Kask WG11, il protocollo per la sicurezza

19.10.2022
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WG11 è un acronimo che caratterizza i prodotti Kask, ma non è solo un’etichetta applicata sulla confezione. WG11 è l’abbreviativo di Working Group 11, di fatto un protocollo di valutazione degli impatti rotazionali e mirato a sviluppare (e aumentare) la sicurezza nell’ambito dei caschi.

Siamo stati nell’azienda bergamasca e abbiamo incontrato Luca Viano che ricopre il ruolo di Direttore Prodotto e con lui abbiamo approfondito l’argomento scientifico WG11. Si, perché di ricerca scientifica si tratta.

Le prove sono eseguite in un laboratorio indipendente (foto Kask)
Le prove sono eseguite in un laboratorio indipendente (foto Kask)

Sviluppo e produzione Made in Italy

Kask ha sede a Chiuduno in Provincia di Bergamo, un’azienda con una catena produttiva completamente italiana. Questo fattore permette di mantenere un’identità del brand e anche di avere un contatto diretto con la produzione, considerando che la maggior parte dei supplier sono dislocati nella provincia bergamasca. L’azienda nasce nel 2004 e nel 2006 entra nel ciclismo. E’ relativamente giovane, ma in pochi anni ha saputo ritagliarsi un ruolo da protagonista; difficile pensare che non sono neppure vent’anni che sviluppa i caschi per la bicicletta!

WG11, un gruppo di lavoro

E’ un gruppo di lavoro del quale Kask è parte integrante e tra i compiti principali c’è quello di creare degli standard di sicurezza per i caschi da ciclismo. Si studiano le forme ed il design, i coefficienti di frizione, ma anche gli strumenti di produzione e i materiali che sono usati per costruire i caschi. I metodi di valutazione e le dinamiche degli impatti, tra i quali la velocità e la rotazione.

Luca Viano è il Direttore Prodotto dell’azienda bergamasca (foto Kask)
Luca Viano è il Direttore Prodotto dell’azienda bergamasca (foto Kask)

Parla Luca Viano

«Qualche anno addietro – spiega il Direttore Prodotto di Kask – abbiamo sentito l’esigenza di validare un metodo per testare l’efficienza dei nostri caschi, considerando i diversi fattori in campo, tra questi anche le prove di valutazione degli impatti direzionali. Questi ultimi sono i protagonisti principali dei traumi che si verificano in caso di incidente ed impatto. Possono portare a danni celebrali di varie entità. Premesso che, ad oggi non esiste uno standard scritto in grado di dettare delle regole di produzione riferite alla sicurezza dei caschi da bici, Kask si è ispirata ai caschi da motociclismo, dove le regole in ambito di sicurezza ci sono e sono molto severe.

«I protocolli di sicurezza per i caschi dedicati al motociclismo sono ufficiali dal 2021 – continua Viano – e li abbiamo presi come un esempio da seguire. Abbiamo fatto nostre le metodologie di sviluppo e valutazione, gli strumenti e le metriche. Ci siamo affidati inoltre a laboratori esterni per i test dei prodotti, laboratori già abituati a lavorare nell’ambito del motociclismo e del motorsport. Abbiamo adattato e adeguato alcuni passaggi, come ad esempio la velocità d’impatto, perché le masse in gioco tra motociclismo e ciclismo sono diverse. Il risultato finale è che in Kask abbiamo creato un vero e proprio protocollo di test che ci offre un’infinità di dati. Inoltre lo standard che utilizziamo per la sicurezza ci permette di provare tutte le taglie dei caschi, facendoli impattare in ogni punto e sezione, frontale e laterale, posteriore e superiore, analizzando di conseguenza il loro comportamento».

Si identificano e segnano le varie parti del casco prima del test (foto Kask)
Si identificano e segnano le varie parti del casco prima del test (foto Kask)

Il test d’impatto

Viene eseguito da un laboratorio indipendente che ha sede nella Provincia di Milano. E’ uno dei più autorevoli in ambito internazionale, un riferimento per l’approvazione degli standard di sicurezza.

Focalizzandosi sui test Kask, il metodo prevede il test d’impatto di un modello di casco nelle varie taglie. Si utilizzano diverse misure delle teste-prova che, non solo per la conformazione, ma anche per la finitura esterna sono molto simili a quella umana.

Ogni testa-prova è dotata di tre sensori interni che rilevano il movimento angolare e tre accelerometri. La testa-prova viene montata su una slitta, posizionata all’interno di una colonna e fatta cadere sul punto d’impatto ad una velocità di 6 metri al secondo. Il punto d’impatto è dotato di carta abrasiva in ossido di alluminio con grana 80 e simula l’asfalto. I dati che si ottengono forniscono una lettura, che in seguito è trasformata in un’equazione.

Da qui prende forma il criterio BriC (brain injuri criterion), un valore numerico che quantifica i danni celebrali in caso d’impatto. Il risultato numerico finale deve essere inferiore a 0,68.

I costi della ricerca

Quando si decide di disegnare, sviluppare, testare e produrre un nuovo casco i costi principali sono, nell’ordine: la ricerca, i test in laboratorio e la produzione del mold che determina la forma del casco. A questi vanno aggiunti eventuali prove all’interno della galleria del vento e conseguenti software, che non di rado sono creati ad hoc.

I dati dopo uno dei test d’impatto (foto Kask)
I dati dopo uno dei test d’impatto (foto Kask)

Al di sotto dei limiti

«Il metodo di valutazione adottato da Kask – spiega Viano – ha come soggetto principale la sicurezza. Non solo, proprio il protocollo da noi adottato ci ha permesso di migliorare molti aspetti legati alla produzione e lavorazione delle materie prime. WG11 è un metodo di prova scientifico. Tutti i caschi della gamma Kask non hanno mai superato il valore di 0,39, ben al di sotto del limite 0,68. E’ un risultato che assume ancora più valore se consideriamo anche la leggerezza, il comfort e altri aspetti che non sono mai stati sacrificati in ogni modello».