Colbrelli ha scoperto che i sogni a volte si avverano

20.06.2021
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Il signore della pioggia e del freddo si è preso il tricolore del grande caldo e nel farlo ha mostrato una tale padronanza e una tale disinvoltura da chiedersi come sarebbe la sua carriera se corresse sempre con la stessa determinazione. Sonny Colbrelli da Casto, in provincia di Brescia, ha fatto quello che in carriera ha fatto raramente. Ha attaccato. E’ uscito dall’alibi del gruppo. Ha gestito la fuga a due con Masnada. Ed è andato a prendersi la vittoria e uno dei suoi sogni più grandi.

Alla partenza il Team Bahrain Victorious in un furgone, come dilettanti di una volta
Alla partenza il Team Bahrain Victorious in un furgone, come dilettanti di una volta

«Mi sono detto – racconta – proviamo a fare qualcosa che non ho mai fatto. Qualcosa da cui prima stavo alla larga per paura o per la mia dote di velocista, per cui viene più facile aspettare la fine. Invece oggi avevo solo due compagni, Caruso e Capecchi, e li ho finiti per chiudere sulla fuga. Ero solo e dovevo inventarmi qualcosa».

Dubbio altura

La sua storia recente l’avevamo anche raccontata, restava semmai il dubbio, pur dopo le grandi giornate al Delfinato, di come avrebbe risposto la gamba dopo la settimana trascorsa a Livigno con la famiglia.

Colbrelli è rientrato sul gruppetto in fga, lasciando il gruppo. Qui con Affini
Colbrelli è rientrato sul gruppetto in fga, lasciando il gruppo. Qui con Affini

«E quello infatti era il solo punto di domanda – dice – perché non pensavo di stare così bene. Sono sceso dall’altura venerdì ed è il solito terno al lotto, fra il caldo e la reazione all’altura. C’era il rischio di soffrire e infatti per le prime tre ore e mezza ho dovuto stringere i denti. Poi quando si è mosso Ciccone, mi sono sbloccato. Quando sto bene, su strappi di 4-5 minuti come questi vado bene. E avere accanto un menatore come Masnada era la garanzia di andare lontano. Semmai avevo paura che mi lasciasse indietro sull’ultima salita, per questo mi sono messo a fare io il passo più regolare. Ho perso qualche chilo, le salite da classiche sono il mio pane».

Gli occhi di Cassani

Poteva essere il tricolore dei segnali azzurri, con qualche cosa da dimostrare a Cassani e semmai gli ultimi dubbi da fugare. Ma se si parte dall’assunto che quelli del Giro non potevano essere qui e sperare poi di avere la condizione in Giappone, si capisce come aspettarsi dei segnali dal campionato italiano sarebbe stato un illogico tecnico.

Per Colbrelli la maglia è la realizzazione dei sogni e la ricompensa dopo anni di piazzamenti
Per Colbrelli la maglia è la ricompensa dopo anni di piazzamenti

«Sonny stava bene – dice Cassani sotto al podio – e quando sta così, percorsi simili sono perfetti per lui, riesce anche a essere lucido e inventarsi tattiche come questa. Già un mese fa abbiamo parlato e sa di essere una delle nostre punte per i mondiali e gli europei. Se fa la Vuelta, quei due obiettivi sono abbastanza ravvicinati per suggerire gli stessi nomi. Invece in chiave olimpica, ho visto quello che mi aspettavo. Caruso, ad esempio. Dopo il Giro ha staccato una settimana, non poteva essere in prima fila. Non si può chiedergli di tirare dritto fino ai tricolori e poi fino a Tokyo, perché mancano ancora 35 giorni».

La ruota magica

Intanto si corre e si fanno dei test. E così guardandola già al mattino, ci eravamo accorti che la Merida di Colbrelli forse nascondeva qualcosa di nuovo e avevamo deciso di tenerlo per noi fino a nuovi approfondimenti. Ma la vittoria amplifica tutto, così anche il più piccolo bisbiglìo comincia a far rumore. E allora guardate queste due foto. Le ruote di Colbrelli erano al debutto e hanno vinto

Si tratta del nuovo set Metron 60 Sl Disc (1.390 grammi la coppia), che da Imola passeranno direttamente al Tour. Hanno 21 raggi all’anteriore e 24 al posteriore. Il cerchio in carbonio ultralight e canale da 21 millimetri per tubolari da 28 e aerodinamica con la massima efficienza, al pari delle attuali Metron 81. E’ come se Sonny avesse corso con una bici che, quanto alle ruote, ha l’efficienza aerodinamica di un modello da cronometro. In realtà, guardando meglio le foto, Colbrelli ha vinto il campionato italiano usando la ruota posteriore Metron 60 SL Disc e l’anteriore Metron 55 SL Disc, per avere qualche vantaggio in più in termini di guidabilità, date le discese del percorso di Imola. Nipples e cuscinetti sono di derivazione aerospaziale, i mozzi delle nuove ruote sono realizzati con tecnologia PRS di Vision. Unica cosa, non cercatele ancora nei negozi: sono così esclusive che devono ancora arrivarci

La musica è cambiata

Colbrelli ha portato sul podio suo figlio Tommaso, mentre ai piedi del palco sua moglie Adelina e Vittoria se lo mangiavano con gli occhi e la gente intorno ha cantato l’inno di Mameli e lo ha acclamato, facendogli scoprire un affetto che forse neppure lui pensava di essersi guadagnato.

Dopo il traguardo lo aspettavano sua moglie Adelina e i due figli: i sogni a volte si avverano
Dopo il traguardo lo aspettavano sua moglie Adelina e i due figli: i sogni a volte si avverano

«E’ una maglia molto importante – dice – ma a un certo punto non si stava mettendo bene. Capita che a volte non vincano i più forti e quella fuga là davanti sembrava tanto lontana. E’ una maglia che ripaga una carriera di tanti piazzamenti e per vincerla probabilmente serviva un altro Sonny. La primavera non è andata un gran bene, sono sempre stato mezzo e mezzo per una nuova preparazione che non ha funzionato. Però dal Romandia è cambiata la musica, ho trovato questa calma che mi permette di andare alle corse sereno e libero. Adesso spero di battezzare la maglia già sabato al Tour. C’è in palio la maglia gialla e ho già fatto vedere che posso lottare con i più grandi. Una tappa al Tour, la maglia verde semmai come conseguenza. I sogni non costano nulla. In fondo anche questa maglia era un sogno per me…».

Il segreto di Padun in salita? Quattro chili in meno

15.06.2021
5 min
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Il primo a sorprendersi è stato lui, Mark Padun. Non perché non avesse mai sognato di essere fra i migliori e giocarsi con loro certi arrivi, ma perché i primi due anni da professionista sono stati parecchio faticosi. E sebbene l’ucraino del Team Bahrain Victorious avesse già trovato il modo di vincere e fra gli under 23 avesse avuto una traiettoria di primissimo piano, nulla lasciava presagire che avrebbe preso a schiaffoni i più forti del mondo sulle Alpi del Delfinato, come invece è successo il 5 e 6 giugno a La Plagne e poi a Les Gets.

In fuga nell’ultima tappa del Delfinato: aveva già vinto la precedente
In fuga nell’ultima tappa del Delfinato: aveva già vinto la precedente

«Sono state due vittorie diverse – sorride dal Passo San Pellegrino, dove si sta allenando – la prima soffertissima. Mal di gambe tutto il giorno, per cui immaginate la sorpresa nel restare con loro e poi avere le gambe per staccarli. La seconda, dopo essere andato in fuga e soprattutto nel giorno in cui mi sono sentito meglio. Ho vinto il Gpm e appena è iniziata l’ultima salita ho visto che gli altri rallentavano, così non ho fatto altro che continuare col mio passo».

Cambio di passo

Detta così sembra semplice, in realtà dietro c’è una seria presa di coscienza di quel che serva per fare il corridore e una nuova determinazione. Basta guardare le foto per rendersi conto di quanto sia stata profonda la svolta. Padun ha lo sguardo simpatico, l’ha sempre avuto. Ci sono gli ucraini serissimi e quelli spiritosi, come ad esempio Popovych: Mark è fatto così.

Che cosa è cambiato?

E’ stato tutto sorprendente anche per me, un successo. A maggio ho lavorato tantissimo in altura, parliamo di più di 25 giorni fra Andorra e Teide, e ho perso quattro chili e mezzo, che è davvero tanto. In vita mia ho sempre avuto ottimi numeri, ma anche il problema del peso. E questa differenza ha inciso tantissimo.

Come hai fatto a buttarne giù così tanti?

In altura si brucia di più, ma soprattutto ho imparato a mangiare. Prima, se dovevo fare cinque ore, mangiavo un piattone di pasta e poi durante l’allenamento quasi niente. Ho sempre stressato molto il mio corpo, forse troppo. Adesso ho imparato a ridurre l’apporto di carboidrati e a distribuirli meglio: prima, durante e dopo lo sforzo. Non è andata neanche male, se posso dire (ride, ndr), visto che a me piace tanto la carne.

Cosa cambia in salita con 4,5 chili in meno?

Vado con gli stessi rapporti, ma li giro più velocemente e con meno fatica. Nell’ultima tappa del Delfinato, ero a 390 watt, poi ho smesso di guardarli e sono partito. Visto che non riuscivano a prendermi, mi è venuto il dubbio di aver aumentato la spinta. Così ho guardato, ma i watt erano sempre quelli. E’ come portare cinque borracce in meno, si sente…

Sei passato professionista con vittorie importanti, da Capodarco alla classifica della Fleche du Sud: pensavamo tutti che saresti arrivato prima a questi livelli…

Lo pensavo anche io, ma ho iniziato a sbagliare, facendo troppo e nel modo meno giusto. Durante l’ultimo inverno però, è intervenuto Paolo Artuso, il mio preparatore, e abbiamo messo ordine a tutto quello che facevo. Che io abbia il motore l’ho sempre saputo, ma va gestito, programmato, preparato.

Può esserti mancato qualche riferimento al passaggio tra i pro’?

Un po’ forse è quello, ma non sarebbe bastato continuare a fare le cose che alla Colpack mi permettevano di vincere. Qua si va fortissimo, gli sbagli che facevo nei dilettanti non sono più consentiti.

Sbagli?

Quello fra gli under 23 è stato un bel periodo. L’altro giorno li ho visti passare qui sul San Pellegrino e mi è venuto da sorridere. Era tanto più facile di adesso. Sembrava che per vincere bastasse non mangiare i dolci e in effetti era così. Bastava poco. Ero più giovane, alle corse andavamo a divertirci. Nel WorldTour serve soprattutto concentrazione.

Spiega meglio.

Qualcuno mi diede questo consiglio, non ricordo chi, ma lo trovo azzeccatissimo. Puoi lavorare alla perfezione per 300 giorni all’anno, ma se perdi la concentrazione per una settimana, puoi anche buttare tutta la stagione. Tenerlo presente, ti salva da tante situazioni, in cui rischi di mandare tutto a monte.

Da solo nell’ultima tappa del Delfinato: Padun arriverà con 1’36” sul secondo
Da solo nell’ultima tappa del Delfinato: arriverà con 1’36” sul secondo
Dove vivi adesso?

Mi sono spostato ad Andorra, per una serie di motivi, non ultimo il fatto che rispetto all’Italia per noi ucraini è molto più semplice avere i documenti. E poi c’è il vantaggio dell’altura. Normalmente quando ho lavori da fare, mi alleno da solo e in quel caso ho lo sguardo fisso al misuratore di potenza. Invece nei giorni più liberi esco con altri corridori e il display neppure lo guardo.

Prossima tappa il Tour?

Non ho ancora la convocazione, ma dovrebbe essere così.

Con quali ambizioni?

Non di classifica, perché c’è chi l’ha preparata. Però ora che so di poter vincere le tappe di montagna, magari posso pensare a quelle. Se poi un domani decideremo di provare a tener duro, vorrà dire che cominceremo a lavorarci per tempo. Ad ora per la classifica abbiamo gente più attrezzata.

La forza, l’herpes, la religione: Bevilacqua ci racconta Padun

11.06.2021
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Quando Mark Padun arrivò in Italia era il 2015. Era un ragazzo di neanche 19 anni. Aveva lasciato la sua Donetsk, città ucraina ad un centinaio di chilometri a Nord del Mar Nero, per fare il corridore. Un anno al Team Palazzago poi il passaggio in quella che è diventata la sua seconda famiglia, la Colpack.

Antonio Bevilacqua con Padun. Mark è stato alla Colpack per due stagioni (2016-2017)
Antonio Bevilacqua con Padun. Mark è stato alla Colpack per due stagioni (2016-2017)

Vittorie sì, sorpresa no

Oggi questo potente passista (poi vedremo se è corretto definirlo così) è alla ribalta in quanto vincitore di due tappe al Giro del Delfinato. E non due tappe qualsiasi, quelle più dure di montagna. Due trionfi ottenuti di forza. Con due attacchi da lontano ma finalizzati con andature degne dei migliori uomini di classifica. Chi lo conosce bene, come Antonio Bevilacqua, uno degli storici diesse della squadra bergamasca va oltre…

«A dire il vero questo exploit me lo aspettavo molto prima perché Mark è un corridore molto forte. Non dimentichiamo che lui ha già vinto una tappa al Tour of the Alps al primo anno tra i pro’. Poi ha avuto tanti problemi, soprattutto un herpes. 

«Gli venivano questi sfoghi sul viso ma anche su tutto il corpo, che indirettamente generavano problemi di peso. Era costretto a fermarsi, doveva prendere degli antibiotici. E questo gli era successo già quando correva con noi. Si tratta di un problema che si portava dietro da quando era ragazzino. Piano piano lo sta risolvendo. Ne abbiamo parlato recentemente e pare sia sulla strada giusta.

«E’ un corridore veramente forte. Queste due vittorie mi hanno colpito perché sono arrivate una dietro l’altra ma il fatto che abbia alzato le braccia al cielo no: non è stata una sorpresa per me».

Al Delfinato l’ucraino ha dedicato le sue vittorie a Gesù
Al Delfinato l’ucraino ha dedicato le sue vittorie a Gesù

Padun scalatore?

Il corridore della Bahrain-Victorious ha vinto in salita, ma non ha certo un fisico super longilineo da farlo etichettare come scalatore. E’ stato anche campione nazionale a crono nel 2019.

«Però – riprende Bevilacqua – vorrei ricordare che questo ragazzo con noi ha vinto tappe al Giro della Val d’Aosta, al Giro d’Italia U23. Ha conquistato il Gp Capodarco. Non solo, ma proprio in un Giro U23 ha lottato per la vittoria. Era l’anno in cui vinse Pavel Sivakov

«Piuttosto – e punta l’indice verso l’alto come a sottolineare ciò che sta per dire – ha messo un po’ di peso, però credo che se continua a sistemare i suoi problemi fisici possa andare ancora più forte. Io almeno l’ho visto così e mi è sembrato un po’ gonfio. Non è ancora tirato come dovrebbe essere e per questo dico che per me ha dei margini di miglioramento».

I numeri mostrati in salita in Francia sono paragonabili a quelli di un uomo di classifica, magari non da podio, ma tranquillamente da primi dieci. E infatti quando chiediamo a Bevilacqua che corridore è Padun e cosa può vincere, lui risponde secco: «Può vincere un Giro. Con noi fece quinto. Ebbe un problema con la bici da crono anche lui – ride pensando a quanto accaduto pochi giorni fa ad Ayuso – comunque sì, per me un passista-scalatore».

A Bevilacqua fa eco Gianluca Valoti, altro diesse della Colpack: «Fisicamente Mark è fortissimo, però la sua testa è il punto forte per me: è sempre concentrato e gli appuntamenti importanti non li sbaglia. Se può vincere un Giro? Per adesso sulle tre settimane ancora è presto forse, ma se finirà di risolvere i suoi problemini fisici ce la potrà fare».

Al Giro U23 del 2017 Padun vince la terza frazione a Barnara di Romagna
Al Giro U23 del 2017 Padun vince la terza frazione a Barnara di Romagna

Subito in fuga

Ma chi è davvero Padun? Antonio Bevilacqua ne ha visti passare di ragazzi e di ognuno sa vita morte e miracoli.

«Una cosa che mi colpì di lui – ricorda Bevilacqua – è che appena arrivò da noi vinse subito una gara, a La Torre. Sarà stata anche una corsa regionale, solo che lui andò via a 40 chilometri dall’arrivo e non lo ripresero più! Fu un bel momento. Ma già lo avevo notato l’anno prima che era forte, che aveva del potenziale.

«E poi è un ragazzo molto religioso, prega sempre… davvero il classico bravo ragazzo. Quando venne con noi gli diedi un appartamento che praticamente era di fronte casa mia, a Bergamo. Lui non aveva la macchina e per fare le commissioni usciva da solo. Gli chiedevo: Mark ti devo accompagnare? E lui rispondeva sempre di no. Andava a piedi: faceva due, tre chilometri ma non chiedeva mai, non voleva disturbare. Andava al supermercato e tornava carico con il suo zainetto pieno di cose e le bottiglie d’acqua nelle mani, le borse della spesa… Un ragazzo d’oro».

I titoli nazionali a crono sono due per Padun: quello del 2016 tra gli U23 (in foto) e quello del 2019 tra i pro’
I titoli nazionali a crono sono due per Padun: quello del 2016 tra gli U23 (in foto) e quello del 2019 tra i pro’

Più peso nella Bahrain

E adesso queste vittorie potranno influire sul suo cammino? Avrà un altro peso in seno alla Bahrain? Come abbiamo detto non sono state solo due vittorie, ma è il come sono arrivate che conta.

«Sicuramente sarà più considerato adesso – dice Bevilacqua – e anche Mark avrà più stimoli e certezze. Alla fine dell’anno scorso posso dirvi che ha avuto dei dubbi, quasi voleva smettere… però alla fine il lavoro paga sempre. Magari era stanco dei suoi problemi. Ci sentiamo di tanto in tanto. A volte ci viene a trovare in sede, nel magazzino. E’ rimasto un bel rapporto. Mark adesso vive a Lovere, ma è da solo e lui sa che noi ci siamo sempre».

«E’ vero – ribatte Valoti – si è affezionato molto a noi».

Il Giro di Caruso, leader (non) per caso

14.05.2021
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Accadde già al Tour del 2017, quando Richie Porte si schiantò nella discesa del Mont du Chat scendendo su Chambery e Caruso si ritrovò orfano del capitano e leader della Bmc. Ne uscì con l’11° posto finale strappato coi denti e forse fu proprio lì che il ciclismo iniziò ad accorgersi di lui. Poi successe anche nel 2018, perché Porte tendeva a cadere spesso. Ma in quel caso Damiano lasciò stare la classifica e si dedicò alle tappe, centrando un 4° posto sul San Bernardo e il 5° a Mende. 

Rispetto a quella prima volta, la situazione è diversa per due motivi. Il primo è che allora Damiano aveva già 2’35” di ritardo da Froome. Il secondo è che nel 2017 non aveva la stessa consapevolezza di oggi e non è poco. Parliamo con lui dopo i massaggi e dopo la seduta dall’osteopata, a capo dell’aspra giornata sui Sibillini. A San Giacomo, il siciliano è arrivato al 6° posto: 25” dietro Mader. Mentre la classifica lo vede ora 7° a 39” da Attila Valter in rosa.

Peyragudes, Tour 2017: Aru prende la maglia gialla, Caruso sale dalla 16ª alla 14ª posizione
Peyragudes, Tour 2017: Aru maglia gialla, Caruso sale in 14ª posizione

Damiano ha il tono bello brillante, malgrado la faticaccia. La stellata nel cielo marchigiano fa pensare che domani (oggi per chi legge, ndr) sarà bello.

La storia si ripete?

E’ diverso, ma certo è una situazione che conosco. Sicuramente questa volta è successo in un momento in cui non ho speso nulla più di quello che serviva. Per come si era messa la corsa, è come se avessi corso per me, quindi la condizione è buona e penso che crescerà giorno dopo giorno. Ero qui per Mikel e sarei stato orgoglioso di aiutarlo a vincere il Giro.

Quindi ti aspettavi di arrivare così bene in cima a San Giacomo?

E’ stato un buon test. In finale mi sono guardato intorno ed ero in salita in mezzo ai migliori. Sarà tutto da scoprire, ma sono benvoluto dai miei compagni e avrò il loro appoggio. Dopo la caduta di Landa, ci siamo parlati chiaro. Ognuno avrà le sue chance, non voglio che qualcuno ne sia privato per difendere me. Ma sia pure a rotazione, gli altri saranno a mia disposizione. Insomma, me la gioco.

Caruso è nato nel 1987 ed è professionista dal 2009
Caruso è nato nel 1987 ed è professionista dal 2009
Volpi ha parlato della necessità, soprattutto per i più giovani, di accettare la caduta del leader…

Noi l’abbiano visto accadere altre volte, ma ugualmente è una cosa da metabolizzare. Quella sera, a margine dello scoramento, eravamo sollevati perché Mikel non ha avuto niente di grave. La clavicola è poca cosa. Ma lo stesso vederlo lì per terra… Sono immagini che rimangono nella mente, soprattutto dei più giovani. Bisogna spiegargli come uscirne.

E’ diverso dal 2017 perché sai di poterlo fare?

Da un anno e mezzo sto vivendo il momento più bello della mia carriera. Mi sono liberato dalle pressioni, dall’ansia di prestazione. Mi sento abbastanza competitivo. Non sono il più forte in salita, ma posso stare con loro. Non sono il più veloce in certi arrivi, ma posso buttarmi in mezzo. Non sono un cronoman, ma posso fare delle belle crono (a Torino ha fatto meglio di Yates, Nibali e Bernal, ndr). Non sono l’ultimo, insomma. E il mio punto di forza è la tenacia, è questa la mia vera forza

A Sestola nel gruppo dei migliori, mentre Landa aveva attaccato
A Sestola nel gruppo dei migliori, mentre Landa aveva attaccato
Cosa si può dire del percorso che ancora vi aspetta?

Il Giro è sempre impegnativo. Ci aspettano tappe esigenti e il duro ancora deve venire, lo so bene. Non mi voglio montare la testa. L’importante sarà restare in salute e non commettere errori banali

E pensare positivo…

E’ tutto guadagnato. Nessuno mi sta chiedendo la luna, la squadra non fa pressioni. Caduto Landa, mi hanno detto: «Vai e divertiti. Quello che verrà, lo porteremo a casa».

Caro Volpi permetti due parole su Landa?

06.05.2021
6 min
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Mikel Landa, Pello Bilbao, Damiano Caruso… basterebbero questi tre nomi per rendere importante il parterre di una corsa e invece sono tre degli otto uomini che la Bahrain Victorious ha deciso di schierare al Giro d’Italia.  Il loro direttore sportivo, Alberto Volpi sta per partire proprio alla volta di Torino. Ultime cose da sistemare in valigia e poi il tecnico lombardo raggiungerà il capoluogo piemontese. E’ il momento giusto per ragionare su quanto si è fatto.

Alberto Volpi (59 anni) è il diesse della Bahrain Victorious
Alberto Volpi (59 anni) è il diesse della Bahrain Victorious
Alberto, avete uno squadrone…

Abbiamo una buona squadra. Se siamo stati anche uno squadrone ve lo dirò al via della crono di Senago l’ultimo giorno. Però sì: abbiamo la consapevolezza di avere gli uomini giusti per qualsiasi terreno e per qualsiasi tipologia di corsa venga fuori. Poi si sa: è la strada a dare i giudizi.

Mikel Landa è il vostro capitano. Questo Giro per lui sa molto di “adesso o mai più”. Probabilmente se si guarda agli ultimi 5 anni è lo scalatore più forte. Nel senso che gli avversari cambiano e lui c’è sempre…

Sì, lui è lo scalatore più continuo. Sul discorso dell’adesso o mai più posso dire che si ha la sensazione di una sua grande serenità, cosa che in passato non aveva. E lo dicono anche i suoi passaggi di avvicinamento al Giro. Ha fatto un ottimo Laigueglia ed era la sua prima corsa. A Larciano, anche se è una gara più piccola, è andato bene su un terreno che non è suo. Alla Tirreno-Adriatico ha fatto terzo. Sta attraversando un buon momento, ha un buon equilibrio psico-fisico. Per questo si parte fiduciosi.

In tanti parlano di Almeida, Evenepoel, Yates mentre Landa è poco nominato…

E questo è un vantaggio per me. E’ un buon assist per noi, ci toglie pressione. I giornali, e lo sapete, cercano personaggi che siano d’interesse, per l’età, per il seguito e non solo per un punto di vista tecnico.

In effetti Landa è un po’ l’antipersonaggio, sempre silenzioso, pacato…

Da un certo punto di vista siamo più tranquilli e, come ripeto, sarà poi la strada il “giudice di cassazione”! Noi abbiamo le nostre idee, le nostre certezze e le nostre paure e chi non ha paura è perché non conosce cosa significhi fare un Giro – sospira Volpi – Guardiamo quello che è successo l’anno scorso. Una borraccia, pensiamoci bene, una borraccia ha segnato la fine di un corridore, Thomas, e la fortuna di un altro, Geoghegan Hart. Un episodio può cambiare tutto.

Damiano Caruso sulle strade del Romandia, per il siciliano sarà il 5° Giro
Damiano Caruso sulle strade del Romandia, per il siciliano sarà il 5° Giro
Hai detto una cosa interessante prima: i media non seguono il corridore solo da un punto di vista tecnico. E allora ti chiediamo: tecnicamente questo Giro si adatta Landa?

Per me sì. Quest’anno ci saranno in tutto circa 56.000 metri di dislivello, l’anno scorso ce n’erano 54.500, quindi più o meno si equivalgono, ma non è tanto il “quanto”, ma è il “come” questo dislivello è distribuito. Abbiamo molti arrivi in salita durissimi: Zoncolan, Sega di Ala, Alpe di Mera, Alpe Motta e penso che con un percorso così lo scalatore si possa esaltare. Il tappone da 6-7 ore fa meno differenza, è più una guerra di resistenza sul momento e sul passare dei giorni. Quindi alla luce di come è disegnato, questo Giro va bene per gli scalatori come Landa.

Visto come si corre adesso, fa più selezione un arrivo secco che una cavalcata infinita…

Anche l’arrivo di Sestola non è mica facile. L’ho rivisto pochi giorni fa. Giri a destra e negli ultimi 7 chilometri nei hai 4,5 che vanno su tra il 12-16%. Se il gruppo non dovesse lasciare andare via la fuga perché la classifica è corta ci sarà battaglia e non sei al top fai presto a perdere 20”. Non è come Serramazzoni (una salita pedalabile da quelle parti, ndr) che se non sei in giornata vai su di rapporto, stai a ruota di un compagno e ti salvi. Sul colpo secco puoi andare in difficoltà.

Vedendo le sue caratteristiche e come è uscito dal Tour of the Alps, quella di Sestola sembra la tappa perfetta per Simon Yates. Tra l’altro lui va molto forte all’inizio dei grandi Giri. L’opposto di Landa.

Ah sì, sì! Se non va via la fuga lui è il favorito per quella tappa. Sugli arrivi è un killer. Nei 2 chilometri finali sa fare delle accelerazioni fortissime e sa calibrare bene il suo attacco. Anche a Prati di Tivo per pochissimo non ha ripreso Pogacar. E se uno così con tutti gli arrivi in salita che ci sono inizia a prendere secondi e abbuoni e arriva a Senago con 1’30” di vantaggio poi nella crono finale non lo perde.

Pello Bilbao e Damiano Caruso: che ruolo avranno?

Sono gli ultimi due uomini per le tappe di montagna. Però la nostra tattica è una cosa, poi ci sono altre 22 squadre. Verranno dei giorni in cui ci saranno degli attacchi e averne uno davanti può consentire a noi di risparmiare degli uomini, di stare coperti. E magari quello stesso uomo te lo ritrovi davanti se devi attaccare. Quindi okay le tattiche, ma devi avere i corridori giuste per farle. Noi così possiamo fare anche una corsa aggressiva.

Pello Bilbao scorta Landa al Tour de France dello scorso anno
Pello Bilbao scorta Landa al Tour de France dello scorso anno
E pensare di metterne due in classifica? Negli ultimi anni si è visto che spesso ha giovato questa tattica.

Per rispetto di Landa dico no. E’ lui il capitano. Poi se Bilbao o Damiano saranno in classifica sarà una conseguenza di quel che dovranno fare. Se Pello a Sestola deve stare vicino a Landa automaticamente si presuppone che resti davanti. L’importante è che negli arrivi clou del Giro ci siano tutti e tre. Ma non solo in salita. Si parla troppo poco della tappa di Montalcino. Quella va valutata al pari di una frazione di montagna. Lo sterrato non è un qualcosa di comune e ci potrebbero essere sorprese.

Bilbao e Caruso sono corridori importanti, come accettano di fare da gregari a Landa?

Damiano è il nostro capitano in corsa, Landa il leader. In certi momenti non si riesce a parlare con tutti i ragazzi e serve qualcuno che possa prendere le decisioni in gruppo. E’ un ruolo che Damiano ha accettato di buon grado e che sa svolgere bene. Lui è un corridore di lusso, di qualità e tenacia. Per quel che riguarda Pello, invece, lui stesso ha dichiarato di voler aiutare Landa e lo ha ripetuto anche dopo il Tour of The Alps, nessuno gli ha messo in bocca quelle parole. E’un ragazzo, oltre che molto forte, anche onesto ed intelligente. Lavorare con lui è un piacere.

Al Tour avranno ruoli invertiti?

Difficile dirlo adesso – s’interrompe per un istante Volpi – Intanto facciamo il Giro, poi vediamo.

Avete fatto dei sopralluoghi?

Sì. Nei giorni della Strade Bianche siamo andati a vedere il finale della tappa di Montalcino con i ragazzi. E poi in diverse riprese io, Stangelj e Pellizotti siamo andati a visionare altri arrivi. Con i tablet su cui ci sono tracce e altimetrie si ripercorrono le strade e si annotano i punti che sulle mappe non si vedono: strettoie, condizioni dell’asfalto, un passaggio in un paese da prendere davanti…

Damiano, tre settimane per Mikel e poi per l’azzurro

Giada Gambino
05.05.2021
6 min
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Qualche giorno fa, al Giro di Romandia, un ciclista che mirava ad entrare tra i primi dieci nella classifica generale ha fatto un qualcosa che raramente, o forse mai, si vede fare da parte dei capitani delle squadre: tirare la volata al compagno velocista facendogli centrare la vittoria. Il ragusano della Bahrain Victorious Damiano Caruso racconta…

«Venivo da un periodo di stop. L’ultima gara che avevo fatto era la Milano Sanremo – dice – ma sapevo che il periodo programmato per iniziare ad entrare in condizione era proprio questo. Il Romandia era una gara in cui tenevo a far bene. Mi serviva per testarmi, per capire a che punto della preparazione fossi e quanto bene avessi fatto a casa. Ho avuto dei buoni risultati sia per il fatto di aver centrato l’obiettivo principale ovvero chiudere in top 10, sia per la giornata con la vittoria di Colbrelli. Aiutare un proprio compagno a vincere è stata una bella sensazione. Sonny mi ha restituito il “favore” aiutandomi lungo tutta la corsa». 

Al Tour ha fatto grandi cose per Porte, qui nel 2016
Al Tour ha fatto grandi cose per Porte, qui nel 2016
Quest’anno farai il Giro, ma non passerà dalla tua Sicilia. 

Adesso sono quasi rassegnato, prima o poi succederà… Magari prima che smetta di correre (sorride, ndr). Mi farebbe piacere poter fare un Giro d’Italia nelle strade di casa, ma capisco anche che ogni anno è diverso e ci sono delle priorità. Per obiettivi personali, di squadra e tanti motivi diversi negli anni passati non sono riuscito, ma confido nel poterlo fare in un prossimo futuro

Conquistare la maglia rosa anche solo per un giorno…

Difficile! Si dovrebbero allineare troppi pianeti (ride, ndr). Il mio ruolo sarà il solito: quello di appoggio a Landa per cercare di vincere. Non ti nego che, però, centrare una vittoria di tappa sarebbe una bella soddisfazione. 

Porte, Nibali, Landa…

Ho avuto il piacere di poter lavorare con loro e per loro. Sono tre persone completamente differenti, tutti e tre dei bravi ragazzi ma con caratteristiche molto diverse. Quello con cui è più semplice lavorare è sicuramente Nibali, il più difficile Richie Porte. Landa rappresenta la via intermedia. 

A Rio 2016 è stato una delle grandi spalle di Nibali
A Rio 2016 è stato una delle grandi spalle di Nibali
Facile o difficile sotto quale aspetto?

In gara Nibali è super reattivo! Non hai bisogno di controllarlo continuamente per vedere dove si trova, lui ti segue o addirittura te lo ritrovi davanti. Con Richie dovevi proprio prenderlo per mano e portarlo in giro (ride, ndr). Il più talentuoso tra i tre, sotto i vari punti di vista, è sicuramente Vincenzo

Come mai quest’anno non hai fatto le classiche per avvicinarti al Giro, come nel 2019? 

Il programma è stato un po’ differente e non l’ho deciso io, ma la squadra. Anche per darmi la possibilità di fare classifica in una gare a tappe di una settimana come il Romandia. Se fossi andato anch’io nei paesi Baschi, avrei fatto solo da gregario a Landa. Per quanto riguarda le classiche… farle insieme al Romandia e al Giro sarebbe stato troppo.

La Bahrain Victorious ha recentemente cambiato fornitore di abbigliamento, ci si adatta facilmente ai nuovi materiali ?

La cosa è molto soggettiva. Io personalmente non ho alcun problema con i tipi di fondelli un po’ di tutte le marche, quindi il cambio durante la stagione non l’ho sofferto. Qualche corridore potrebbe accusare qualche fastidio, ma non penso sia qualcosa di così stravolgente. 

Al Tour dello scorso anno ha scortato Landa fino al quarto posto
Al Tour dello scorso anno ha scortato Landa fino al quarto posto
Quali sono gli obiettivi post Giro? 

Alla fine della corsa rosa tireremo una linea per vedere cosa si è fatto e cosa si dovrà fare. L’obiettivo sicuramente sarà quello di conquistarsi un posto per le Olimpiadi, ma sarà difficile, perché i posti sono pochi. Ho avuto già l’onore di partecipare a quelle di Rio, farle per la seconda volta sarebbe davvero incredibile. Ce la sto mettendo tutta per farmi scegliere da Cassani. In base alla mia partecipazione alle Olimpiadi o meno, si deciderà la preparazione da dover svolgere. Nel caso in cui non dovessi partecipare a Tokyo 2021, andrei alla Vuelta

Sei Damiano Caruso, quasi impossibile non portarti alle Olimpiadi!

Sono i fatti a dover parlare per me, tutto ciò che conquisto è perché lo guadagno con il duro lavoro. Devo far capire a chi di dovere che non solo servo alla nazionale, ma che sono indispensabile. 

Sei il gregario che riesce a fare classifica, ma se non facessi il gregario?

In tutto il gruppo, quante persone ci sono che possono ambire a vincere un grande Giro? Sei, sette in tutto il mondo. E’ vero che, allo scorso Tour, sono arrivato decimo. E’ vero che se avessi fatto la mia corsa avrei potuto scalare un po’ di più la classifica, ma sarei sempre arrivato a 10’ dal vincitore. C’è tanta differenza tra fare decimo e quarto, come c’è tanta differenza tra fare quarto e vincere. Più ti avvicini alla vittoria, più è difficile e più qualità ci vogliono. Non che io non abbia le giuste qualità, ma non si arriva mai per caso a vincere un grande Giro. Ad un certo punto ti scontri con i tuoi limiti e io do sempre il massimo e oltre quello non riesco a fare. 

Nono posto finale al Romandia e una mano decisiva a Colbrelli per vincere la sua tappa
Nono posto finale al Romandia e una mano decisiva a Colbrelli per vincere la sua tappa
E se avessi avuto il baffo che ultimamente ti ha dato tanta forza? 

Questa storia mi sta iniziando a perseguitare (scoppia a ridere, ndr), non so più se tagliarlo o meno. Tutto è iniziato un pomeriggio dal barbiere… Avevo capelli e barba molto lunghi, ci siamo messi a scherzare. Mi ha tagliato i capelli, la barba e ha lasciato il baffo. Voleva togliermelo, ma l’ho lasciato per far ridere un po’ tutti a casa, con l’intento di tagliarlo poi da me. Ho iniziato a rinviare il giorno del taglio e adesso sono due settimane che ce l’ho. Mi hanno detto di tenerlo almeno fino alla fine del Giro, quindi mi sa che lo terrò ancora per un po’! Dicono anche che mi dona…

Cambieresti qualcosa del tuo percorso ciclistico ?

Forse da giovane, nei primi anni da professionista. La differenza tra i giovani che passano al professionismo adesso è che vengono “programmati” per vincere. Mentre quando sono passato io, i ragazzi che vincevano erano veramente pochi e agli altri, tra i quali anche io, si chiedeva di crescere e di fare il proprio. Tornando indietro cambierei l’approccio ai primi anni, per non perdere quella mentalità da vincente. Negli anni mi sono un po’ appiattito, ma ciò non significa che non sia soddisfatto della mia carriera, anzi… tutt’altro. Non cambierei nulla di tutto il mio percorso. Forse metterei un po’ più di determinazione in certi momenti passati. 

Bahrain Victorious: gruppo votato alle corse a tappe

20.04.2021
3 min
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Dopo i tanti cambiamenti nelle ultime stagioni, la Bahrain-Victorious ha cambiato molto poco nel corso dell’ultimo ciclomercato, tanto che si può dire che l’unica variazione di rilievo è nello sponsor, non più McLaren.

Pello Bilbao ha iniziato il 2021 da gregario di Mikel Landa
Pello Bilbao ha iniziato il 2021 da gregario di Mikel Landa

La squadra rimane decisamente competitiva e continua a girare intorno a Mikel Landa, lo spagnolo che anche nella passata stagione ha dimostrato di essere un cavallo sicuro per i grandi Giri, anche se manca sempre quel centesimo per completare l’euro, ossia non riesce mai a cogliere l’obiettivo che è il podio, basti pensare che dopo il 3° posto al Giro 2015 è finito tre volte al quarto posto fra Giro e Tour.

La Bahrain Victorious è una squadra che punta sull’esperienza: Damiano Caruso ad esempio ha dimostrato allo scorso Tour di avere ancora tutte le carte in regola per distinguersi centrando una prestigiosa Top 10, soprattutto avendo corso in aiuto a Landa.

Su di lui, ma anche su Mohoric, Poels, Teuns si sviluppa una rete di ottimi aiutanti per il capitano per costruire un grande evento a tappe. Attenzione poi a Sonny Colbrelli che nelle giuste condizioni può ancora far molto male in volata.

Malgrado la caduta al Giro, Landa resta il leader carismatico della squadra
Malgrado la caduta al Giro, Landa resta il leader carismatico della squadra

La grande novità è costituita da Jonathan Milan, sul quale i dirigenti puntano moltissimo: quest’anno il giovane azzurro punterà ancora forte sulla pista con obiettivo un posto nel quartetto dell’inseguimento ai Giochi Olimpici, ma le sue caratteristiche di passista ne fanno un prospetto di grande interesse, in grado di ripercorrere le gesta di Filippo Ganna, non solo a cronometro.

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Yukiya ArashiroIshigakiJpn22.09.19842006
Phil BauhausBocholtGer08.07.19942015
Pello Bilbao L.de ArmentiaGuernicaEsp25.02.19902011
Santiago Buitrago SanchezBogotàCol26.09.19992020
Eros CapecchiCast.del LagoIta13.06.19862006
Damiano CarusoRagusaIta10.12.19872009
Sonny ColbrelliDesen.del GardaIta17.05.19902012
Scott DaviesCarmarthenGbr05.08.19952016
Chun Kai FengMiaoli CountyTpe02.11.19882010
Jack HaigBendigoAus06.09.19932016
Marco HallerSankt VeitAut01.04.19912012
Heinrich HausslerInverellAus25.02.19842005
Kevin InkelaarLeeuwardenNed08.07.19972020
Mikel Landa MeanaMurgiaEsp13.12.19892010
Ahmed MalanBrn25.08.20002021
Gino MaderAigleSui04.01.19972019
Jonathan MilanTolmezzoIta01.10.20002021
Matej MohoricKranjSlo19.10.19942014
Domen NovakNovo MestoSlo17.12.19952017
Mark PadunDonetskUkr06.07.19962018
Hermann PernsteinerOberwartAut07.08.19902016
Wouter PoelsVenrayNed01.10.19872009
Marcel SiebergCastrop-RauxelGer30.04.19822005
Dylan TeunsDiestBel01.03.19922015
Jan TratnikLubiana Slo23.02.19902014
Rafael Valls FerriCocentainaEsp25.06.19872009
Stephen WilliamsAberystwythGbr09.06.19962019
Alfred Brockwell WrightLondraGbr13.06.19992020

DIRIGENTI

Goradz StangeljSloDirettore Sportivo
Rolf AldagGerDirettore Sportivo
Xavier FlorencioEspDirettore Sportivo
Roger HammondGbrDirettore Sportivo
Tim HarrisGbrDirettore Sportivo
Vladimir MiholjevicCroDirettore Sportivo
Franco PellizottiKazDirettore Sportivo
Neil StephensAusDirettore Sportivo
Alberto VolpiItaDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Come dalla sua nascita, il Team Bahrain Victorious corre su biciclette Merida, il marchio orientale che sin dall’inizio sposò il progetto e ne divenne addirittura inizialmente sponsor. I modelli a disposizione sono la Reacto per gli uomini veloci e la Scultura per gli scalatori. Le bici vengono montate con manubri e ruote Vision, altro brand che ha sposato sin dall’inizio il progetto.

CONTATTI

BAHRAIN VICTORIOUS – BRN

Bahrain World Tour Cycling Team, Office 41, Bld 681 Rd 3615 Blk 436, Seef 6100 Manama (BRN)

info@bahraincyclingteam.com – www.bahraincyclingteam.com

Facebook: @BahrainVictorious

Twitter: @BrnVictorious

Instagram: bahrainmclaren

Jonathan Milan nuova Merida Reacto

La Merida Reacto CF5 di Milan e compagni

20.04.2021
4 min
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Con la stagione 2021 sono arrivati in casa Bahrain il promettente corridore Jonathan Milan e la nuova Merida Reacto. La storico modello del marchio taiwanese ha raggiunto così la sua quarta versione. Per capire come si comporta questa nuova bicicletta abbiamo parlato proprio con il giovane friulano.

Rigida e guidabile

Diciamo subito che Merida è un marchio che ha ben 40 anni di esperienza nella produzione di biciclette ed è ormai da molti anni impegnata nel professionismo sempre accanto a corridori di primissimo livello. La Reacto è stata una delle prime aero bike presenti sul mercato e ha conseguito numerosi successi. Ora la nuova versione si presenta sempre molto amica dell’aerodinamica, ma con alcuni accorgimenti che la rendono un po’ più confortevole e leggera.
«E’ una bicicletta rigida che mi è piaciuta molto sin da subito – ci dice Jonathan Milan – e di cui apprezzo molto la guidabilità».

Jonathan Milan con Marco Haller sulle nuove Merida Reacto
Jonathan Milan con Marco Haller sulle nuove Reacto
Jonathan Milan con Marco Haller sulle nuove Merida Reacto
Jonathan Milan con Sonny Colbrelli e Marco Haller sulle nuove Merida Reacto

Coperture più larghe

Una delle novità maggiori della nuova Reacto sta nella possibilità di montare coperture più larghe rispetto al modello precedente, arrivando fino a 30 millimetri di larghezza. Una qualità che è risultata comoda nella recente campagna del Nord.
«Nelle gare sul pavé ho montato pneumatici da 28 millimetri – ci spiega il neoprofessionista friulano – e mi sono trovato ottimamente. Durante le ricognizioni dei percorsi, quando si provano anche i materiali, ho visto che la Reacto si guidava molto bene e mi dava sicurezza anche sui terreni più difficili».

Jonathan Milan nuova Merida Reacto
Da notare lo sterzo basso e il carro molto compatto
Jonathan Milan Nuova Merida Reacto
Si notano lo sterzo basso e il carro molto compatto della nuova Reacto

Geometria racing

La Reacto è una bicicletta con geometrie orientate alla competizione. Il carro posteriore è molto compatto, con una lunghezza dei foderi bassi di 40,8 millimetri. Il tubo sterzo è basso, mentre il tubo orizzontale è abbastanza lungo. Un’impostazione pensata per chi ama gareggiare.
«Il carro così compatto la rende molto reattiva nei rilanci, sento proprio che mi viene dietro alla perfezione – e poi Milan aggiunge – la Reacto ha una geometria che la rende lunga e bassa e all’inizio della stagione avevo un po’ di timori, perché io sono uno molto sensibile ai cambiamenti tecnici, sento molto le differenze nei materiali. Invece, devo dire che abbiamo riportato le misure che avevo sulla Pinarello e non ho avuto nessun problema, anzi come dicevo prima mi trovo molto bene».

Un occhio al comfort

I tecnici Merida oltre a permettere il passaggio gomme più largo hanno lavorato sul comfort introducendo il reggisella S-Flex, sempre dalla forma aerodinamica, ma con una specie di incavo che ha la funzione di smorzare le vibrazioni.
«Venendo da una bicicletta molto diversa come la Pinarello F12, avevo timore di soffrire anche a livello di comodità, invece anche in questa caratteristica mi sono trovato bene e non ho patito il cambio».

Reacto CF3
La versione CF3 con stesse geometrie e colori di quella della Bahrain
Reacto CF3
La Reacto nella versione CF3 con stesse geometrie e colori di quella della Bahrain Victorious

Due versioni disponibili

Ricordiamo che i corridori della Bahrain Victorious corrono con il telaio nella versione CF5 dal peso di 965 grammi in taglia M, che è la più pregiata, ma per chi volesse risparmiare qualche euro, Merida ha realizzato anche la versione CF3 sempre con le stesse linee e geometrie ma con qualche grammo in più. A proposito di peso abbiamo chiesto a Jonathan Milan come si trova quando la strada sale.
«Per le mie caratteristiche io non devo fare chissà che ritmi in salita, però devo dire che su questo terreno mi ha sorpreso perché va molto bene, grazie alla sua reattività mi da delle buone sensazioni anche in salita».