinque anni ci sono stati nuovi studi per cui il body 2021 sarà piuttosto diverso da quello di Rio.

In che misura incide la collaborazione con gli atleti?

E’ molto importante. Gli atleti provano i prodotti: quelli che già sono sponsorizzati da noi e quelli del giro della nazionale. Devono stare comodi e sanno in che modo una cucitura possa essere spostate perché non dia fastidio. 

Nel 2004 per Bettini maglia Sportful e tutta bianca
Nel 2004 per Bettini maglia Sportful e tutta bianca
In che modo si conciliano vestibilità e aerodinamica?

Utilizzando cinque tipi di tessuto e individuando un taglio unico che permette al body di mantenere la pressione e variare la compressione nei punti in cui deve esserci l’aderenza perfetta. Ormai si sta andando verso maniche sempre più lunghe, calze più alte e pantaloncini al ginocchio. Se non ci fossero delle limitazioni da parte dell’Uci, si potrebbe quasi immaginare il body integrale.

Quando costa realizzare un body come questo?

Non poco. Il singolo capo, la realizzazione del prototipo costa intorno ai 1.000 euro. La galleria del vento la paghi a ore, migliaia di euro ogni ora. E quando sei lì provi tanti capi e tanti abbinamenti per trovare quello più efficiente. Infine considerate che per occasioni come le Olimpiadi, ogni atleta avrà il suo capo su misura.

Avevamo scoperto che il giovane Ganna fece da manichino per Ryder Hesjedal: chi fa ora da manichino per Pippo?

Ora fa da sé, perché è molto disponibile ed è stato da noi anche pochi giorni fa. E’ chiaro che ognuno ha le sue esigenze. Il body di Ganna per la crono è diverso da quello dell’inseguimento perché si corre all’aperto con quel caldo umido di cui abbiamo detto. Il body dello stradista per lo stesso motivo non ha troppo a che fare con quello che useranno in pista per le gare di gruppo.

Il tempo di correre a Tokyo e poi le divise saranno in commercio?

Sia per un fatto di regolamenti, dato che possono usare solo prodotti in commercio, sia perché se il risultato è buono, la maglia si vende molto bene. Durante la presentazione si è detto che diventa il simbolo della Nazione e i riscontri non mancano. La maglia della nazionale si vende bene nelle località di vacanza, perché i turisti la portano via come se portassero una bandiera.

Eterno Valverde, punta su Giochi e Vuelta e rimanda il ritiro

08.06.2021
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Gli ha reso omaggio persino una scorza dura come Laurent Jalabert, commentandone la vittoria a La Sappey en Chartreuse, annotando che nessuno aveva mai vinto una tappa al Delfinato dopo i 40 anni. Ma Valverde sembra nato per smontare i luoghi comuni. Così quando ai 330 metri ha visto che Tao Geoghegan Hart aveva il colpo in canna e Geraint Thomas gli reggeva il gioco, si è messo prontamente in caccia. Ha tenuto il corridore della Ineos nel mirino fino agli ultimi 50 metri e poi lo ha saltato con un rapporto lungo quanto le sue 41 primavere.

Terzo alla Vuelta dietro Alaphilippe: il conto delle vittorie fa 5-3 per Valverde
Terzo alla Vuelta dietro Alaphilippe: il conto delle vittorie fa 5-3 per Valverde

Tao nel mirino

Succedeva il 4 giugno, nella sesta tappa del Delfinato, sulla strada di avvicinamento al Tour de France, con alcune clamorose trenate di Miguel Angel Lopez nel finale, a tenere chiusa la corsa fino al momento giusto.

«Sono super felice – ha detto l’Embatido – tutto quello che riesco a fare ora è speciale. Essere davanti ai migliori, competere per queste vittorie. E’ tutto bello. Ma al di là della vittoria personale, è un successo cui abbiamo lavorato a livello di squadra. Miguel Angel ha controllato tutto in finale e io ho solo dovuto finire il lavoro. Abbiamo usato la tattica perfetta. Tao ha piazzato un grande attacco cui ho deciso di rispondere subito, dato che Geraint Thomas si è rialzato per fare il buco. Non volevo dare subito il massimo perché il traguardo era ancora lontano. Ho davvero aspettato fino all’ultimo momento…».

Di nuovo al top

Fra i corridori un po’ più… esperti, Alejandro è in proporzione quello che ha pagato di più il lockdown: non gli era mai successo di uscire da una stagione senza vittorie, cosa che è invece accaduta nel 2020. 

«Mi sono reso conto dell’età – dice – l’anno scorso è stato molto difficile per me e i due mesi a casa sono stati la parte più dura. Non sono un fan dei rulli. Ho iniziato a pensare che stavo invecchiando a causa di quell’inerzia. Ma quest’anno ho ricaricato le batterie e mi sono concentrato sulla preparazione e sull’alimentazione. E finalmente sento di essere nuovamente al livello dei migliori».

Un pezzo di storia

Non sarà come quando parli con Rebellin, però da qualche tempo è lui per primo a parlare di se stesso come di un… vecchietto, mettendosi spesso in contrapposizione con i più giovani.

«Sono orgoglioso di far ancora parte di questo gruppo – dice – con il piacere di insegnare e anche di imparare. Non mi pesa dormire fuori, mangiare in luoghi sempre diversi. Se il corpo sta bene e c’è passione, questa è la vita più bella del mondo. I ragazzi qua fuori sono giovani, ma anche dei grandi professionisti. E anche se io sono ormai un pezzo della storia del ciclismo, credo di poter imparare da loro anche tante cose del mondo al di fuori della bici».

Al Delfinato, Valverde ha aiutato Lopez e lo scorterà anche al Tour, allenandosi
Al Delfinato ha aiutato Lopez e lo scorterà anche al Tour, allenandosi

Tokyo e Vuelta

La vittoria ha messo i puntini sulle giuste lettere. E anche se in Spagna nessuno si sognava di lasciarlo fuori dalle Olimpiadi, per palmares e rispetto, la volata del Delfinato – che si somma alla vittoria nel Gp Indurain, il podio alla Freccia e il quarto posto della Liegi – ha fatto scrivere il suo nome sulla maglia in partenza per il Giappone.

«Olimpiadi e Vuelta – dice strizzando l’occhio, con le guance scavate e la barbetta che lo invecchia – mentre al Tour andrò per aiutare i compagni e allenarmi. Il rinvio dello scorso anno ha cambiato tutto. Avrei puntato sulle Olimpiadi e sui mondiali di Martigny. Invece le Olimpiadi ci saranno quest’anno e Martigny è diventata Imola. Però se l’anno scorso ero abbastanza giù e per un secondo ho valutato di fermarmi – ghigna – se questi sono i risultati e le sensazioni, finirà che dovrete sopportarmi per un anno ancora».

Ecco perché Marta tornerà quella del 2019. Parla l’allenatore

08.06.2021
4 min
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Il ragionamento di Pino Toni, allenatore di Marta Bastianelli, non fa una grinza. «Nel 2019 – dice – Marta era l’unica che poteva competere e che batteva le olandesi. Ha cominciato con la Vos e poi le ha messe in fila tutte. Se arriva in fondo alle Olimpiadi, per le altre è buio profondo, perché lei pesca energie dove in apparenza non ce ne sono. Ci sono dei motivi se finora non è andata forte come allora e ce ne sono altri per dire che tornerà a quel livello».

Dritto all’osso, senza voler per forza lanciare messaggi. Con chi andare a Tokyo, oltre che con Elisa Longo Borghini? Quale delle nostre ragazze ha già vinto grandi corse? Pino ragiona e anche se la sua è ovviamente una posizione di parte, proviamo a capire se ci siano effettivamente i margini per dire che Bastianelli (in apertura nella foto di Francesco Lasca) tornerà quella del 2019, quando vinse il Giro delle Fiandre.

Nel 2019 vince il Giro delle Fiandre, obiettivo sin da inizio stagione
Nel 2019 vince il Giro delle Fiandre, obiettivo sin da inizio stagione
Perché dopo quella stagione c’è stato il blackout?

Marta ha fatto un grande anno con la Virtu di Bjarne Riis, uno che sa motivarti. Ci ho lavorato per 10 anni, prima come uomo di Srm e poi in squadra. Alla fine di quella stagione, anzi durante, venne però fuori che la squadra si fermava e alla ripartenza con la Alé, è arrivato il lockdown che l’ha costretta a fermarsi. Zoppicava. Non si riusciva a fare due allenamenti di fila fatti bene. E a quel punto è saltato fuori il virus nella maniera più subdola.

Perché subdola?

Perché è difficile accorgersi che qualcosa non va, se l’unica attività puoi farla sui rulli. Si poteva pensare a stanchezza, la scarsa motivazione vista la situazione e il rinvio delle Olimpiadi… di fatto i sintomi non sono stati riconosciuti subito.

Le Olimpiadi sono una grande spinta come dice?

Le ha nella testa. Con il suo palmares, che comprende un mondiale, un europeo e decine di grandi corse, è incredibile che non vi abbia mai partecipato. Inoltre chiunque faccia parte di corpi militari, sa che le Olimpiadi sono il vero motivo di esistenza di quei gruppi sportivi. Te le inculcano. E per il bene ricevuto dalle Fiamme Azzurre e per sdebitarsi con chi l’ha sempre supportata, Marta vede nelle Olimpiadi un passaggio chiave per andare avanti.

Mononucleosi e citomegalovirus insieme sono stati un bel colpo.

A primavera era sotto schiaffo, una concomitanza come quella debilita.

Marta secondo il suo allenatore è fra le poche che può battere le olandesi. Agli europei del 2018, si è lasciata dietro Vos e Brennauer
Agli europei del 2018, Marta si è lasciata dietro Vos e Brennauer
Perché, da allenatore, pensi che possa tornare al livello del 2019?

Perché vedo i suoi numeri e credo che a 33 anni, ne abbia ancora 3 davanti in cui essere a livelli altissimi. Ma dipende da lei e da chi con lei lavora.

Che cosa significa?

Il ciclismo femminile sta andando nella direzione degli uomini. Si corre sempre di più all’estero e si sta tanti giorni via da casa. Per una mamma non è facile, servono motivazioni molto superiori. Non ci sei a un’età in cui tua figlia cresce un po’ ogni giorno. Va bene che hai accanto un marito come Roberto e le rispettive famiglie che ti aiutano, ma tu sei la mamma. E sai che se vuoi rimanere ad alto livello, devi adattarti, perché vanno tutte più forte. Il WorldTour sta cambiando le cose.

E’ così palpabile?

Stanno arrivando i riscontri pubblicitari, ci sono le dirette. Aumenta tutto. E vedrete che i team WorldTour che finora hanno gestito tutto appoggiando le donne allo staff degli uomini, fra poco saranno costretti a diversificare ulteriormente i gruppi, proprio per stare dietro alle ragazze. In questo contesto, Marta è ancora competitiva. Lo deve volere lei, deve essere super convinta che tanti sacrifici portino da qualche parte. Chi è intorno a lei deve darle stimoli alti.

Per chi corre nei corpi militari (da sinistra Paternoster, Cecchini, Frapporti, Bastianelli, Lamon e Guderzo) le Olimpiadi sono il vero focus
Per chi corre nei corpi militari le Olimpiadi sono il vero focus
Lo hai già detto: che cosa significa?

Ricordo che al primo raduno con la Virtu, senza che Bjarne neppure la conoscesse, ci ritrovammo a parlare di programmi. E lui cominciò a dirle che doveva puntare sul Fiandre. Andò avanti a dirglielo finché il Fiandre lo vinse davvero. Nell’Italia ci sono ragazze che possono lottare per un piazzamento e lo hanno dimostrato. Il percorso di Tokyo è meno duro di quello degli uomini, la salita si farà di rapporto. Marta se arriva in fondo lotta per vincere, non mi pare un aspetto trascurabile. Ma deve sentire che le persone che ha attorno credono in lei.

Francia senza capitani, cosa si inventa Voeckler?

08.06.2021
4 min
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Mentre da noi con il fresco contributo di Bugno si accende il dibattito sulla presenza di Nibali alle Olimpiadi, in Francia la situazione si fa spinosa e poco coerente con il rinomato attaccamento alla bandiera. L’armata transalpina, che sulla carta sarebbe stata la formazione da battere, ha perso il suo potenziale. E per il cittì Voeckler il quadro è tutt’altro che rassicurante.

Alaphilippe dice no

La prima spallata è venuta a metà maggio da Julian Alaphilippe. «D’accordo con il selezionatore della squadra francese e la Deceuninck-Quick Step – ha detto – rinuncio al mio posto di candidato alla selezione per le prossime Olimpiadi di Tokyo. E’ una decisione personale, attentamente ponderata. Sono stati definiti gli obiettivi di fine stagione e in questo senso vanno fatte delle scelte. Sarei molto orgoglioso di indossare la maglia della squadra francese per i prossimi campionati del mondo. Ovviamente auguro il meglio alla nazionale che sarà schierata in questa occasione».

Il cittì Voeckler alle prese con una selezione complicata
Il cittì Voeckler alle prese con una selezione complicata

Team e famiglia

Julian sta correndo per la prima volta il Giro di Svizzera (foto di apertura): un approccio al Tour completamente nuovo, che tiene conto anche dell’imminente nascita del suo primo figlio.

«La nascita del bambino – ha ripetuto più volte – è la cosa più importante per me». Il Tour in maglia iridata è un’occasione d’oro per tutti, la trasferta olimpica è meno allettante.

«Voglio dare tutto al Tour con la maglia di campione del mondo – sottolinea – senza sapere come lo finirò. E di conseguenza senza sapere se potrò fare bene a Tokyo sei giorni dopo Parigi. Anche la situazione sanitaria ha avuto un ruolo nella mia decisione. Non potevo permettermi di scommettere tutto sui Giochi, sacrificando ciò che è essenziale per me, senza essere sicuro che si svolgeranno».

Voeckler amaro

E Voeckler cosa dice? Capisce, si adegua, non fa salti di gioia e guarda ai mondiali. Il presidente federale francese ha scelto di non imporsi.

«Fa parte della vita di un atleta di alto livello fare delle scelte – dice il selezionatore francese – e di un tecnico adattarsi. Senza offendere gli altri corridori, su quel tipo di circuito, Julian sarebbe stato la nostra carta migliore. Perdiamo una grande occasione. Senza di lui, non sarà la stessa squadra. Sono convinto che la squadra francese farà la sua parte, ma non posso dire che abbiamo il corridore per vincere e che gli altri quattro correranno per lui».

Bardet è uscito bene dal Giro, ma si è chiamato fuori dalle Olimpiadi
Bardet è uscito bene dal Giro, ma si è chiamato fuori dalle Olimpiadi

Il rifiuto di Bardet

A questo punto, ci si sarebbe aspettati però che Voeckler convocasse gli stati generali, magari valorizzando il Giro in crescendo di Bardet. Invece no.

«Dopo una discussione a tre con lui e la squadra – ha detto il francese del Team Dsm – abbiamo deciso che non parteciperò ai Giochi Olimpici quest’anno. Con il team abbiamo grandi obiettivi che ci aspettano a fine stagione e con questo programma non sarebbe possibile raggiungere il massimo della forma a Tokyo».

Guillaume Martin (Cofidis) si candida per fare il leader della Francia a Tokyo
Guillaume Martin (Cofidis) si candida per fare il leader della Francia a Tokyo

Martin alza la mano

Il rifiuto è venuto da corridori inseriti in formazioni non francesi: non può essere un caso. E così basta guardare Oltralpe per rendersi conto che qualcuno che smania per andare c’è.

«Sono ancora un candidato per i Giochi – fa sapere Guillaume Martin della Cofidis – anche se sto aspettando di sapere quali sono i piani di Voeckler. Sono pronto ad assumere il ruolo di leader o co-leader. Ce l’ho già nel team Cofidis e non ho paura di affrontarlo a Tokyo. Se quest’estate vado al Tour in modo più rilassato rispetto agli ultimi anni, è anche per arrivare con un po’ più di freschezza alla corsa olimpica».

Gaudu sta recuperando da una caduta alle Canarie, farà Tour e Olimpiadi
Gaudu sta recuperando da una caduta alle Canarie, farà Tour e Olimpiadi

Ripresa Gaudu

I nomi a disposizione non sono poi molti e passano per quello di Barguil, Gallopin, Cavagna e soprattutto di Gaudu, al punto che all’interno della Groupama-Fdj si comincia a pensare che la brutta caduta delle Canarie durante l’ultimo training camp, che non ha avuto gravi conseguenze fisiche, potrebbe avere un ritorno positivo. A detta del suo allenatore infatti, essere arrivati al Delfinato in ritardo di condizione, potrebbe permettere al giovane francese di vivere un Tour in crescendo e arrivare al top proprio in Giappone.

Difficile capire se le illustri defezioni siano casuali e se gli atleti le abbiano accettate di buon grado. Probabilmente all’uscita degli anni del Covid, gli sponsor sono stati meno propensi a rinunciare ai campioni più pagati nel nome dell’ideale di Patria. Per il fascino delle Olimpiadi, purtroppo, un passo indietro di cui prendere atto.

EDITORIALE / Preparate la maglia azzurra di Nibali per Tokyo

07.06.2021
3 min
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Nibali a Tokyo deve andarci e casomai sarà lui a chiamarsi fuori o accettare un ruolo diverso. Ci sono corridori che il posto se lo devono guadagnare, per i quali è giusto aspettare i campionati italiani. E ci sono corridori che il posto lo meritano a prescindere: se così non fosse, neppure Viviani dovrebbe andare a Tokyo. E badate bene, non si tratta di campare sugli allori: si tratta di rispetto, costruzione e programmi.

Nel leggere le interviste (e nel farle) in certi momenti si cade nel rischio di appiattire tutto e ricondurre ogni valutazione non già al coraggio, ma alla matematica. Nibali non ha fatto un gran Giro d’Italia, si è visto. Sarà così anche il 24 luglio? Si disse che Bugno non meritasse il posto per i mondiali di Benidorm. Vogliamo parlarne?

Vincenzo Nibali a Rio 2016 attaccò per vincere: solo la caduta gli impedì di arrivare in fondo
Vincenzo Nibali a Rio 2016 attaccò per vincere: solo la caduta gli impedì di arrivare in fondo

Alfredo e Gianni

Alfredo Martini lo prese da parte al Trofeo Melinda del 1992 e da quel caffè nacque il secondo mondiale di Gianni. Non gli chiese di vincere per dimostrare chi fosse. Se Nibali si lancia nella sfida delle Olimpiadi, i posti a disposizione sono quattro: uno è il suo. Starà a Cassani offrirgli il caffè e le parole giuste.

Nello sport ci sono o dovrebbero esserci parametri che vanno oltre la conta dei risultati. Basterebbe ricordare la scivolata di Firenze dopo la selezione con Scarponi sulla salita di Fiesole. La rincorsa all’azzurro di Innsbruck, pur avendo una vertebra rotta. L’attacco dello scorso anno. E soprattutto la caduta di Rio, quando l’oro era ben più di un’ipotesi.

Pantani fu convocato per Sydney 2000 per il campione che era
Pantani fu convocato per Sydney 2000 per il campione che era

Bandiera azzurra

Nibali a Tokyo deve andarci e casomai deve essere lui a chiamarsi fuori o accettare un ruolo diverso, per il rispetto che si deve all’uomo e al campione. Parliamo delle Olimpiadi, non di un europeo o di un mondiale. Parliamo di un atleta che non ha bisogno di portare la bandiera, perché lo è egli stesso. Parliamo di un campione che fa la differenza ogni volta, fosse anche per tenere al riparo i compagni. Pantani lo portarono a Sydney non perché potesse vincere le Olimpiadi, ma perché era Pantani. In certi casi vale più l’attesa del commento successivo. Non abbiamo il mattatore designato, abbiamo però il più grande degli ultimi 20 anni. Se non fa lui il passo indietro, una maglia è chiaramente sua.

Dumoulin, pensieri e parole del primo giorno di scuola

07.06.2021
5 min
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Difficile capire se per Tom Dumoulin sia stato più difficile rimetterci la faccia o accettare la sfida della crono, il suo terreno, al Giro di Svizzera. E interessante sarebbe anche capire in che modo l’avvicinamento al debutto sia stato per lui fonte di stress oppure una sorta di ritorno a casa. Di fatto la sua prestazione è stata perfettamente in linea con quello che puoi fare se sei un fenomeno e non corri da 8 mesi: 16° a 52,181 di media.

«Ho provato a dare tutto – ha detto poco dopo l’arrivo – ed è andata abbastanza bene. Ho notato che nella seconda parte della cronometro non avevo più forze. Di conseguenza, il mio ritmo è leggermente diminuito. Nulla di strano, c’era da aspettarselo. C’è voluto un po’ per abituarsi, ma le sensazioni sono state decisamente buone. Voglio sempre il massimo e ho provato a farlo anche oggi. Sono soddisfatto, anche se c’è ancora tanto da lavorare».

Nel 2017 il Giro d’Italia vinto alla grande su Quintana e Nibali
Nel 2017 il Giro d’Italia vinto alla grande su Quintana e Nibali

Fuori dai radar

In breve, la storia narra che Tom si è ritirato in modo inatteso dalla Vuelta 2020 e che, arrivato regolarmente al raduno della Jumbo Visma di inizio anno, abbia fatto il giro di compagni e personale, annunciando il ritiro. Si è parlato di burnout. Poi si sono avanzate ipotesi più o meno pittoresche. Infine, si è detto che si fosse iscritto a medicina. Poi come accade per le cose della vita, il tempo ha fatto calare il silenzio.

Di tanto in tanto però Tom appariva nei discorsi. Quando è stato avvistato lungo l’Albert Kanaal sulla bici da crono, si è scoperto che il tecnico della nazionale olandese non avesse mai sostituito il suo nome negli elenchi per Tokyo. E’ riapparso sulle strade del ciclismo all’Amstel Gold Race e pare che la visione del gruppo abbia riacceso in lui la fiammella dello sport. Sta di fatto che di colpo le Olimpiadi sono diventate il suo obiettivo. E se quello che ci è stato raccontato è tutto vero, chissà se siano il frutto di un corteggiamento o della sua libera scelta.

A fine 2020, 7 tappe alla Vuelta e poi un ritiro durato 8 mesi
A fine 2020, 7 tappe alla Vuelta e poi un ritiro durato 8 mesi

Ciclismo e gioia

«La differenza fra adesso e prima – ha detto in un interessante video realizzato da L’Equipe – è che adesso qualunque cosa faccia, mi chiedo se sia importante per me e se mi dia gioia. E’ quello che avevo perso negli ultimi anni. Facevo qualcosa che non mi piaceva più. Avevo bisogno di questo tempo per rinfrescarmi le idee. Ho sempre amato andare in bici e correre, ma il problema degli ultimi tre anni è che avevo perso il piacere di farlo. E’ stato un periodo molto istruttivo, ora so di nuovo chi sia Tom Dumoulin e che tipo di corridore possa tornare».

Nella crono iridata di Imola 2020, 10° posto a 1’14” da Ganna
Nella crono iridata di Imola 2020, 10° posto a 1’14” da Ganna

Ipotesi overtaining

Cipollini fece lo stesso. Annunciò il ritiro proprio alla vigilia del 2002 in cui avrebbe vinto il mondiale, anche se i tempi, le persone e le attenzioni cui sono sottoposti i corridori sono troppo diversi perché il paragone regga.

«Ma non sono solo – ha detto Dumoulin – ci sono molti atleti di vertice e anche di altro livello che a volte lottano con se stessi, per cui non mi sento di diventare modello per un certo tipo di battaglia. Non ho consigli da dare, ognuno deve cercare la propria strada, ma sicuramente durante il ritiro a Livigno ho ritrovato l’amore per la bicicletta. Prima ero in un posto profondo, un buco in cui oltre alle difficoltà mentali ho pagato sicuramente anche una forma di overtraining. Appena mi sono ripreso il mio tempo e mi sono riposato, sono stato meglio. Quando sono salito nuovamente sulla bici, sembrava che non lo avessi mai fatto prima. Invece dopo due settimane ho fatto un test e mi sono stupito per il risultato. Il talento per fortuna non si è spento ed è questo il motivo per cui ho accettato la sfida olimpica».

Futuro incerto

Un mese di lavoro convinto per tornare. Altura a Livigno fuori dai radar e la poca voglia di sbilanciarsi oltre, quasi che programmi troppo ambiziosi possano di nuovo trasformarsi in boomerang.

«Non so ancora – dice – cosa ci sarà dopo Tokyo. Può darsi che mi rimetta a caccia di grandi Giri, può darsi che cerchi altri obiettivi o che non voglia più essere un corridore. Lo scopo adesso è essere forte alle Olimpiadi com’ero una volta. Ho accettato la sfida, perché credo che sia possibile. Ovviamente tutto dovrà andare nel modo giusto, ma il tempo c’è. Le crono qui in Svizzera servono per capire a che punto sono, per il resto mi sono fissato piccoli obiettivi giorno dopo giorno, di certo non pensando alla classifica. Non sono qui per farmi del male, ma per mettere nelle gambe una settimana di corse. Non dimentichiamo che ho solo un mese di allenamento».

Il lavoro di Dumoulin verso Tokyo passa anche dal trovare il feeling con la sua Cervélo
Il lavoro di Dumoulin verso Tokyo passa anche dal trovare il feeling con la sua Cervélo

Avvicinamento olimpico

La sua storia è ripartita ieri lungo i 10,9 chilometri intorno a Frauenfeld, nella crono vinta da Kung con Cattaneo in terza posizione. La prova olimpica si correrà il 28 luglio sulla distanza di 44,2 chilometri, su un percorso tutt’altro che pianeggiante. Resta da capire quali saranno ora i suoi programmi. Se sarà al Tour per due settimane accanto a Roglic per mettere chilometri nelle gambe, come ha ipotizzato Diego Bragato parlando di una gara secca. Se alla fine ci troveremo a raccontare una toccante storia olimpica da cui trarre un libro e magari un film. O se il… risveglio non sia avvenuto troppo tardi. In ogni caso, bentornato vecchio Tom.