KASK pronta a festeggiare i “primi” vent’anni di successi

29.03.2024
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Il 2024 si annuncia decisamente importante per KASK. Il brand bergamasco si appresta a festeggiare i “primi” vent’anni di attività. Era infatti il 2004 quando, in un piccolo laboratorio, Angelo Gotti iniziava a sviluppare progetti innovativi di caschi, con il sogno di creare una propria produzione indipendente. Due anni dopo ecco i primi esemplari per il ciclismo che verranno presto indossati dai ciclisti di una squadra inglese, capace di scrivere alcune delle più importanti pagine della storia del ciclismo moderno. Stiamo naturalmente parlando del Team Sky, l’attuale Ineos Grenadiers.

La collaborazione con gli ingegneri e gli atleti di un team che ha saputo lasciare un segno indelebile nella storia del ciclismo ha permesso a KASK di progettare caschi sempre più sicuri e sempre più performanti, ma soprattutto vincenti. In questi anni sono infatti arrivati tantissimi successi. Fra i tanti che meritano di essere ricordati, sette vittorie al Tour de France, tre al Giro d’Italia e due alla Vuelta.

KASK ha affiancato negli anni il team Sky, diventato poi Ineos (foto Cauldphoto, Cyclingimages, Ineos Grenadiers)
KASK ha affiancato negli anni il team Sky, diventato poi Ineos (foto Cauldphoto, Cyclingimages, Ineos Grenadiers)

Oltre il ciclismo

I risultati ottenuti nel ciclismo hanno permesso all’azienda bergamasca di approcciarsi con successo ad altre discipline sportive. Nel 2009 sono arrivati i primi caschi dedicati allo sci, seguiti nel 2015 da quelli  per l’equitazione. KASK non è però solamente sport, ma anche sicurezza legata al lavoro.

Oggi il marchio è presente in oltre 80 Nazioni. Dalla propria sede di Chiuduno, in provincia di Bergamo, l’azienda è cresciuta sui mercati internazionali tanto da aprire filiali negli Stati Uniti e in Australia, grazie alle quali è stato raggiunto il numero di un milione di caschi venduti in un solo anno. Meritano un riconoscimento speciale gli oltre 170 dipendenti e il loro lavoro quotidiano presso le tre filiali.

KASK si è sempre impegnata per fornire prodotti interamente Made in Italy
KASK si è sempre impegnata per fornire prodotti interamente Made in Italy

Fedeli alla mission

In tutti questi anni è cambiato graficamente il logo dell’azienda. Ciò che è rimasto immutato è stato il colore verde lime che da sempre lo caratterizza, ma soprattutto la mission di offrire prodotti Made in Italy di alta qualità, mettendo al centro la sicurezza e la protezione dell’individuo, sia che si tratti di un atleta professionista o di un operatore di cantiere. Tutto questo non può che passare attraverso una ricerca e uno sviluppo continui a cui si aggiunge l’attenzione ai dettagli e controlli scrupolosi prima che il casco arrivi nei negozi.

A confermare tutto ciò sono le parole di Angelo Gotti, fondatore e CEO di KASK: «Ho sempre voluto trasmettere ai miei collaboratori la passione per lo sviluppo di prodotti di qualità. Ritengo infatti che le persone che lavorano all’interno della sfera KASK siano esse stesse il punto di forza per il successo dell’azienda: non solo le 170 donne e uomini che lavorano nelle nostre tre filiali, ma anche i partner, dai fornitori ai clienti, che contribuiscono ogni giorno al posizionamento internazionale del brand tanto da averlo reso un punto di riferimento nei singoli mercati».

Il 2015 ha visto l’inserimento di prodotti legati all’equitazione
Il 2015 ha visto l’inserimento di prodotti legati all’equitazione

Presto la festa

I festeggiamenti per il ventesimo compleanno di KASK prevedono un evento aperto al pubblico che si svolgerà il 29 e 30 giugno presso Daste Bergamo. Un weekend che includerà numerose attività legate allo sport, conferenze, l’esposizione dei caschi che hanno maggiormente segnato la storia di KASK e la presenza di un pop-up store.

Diego Zambon, General Manager di KASK, ha così parlato in merito alla ricorrenza per i venti anni dalla nascita di KASK: «Un traguardo importante quello dei vent’anni, che ci porta a tracciare un bilancio non solo numerico di quanto abbiamo realizzato, ma anche analizzare dal punto di vista qualitativo i risultati raggiunti. KASK ha un grande potenziale che può essere sviluppato in progetti di più ampio respiro e riteniamo che sapremo ancora stupire per quanto potremo realizzare».

KASK

Crono e pista per Parigi: Tarling segue Ganna e punta Remco

19.02.2024
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«Pippo ancora deve innamorarsi completamente delle classiche – dice Cioni, di ritorno dalla Volta ao Algarve – mentre “Josh” ha il giusto approccio mentale. L’anno scorso ha fatto la Roubaix, era andato anche a fare la ricognizione sul percorso. Ha una buona conoscenza dei percorsi del Nord, perché da junior ha corso in una squadra belga, quindi ha vissuto lassù a lungo. Il primo obiettivo è fargli fare esperienza in quelle gare. L’anno scorso ha fatto prima quelle del pavé, poi anche Amstel e Freccia Vallone. Per tutto il mese era rimasto ad allenarsi in Belgio. Non si sa ancora quale sarà il programma di Ganna, soprattutto in rapporto alla Roubaix, visto che vuole fare bene al Giro. Invece a Tarling le classiche piacciono, quindi adesso anche lui mollerà la pista e si dedicherà alla strada».

La Volta ao Algarve è finita nelle mani di Remco Evenepoel, che nella cronometro di Albufeira ha travolto i rivali. Al secondo posto, Sheffield ha fatto meglio di tutti gli altri specialisti, con passivo di appena 16 secondi. Anche meglio di Ganna, arrivato sesto a 47 secondi. Il piemontese è ancora indietro di condizione: durante l’inverno non è stato benissimo, incappando in un malanno di stagione, per cui non c’è nulla di cui preoccuparsi.

Ai campionati europei del 2023 a Drenthe, Tarling ha vinto l’oro, battendo Bissegger e Van Aert
Ai campionati europei del 2023 a Drenthe, Tarling ha vinto l’oro, battendo Bissegger e Van Aert

Da Ganna a Tarling

Dario Cioni è volato in Portogallo per seguire i corridori del Team Ineos Grenadiers nella crono e lo intercettiamo sulla via del ritorno. La sua prossima destinazione è il Gran Camino, che inizierà giovedì e dove troverà Tarling.

Di lui ci aveva parlato nel finale della scorsa stagione, dopo la vittoria nella Crono delle Nazioni e ancor prima dopo il sorprendente bronzo mondiale a 19 anni e il titolo europeo sempre nella sfida contro il tempo. Ci aveva segnalato fra le righe, che la federazione britannica lo avrebbe riportato in pista con un occhio alle Olimpiadi. Sebbene il ragazzone del Team Ineos Grenadiers avesse dei buoni trascorsi in pista da juniores, vederlo vincere l’inseguimento a squadre nella Nations Cup di Adelaide ha fatto sollevare il sopracciglio. Davvero Tarling è un altro Ganna in arrivo?

«Ha fatto vedere di poter dire la sua anche in pista – dice Cioni, parlando dell’atleta che allena personalmente – anche se finora non aveva fatto esperienza in campo elite. In Gran Bretagna hanno un metodo di lavoro un po’ diverso rispetto all’Italia. Parliamo e ci confrontiamo, però con Marco (Villa, ndr) c’è maggior allineamento rispetto a quello che fanno loro. Non si può dargli torto, perché i risultati arrivano. Diciamo che di base quando sono in pista fanno meno volume di lavoro rispetto a noi. Quando sono a Manchester fanno solo qualità. Quindi la grossa base s’è fatta in ritiro e poi, come Pippo, al Tour Down Under. Ma Tarling rispetto a Pippo ha corso di più in pista».

Nella Nations Cup di Adelaide, la Gran Bretagna (Tarling compreso) ha conquistato l’oro battendo l’Australia (foto British Cycling)
Nella Nations Cup di Adelaide, la Gran Bretagna (Tarling compreso) ha conquistato l’oro battendo l’Australia (foto British Cycling)
Come mai?

In Australia ha fatto anche la corsa a punti. Ma siccome volevano che avesse anche i punti per fare la madison, ha dovuto fare due corse 2.1 prima di andare ad Adelaide. Quindi se non ricordo male ha corso a Ginevra a metà novembre, appena rientrato dalle vacanze quindi con pochissima preparazione. Poi ha continuato a lavorare in pista e di seguito è venuto con noi in ritiro. Da lì ha corso a Aigle dove ha finito di fare punti e ha fatto un blocco in pista prima di Natale e un altro prima di partire per l’Australia. Ma da ora in poi dovrebbe smettere con la pista, appunto per concentrarsi sulle classiche.

Il lavoro fatto al Down Under era finalizzato alla pista?

No. Sia Tarling sia Ganna sono andati al Tour Down Under con l’idea di puntare al risultato con la squadra. Magari con Pippo non era possibile proprio perché la preparazione invernale non è filata del tutto liscia e anche con Joshua dato il tanto lavoro su pista. Però avevamo Narvaez leader per la generale e Viviani per le volate e hanno lavorato per loro.

Cosa si può dire della gestione di Tarling fra pista e strada: ben definita come in apparenza quella di Ganna?

No, è stata un po’ più complicata perché abbiamo dovuto convincerlo a investire in queste giornate. A lui non piace stare a Manchester, che poi è il primo problema. Deve stare in un hotel e non gli piace il contesto in generale. E poi c’era l’idea stessa di fare la pista che all’inizio non lo convinceva troppo, perché ora l’investimento principale per lui è la strada, quindi aveva paura che facendo pista avrebbe perso su strada.

Al Renewi Tour 2023 Tarling ha vinto la crono e preso la maglia di leader, persa il giorno dopo all’arrivo sul Grammont
Al Renewi Tour 2023 Tarling ha vinto la crono e preso la maglia di leader, persa il giorno dopo all’arrivo sul Grammont
Il contrario di quello che avete sempre detto su Ganna, no?

Esattamente. Per la nostra filosofia di lavoro, la pista ci serve per migliorare su strada. Sia se vuole andare alle classiche, dove ha bisogno della pista per trovare lo spunto veloce e un po’ più di esplosività. Sia nella crono, dove gli serve comunque il lavoro che fa con il quartetto. Il programma che ha seguito negli ultimi tempi è stato completo, ma la scelta è dipesa dalla sua federazione. Per capirci, ha fatto anche l’omnium e l’eliminazione, noi non abbiamo avuto voce in capitolo.

Adesso si è convinto della bontà della scelta?

Ha capito che può tornargli utile, si impegna, ma non è che faccia i salti di gioia. Per cui è contento di tornare alla strada. Adesso farà O Gran Camino, poi la Parigi-Nizza, le classiche compresa la Roubaix. Poi andremo al Romandia, quindi farà uno stacco. Invece l’avvicinamento olimpico passerà per il Giro di Norvegia prima dei campionati nazionali, quindi il Giro d’Austria e le Olimpiadi.

Ci sarà qualche altura nel frattempo?

Ancora non abbiamo deciso. Tarling abita ad Andorra, che sono 1.400 metri. Non è altura, ma un minimo condizionamento c’è. Non ha mai fatto altura in passato e non sappiamo se valga la pena rischiare proprio nell’anno olimpico. Forse si farà una prova per valutare se ha buone sensazioni, ma non si è ancora definito.

L’anno scorso è arrivato terzo al mondiale, battuto da Evenepoel, poi lo ha battuto alla Crono delle Nazioni. Secondo te lo considera il suo avversario numero uno?

Chiaramente c’è l’ambizione di batterlo. Si vede che rispetto al 2023, un po’ è cambiato. L’anno scorso tutto quello che veniva era guadagnato, ovviamente adesso anche lui si aspetta più da se stesso. Quindi abbiamo avuto delle discussioni nell’inverno sui cambiamenti che vorrebbe apportare. Fosse per lui inizierebbe da domani a intervenire su tutti gli aspetti e magari fatica a capire che non otterrebbe miglioramenti. Quindi si lavora sui singoli aspetti. Lavoriamo sul peso, poi lavoriamo su un altro aspetto. Facciamo le basi e piano piano, una volta imparate le basi, si costruisce altro. Ha dei margini molto ampi, anche perché viaggia ancora a volumi di allenamento bassissimi. C’è spazio per migliorare l’esecuzione tecnica, ma ad esempio nelle crono al momento è sempre molto preciso, già inquadrato.

Lo scorso anno Tarling svolse con Ganna il sopralluogo della Roubaix (foto Instagram)
Lo scorso anno Tarling svolse con Ganna il sopralluogo della Roubaix (foto Instagram)
Mentre su strada?

Per quello che abbiamo visto al Down Under, mi sembra che anche lì abbia fatto un passo avanti rispetto allo scorso anno.

Ci sarà un momento di verifica per la crono oppure ogni crono sarà buona?

Ogni crono è buona, dal mio punto di vista. Buona per imparare qualcosa, provare qualcosa di nuovo. Anche perché non c’è un calendario di prove a cronometro, per cui prenderà quelle che trova nelle varie corse. Forse è presto per fare un grande Giro, forse no. Semmai potrebbe essere la Vuelta, ma certo non prima delle Olimpiadi.

Invece Ganna e la pista si vedranno ancora?

Non per fare gare. Adesso anche per Filippo è arrivato il momento della strada. Il programma è da definire. La Sanremo è un punto fisso, poi le classiche e poi dritti sul Giro.

Pidcock in affanno, ma Bogaerts sa già il perché

22.04.2023
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Al termine dell’ultima Amstel Gold Race, quando Tom Pidcock fresco del suo terzo posto finale si è avvicinato ai microfoni, ha sorpreso i giornalisti con alcune dichiarazioni a effetto: «Non ne avevo più alla fine, sto faticando con le lunghe distanze e gli ultimi 20 chilometri sono stati interminabili. Sicuramente qualcosa mi manca». La successiva Freccia Vallone l’ha chiusa al 18° posto, a 15” dallo scatenato Pogacar perdendo presto il treno dei migliori sul Muro di Huy.

Qualcosa non va e in vista della Liegi era giusto approfondire l’argomento considerando che il britannico aveva posto grande accento sulla campagna del Nord, addirittura sacrificando l’ultima parte della stagione di ciclocross, difesa del titolo mondiale compresa. Kurt Bogaerts, il preparatore del britannico, non si è nascosto, analizzando la situazione del suo ragazzo partendo proprio dalle scelte effettuate in inverno.

Pidcock ha mascherato a fatica l’eccessiva stanchezza dopo le classiche più lunghe (foto Eurosport)
Pidcock ha mascherato a fatica l’eccessiva stanchezza dopo le classiche più lunghe (foto Eurosport)

«Volevamo un miglior adattamento alla strada e per questo volevamo avere una buona preparazione con un buon ritiro – spiega il tecnico belga – prima con un blocco di lavoro a dicembre e dopo la chiusura anticipata della sua stagione invernale abbiamo fatto un altro grande blocco di allenamento per preparare le prime gare alla Volta ao Algarve nel miglior modo possibile. I risultati ci avevano dato ragione, con subito un successo in terra portoghese. Poi è stato fantastico alla Strade Bianche e dopo quella gara ci attendevamo tanto».

In occasione dell’Amstel il britannico ha lamentato problemi legati alla lunghezza della corsa: aveva già avuto problemi in tal senso nelle corse precedenti e soprattutto nell’anno precedente?

La caduta alla Tirreno-Adriatico è stata molto più pesante di quanto pensavamo. Ha rallentato la preparazione e tolto smalto, alla Dwars door Vlaanderen e per il resto della campagna delle classiche abbiamo scoperto di non essere dove volevamo. Se ti mancano quattro giorni in cui non puoi allenarti dopo la Tirreno, non puoi fare la Milano-Sanremo. E’ una gara molto lunga in cui è stato bravo in passato, nel suo primo anno da professionista, ma non puoi permetterti di affrontarla se non al massimo della forma, visto il livello generale. Quando hai una caduta come quella, hai bisogno di prenderti una pausa ed è molto difficile tornare velocemente ai massimi livelli. Abbiamo visto cosa è in grado di fare se può avere una buona preparazione. Penso che sia stato sfortunato con l’incidente e stia ancora pagando. Spero che migliori ad ogni gara e che già domani la situazione sia diversa.

Kurt Bogaerts, belga di 45 anni, è alla Ineos dove lavora con Pidcock dal 2021
Kurt Bogaerts, belga di 45 anni, è alla Ineos dove lavora con Pidcock dal 2021
Come pensi di lavorare ora in funzione delle corse future?

Dopo Liegi facciamo alcune gare di mountain bike. Si prende una piccola pausa e poi si prepara per il Giro di Svizzera e il Tour de France.

Nel complesso come giudichi la sua prestazione in Olanda e alla Freccia Vallone?

Se vediamo da dove viene con l’incidente, salire sul podio con Pogacar penso che sia stato buono. Si vuol sempre vincere, ma bisogna anche essere realisti, se la preparazione non è stata perfetta. E’ stato molto professionale nell’ascoltare il suo corpo dopo l’incidente, costruire il più possibile verso queste gare e poi finire sul podio con una performance che nel complesso è stata buona. Alla Freccia ha sbagliato i tempi, era un po’ troppo avanti nell’ultima salita, ha fatto il suo sforzo troppo presto e lo ha pagato in cima. Quindi penso che per il futuro imparerà molto sul posizionamento nell’ultima parte del Muro. Siamo stati anche sfortunati nell’ultimo giro.

Pidcock alla Tirreno-Adriatico, dove una caduta ha pregiudicato in parte la sua primavera
Il britannico alla Tirreno-Adriatico, dove una caduta ha pregiudicato in parte la sua primavera
Perché?

Abbiamo avuto un incidente con Magnus Sheffield e per questo non eravamo al massimo per pilotarlo, quindi non era l’ideale per ottenere la migliore prestazione. Questo è un finale specifico in cui tutto deve essere veramente buono e corretto per fare il tuo sforzo e iniziare dal posto giusto.

Tom è ancora molto giovane, ma viste le sue caratteristiche lo consideri più corridore da classiche o da corse a tappe?

Io penso che abbia del potenziale in entrambe. Al momento cerchiamo di combinare le due cose fino ai Giochi Olimpici per continuare quello che stiamo facendo e poi fare un punto alla fine del 2024, capire che cosa vuole veramente, se concentrarsi più su qualcosa o continuare così. Al momento non ci siamo concentrati molto sulle classifiche delle corse a tappe, ma penso che dovrebbe essere in grado di fare bene. Vediamo in circostanze normali che recupera abbastanza bene dagli sforzi e dalle corse, quindi penso che abbia anche un futuro nei grandi giri.

Il britannico ha provato a seguire Pogacar all’Amstel, pagando lo sforzo nel finale
Il britannico ha provato a seguire Pogacar all’Amstel, pagando lo sforzo nel finale
Tornando all’Amstel, Tom ha detto che quando Pogacar parte forte non puoi farci nulla. Secondo te può raggiungere quei vertici e rimanergli attaccato?

Penso che sia normale che dopo il traguardo uno come Tom, quando finisce la gara, fa il paragone con chi l’ha preceduto. Senza i problemi fisici della Tirreno, avremmo visto altre corse, un altro Pidcock. Poi Pogacar è eccezionale e penso che sia un risultato abbastanza sorprendente che tu possa seguirlo, ma Tom l’ha fatto. Nel finale ha pagato il prezzo, ma ha corso per vincere, come deve fare. Non aveva paura. E questo prima o poi gli porterà la vittoria importante, di fronte ai migliori corridori del mondo. Se Tom continua a lavorare sodo per un periodo continuo, allora possiamo vedere il miglior Pidcock e poi vediamo dove arriva. Dopo aver analizzato le cose, Tom può essere fiducioso per il futuro, senza alcun dubbio.

Ganna, la Roubaix e la Pinarello Dogma F di sempre

08.04.2023
4 min
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Filippo Ganna affronta la Parigi-Roubaix con la Pinarello Dogma F, ovvero il modello standard in dotazione al Team Ineos-Grenadiers. Nessuna sospensione e nessuno strumento meccanico sviluppato in maniera specifica per la classica del pavè.

Dalla bici di Van Baarle, vittorioso nel 2022 a quella di Ganna, vediamo cosa cambia sulla Dogma F. Entriamo nel dettaglio con Matteo Cornacchione.

Tubeless da 32 e disco da 160 davanti, 140 dietro
Tubeless da 32 e disco da 160 davanti, 140 dietro
Si può dire che la Pinarello F di Van Barle è stata una sorta di pesce pilota?

Diciamo che la vittoria di Van Barle alla Roubaix 2022 ci ha fatto ragionare. Ha vinto utilizzando una Pinarello F normalissima, ovvero quella normalmente usata per le corse tradizionali ed i grandi Giri. E’ necessario usare una bici specifica per il pavè, oppure ad oggi è possibile vincere alla Roubaix anche con una bicicletta convenzionale? Direi che Van Barle ha dimostrato che la seconda opzione è più che reale.

Quindi la bici che Ganna userà sulle pietre è “normale”?

E’ la Dogma F che normalmente utilizza per le gare classiche e nelle tappe dei grandi Giri. Ci sono le gomme tubeless più grandi, ma la bici è quella.

Nessun rinforzo aggiuntivo per il reggisella
Nessun rinforzo aggiuntivo per il reggisella
Con le biciclette che avete a disposizione oggi, è possibile sfruttare a pieno il mezzo meccanico su diversi terreni?

Decisamente si. Consideriamo, solo per fare un esempio, gli pneumatici e la forma dei cerchi. Oggi con il range di sezioni che abbiamo grazie ai tubeless, la versatilità e la possibilità di sfruttare la bicicletta aumenta in modo esponenziale. Al tempo stesso il corridore ha sempre lo stesso mezzo, con la stessa impostazione e non deve perdere tempo nell’adattamento.

Quindi per Ganna c’è una bici standard con la posizione in sella che usa normalmente?

Si, è proprio così. Ma non solo Ganna, tutti i corridori preferiscono limitare gli aggiustamenti e le variazioni della posizione in sella. Le uniche variabili sono legate ai componenti. Il corridore che chiede più variazioni dei componenti, o che fa delle scelte diverse dai compagni è Pidcock.

Sempre fedele alla Fizik Arione R1
Sempre fedele alla Fizik Arione R1
Come è montata la Dogma F di Ganna?

Ovviamente le valutazioni finali sono legate al meteo. Un set di ruote Shimano C50. Tubeless da 32 con pressioni comprese tra 3,5 e 4,5, da valutare a ridosso della partenza anche in base alle condizioni meteo. Rispetto agli standard inseriamo una quantità maggiore di liquido anti-foratura. I rapporti, 54-40 per le corone e pignoni 11-30. le pedivelle sono da 175 millimetri. La chiusura del reggisella è quella stampata in titanio, solo 36 grammi e resistentissima.

Una scelta standard per il nastro manubrio, oppure è previsto qualcosa di specifico?

E’ prevista una doppia nastratura con l’inserto in gel. Inoltre anche il cockpit è quello standard in carbonio, il Tallon che viene usato normalmente, un blocco unico in carbonio, rigidissimo. C’è la sella Arione di Fizik. Ganna ha voluto i comandi satellitari al manubrio.

Le Pinarello Dogma F Disc 2023 di Ganna e Bernal

27.01.2023
5 min
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La Pinarello Dogma F rimane il punto di riferimento per i corridori del Team Ineos-Grenadiers, una bicicletta che si è sviluppa quasi completamente proprio sotto l’egida del team britannico.

Alla Vuelta San Juan in Argentina abbiamo curiosato e documentato quelle di Bernal e di Filippo Ganna. E spuntano anche i nuovi dischi freno Shimano Dura Ace e la nuova sella Fizik Antares Vento Open usata dal corridore colombiano, con una larghezza posteriore di 140 millimetri. Abbiamo chiesto anche al meccanico Matteo Cornacchione.

Le Pinarello del team presentano delle differenze rispetto a quelle del 2022?

No, dopo aver iniziato ad usare le Dogma F Disc nel 2022, queste stesse versioni sono state confermate anche per la stagione che è appena iniziata. Cambia la livrea cromatica, che si è adeguata alla colorazione delle maglie. Qualche variazione invece è stata fatta sui componenti.

Ci puoi dare qualche dritta?

Shimano ci ha fornito i nuovi dischi dei freni, che abbiamo iniziato a provare in questo periodo e useremo con maggiore frequenza al ritorno in Europa. Abbiamo avuto un aggiornamento su diversi modelli delle selle Fizik e ad esempio quella che usa Bernal è da considerare un aggiornamento della Antares Open. Nel periodo invernale, proprio in collaborazione con Fizik abbiamo effettuato diverse prove con tutti i corridori. Trasmissioni Shimano a 12 velocità e tubeless Continental per tutti, montati su ruote Dura-Ace con profili compresi tra 60 e 50 millimetri.

Tubeless per tutti, anche per gli scalatori?

Si, è una scelta condivisa con i corridori e una linea presa dal team. Stiamo provando una soluzione che prevede la sezione differenziata tra anteriore e posteriore, rispettivamente 25 e 28 millimetri del tubeless, con adeguamento delle pressioni. Stiamo ultimando alcune analisi di questa combinazione eseguite anche in galleria del vento. La configurazione per il tubolare è quasi sparita.

Tubeless Continental da 25 per l’anteriore
Tubeless Continental da 25 per l’anteriore
Non vedremo più i tubolari?

Difficile, magari per qualche arrivo in salita particolarmente duro e complicato. E’ anche una questione di feeling dei corridori stessi, che utilizzando sempre i tubeless, a casa e in gara, nei test e nella corse di preparazione, si adattano a quel sistema. E poi i dati a nostra disposizione parlano chiaro, i tubeless sono veloci ovunque.

Selle nuova e post incidente. Bernal ha cambiato la posizione in bici?

Non ha cambiato posizione, è rimasto, o meglio è tornato ad usare quella che aveva nel periodo pre-incidente. E’ stato fatto qualche cambiamento sugli equipaggiamenti, come ad esempio le scarpe e la posizione delle tacchette, ma si tratta di dettagli. Il suo è stato comunque un percorso progressivo e di ritorno alla forma e mobilità ottimale. Lo stesso discorso è valido anche per la bici da crono.

Che taglia di telaio usano Bernal e Ganna?

Ganna ha una Pinarello Dogma F 59,5. Bernal ha una 53 con reggisella dritto zero off-set.

Tosatto: «Rodriguez sa cosa vuole, è tosto e migliora»

23.10.2022
6 min
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Primo grande Giro concluso al settimo posto. Una caduta tremenda. Tante buone prestazioni e una tenuta psicofisica da veterano nell’arco delle tre settimane e dell’intera stagione. Vogliamo tornare a parlare di Carlos Rodriguez. E lo facciamo con chi in quella Vuelta lo ha guidato dall’ammiraglia e gli è stato vicino da Utrecht a Madrid, vale a dire il diesse Matteo Tosatto.

Il gioiellino spagnolo della Ineos Grenadiers è un campione che, a nostro avviso, dovremmo imparare a conoscere. E bene. Meno appariscente del suo “storico” rivale Juan Ayuso e di un Remco Evenepoel, non ha però meno sostanza di loro. Anzi…

Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo, Carlos Rodriguez: cosa dici di questo atleta?

E’ un bravissimo ragazzo, molto giovane. Ha già fatto vedere belle cose. E’ arrivato da noi che era uno juniores. E la cosa più importante è che anno dopo anno si è sempre migliorato e lo ha fatto su ogni terreno: salita, crono, sprint… Quest’anno avevamo in programma di fargli fare il primo grande Giro ed è arrivato alla Vuelta consapevole di poter far bene. Aveva vinto il campionato spagnolo, una tappa ai Paesi Baschi e avendo fatto altre belle performance era fiducioso. Poi noi gli abbiamo lasciato carta bianca.

Poteva quindi attaccare, essere libero?

Poteva fare classifica o aiutare Carapaz nel caso Richard fosse stato in lotta per la Vuelta. Poi Richard è uscito quasi subito dai giochi e Carlos è stato più libero. Unico rammarico: la caduta terribile. Questa non gli ha permesso di lottare per il podio o arrivare quarto. Nei primi cinque ci sarebbe stato di sicuro. E’ arrivato settimo, ma per noi è come se fosse stato tra i primi cinque. Un altro sarebbe andato a casa.

Una brutta caduta in effetti, almeno da quel che si è visto dalle immagini…

Bruttissima. Ha mostrato una solidità impressionante. Vi dico solo che al Lombardia aveva ancora le ferite della Vuelta. Dopo la caduta è ripartito subito. Ma avendo rotto il casco lo abbiamo fermato. Ci sono dei protocolli da rispettare. Gli dicevo di fermarsi, di aspettare un attimo. E lui: “Sto bene, sto bene. Vado avanti”. “No – ribattevo io – hai rotto il casco, hai sbattuto la testa dobbiamo essere sicuri che puoi continuare”. 

Coriaceo…

Io dalla macchina gli chiedevo: “Come ti chiami?”. Lui mi guardava un po’ così, ma rispondeva bene, quasi con ironia. “Mi chiamo Carlos Rodriguez, Matteo Tosatto. E sono nato ad Almunécar il 2 febbraio 2001. Sto bene e voglio andare avanti”. Dopo una decina di chilometri, visto che si andava piano, lo abbiamo fermato. Ha parlato con il dottore. Ha fatto i suoi test per una trentina di secondi ed è ripartito.

E quella sera?

Già sul bus, poverino, era martoriato. In hotel, poi, mi diceva che gli faceva male tutto, ma anche che sarebbe potuta andare peggio. Lì ho davvero capito che non voleva mollare di un centimetro. Il giorno dopo ancora, ancora. Ma due giorni dopo ha sofferto tantissimo. Bisogna solo fargli un monumento per ciò che ha fatto. Ha mostrato un grande carattere.

E si è anche guadagnato il rispetto dei compagni?

Quello già ce lo aveva. E’ un ragazzo che si fa voler bene. Ma ho visto che dallo staff, dai meccanici ai massaggiatori, tutti hanno detto e capito quanto grande sia stato a portare a termine la Vuelta in quelle condizioni. Nelle ultime tappe gli ho detto: “Noi proviamo, ma se ti stacchi anche nei primi dieci minuti di corsa la tua Vuelta l’hai già vinta prima della caduta”. E lui: “No, la mia Vuelta finisce domenica”. Questo ti fa capire tante cose e quanto sia determinato.

Un punto forte di questo ragazzo è la testa dunque?

Assolutamente sì. Non ha mollato. Ma allo stesso tempo, a mio parere, non sente la pressione. Si concentra e s’innamora delle corse che gli piacciono. Alla sua età sa già cosa vuole. Prima di quest’anno per esempio ci ha detto: “Voglio fare la Strade Bianche perché una corsa che mi piace”. Era la prima volta che la faceva è stato l’unico che ha risposto agli attacchi di Pogacar. Idem il Lombardia e la Vuelta. Vuole migliorare ogni anno… E’ questo il piano nella sua testa ed è un piano chiaro.

Nella crono di Alicante Rodriguez è stato quarto a 1’22” da Evenepoel
Nella crono di Alicante Rodriguez è stato quarto a 1’22” da Evenepoel
In salita è un po’ al limite o per te ha dei margini ulteriori?

Per me ha dei margini. Non ha lo scatto secco o il cambio di ritmo netto, ma preferisce andare di passo e con le sue doti da cronoman e la sua giovane eta, ricordo che ha 21 anni, può fare ancora molto. Abbiamo visto i suoi dati e i suoi step di stagione in stagione e per me anche fisicamente non è del tutto maturo.

Il fatto che Carlos non abbia la “botta secca” è una limitazione nel ciclismo moderno?

Non penso. Ognuno ha il suo modo di correre, ma rispetto ad altri va più forte a crono. E sulla bici da crono ci lavora tanto e questo è di certo un punto favorevole.

Ti ricorda qualcuno? Tu sia da corridore che da diesse nei hai visti tanti…

Mah – ci pensa un po’ Tosatto – forse un Ivan Basso, uno regolare. Ha le caratteristiche di un passistone ma che va forte in salita. Non è lui che ti fa dieci scatti in salita. Però ha la capacità di essere al limite per tanto e si sa gestire in quei momenti. Ed è una cosa a dir poco importante.

Che programmi di lavoro avete previsto? 

Per ora non lo sappiamo. Nel ritiro degli scorsi giorni abbiamo stilato il programma di gare che faremo come squadra ma ancora non siamo scesi nello specifico. A dicembre, con i feedback dei coach e con gli incontri tra gli atleti e i direttori, vedremo cosa fare. E di conseguenza decideremo, soprattutto per i grandi Giri e per le classiche maggiori.

Il duello tra Carlos Rodriguez e Juan Ayuso ha infiammato la Vuelta e gli spagnoli
Il duello tra Carlos Rodriguez e Juan Ayuso ha infiammato la Vuelta e gli spagnoli
C’è la possibilità di vederlo al Giro d’Italia?

Può avere delle possibilità. Ma dipende da molte cose. Per esempio se vuol fare bene la primavera con le classiche e la Strade Bianche, o più avanti con il Catalunya e i Baschi. Inoltre dovremmo vedere chi sarà il capitano. Di certo dopo la Vuelta può provare a fare altro. L’Italia gli piace. Ama le nostre corse e magari questo inciderà. Ma essendo così solido magari dirà alla squadra: “Voglio andare al Tour”. O non mi stupirei se volesse fare la Vuelta da leader. Ma sono idee mie.

In Spagna hanno messo su un dualismo con Ayuso…

Fanno i paragoni con Ayuso perché entrambi sono vincenti, forti, giovani e lottano già dalle categorie minori. Carlos ha un anno di più… Poi dopo che anche Valverde ha smesso i media vogliono creare un po’ rivalità, fare notizia. In più sono molto diversi, come persone e come corridori.

Lo scorso anno all’Avenir, sul Piccolo San Bernardo abbiamo la sua immagine mentre attendeva il verdetto: si giocava la maglia gialla finale per una questione di secondi. Ha mostrato il suo essere ingegnere in tutto e per tutto: una sfinge. Ma è davvero così chiuso e serio o a “telecamere spente” è più aperto?

E’ professionale al 110%, ma quando si stacca il numero è altrettanto professionale… a fare festa! I genitori lo hanno educato bene. Ha grande rispetto per ogni membro dello staff. Sa cosa vuol dire fare fatica e rispetto. Ha le basi solide per una lunga e ottima carriera.

Ganna vs Evenepoel, la sfida iridata delle bici

13.09.2022
5 min
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La prossima rassegna mondiale vedrà diversi protagonisti, ma i riflettori sono puntati su due corridori. Non ci sarà Van Aert ed Evenepoel ha dimostrato di avere una gran gamba. Per noi ci saranno Filippo Ganna che lotterà per un’altra maglia iridata e con lui Affini e Sobrero.

Abbiamo chiesto a Giampaolo Mondini, uomo di collegamento tra Specialized e i team e Matteo Cornacchione, meccanico del Team Ineos (con un intervento di Federico Sbrissa di Pinarello) di fare il punto sulle bici dei due campioni. Cerchiamo di interpretare alcune scelte tecniche possibili e le curiosità legate ai mezzi meccanici per la crono mondiale.

Rispetto al passato, ci sono delle variazioni della posizione in sella, sulla bici da crono e su quella tradizionale?

MONDINI: «Remco ha cambiato la posizione in sella solo dopo il Lombardia, quello dell’incidente. Il setting è stato cambiato su entrambe le bici. Ci potrebbero essere delle variazioni in futuro sulle bici da crono, non tanto legate al corridore, quanto a nuovi parametri UCI che dovrebbero arrivare per la prossima stagione. Vedremo, ma in tal caso abbiamo già pronta la soluzione più adatta per Evenepoel».

CORNACCHIONE: «No, non ci sono state grandi variazioni e la posizione a crono di Filippo è quella ormai da tre anni, ovvero da quando ha cominciato ad usare il manubrio 3D. Una piccola differenza è presente solo nella parte alta delle appendici, tra la bici crono numero 1 e la numero 2. Ganna non ha cambiato neppure la posizione sulla bicicletta standard».

Al Giro di Germania Ganna ha usato la bici standard per la prova contro le lancette
Al Giro di Germania Ganna ha usato la bici standard per la prova contro le lancette
Quante ore sono state investite nella galleria del vento?

MONDINI: «Lo scorso inverno abbiamo fatto un giorno e mezzo, circa 15/16 ore totali di test. Le prove non consistono solo nella valutazione della posizione biomeccanica, ma si sviluppa anche con i materiali in dotazione; ad esempio i nuovi caschi».

SBRISSA: «L’attuale posizione in sella di Ganna è stata studiata/elaborata insieme al Team Ineos. Sì, è stata utilizzata la galleria del vento per creare il matching perfetto tra atleta e mezzo meccanico, senza dimenticare gli studi condotti direttamente all’interno di PinaLab. Il lavoro nel wind tunnel è stato eseguito qualche mese prima di produrre il nuovo telaio e le appendici. Ovviamente le analisi ci hanno permesso di fare dei confronti con la versione Bolide precedente.

«E’ difficile quantificare le ore spese in galleria – continua Sbrissa – ma comunque si tratta di un lavoro lungo e complesso, sicuramente necessario a questi livelli. La posizione in sella di atleti di questa caratura non si cambia praticamente mai, una volta studiata e trovata quella ottimale. Le simulazioni sui miglioramenti aerodinamici di telaio/componenti possono essere fatti tranquillamente a CFD, perché sulla base del medesimo setting del corridore, si analizzano in modo approfondito le variabili legate ai materiali».

Anche la posizione sulla bici da strada di Evenepoel non ha subito variazioni
Anche la posizione sulla bici da strada di Evenepoel non ha subito variazioni
Qual’è il range di rapporti utilizzato sulla bici da crono?

MONDINI: «Prima della Vuelta 2022 Evenepoel ha sempre utilizzato il 56, oppure il 58 come corona più grande. Alla Vuelta ha esordito con il 60 e una scala 11/30 posteriore. Non è da considerare solo la preferenza dell’atleta, quanto gli studi fatti per migliorare la linea della catena e la riduzione degli attriti. In passato erano valori difficilmente quantificabili, oggi è possibile farlo. In occasione della crono mondiale è prevista una ricognizione per vedere se utilizzerà il 60 ma, non è escluso un ulteriore aumento dei denti».

CORNACCHIONE: «Per la corona più grande le opzioni sono 58 e 60, ma la valutazione verrà fatta anche dopo la prova del percorso. L’ultima parola sarà del corridore. Il tracciato della crono mondiale non dovrebbe essere troppo complicato, ma con diversi rilanci e oltre 20 curve. La scelta del plateau anteriore verrà fatta anche in base a questo fattore, perché 20 variazioni della direzione significano rilanciare la bici in continuazione. In casi come questo è fondamentale non perdere il feeling con la velocità. Filippo per i rapporti dietro usa 11-30. Al momento opportuno verranno fatte anche delle importanti valutazioni sulle ruote, comunque tutte tubeless».

Per gli specialisti come Ganna ormai le corone grandi da 58-60 sono uno standard
Per gli specialisti come Ganna ormai le corone grandi da 58-60 sono uno standard
Corone sempre più grandi, enormi. Sono necessarie delle modifiche sul telaio?

MONDINI: «Sì, il supporto del deragliatore viene modificato ad hoc».

CORNACCHIONE: «Sulla nuova Bolide F non dobbiamo fare nessuna modifica, perché il telaio è già predisposto con un paio di soluzioni. Una supporta la corona fino a 56 denti, la seconda arriva fino alla corona da 62 denti, entrambi sono facili da gestire anche per noi meccanici».

Invece, per quanto riguarda la lunghezza delle pedivelle? Cambia rispetto alla bici standard?

MONDINI: «Si, Evenepoel utilizza pedivelle diverse: 172,5 sulla bici normale e 170 sulla crono».

CORNACCHIONE: «Ganna utilizza le stesse pedivelle, comuni alla bici normale e quella da crono. La lunghezza è di 175 millimetri».

Una delle bici Quick Step, con la “vecchia” guarnitura Dura Ace, ma con le corone 54-40
Una delle bici Quick Step, con la “vecchia” guarnitura Dura Ace, ma con le corone 54-40
Avete fatto delle sovrapposizioni tecniche tra il corridore ed eventuali avversari?

MONDINI: «Sono lavori che fa il team, legati anche ad una strategia ottimale di corsa e di come interpretare il tracciato. Il fattore principale è comunque legato a focalizzarsi sull’atleta, soluzione che permette di gestire le variabili eventuali».

CORNACCHIONE: «E’ un lavoro riservato al team, ma è ovvio che anche noi siamo sempre curiosi e cerchiamo di carpire anche i segreti degli altri. Talvolta le scelte fatte da altri corridori di altre squadre, vengono provate anche dai nostri, ma il tutto è concordato all’interno del team. A prescindere, le differenze si vedono con il tempo e con lo sviluppo dei materiali, fatto tra il team, aziende e corridori».

La nuova Ineos d’assalto che piace tanto al capo Brailsford

18.04.2022
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Si cominciava a pensare che fossero passati di moda, con Uae Team Emirates e Jumbo Visma che si stavano facendo largo con milioni e campioni e la Ineos Grenadiers verso la fine di un ciclo. L’incidente di Bernal è piombato sulla squadra come una maledizione. Non avere un potenziale vincitore di Tour dopo averne portati a casa 7 in 10 anni pareva il segno della resa. Invece i corridori di sir David Brailsford hanno cambiato passo e registro. E con aprile sono venute le vittorie di Martinez e Rodriguez ai Paesi Baschi, poi l’Amstel di Kwiatkowski, la Freccia del Brabante con Sheffield e ieri infine la Parigi-Roubaix di Van Baarle.

Da un olandese all’altro: il diesse Knaven primo a Roubaix nel 2001 e ieri Van Baarle
Da un olandese all’altro: il diesse Knaven primo a Roubaix nel 2001 e ieri Van Baarle

Ellingworth decisivo

Per questo ieri il capo è stato il primo ad andare incontro all’olandese, abbracciandolo come fece con i suoi campioni della maglia gialla. Se ne è stato per un po’ al centro del prato rimirando da lontano il podio, poi non poteva più fingere di non vedere i gesti e ci ha raggiunto alla transenna. 

«Io penso che ci siamo focalizzati sui Grandi Giri per tanto tempo – ha detto – ma ci sono due grandi corse in questo sport: il Tour de France e la Parigi-Roubaix. Abbiamo vinto il Tour un po’ di volte, ma non ci eravamo mai organizzati per domare il pavé. Perciò questo è come un sogno diventato realtà. Va dato grande merito a Rod Ellingworth (l’head coach dai capelli rossi passato per un anno al Team Bahrain, poi tornato alla base, ndr). Gli abbiamo dato tanta fiducia, lui è tornato nel team e sta lavorando davvero duramente. Per vincere qui eravamo consapevoli del fatto che si devono prendere dei rischi. Ebbene, non sono sorpreso, soprattutto dai giovani. Ad esempio Ben Turner ha fatto appena un paio di classiche sul pavé quest’anno ed è alla prima stagione: lo avete visto che grinta?».

Dopo 7 Tour negli ultimi 10 anni, Brailsford raggiante per la prima Roubaix
Dopo 7 Tour negli ultimi 10 anni, Brailsford raggiante per la prima Roubaix
Hai temuto che l’incidente di Bernal sarebbe stato un colpo fatale per voi?

E’ un grande danno, questo è certo. Questo sport si muove velocemente, non devi lamentarti e bisogna adattarsi velocemente. Spero che Egan torni presto nel team, ma nel frattempo mi godo i corridori che si prendono le proprie responsabilità, che si divertono alle gare. Devo dare merito a questo gruppo di ragazzi, perché hanno portato altro brio, il desiderio e il divertimento all’interno della squadra e tutti ne beneficiano. 

Ti aspettavi che Van Baarle potesse vincere la Roubaix?

Dylan era già stato vicino a vincere un paio di volte in modo importante. Un mondiale e il Fiandre. Corre bene ed è interessante osservare che per vincere questo tipo di gare serve gente con esperienza. Penso anche alle due settimane tra il Fiandre e la Roubaix. Penso che in questi giorni lui abbia capito come fare. E’ un ottimo corridore se mantiene la sua freschezza e credo che possa avere grosse possibilità. E’ sempre concentrato, ha imparato lungo la via. I suoi 10 anni di esperienza hanno dato frutto tutto in una volta, per un giorno speciale.

Ganna guida l’attacco della Ineos: Brailsford conquistato da tanta grinta
Ganna guida l’attacco della Ineos: Brailsford conquistato da tanta grinta
Ma intanto la Ineos… ingessata del Tour sta cambiando pelle…

Abbiamo parlato molto questo inverno a proposito del nostro modo di correre. Da quando abbiamo vinto il Giro con Tao (Geoghegan Hart, ndr) gareggiamo in maniera molto diversa. Dopo il 2020 ci siamo detti che sta bene a tutti se riusciamo ad essere un pochino più incisivi e aggressivi. Correre sempre tra i primi, assumerci più rischi. E piano piano questa mentalità sta arrivando nella squadra. La dinamica è cambiata.

Come mai?

Il merito è molto legato ai giovani che si sono scrollati di dosso i vecchi schemi. Hanno dato un forte impatto. Tom Pidcock è uno che vuole sempre attaccare. Ragazzi che prendono rischi e si fanno avanti quando vedono un’opportunità. Devo dire che Castroviejo e Thomas sono cresciuti con un’altra mentalità, ma non si tirano indietro. Devo dare merito a Geraint per la scelta di rimanere. Ha vinto il Tour, ha vinto le Olimpiadi, è uno tra i corridori più esperti nel gruppo eppure sta ancora imparando.

Wiggins distrutto dopo la Roubaix in moto con Eurosport, ha provato per anni a vincerla in bici
Wiggins distrutto dopo la Roubaix in moto con Eurosport, ha provato per anni a vincerla in bici
E’ finito il tempo del Team Sky tutto attorno a un solo capitano?

Sono passati dieci anni, credo che stiamo correndo con il collettivo. Oggi (ieri alla Roubaix, ndr) abbiamo creato il gap e poi lo abbiamo gestito vincendo la corsa. Questi ragazzi gareggiano più come gruppo unito con l’attitudine di correre rischi. Abbiamo passato gli ultimi 10 anni a organizzarci per vincere il Tour e oggi abbiamo bussato ad una porta che era chiusa fino all’anno scorso. Ero convinto che l’avremmo vinta nel 2021 con Gianni Moscon. Quando raggiungi un traguardo così, è bello poter dire che ogni singolo membro della squadra ha contribuito al successo.

La Roubaix di Van Baarle nata dall’argento di Leuven

17.04.2022
6 min
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«Dopo il secondo posto di Leuven – dice Van Baarle – mi è scattato il clic giusto nella testa. Quella medaglia d’argento è stata un momento per me importante. Ho parlato a lungo con il cittì Moerenhout. Mi ha ripetuto fino allo sfinimento che dovevo credere di più in me stesso. Ho ascoltato le sue parole. Ed ecco che cosa è successo».

Un’anca fratturata

C’è di più. Il vincitore della Roubaix, trent’anni il 21 maggio, racconta e intanto un collega olandese ci rivela un piccolo aneddoto che dà la misura della fiducia con cui Dylan Van Baarle ha sbranato gli ultimi chilometri della Roubaix.

Alla Vuelta dello scorso anno Dylan era caduto, riportando una piccola frattura dell’anca. Il mondiale per lui era finito prima ancora di cominciare, invece per qualche strano motivo, Moerenhout ha iniziato a dirgli di crederci. A due settimane dal mondiale, Van Baarle non riusciva neppure a camminare e alla fine quella medaglia d’argento si è trasformata nel lasciapassare per una nuova vita.

Van Baarle ha tagliato il traguardo con 1’47” su Van Aert. Nel 2021 era finito fuori tempo massimo
Van Baarle ha tagliato il traguardo con 1’47” su Van Aert. Nel 2021 era finito fuori tempo massimo

«Sto ancora realizzando quello che mi è successo – dice – quando sono entrato nel velodromo, mi sono voltato per controllare che fosse tutto vero. Gli ultimi metri sono stati super speciali, ma non sapevo se fidarmi della radio. Ti dicono i distacchi, ma non volevo festeggiare troppo presto. Io non ero mai entrato per primo in un velodromo, semmai per ultimo. L’anno scorso sono finito fuori tempo massimo. Poi ho visto Dave sulla riga (David Brailsford, general manager di Ineos Grenadiers, ndr) e ho capito che era vero. Non so descrivere quello che mi è successo. Quasi non so (sorride, ndr) cosa ci faccia questa pietra davanti alla mia faccia».

Mentalità speciale

Le labbra sottili, lo sguardo fisso che in certi momenti trasogna. Un metro e 87 per 78 chili, il perfetto tipo da Roubaix. L’accenno di pizzetto e la calma nel raccontarsi. Ritirato dalla Vuelta per la caduta di cui abbiamo detto. Secondo al mondiale di Leuven. Fuori tempo nella Roubaix di Colbrelli. Quest’anno, secondo al Fiandre e primo alla Roubaix. Quando nella testa scatta l’interruttore giusto, davvero non ci sono limiti.

«Potrei scrivere un libro sulla mia mente – dice – quello che mi viene in mente di dire adesso è che su quello scatto di fiducia ho costruito il mio inverno. Serve una mentalità speciale per entrare bene nelle corse, il ciclismo è cambiato molto negli ultimi due anni. Ora si attacca da lontano per fare la corsa dura e mettere i rivali sulle ginocchia per quando si farà la vera selezione. E questo modo di fare è diventato il mio punto forte. Quando ho capito che avrei potuto attaccare, Ben Turner è venuto a dirmi che lui era completamente vuoto, mi ha passato un gel e ha fatto l’ultima tirata perché potessi tornare davanti».

Ganna ha ottenuto il 35° posto, con la sensazione che la squadra lo abbia un po’ abbandonato
Ganna ha ottenuto il 35° posto, con la sensazione che la squadra lo abbia un po’ abbandonato

Il setup vincente

Il Team Ineos ha fatto la corsa dura dal secondo settore di pavé. La vittoria ora fa passare tutto in secondo piano, ma certo vedere Ganna abbandonato dai compagni mentre era alle prese con una foratura e poi con un salto di catena sarebbe parsa una nota stonata, se Van Baarle non avesse vinto.

«Cercavamo la grande vittoria nelle corse del pavé – dice – Thomas ci era arrivato vicino, Moscon ce l’aveva quasi fatta. Quest’inverno abbiamo provato i materiali e ormai abbiamo un setup all’altezza dei team migliori e questo fa la differenza per competere al massimo. Abbiamo iniziato a crederci e questo è quello che è successo. Intendiamoci, se posso scegliere tra l’asfalto e il pavé, scelgo l’asfalto. Ma adesso so che posso muovermi bene anche sui sassi. Ho deciso di attaccare prima dell’Arbre, a capo di una giornata in cui non c’era qualcuno da guardare in particolare. In una Roubaix così veloce, era importante essere nel posto giusto, senza guardare nessuno».

Per tutta la durata della conferenza stampa, Van Baarle non ha mai neanche guardato il sasso della Roubaix
Per tutta la durata della conferenza stampa, Van Baarle non ha mai neanche guardato il sasso della Roubaix

Malinconia Van Aert

L’ultima battuta è per la pietra, che per tutto il tempo della conferenza stampa non ha mai guardato né toccato, quasi in segno di rispetto. Invece adesso si ferma. Ci poggia sopra una mano e fa un sorriso da bambino felice.

«Non ho ancora pensato a dove la metterò – ammette – ma visto che a Leven non mi hanno dato nessun trofeo, devo trovare il modo di sistemarla vicino alla mia medaglia d’argento. Forse dovrò comprare un tavolo apposta».

Mentre si alza, incrocia Van Aert che sopraggiunge. Un saluto fugace, una punta di malinconia e poi un sorriso nello sguardo del belga. Van Baarle ha vinto la Roubaix, ma nella conta dei secondi posti – lui non ne sarà certo contento – il belga è davvero imbattibile.